Ha ragione Elisabetta, che in un suo post scrive: “Nel disastro di questa città, vere elezioni, veri candidati, veri politici, un vero dibattito sarebbero vitali. Invece siamo qui ad annegare nella palude, senza neanche aver più voglia di dibatterci”.
Per cui, usciamo dal politichese e parliamo di cose concrete. Parliamo di problemi aperti a Cagliari in vista delle prossime elezioni comunali.
Problemi veri richiedono risposte vere, per cui astenersi perditempo. Per intendersi, i candidati non se la possono cavare con il solito “Sentiremo tutti, i cittadini saranno protagonisti, poi decideremo, con l’aiuto della Regione, ma anche lo il Governo deve fare la sua parte e dobbiamo sfruttare le opportunità concesse dall’Unione Europea”, e via cazzeggiando.
Vi segnalo così al volo tredici questioni aperte che sono sul tavolo alcune anche da più di dieci anni, perché la straordinaria capacità del sindaco Emilio Floris è stata quella di non aver risolto nulla e di essere riuscito a passare tutte le patate bollenti nelle mani del suo successore (e infatti adesso aspira anche a fare il senatore…).
Peraltro, se i nomi dei candidati possibili sono quelli che sono (Antonello Cabras, Piergiorgio Massidda, Massimo Fantola, Massimo Zedda e Giorgio La Spisa), stiamo parlando di tre senatori (in carica o ex), di un consigliere regionale e di un assessore regionale. Gente cioè che sa come funziona la macchina amministrativa e da cui non sono ammesse risposte generiche.
Vi indico dunque tredici questioni aperte, che poi rimandano alla vera grande questione: quella del lavoro che non c’è. Perché dietro ad ognuno di questi problemi irrisolti si celano delle straordinarie possibilità di crescita economica.
1 – Case popolari e case per tutti
In città, circa duemila persone hanno diritto ad avere una casa popolare, ma sedici anni di centrodestra alla guida del Comune non ha nemmeno indicato le zone dove costruirle. Ma mancano anche le case per il ceto medio, mentre la città si spopola drammaticamente. Che si fa? Dove si costruisce? O compriamo casa tutti da Zuncheddu e Cualbu?
2 – Sant’Elia
Progetti su progetti, promesse su promesse, ma Sant’Elia è ancora oggi il ghetto della città dove la droga comanda. Cosa vogliamo fare? Idee concrete e subito attuabili, non parole.
3 – Il Poetto
Una spiaggia urbana, un sogno. Ce lo vogliamo tenere così? Perché non fare un ripascimento (fatto bene però stavolta)? E i baretti che fine fanno? Niente paura perché qualunque scelta si farà, sarà giocoforza drastica.
4 – Tuvixeddu
Un parco archeologico straordinario nel cuore della città. Ma nella selva di ricorsi e controricorsi mi sono perso, e penso di non essere l’unico. Ma nel frattempo cosa facciamo? Continuiamo nello scontro frontale o cerchiamo una via d’uscita con i privati? Come sarà l’area di Tuvixeddu fra vent’anni? Astenersi persone con una visione slegata dalla realtà, grazie.
5 – Metropolitana e trasporto pubblico
Il delirante progetto di bucare la città per costruire parcheggi sotterranei, che di fatto non usa nessuno, va avanti: vedrete adesso cosa succederà quando aprirà il cantiere di via Roma. Questa benedetta metropolitana leggera di cui si parla da anni sarebbe la salvezza, altroché metropolitana sotterranea (che non vedrà mai la luce ma che ingrassa i progettisti, col grembiulino e senza).
6 – Anfiteatro romano
Un monumento bellissimo, ancora poco studiato, al centro di un possibile percorso archeologico di cui tutti da anni parlano ma che nessuno fa niente per concretizzare. Questa benedetta legnaia la smantelliamo o no? Sapete come la penso. E i concerti estivi dove li facciamo? Una risposta subito, please.
7 – Centri e spazi culturali
La cultura a Cagliari è allo sbando. Nove anni di gestione del’assessore Pellegrini sono stati una sciagura biblica. Il bando per l’assegnazione ai privati dei centri culturali si è perso nel nulla. Ma nei prossimi anni ci sarano da gestire anche il Parco della Musica, la Mediateca del Mediterraneo e l’ex Manifattura Tabacchi! Serve subito un progetto culturale.
8 – Pubblica amministrazione
La macchina amministrativa comunale è a dir poco opaca. Vogliamo nuovamente parlare degli ultimi concorsi o dello smodato protagonismo di alcuni dirigenti in questi ultimi anni?
9 – Città turistica
Abbiamo dati di tutti i tipi (ultimo il sondaggio fatto sui crocieristi), conosciamo le criticità e le opportunità. Seve una linea precisa, basta con gli slogan.
10 – Parco di Molentargius
Un’opportunità straordinaria per la città. Eppure è un parco fantasma. Lo vogliamo una volta per tutte valorizzare? E gli abusi a Medau su Cramu li vogliamo abattere oppure no?
11- Campus universitario
La grande vergogna: 38 milioni di euro spesi per non costruire nulla. Intanto c’è chi si arricchisce affittando in nero le stanze ai fuorisede. Il Campus a la Playa lo vogliamo costruire? O qualcuno crede ancora alla favola del campus diffuso nel centro storico? Una balla colossale.
12 – Teatro Lirico
La più grande impresa culturale della Sardegna è allo sbando, sommersa dai debiti e mortificata da una dirigenza che ne mette a rischio la stessa sopravvivenza. Il prossimo sindaco (che sarà anche il presidente della Fondazione) continuerà con l’oscena pratica della lottizzazione o chiamerà persone preparate, slegate dalle botteghe locali?
13 – Stadio
Incredibile! E non mi stavo dimenticando di questa vicenda farsa? Che si fa? Il nuovo stadio si costruisce realmente ad Elmas? E il Sant’Elia che fine fa?
Ecco, tredici temi caldi caldi. Forse non sono nemmeno quelli cruciali, ma sono sicuramente temi di cui è parlato tantissimo e su cui i candidati alla carica di sindaco dovrebbero avere le idee chiarissime. O no?
Grazie alla discussione aperta su questo sito cominciano a circolare un po’ di idee. Dopo quelli di Zedda, Petrucci e Cabras ho letto i buoni propositi anche di Giuseppe Andreozzi. Esposizione sintetica, non c’è che dire, in buona parte non condivisibile. In particolare l’idea, trasversale da destra a sinistra, che si debba andare verso una ineludibile trasformazione dello stadio S. Elia, attualmente fatiscente, in un nuovo rudere, completamente inutilizzabile, magari da destinare a future speculazioni edilizie, pur di non assecondare gli intenti di quell’antipatico del Presidente Cellino. Che dire poi dell’idea che si debba recuperare il progetto del Betile, architrave del pensiero soriano così come il tunnel di via Roma lo è di quello fantoliano. Pare che in questa disgraziata città ci siano enormi risorse da sperperare così come talvolta è avvenuto in passato.
Ho letto infine il trattatello di Gregorini. Mi è costato un po’ di fatica perchè il web, a mio parere, non è funzionale a quella lunghezza come lo sarebbe stato magari uno stampato. Si intravvede nello scritto una confusione cosmica per cui il lettore che non fosse a conoscenza della folgorazione di Gregorini sulla via di via Roma, potrebbe immaginare che si abbia a che fare con un pericoloso comunista che, giusto per gettare un po’ di fumo negli occhi, inserisce ogni tanto una sviolinata per il potere costituito che è il principale responsabile di tutte le magagne che denuncia.
In realtà ci si può tranquillizzare perchè il Gregorini-pensiero, interessante per alcuni aspetti, ha comunque un solido sostrato di contraddizioni, ambiguità e genericità che lo rendono tranquillamente sottoscrivibile da un Fantola ma anche, eventualmente da un Cabras o da un qualsiasi Partito Du Pilu.
Da fonte molto attendibile: Si anche Cabras sarebbe ben visto come Sindaco di Cagliari, da chi? Da Zunch….. of course! ;-)).
Potrebbe essere un balla (ma non lo è) la cosa mi disturba alquanto!
Può darsi che Fantola sia vecchio in tutti i sensi. Tuttavia ciò che oggi é in campo, a me, che da sempre voto a sinistra, sembra molto peggio. Penso anche che le valutazioni debbano essere fatte sul mondo che sta dietro una persona e la capacità di governo di una categoria di persone rispetto a un’altra. Fantola rappresenta una classe dirigente che ha nel bene e nel male capacità di governo. Gli altri a mio avviso no. Avete visto ieri le immagini dell’assemblea di SEL? Quattro gatti, di cui alcuni in politica da prima di Fantola. Che garanzie ci danno? Insufficienti.
Cabras offre più garanzie.
Ma io non voterò per nessuno di questi, anzi a votare non ci andrò proprio.
Saluti a tutti
@ Elisabetta.
Io ho letto il post del Signor Gregorini ed é qaunto di più completo abbia letto sin qui in relazione ai problemi della città. Se tu chiedi idee o non hai letto il post o non sai di cosa stai parlando oppure che cosa esattamente vuoi.
Anche io l’ho letto e capito.
Ti rinvio a quanto ho scritto sotto in risposta a Stefano: la democrazia passa per le parole chiare, è un concetto fondamentale della comunicazione.
In relazione alla sollecitazione di Vito, credo che sia necessario sfrondare e andare dritto al sodo delle proposte originali e finalmente politicamente creative (traduco: in relazione al parco di Tuvixeddu, io propongo questo, questo e questo, con la semplicità e la chiarezza di chi sa cosa parla).
Oltre alle legittime e per ora inconfutate considerazioni sulla candidatura di Fantola, uomo vecchio n molti sensi, soprattutto in quelli decisivi, aggiungerei la mia preoccupazione sull’incapacità di andare al nòcciolo delle cose che esprime il post di Gregorini, nella retorica scelta e temo nella sostanza: troppo lungo (inadatto ad un blog), privo di sistematicità, generico in molte parti. Quel che Vito voleva sollecitare, mi pare, è una chiara, univoca e diretta risposta ai 13 punti, o almeno a parte di essi (quelli che ciascun candidato o sostenitore di candidati ritiene irrinunciabili alla propria politica), non un sinuoso fiume di parole peraltro già apparso altrove.
E ciò vale – con diverse implicazioni – per il link al sito di Sardegna democratica postato da Marco P. Lo scritto dell’avvocato Andreozzi è un esempio di ciò che non vorrei: ancora parolette generiche e melliflue su problemi per i quali – Vito l’ha evidenziato con parole credo volutamente dirette e “popolari” – c’è bisogno di intenti chiari e coraggiosi.
Quali siano i problemi di Cagliari l’abbiam capito, e già lo sapevamo. Ci fa piacere che Gregorini/Fantola (?) e Andreozzi li riconoscano ma vorremmo sapere COME (coraggio su: fuori le idee) intendono affrontarli e magari risolverli.
Scusa Elisabetta, il post del sig. Gregorini l’ho sollecitato io perché non riuscivo ad aprire il link che aveva postato nel suo primo intervento.
Questa dovrebbe essere solo una bozza, quindi il programma definitivo sarà più lungo e articolato.
Sì Stefano, hai ragione.
Però più che un programma «più lungo e articolato» continuo a sperare in un programma per punti, sintetico, originale e facilmente leggibile. Leggibile e ben comprensibile da tutti i cittadini (la “leggibilità” della politica è un grande tema su cui poco in Italia si discute, ma è fondamentale per il buon andamento della democrazia; riprendiamo in mano le statistiche di De Mauro sulla capacità di comprensione dei testi delle persone e scriviamo e parliamo di conseguenza, anche delle cose più complesse. E che siano “cose”).
Eh no!
Avevo già in mente di prendere un giorno di ferie quando dovesse essere pubblicato.
Intervengo per precisare che lo scritto dell’avv. Andreozzi è da me linkato non in risposta alle questioni sollevate da Vito, ma per completezza di informazione, essendo state segnalate in questo sito le “presentazioni” agli elettori di altri candidati apparse su alcuni blog.
Mi unisco all’appello di Elisabetta, da estendere a tutti i candidati
da tempo la comunità musulmana della nostra città reclama a gran voce la possibilità di poter costruire un centro culturale (trasformato in moschea dai soliti disinformatori) dove poter svolgere le proprie attività, tra le quali vi è quella di pregare il loro dio. gli si potrebbe rispondere alla floris ma mi sembra che con la sua ignoranza si sia commentato da solo. quindi. caro vito, se fossi un candidato io questo punto nel mio programma lo metterei tra i primi. giusto per abituarci ad un pò di civiltà in una citta in mano ai lanzichenecchi…
ma fantola è anche logorroico, oltre essere il nuovo che avanza?
L’analisi di Gregorini potrebbe essere, a parte alcuni punti, condivisibile. Ma glielo devo ricordare io che lui, al momento, candida Fantola? E, allora, come la mettiamo?
La pratica disgiunta dalla teoria…
Mi basta la condivisione dell’analisi, le classificazioni umane e ideologiche le lascio a lei che, peraltro, non ci dice chi é il campione, incarnazione della pratica!
Mi sembra che su questo blog le sue classificazioni umane siano state già bocciate.
Fantola, lo voglia o no, è l’incarnazione del cdx che ha sgovernato Cagliari negli ultimi 15 anni. E lei ce lo vorrebbe proporre come colui che, davvero, può incarnare le best practices di cui scrive. Credere nella Provvidenza è consolatorio, ma senza esagerare.
Continua a non rispondere. Qual é il suo campione?
io ho tre o quattro idee immediatamente ‘cantierabili’ dall’amministrazione cittadina a costo zero e che darebbero un minimo di occupazione a giovani e meno giovani…a chi le posso dire?
Andreozzi:
http://www.sardegnademocratica.it/index/istituzioni/articolo/27892/una-sfida-per-la-citta.html
aggiungerei altri due temi strategici: portualità; pianificazione e gestione dell’area vasta.
Esiste una ragione per cui in questo punto nel sud dell’isola si forma una singolarità che porta costantemente una comunità di uomini ad abitarla: La sua bellezza!
C’é chi tenta di far risalire la storia della città alla mitica Atlantide, la capitale degli Shardana. Non sappiamo se sia vero, sappiamo però che nei millenni, con alti e bassi, Cagliari é stata rifondata più volte.
Questo é semplicemente il posto della terra su cui siamo nati e abbiamo scelto di vivere. Tutti noi ci riconosciamo nel profilo della Sella del Diavolo o della palazzata di Via Roma, nei colori tersi del cielo e nella luce delle giornate di maestrale e, queste immagini, ci provocano quel sentimento d’amore e compassione forte per i luoghi e per la nostra comunità.
Siamo tutti cagliaritani: gli abitanti di Capoterra, come quelli di Settimo o di Casteddu e susu. Il nucleo più forte però ha la responsabilità di fare da guida nel percorso evolutivo di tutta questa comunità.
Oggi non abbiamo necessità di rifondare la città, però, per la nostra sopravvivenza dobbiamo orientarla meglio al futuro: velocemente dobbiamo dare un’impronta al suo e al nostro carattere perché ne sia determinato un buon destino e dobbiamo prendere coscienza che esso, il destino della città, sarà determinato dal timbro del carattere che sapremmo imporgli.
Nella storia recente, dalla piazzaforte militare che era, Cagliari si é trasformata in questa “cosa” disarticolata che viene definita “la città metropolitana”, con un nucleo relativamente omogeneo e due orbite di abitati satelliti. La confusione urbanistica la si vede nella carenza di un sistema moderno di accessi e di mobilità interno, fra i quartieri, ed esterno, verso le cittadine dell’area vasta; nella disomogeneità dei valori e della qualità della vita delle molteplici realtà cittadine.
La crescita dei primi del novecento, con il formarsi di una buona classe dirigente e di imprenditori, si é intorbidita nella crescita convulsa e l’inseguimento del profitto fine a se stesso, carente di valori, tipico degli anni della seconda metà del novecento. La perdita dell’impulso positivo ma soprattutto di quei valori ha portato alla disordinata stasi attuale.
La crisi economica ha colpito anche qui e, soprattutto fra la popolazione giovanile, la mancanza di lavoro e di prospettive vengono avvertiti come i maggiori problemi. E’ vero che questi, del lavoro, difficilmente si risolvono in ambito locale e che la pochezza dei bilanci comunali non consente di avviare vere e proprie politiche attive, tuttavia, é altrettanto vero che, in una città pulita, ordinata , bella, con un’amministrazione trasparente e efficiente, creativa e solida, si creano delle condizioni per cui le cose possano quantomeno andare meglio che altrove.
La nostra Cagliari, per fattori esterni ma anche a causa della sua storia, é una città al punto di svolta: L’attuale struttura non reggerà alle sfide che la società globale propone.
E’ evidentissima la necessità di un gruppo forte, autorevole, in parte determinato e autoritario, che si faccia leader, perché capace di disegnare e condividere con la città un idea chiara, che valga per i prossimi dieci e più anni. Noi intendiamo essere tra i cittadini illuminati, onesti, generosi e coraggiosi che si prenderanno dei rischi e faranno da guida nel processo di CONVERSIONE della città.
Esistono una serie di progetti interessanti che a noi piacciono, in parte finanziati e finanziabili, che si sono arrestati a causa dell’incapacità di portarli avanti e di superare i blocchi posti dalle varie consorterie e dai più diversi ideologismi, non sempre frutto di buona fede. Noi li abbiamo messi a sistema con altri e abbiamo costruito un’idea di città nuova e diversa. Non ci sentiamo dei creatori, abbiamo preso ciò che di buono c’é sul tavolo cercando di migliorarlo. Questo é il nostro metodo, così faremo sempre, senza voli pindarici.
A questo punto Cagliari, fra dismissioni militari, di carceri, vecchi edifici manifatturieri, Saline, aree verdi e parchi inclusi nell’area vasta, ripascimenti, concessioni demaniali, aree abbandonate, é una città che può dirsi da RIGENERARE.
Il processo passa, comunque la si giri, per una sorta di rivoluzione culturale ed economica. Una sfida che noi dobbiamo accettare. Dobbiamo trovare la “giusta via di mezzo” attivando tutte queste leve con Qualità. Dobbiamo creare le condizioni di contorno perché la città migliori e si arricchisca da se.
In questa città del futuro sarà compito della buona Politica, il nostro compito, incrementare l’empatia fra i cittadini e la creazione di quello spirito di partecipazione al miglioramento del futuro nostro e dei nostri figli. Loro, i nostri figli, in virtù di quello che noi pianificheremo e attueremo nei prossimi anni, non dovranno più essere costretti ad emigrare per sperare di realizzare i propri sogni.
Storicamente le città non si sono mai poste il problema della riproduzione. La continuazione e l’esistenza storica erano garantite per un assunto “inerziale” che veniva dal passato. Oggi questo atteggiamento é cambiato e la sopravvivenza é garantita solo grazie all’apporto di nuove risorse dall’esterno e della progettualità collettiva.
La “città impresa” diventa pertanto anche “città sostenibile”, in quanto la sostenibilità deve essere vista non più, solo, in termini ambientali ma anche come capacità della città di perpetuarsi e di offrirsi senza essere abbandonata dai cittadini. La quantità di nostri giovani che emigrano, loro malgrado, rinunciando alla movida della dolce vita cagliaritana, per recarsi in luoghi con maggior offerta di lavoro ma per loro ben più tristi, ne é l’esempio più chiaro.
La nostra sarà una città generosa verso quei cittadini meno fortunati di altri. In essa saranno attivi i meccanismi di solidarietà pubblica e privata. Il povero, il diverso o lo straniero non dovranno sentirsi esclusi.
Cagliari é la capitale della Sardegna, famosa per il senso di rispetto dell’ospite, che nasce anche dall’orgoglio di poter offrire, e dovrà dimostrare di possedere questa qualità.
Nella comunità cittadina esistono circa 800 associazioni che volontariamente offrono un contributo di solidarietà e assistenza. Come interagiscono queste realtà con il resto del sistema? Noi faremo in modo di creare ulteriore valore dall’insieme di queste attività integrandole con il sistema dell’assistenza dell’amministrazione pubblica.
La città é fatta di molti strati. I teorici, sociologi e urbanisti, chiamano questa metafora: la città delle reti.
Si parla della città universitaria; della cultura; della solidarietà; dell’accoglienza turistica; del commercio; degli affari. Reti fisiche e materiali ma anche virtuali e immateriali.
Spesso questi strati, le reti, non si toccano, non si riconoscono e non interagiscono, così limitando il potenziale che si potrebbe esprimere. Questo potenziale é ad un tempo una possibilità di benessere spirituale perso, di empatia inespressa, ma anche ricchezza non sviluppata in quanto ogni scambio rimasto latente, di beni e servizi, di informazioni o di semplice solidarietà, é una ricchezza perduta.
Stiamo attenti perché non si parla di ricchezze spirituali o virtuali ma di vero e proprio valore economico.
Dall’integrazione degli strati interni faremo nascere ricchezza.
Il centro urbano principale, Cagliari appunto, deve fare da guida per tutta l’area vasta e questa, ancora, da guida, per lo sviluppo dell’intera Isola.
I progetti verteranno sul miglioramento delle connessioni e la velocizzazione degli scambi.
Questo non significa che avremo altre e più macchine in città ma, semplicemente, una maggiore facoltà di accesso a un luogo o, parimenti, a una informazione che ci é utile.
Questo vale per i poli urbani dell’area vasta ma vale per l’intera Isola e per il mondo.
Perché non riconoscere, noi stessi, che si é perso il senso dei valori di comunità. Il beneficio pubblico, della città, passa sempre in subordine rispetto a quello individuale, della famiglia, del clan o del partito politico.
Per sviluppare qualità urbana abbiamo l’obbligo di analizzare e correggere i nostri difetti per perseguire un modello ideale.
Noi dichiariamo di voler perseguire un percorso di miglioramento e di avere coscienza che questo comporterà dei sacrifici da parte di tutti.
Senza trasparenza questo processo non é possibile perché altrimenti diventa impossibile l’individuazione delle deficienze. Solo con il confronto é possibile misurare le nostre capacità e per questo, quindi, dobbiamo esporci trasparentemente al pubblico.
I nostri progetti pertanto non nasceranno nelle segrete stanze ma in una agorà urbana, un URBAN CENTER, dove si stimolerà anche il monitoraggio delle realizzazioni.
Anche l’efficienza ha bisogno di misurazioni del rendimento e del confronto con la concorrenza, soprattutto per il pubblico che noi vogliamo rappresentare.
Il degrado del sistema politico, istituzionale e amministrativo é frutto del venir meno della volontà di confronto e la pretesa di stare sempre comodamente al comando e conservare i propri privilegi e la propria condizione, buona o cattiva che sia.
Dove il valore dell’impegno politico é andato perduto non ci può essere miglioramento alcuno della comunità. La prestazione del politico e dell’amministratore può essere migliorata rendendo trasparente il suo operato e dando alla comunità gli strumenti per censurarlo ed esautorarlo.
Non possiamo quindi tenere chiusa alle innovazioni, agli apporti e influenze esterne la nostra città. Siano essi di tipo culturale ma ancor più finanziario.
Questa é una necessità e il coraggio richiesto per affrontare il futuro é frutto non di stupida balentia ma del sentimento che qualsiasi padre di famiglia prova quando deve uscire di casa e affrontare il mondo per riportare infine il pane e il companatico per tutti.
Oggi si va oltre e le necessità riguardano l’istruzione, una comoda casa, l’intrattenimento e a volte anche il divertimento: non c’é niente di male in tutto ciò.
Abbiamo la responsabilità di realizzare questa condizione e di farlo nel rispetto della natura e del paesaggio e del grado di qualità di vita.
Oggi, in un mondo aperto e globale, avremo il coraggio di aprire all’innovazione e al mondo.
Queste scelta significa anche l’aver preso coscienza che si correranno dei rischi e che pertanto si potrà sbagliare. Ne siamo coscienti e ci prendiamo tutte le responsabilità del caso.
In quale contesto mondiale ci troveremo a operare?
I grandi cambiamenti della storia avvengono quando una rivoluzione delle capacità di comunicazione si coniuga con un nuovo regime energetico e crea un ambiente sociale completamente nuovo. Il mondo si trova al culmine di questa convergenza: l’uso della tecnologia dell’informazione come strumento di controllo delle reti e dell’energia, apre la porta alla terza rivoluzione industriale che avrà un moltiplicatore economico eccezionale.
In un mondo dove la gran quantità dei beni materiali sarà prodotta dalle macchine, gli uomini dovranno dedicarsi alla produzione dei servizi di solidarietà; dei contenuti che possono essere fruiti nelle città dell’empatia e del benessere.
Quanto lavoro da sviluppare nella conversione della nostra città!
• Vi sarà da realizzare le infrastrutture di rete della mobilità.
• Vi sarà da realizzare e convertire l’esistente in rapporto a diversi numeri del turismo e dell’accoglienza.
• Vi sarà da creare una rete di generazione di energia da fonti rinnovabili, da utilizzare nelle nostre case per scaldarci, rinfrescarci, cucinare ma, anche, per la nostra mobilità su mezzi, prima elettrici, e in futuro, verosimilmente, a idrogeno.
• Vi sarà da creare e gestire le nuove reti intelligenti di distribuzione dell’energia e dell’informazione.
• Vi sarà da convertire i nostri sistemi di mobilità: nel pubblico con la costruzione di una rete efficiente di mobilità; nel privato con la trasformazione dell’attuale filiera del petrolio e dei motori a combustione con la filiera elettrica e dell’idrogeno.
• Vi sarà da convertire il patrimonio immobiliare, pubblico e privato, con i criteri di efficienza energetica e di salubrità. E’ finita l’era dell’edilizia della quantità e del consumo del territorio nella ricerca di incrementi di valori spesso fittizi e inesistenti, la nostra edilizia del futuro sarà quella della qualità.
• Vi sarà da formare gli operatori, i tecnici, gli artigiani, necessari per la costruzione e la gestione delle reti dell’informazione; della filiera della mobilità sostenibile; dell’edilizia della Qualità.
• Vi sarà da mettere a sistema la rete della solidarietà e dei contenuti per gli scambi culturali e dei consumi di beni immateriali: servizi e intrattenimento.
La città è da sempre il luogo della cultura. La cultura, in quanto sapere, nasce nelle città grazie alle università. La cultura, in quanto creazione artistica, nasce grazie agli stimoli e agli scambi che esse sono in grado di offrire agli artisti e agli intellettuali che trovano strumenti e contatti necessari per la loro attività.
Ogni città europea di livello si connota per le sue attività culturali. Si potrebbe dire che la città è tale solo se è creatrice e distributrice di cultura. È la cultura a permeare la città europea, a distribuire le funzioni del territorio. Sotto questo aspetto, Cagliari deve recuperare un gap enorme perché la cultura non è stata governata dalle amministrazioni in maniera da poter essere al servizio della crescita della città. È stata intesa come evento e mai come servizio. Solo se diventerà un servizio la città diventerà attrattiva e aiuterà la città a svilupparsi armonicamente.
Cagliari ha alcune risorse che non tutte le altre città possono vantare. La prima è l’Università. Fare di Cagliari una città universitaria non significa precluderle altre ambizioni ma anzi offrire uno strumento di crescita e di sviluppo potentissimo. Il sapere universitario deve aprirsi alla città attraverso una reale integrazione dei servizi offerti dall’ateneo con quelli offerti dall’amministrazione e dai soggetti privati. Sotto questo aspetto, l’assessorato alla cultura deve svolgere un costante ruolo di coordinamento.
Le città universitarie sono essenzialmente città di studenti. Cagliari deve aprirsi ai giovani, offrire loro più servizi e più opportunità. Deve metterli al centro del suo sviluppo e della sua progettazione. I giovani saranno sempre di più il vero capitale delle società. Cagliari ha una grande opportunità, quella cioè di intercettare i giovani sardi che lasciano i loro paesi per motivi di studio e che sempre più spesso scelgono il continente. La città deve riproporre con forza le sue ragioni di capitale non più del Mediterraneo (formula vuota e anche ridicola) ma innanzitutto della Sardegna. Cagliari deve ribadire le sue ragioni di capitale culturale della Sardegna e deve rafforzare questa ambizione. La città deve dunque orientare i servizi culturali e le infrastrutture al servizio dei giovani universitari.
Ma oltre alla cultura prodotta dall’università, Cagliari ha da tempo una straordinaria ricchezza di gruppi e associazioni che continuano a lavorare e produrre nonostante le difficoltà e il ruolo marginale a cui sono state ridotte dall’amministrazione. Quest’ultima deve assumersi un importante ruolo di stimolo e di coordinamento e deve impegnarsi per offrire uno scenario stabile nel quale i privati possano muoversi.
Il primo assunto da cui possiamo partire è che la cultura costa. Sono risorse ben spese perché, come abbiamo visto, ogni città europea si riconosce nella sua funzione culturale. Recentemente si fa strada invece l’idea di una cultura a costo zero che non solo non ha ragion d’essere ma è anche pericolosa perché riduce l’attività culturale ad eventi spettacolari con grande impatto mediatico ma senza alcuna ricaduta sociale. L’amministrazione si fa innanzitutto carico dunque di aprire un tavolo con la Regione per meglio comprendere quali siano i criteri di distribuzione delle risorse nel territorio, e per riconoscere a Cagliari alcune funzioni fondamentali. Alcuni grandi contenitori devono essere prioritariamente finanziati dalla Regione (Mediateca del Mediterraneo, Teatro Lirico, Teatro Stabile, Cineteca Sarda) in cambio di una ricaduta di questi servizi .
Cagliari ha immediatamente bisogno di un progetto per l’utilizzo coerente di tutti gli spazi e i contenitori culturali di cui dispone. Sono clamorosamente troppi. Oggi la città ha una decina di centri d’arte e oltre trenta sale teatrali! E’ necessario ripensare alla funzione di questi spazi, alla loro effettiva fruibilità e gestione, senza temere di immaginare una riconversione ad altri scopi di spazi finora infruttuosamente destinati alla cultura 8un esempio per tutti, il Castello di San Michele).
La città peraltro si appresta ad inaugurare altri spazi culturali: la Mediateca del Mediterraneo, il Parco della Musica, senza dimenticare la Manifattura Tabacchi. Spazi enormi, che avranno enormi costi di gestione e che al momento non si sa bene come si inseriranno in un progetto culturale dell’amministrazione (peraltro molto molto labile). Il problema Manifattura Tabacchi. Questo enorme contenitore urbano è stato ritenuto sede ottimale per ospitare un a sorta di factory audiovisiva e cinematografica. Il progetto può essere portato avanti ma solo se si trovano risorse e competenze certe. Altrimenti sarebbe meglio restituire ad altre funzioni (anche commerciali e di servizi) questo enorme spazio.
Sul fronte delle strutture, la città è invece terribilmente carente di biblioteche di quartiere e centri di aggregazione culturale. Si tratta di un limite enorme: Cagliari oggi ha una sola biblioteca comunale, quella di Pirri. E’ necessario aprire almeno altre cinque o sei biblioteche, magari accorpate ai centri di aggregazione sociale già presenti (via Dante o Area Tre a Mulinu Becciu, ad esempio).
La cultura può aiutare a ridefinire le funzioni delle periferie. Questo lo si può fare innanzitutto stimolando iniziative culturali nei quartieri finora poco toccati da eventi (ad esempio, rassegne di cinema estivo al Cep, Sant’Elia, Is Mirrionis, Sant’Avendrace; piccole rassegne teatrali e musicali), inoltre concedendo uno spazio a tutte le associazioni che da anni lavorano con profitto. Questi spazi che finora l’amministrazione non utilizza (pensiamo solo alle scuole, ma sono tanti i locali inutilizzati) devono essere immediatamente dati alle associazioni che in questo modo aiuteranno a rivitalizzare i quartieri e a combattere la dispersione scolastica. Il progetto è dunque quello di decentrare la fruizione culturale.
La cultura può essere uno strumento di integrazione. La musica soprattutto ha delle enormi capacità. Sulla scorta di famosissime esperienze portate avanti in America Latina, sarebbe opportuno spostare la scuola civica di Musica dalla rassicurante zona di via della Pineta in una zona più popolare.
La cultura cambia la città. Si può attivare a costi contenuti un progetto in cui l’arte diventa visibile e contribuisce a migliorare i quartieri. Il comune chiama gli artisti a migliorare la città sulla scorta di iniziative passate come quelle di Sciola in piazza Repubblica o Rosanna Rossi in piazza Galilei.
Ma la cultura può anche raccogliere la sfida della multiculturalità: la mediateca del Mediterraneo può e deve essere un laboratorio di integrazione culturale. Cagliari ha un enorme vantaggio: è una città tollerante ed è anche una città dove da decenni è radicata una comunità di extracomunitari che deve però far parte integrante del processo di sviluppo cittadino. La Sardegna ha pochi extracomunitari e la città può essere un laboratorio unico. Cagliari deve far fruttare la sua volontà di essere un ponte con i paesi dell’Africa e del Mediterraneo e la fortuna di avere in città una comunità stabile di senegalesi. Ci sono tutte le condizioni per aprire a Cagliari una Casa Senegal: sarebbe una opportunità straordinaria.
La città vanta la presenza di alcune istituzioni culturali di grande livello. L’amministrazione (che le sostiene da anni) deve fare pressioni perché siano dirette da personalità di indubbia fama e capacità. L’amministrazione (che già ha un ruolo nel Teatro Lirico) deve averlo anche nel campo del Teatro e in quello dell’arte e della gestione del patrimonio museale. L’esempio è quello del Man di Nuoro dove è bastata una direttrice giovane e ben sostenuta dall’amministrazione a fare di questo museo uno dei poli di attrazione della città.
Ma Cagliari ha anche fatto nascere e sviluppato un’altra esperienza interessantissima, quella di Monumenti aperti. L’iniziativa va proseguita e rivista per impedire che diventi una sterile celebrazione di se stessa ma un’occasione continua di elaborazione culturale sui temi della città e dello scambio con altre realtà del mediterraneo. Si possono immaginare gemellaggi con altre città e anche di organizzare iniziative intermedie. Monumenti Aperti deve poter contare però su un museo dedicato alla città di Cagliari, oggi totalmente assente. Lo spazio potrebbe essere quello del sottopiano del Comune insieme ad un’ala dello stesso municipio di via Roma, liberata da uffici (il municipio riprenderebbe così la sua centralità culturale).
A fronte di un progetto così vasto, è ineludibile un investimento sull’informazione culturale. L’amministrazione deve sostenere la nascita di un foglio per lo spettacolo, la cultura e il tempo libero che informi i cittadini di tutte le iniziative in programma a Cagliari. Diversi tentativi sono stati fatti negli ultimi anni ma sono finora falliti proprio perché non sostenuti a dovere dall’amministrazione che non ha riconosciuto a questo tipo di informazione una valenza strategica.
Questo sforzo di riorganizzazione della cultura deve essere orientato ad un progetto alto: la candidatura della città a Capitale europea della cultura.
Gran parte di ciò che é stato sin qui esposto ha valenza economica in quanto la sua realizzazione comporterà un forte sviluppo di molteplici attività, di conversione del modello di sviluppo e di consolidamento del patrimonio esistente.
Il commercio vedrà il suo sviluppo nella messa a regime dei centri commerciali naturali. Va da se che l’artigianato in una città turistica, multietnica a forte impronta commerciale, troverà, con l’aiuto pubblico, nuove strade di sviluppo.
Cagliari, nel disegno del piano regolatore del porto, diventa una delle città con maggiori disponibilità di spazi per le imbarcazioni da diporto. Esistono dei programmi e delle politiche che consentiranno di collegarlo alle realtà europee della nautica e non si potrà che perseguirli. Un porto turistico che funziona a regime porterà linfa alle attività del centro storico e ulteriori flussi verso la litoranea che, come detto, diventerà un asse attrezzato per l’intrattenimento e la vendita di servizi specifici.
La finanza cagliaritana é pressoché inesistente, non solo a causa della mancata accumulazione di capitali da parte della ricca borghesia, ma anche della storica incapacità di saper accedere al mercato dei capitali privati (borsa), coniugata con il genetico carattere individualista, invidioso, orgoglioso e diffidente di noi sardi.
Pensiamo qui al fatto che il processo economico é sempre vissuto dall’isola esattamente come nell’ottocento era stato vissuto quello delle concessioni minerarie: quando gli isolani attivi hanno lavorato per i finanziatori, e accumulatori di rendite, esterni alla nostra economia.
La città da sola non può stravolgere questa realtà, anche se é l’unico luogo da cui potrebbe partire una sorta di riscatto.
Si pensi a quanto, in prospettiva, può venirci dall’ emigrazione nord-africana, ed in particolare magrebina, per la creazione di un tessuto di comuni intraprese economiche. Il metanodotto dall’Algeria può essere un’ occasione unica. Vi sono poi le potenzialità di una politica dei trasporti per ben finalizzare le linee aeree e navali. Cagliari è il naturale approdo delle autostrade del mare che collegheranno l’Africa Occidentale a Genova, a Marsiglia, a Tolone. Cagliari ha ormai le tecnologie per porsi come snodo di sistemi di collegamento informatico tra Europa e Africa del Nord. Di qui anche un aumento delle possibilità per divenire sede di una banca del Mediterraneo occidentale .
I cagliaritani “bancabili” nella nostra “città aperta” si sentiranno stimolati a investire le loro potenziali risorse dall’humus culturale e dalle nuove favorevoli condizioni che saremo capaci di creare. In una città viva gli scambi e la forte entropia determinano incremento di valore: solo in questo senso potrà essere perseguito l’arricchimento della comunità.
Anche le attività culturali fanno economia: media; internet e contenuti multimediali possono essere facilmente prodotti. Cagliari sotto questo aspetto si é dimostrata molto dinamica e contiene un capitale di conoscenza enorme, il lascito delle esperienze Grauso, Soru e in parte minore Energit.
Una buona politica deve rimettere ordine in questo tessuto economico sfilacciato e confuso rideterminandone il successo nazionale.
Quando il disegno strategico della città sarà ben delineato, l’Agenzia Economica dovrà venderla ai primari operatori interessati a trasferirvi la propria sede in cambio della possibilità di sperimentare nuovi modelli di sviluppo. Le caratteristiche fisiche dell’Isola consentono di utilizzarla per sperimentazioni analoghe a quella del “digitale terrestre” che riguardino l’energetica, le reti, la conoscenza, la cultura, l’artigianato ad alto valore aggiunto, l’intrattenimento e il turismo.
Questa agenzia dovrà gestire in sinergia con l’Urbanistica anche la dismissione e conversione delle aree, e del patrimonio edilizio pubblico, di modo che sia sempre verificata la priorità verso una destinazione produttiva di ritorno relativamente lungo, con spendita minima di risorse naturali e finanziarie
Già il progetto di piano urbanistico comunale del 2000, del professor Corti, era denominato “Cagliari la città ambientale”. Questa città ha la fortuna di avere una conformazione fisica molta articolata, differenziata da lagune, mare e colli. La luce solare chiara, nell’aria tersa dei giorni di maestrale, gli conferisce quella unicità dai più riconosciuta. Sui temi ambientali, rispetto ai decenni precedenti, é stato fatto moltissimo ma ancora molto c’é da fare. La Cagliari del “colera” degli anni ’60 é diventata una delle città meglio amministrate e civili del meridione di Italia, lo sforzo successivo la vedrà impegnata ad “entrare in Europa” .
Il piano strategico della città, intesa come solo territorio comunale, vede in primordine lo sviluppo di due assi principali e il coordinamento delle loro funzioni:
1. Nella volontà di sfruttare l’occasione più esplicita per il miglioramento della città offerta dal Lungomare da Giorgino al Poetto.
2. Nel recupero e riuso dei quartieri storici, in particolare Marina e Castello, sinergico alla creazione del Lungomare.
3. La creazione e la cura delle possibili connessioni e rapporti fra i due suddetti sistemi.
1. La porta principale della città per chi viene dall’esterno é la via Roma, intesa come porto, centro intermodale della mobilità connesso con l’aeroporto. Essa nel contempo diventerà anche il salotto della città: grande piazza delle passeggiate ma anche degli eventi. La sua dimensione dovrà andare, senza soluzione di continuità dalla palazzata sino alla banchina del porto turistico. Sotto di essa sarà costruito il parcheggio (già in appalto) e, sopra di esso, sarà realizzato un lungo sottopasso al quale si avrà accesso tramite due rampe opposte: dalla piazza Matteotti e dalla Piazza Deffenu. L’attuale isolato dell’ARST potrà essere completamente rivisto o, anche demolito, per far spazio ai servizi dello scambio intermodale e lo svincolo degli afflussi dall’esterno verso il centro.
Dalla piazza di via Roma (che potremmo anche ribattezzare Piazza del Mare) verso il Poetto avremo: l’ammiragliato con la piazza del terminale crociere antistante e la banchina pedonale verso il mare che consentirà di avere continuità verso su Siccu. Quest’ambito é già praticamente disegnato, con il giardino pubblico sul mare, che dovrà essere meglio attrezzato, collegato alla retrostante piazza dei centomila, attraverso un’architettura che dia sfondo alla basilica. L’area porto cosiddetta della Lega Navale continuerà a svolgere la funzione da diporto e luogo degli sport nautici. Verosimilmente, se andranno avanti i progetti di riqualificazione della Fiera, sarà collegata a questa tramite un canale da realizzarsi, di modo che la stessa Fiera possa ospitare attività realmente legate alla nautica e al mare.
Sul Terramaini sarà realizzata un’elegante passerella che eliminerà l’interruzione fisica fra lungomare di Su Siccu e Sant’Elia. Il Lungomare Sant’Elia, così come progettato di recente dall’amministrazione comunale, non sarà occupato da volumi nelle contiguità della linea costiera. Gli eventuali fabbricati collegati in qualche modo al polo sportivo saranno tutti realizzati nelle aree parcheggio.
Nel realizzare questo asse “turistico” si dovrà sempre pensare nella prospettiva del Poetto e del Parco della Sella del Diavolo – Calamosca. Qui, la riqualificazione dei volumi della Ederle e dell’albergo esistente costituiranno un polo marino delle vacanze cittadine a cinque stelle.
Il sistema Poetto non può essere visto disgiuntamente da quello del parco di Molentargius. Solo su questo tema ci potrebbe parlare per delle ore. Dico solo che occorre integrarli in un compendio unico, di rara bellezza e, appunto, unico per caratteristiche. Risolvere la dicotomia presenza dell’uomo – parco naturale, pensando all’esempio dei paesi più civili dove esistono eccezionali parchi urbani, ricchi di biodiversità, fruibili in molteplici modi. Un’autorità unica, comunque denominata, un’agenzia del Parco, dovrà essere capace di sviluppare, con elasticità, politiche di gestione ambientali diverse da quelle sin qui messe in campo. In esso potrà essere sviluppato anche un sistema di agricoltura urbana nelle vaste porzioni dove queste attività venivano praticate sino a un decennio fa ma, poi, in parte, danneggiate e fatte direttamente chiudere in seguito alla stessa nascita del parco.
Se non sarà trovata una soluzione per la rimessa in produzione delle saline, così come sino a oggi é apparso, si dovrà prevedere una destinazione diversa per le caselle salanti di fianco al viale Poetto, sino all’Ippodromo. L’idea di approfondire il livello dell’acqua e realizzare un unica casella, estesa per circa 125 ettari, profonda 1 – 1,5 metri, consentirebbe di poter adibire lo spazio a campo per regate veliche e canotaggio. Questo spazio, se ben collegato al centro nautico di Marina Piccola e al futuro polo di accoglimento turistico dell’Ippodromo e degli ex ospedali, nonché a tutte le altre attività sportive, ludiche e turistiche del Poetto, integrate nel Parco di Molentargius, potrebbe risultare altamente attraente e produttivo. Le sabbie di risulta del dragaggio, all’uopo lavate, pari a circa un milione di metri cubi, potrebbero consentire di ripristinare i volumi originari dell’arenile Poetto, con materiali di identiche caratteristiche.
2. Nel recupero e riuso dei quartieri storici, tutto é scritto nel documento “indirizzi per la redazione del Piano Particolareggiato del Centro Storico”, semmai quello che manca sono le azioni concrete che si intendono mettere in campo per rivitalizzare questi quartieri. Anche qui sarà necessario rendere finalmente attivo “il laboratorio del centro storico”, con funzioni di agenzia che pratichi politiche di perequazione e promozione volte per esempio a portare una parte della popolazione studentesca nelle case di Castello o Villanova. Il progetto di residenzialità degli studenti nel centro storico dovrà essere perseguito con decisione: é la categoria degli studenti quella che meglio si attaglia alle caratteristiche fisiche ambientali del centro storico e in particolare di Castello.
3. La creazione e la cura delle possibili connessioni e rapporti fra i due suddetti sistemi si risolve nel progetto di realizzazione della “Piazza sul Mare” di cui si é detto abbondantemente sui giornali e nei dibattiti pubblici.
Un capitolo a parte meritano le periferie e la cosiddetta città di nuova formazione. Le politiche di perequazione urbana, del cosiddetto social housing, non possono essere più rinviate. Il rischio é che la città invecchi e si disarticoli ancora di più. Esistono dei progetti per realizzare dei nuovi Piani di Zona nell’area di Su Stangioni e San Lorenzo. Nuovi quartieri, moderni, sostenibili, dove la gente, i giovani, possano inurbarsi a costi accessibili. Questo però non basta e deve essere subordinato all’utilizzo dell’esistente: bisogna fare un lavoro di ricognizione del patrimonio immobiliare inutilizzato e far si che rientri nei circoli della residenzialità. Non é tollerabile che esista una percentuale altissima di appartamenti chiusi e inutilizzati.
Lo schema su cui incentrare le politiche ambientali sarà quello dei “cicli chiusi” : per quanto possibile i cicli biologici ed economici della città dovranno chiudersi all’interno del territorio circostante.
Le politiche sulla gestione dei rifiuti dovranno proseguire nel solco tracciato sino all’introduzione della raccolta “porta a porta” con regime tariffario basato sul peso dell’effettivamente conferito.
Il piano del verde di Andreas Kipar contiene uno studio dettagliato, dai parchi urbani al verde di quartiere, che cataloga, censisce ed analizza ogni porzione di verde, compreso quello dei piccoli giardini e dei grandi viali di cui è dotata la città. Il piano suddivide la città in tre grandi aree, e stabilisce le strategie di intervento, anche attraverso lo strumento normativo del Regolamento del verde. La sua attuazione consentirebbe la ricucitura di tutti i parchi della città e degli altri spazi verdi di differenti dimensioni, come i giardini di quartiere, con corridoi verdi, percorribili a piedi e anche in bicicletta.
Le politiche energetiche dovranno mirare a introdurre in città semplicemente ciò che in altre realtà europee é già stato fatto. I consumi cagliaritani si possono immaginare suddivisi per metà sulle costruzioni e per metà sulla mobilità. Il resto é industria che segue un percorso proprio. La vera efficienza energetica, quella dell’autosufficienza non é perseguita. Sul tema dei regolamenti edilizi energetici siamo all’anno zero. Quel poco che si é visto fare sull’efficienza energetica degli edifici é frutto delle politiche di agevolazioni fiscali governative nazionali. Lo stesso Piano Casa poteva essere un’opportunità per scambiare le cubature e gli incrementi di valore contro qualità anche energetica ma non gli si é voluta dare quell’impronta. All’inedia della politica si somma il blocco della burocrazia che, é noto, fa di tutto per inibire i buoni propositi dei cittadini, a qualsiasi livello economico operino.
Occorre pertanto sbloccare la burocrazia offrendo un sistema di regole certe, anche rigide, se si vuole, però chiare e non interpretabili. Occorre smetterla di limitare l’implementazione delle fonti rinnovabili con l’idea dell’ambientalismo estetizzante che spesso tutela ciò che non é bello e difendibile.
La città può concorrere anche con un sistema di “pubblic company”, operanti in regime di energy service company (ESCO), e occuparsi della produzione dell’energia necessaria per le proprie esigenze, attraverso una rete di impianti micro, installati nelle abitazioni, supportati da impianti di medie e grandi dimensioni distribuiti sul territorio. Si pensi alle potenzialità che esistono di sviluppare il minieolico in aree come il porto e l’aeroporto.
L’area metropolitana dovrà costituire una propria agenzia dell’energia che offrirà servizi sia all’amministrazione sia ai cittadini.
Il tema della mobilità é uno dei più dibattuti e sentiti dall’opinione pubblica. L’attuale amministrazione attua una politica dei piccoli passi, per certi versi illuminata ma che, nella realtà, manca del coraggio di realizzare una città diversa: Esistono i piani, manca la capacità attuativa.
L’idea di realizzare un sistema di parcheggi pubblici é stata molto osteggiata tramite dei “mantra” facilmente opponibili. I parcheggi sono necessari, però nella misura in cui essi sono rapportati a tutte le possibili azioni di disincentivazione del mezzo privato e utilizzo dei mezzi cosiddetti alternativi.
Il progetto della metropolitana underground appare sovradimensionato e non di rete, meglio sarebbe arricchire il progetto di metrotram ramificato, elaborato dal CIREM per conto della Provincia, con delle soluzioni dei punti nevralgici con importanti opere di intersezione sovra o sottopassanti.
Per alleggerire il carico ambientale sul centro storico sarà di fondamentale importanza realizzare gli assi viari di Viale Trento – Cadello e Fangario – Via Peiretti, già previsti dal PUC e parzialmente esistenti.
Il futuro della mobilità sarà dell’elettrico e poi dell’idrogeno e in quest’ottica dovrà muoversi la Politica.
Finché l’amministrazione investirà quelle poche risorse disponibili in eventi del calibro: “i cinquant’anni di Barbie”, non si può sperare di generare cultura spendibile. I luoghi deputati allo sviluppo di fucine culturali spesso sono stati affidati con tecniche clientelari a imprenditori all’uopo inventati. Questo non avverrà più.
Particolare cura verrà riposta nello sviluppo e le relazioni delle reti sociali. Una parte dell’assistenza pubblica e dei servizi della solidarietà dovranno essere svolti dalle associazioni, queste, però, non potranno essere più strumento di clientelismo elettorale per la formazione del consenso e l’estorsione del voto.
Promuovere l’avvento di una società basata sul concetto di qualità della vita significherà stimolare l’impegno civico nell’ambito della comunità.
La partecipazione alle società sportive, la pratica delle arti, l’assistenza ai bisognosi, la cura dell’ambiente, il sostegno ai giovani e la cura degli anziani saranno modi con cui prenderemo parte alla vita civile e culturale.
E’ errato definire la società civile “il terzo settore”, in realtà, nella città aperta, questa é il settore primario. Così nelle scuole promuoveremo metodi didattici basati sulla realizzazione di progetti di impegno sociale e volontariato. Queste esperienze motivano i giovani e migliorano la capacità di dare un senso religioso originario alla loro vita.
La rivitalizzazione dell’economia inizia con la rivitalizzazione della società civile, senza per questo trascurare il cosiddetto “modello di mercato” .
Solo incoraggiando sia l’iniziativa imprenditoriale sia la collaborazione tra vicini, quartieri, comunità e municipalità si potrà costruire la nuova città aperta e ricca. La cooperazione prenderà il posto della competizione, la qualità della vita sarà importante quanto il successo economico personale: l’egoismo, l’interesse particolare e la mera utilità saranno esposti al ludibrio pubblico.
..e dopo aver tirato fuori tutto ‘sto po’ po’ di roba andate a sostenere Fantola, il meglio del nuovo che avanza, uno che “gestisce” Cagliari in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, da 30 anni?!
La vostra, mi spiace, mi appare proprio una di quelle operazioni gattopardesche per cui tutto deve cambiare perchè nulla cambi.
E altri – di altri schieramenti – come voi.
E’ dura credere che Fantola possa essere diverso da Floris, Delogu, etc….
Pensate veramente che sia in grado e abbia la volontà di cambiare questa città?
Possono rispondere anche i segretari di circolo? O rinviamo a dopo le primarie?
Nessuno ha più menzionato la “democrazia partecipativa”….Eppure ce ne sarebbe tanto bisogno per realizzare una città moderna su misura per i suoi abitanti…Sono tornata a Cagliari per le vacanze di Natale e ho visto terminato il giardinetto psichedelico di piazzetta maxia mentre a pochi metri il manto di asfalto di via pessina mostrava vergognosi segni di degrado . Per non parlare del sito internet dell’aeroporto di Elmas che diceva che l’ultimo bus parte dall’aeroporto alle 23.30 mentre il cartello collocato all’esterno dell’area arrivi riportava le 00.30 come orario di partenza dell’ultima corsa, assieme anche alla scrittuta “gli orari possono cambiare senza preavviso”. Quisquilie e pinzellacchere direbbe Totò, ma Cagliari città turistica si costruisce anche così. Quando vado alla stazione di Verona posso contare sul bus che va all’aeroporto i cui orari possono essere consultati sul sito dell’aeroporto Catullo, assieme ai costi dei parcheggi…….
Ciao Cristina, la democraqzia partecipativa è presente nella visione della città di SEL e del candidato alle primarie Massimo Zedda. 🙂
Sono un artista del coro del teatro;
su di noi si è detto di tutto e di più: che costiamo troppo, che siamo viziati, che non lavoriamo abbastanza…chiunque nei mesi (e anni) passati ha avuto da ridire sulle Fondazioni Liriche e sul Teatro Lirico di Cagliari.
Gli anni scorsi si è scilacquato quello che non si poteva, i sovrintendenti Meli e Pietrantonio ci hanno sempre assicurato che le cose andavano bene, che il teatro era una eccellenza, che i bilanci erano in pareggio e la produzione aumentata.
Vi dò qualche dato:
dal 2006 al 2009 abbiamo avuto un calo di pubblico pari a 7873 spettatori;
aumenti ingiustificati di spesa su voci come servizi fotografici, indennità e rimborso viaggi sovrintendente, spese di rappresentanza, spese per organizzazione e partecipazione convegni.
(il teatro tra l’altro non fa convegni, qualche mostra che ospita nel foyer a costo zero) e le conferenze di presentazione di opera e balletto, 5 all’anno).
Potete trovare tutto qui, http://www.facebook.com/index.php?lh=25c341661225a5cc1c563d1414ef12af&eu=EcWXL03zAsvyMv09VXi6Dw#!/home.php?sk=group_127992193920843&view=doc&id=138941026159293
gruppo di Facebook aperto di solidarietà per il Teatro di Cagliari.
Paolo Piras, artista del coro, dal 27 novembre senza stipendio nè tredicesima.
Ah, dimenticavo: dalla stessa data, il teatro è occupato dai dipendenti, senza che però sia mai stata interrotta la programmazione.
Nel link sottostante troverete la bozza di programma del Polo Civico, aggiornato a settembre, che però é in continua fase di revisione e miglioramento reperibile nella stessa pagina facebook.
Massimo Fantola l’ha condiviso in attesa della stesura di un programma di tutte le forze di coalizione.
Come ben sappiamo la coalizione non é ancora definita, nonostante alcuni endorsment di esponenti di altre varie forze.
Questo é pertanto quanto esiste. Non é sufficiente ma non é comunque poco. Nel documento si possono trovare risposte sufficientemente esaustive dei punti sopra riportati.
Sono citati anche gli ideali di riferimento che dovranno guidare la città.
E’ gradito qualunque commento competente, non risponderò invece al “rumore”.
http://www.facebook.com/profile.php?id=100001506914476&v=wall#!/note.php?note_id=151104238253030
Sig. Gregorini, anche se può sembrarle strano, non tutti hanno l’accesso a Facebook.
Io sono tra questi e non ho potuto leggere la bozza del programma del Polo Civico.
E non ho potuto quindi nemmeno giudicare se, in qualita di cittadino elettore, sarei in grado di esprimere un giudizio competente a riguardo.
Esiste una ragione per cui in questo punto nel sud dell’isola si forma una singolarità che porta costantemente una comunità di uomini ad abitarla: La sua bellezza!
C’é chi tenta di far risalire la storia della città alla mitica Atlantide, la capitale degli Shardana. Non sappiamo se sia vero, sappiamo però che nei millenni, con alti e bassi, Cagliari é stata rifondata più volte.
Questo é semplicemente il posto della terra su cui siamo nati e abbiamo scelto di vivere. Tutti noi ci riconosciamo nel profilo della Sella del Diavolo o della palazzata di Via Roma, nei colori tersi del cielo e nella luce delle giornate di maestrale e, queste immagini, ci provocano quel sentimento d’amore e compassione forte per i luoghi e per la nostra comunità.
Siamo tutti cagliaritani: gli abitanti di Capoterra, come quelli di Settimo o di Casteddu e susu. Il nucleo più forte però ha la responsabilità di fare da guida nel percorso evolutivo di tutta questa comunità.
Oggi non abbiamo necessità di rifondare la città, però, per la nostra sopravvivenza dobbiamo orientarla meglio al futuro: velocemente dobbiamo dare un’impronta al suo e al nostro carattere perché ne sia determinato un buon destino e dobbiamo prendere coscienza che esso, il destino della città, sarà determinato dal timbro del carattere che sapremmo imporgli.
Nella storia recente, dalla piazzaforte militare che era, Cagliari si é trasformata in questa “cosa” disarticolata che viene definita “la città metropolitana”, con un nucleo relativamente omogeneo e due orbite di abitati satelliti. La confusione urbanistica la si vede nella carenza di un sistema moderno di accessi e di mobilità interno, fra i quartieri, ed esterno, verso le cittadine dell’area vasta; nella disomogeneità dei valori e della qualità della vita delle molteplici realtà cittadine.
La crescita dei primi del novecento, con il formarsi di una buona classe dirigente e di imprenditori, si é intorbidita nella crescita convulsa e l’inseguimento del profitto fine a se stesso, carente di valori, tipico degli anni della seconda metà del novecento. La perdita dell’impulso positivo ma soprattutto di quei valori ha portato alla disordinata stasi attuale.
La crisi economica ha colpito anche qui e, soprattutto fra la popolazione giovanile, la mancanza di lavoro e di prospettive vengono avvertiti come i maggiori problemi. E’ vero che questi, del lavoro, difficilmente si risolvono in ambito locale e che la pochezza dei bilanci comunali non consente di avviare vere e proprie politiche attive, tuttavia, é altrettanto vero che, in una città pulita, ordinata , bella, con un’amministrazione trasparente e efficiente, creativa e solida, si creano delle condizioni per cui le cose possano quantomeno andare meglio che altrove.
La nostra Cagliari, per fattori esterni ma anche a causa della sua storia, é una città al punto di svolta: L’attuale struttura non reggerà alle sfide che la società globale propone.
E’ evidentissima la necessità di un gruppo forte, autorevole, in parte determinato e autoritario, che si faccia leader, perché capace di disegnare e condividere con la città un idea chiara, che valga per i prossimi dieci e più anni. Noi intendiamo essere tra i cittadini illuminati, onesti, generosi e coraggiosi che si prenderanno dei rischi e faranno da guida nel processo di CONVERSIONE della città.
Esistono una serie di progetti interessanti che a noi piacciono, in parte finanziati e finanziabili, che si sono arrestati a causa dell’incapacità di portarli avanti e di superare i blocchi posti dalle varie consorterie e dai più diversi ideologismi, non sempre frutto di buona fede. Noi li abbiamo messi a sistema con altri e abbiamo costruito un’idea di città nuova e diversa. Non ci sentiamo dei creatori, abbiamo preso ciò che di buono c’é sul tavolo cercando di migliorarlo. Questo é il nostro metodo, così faremo sempre, senza voli pindarici.
A questo punto Cagliari, fra dismissioni militari, di carceri, vecchi edifici manifatturieri, Saline, aree verdi e parchi inclusi nell’area vasta, ripascimenti, concessioni demaniali, aree abbandonate, é una città che può dirsi da RIGENERARE.
Il processo passa, comunque la si giri, per una sorta di rivoluzione culturale ed economica. Una sfida che noi dobbiamo accettare. Dobbiamo trovare la “giusta via di mezzo” attivando tutte queste leve con Qualità. Dobbiamo creare le condizioni di contorno perché la città migliori e si arricchisca da se.
In questa città del futuro sarà compito della buona Politica, il nostro compito, incrementare l’empatia fra i cittadini e la creazione di quello spirito di partecipazione al miglioramento del futuro nostro e dei nostri figli. Loro, i nostri figli, in virtù di quello che noi pianificheremo e attueremo nei prossimi anni, non dovranno più essere costretti ad emigrare per sperare di realizzare i propri sogni.
Storicamente le città non si sono mai poste il problema della riproduzione. La continuazione e l’esistenza storica erano garantite per un assunto “inerziale” che veniva dal passato. Oggi questo atteggiamento é cambiato e la sopravvivenza é garantita solo grazie all’apporto di nuove risorse dall’esterno e della progettualità collettiva.
La “città impresa” diventa pertanto anche “città sostenibile”, in quanto la sostenibilità deve essere vista non più, solo, in termini ambientali ma anche come capacità della città di perpetuarsi e di offrirsi senza essere abbandonata dai cittadini. La quantità di nostri giovani che emigrano, loro malgrado, rinunciando alla movida della dolce vita cagliaritana, per recarsi in luoghi con maggior offerta di lavoro ma per loro ben più tristi, ne é l’esempio più chiaro.
La nostra sarà una città generosa verso quei cittadini meno fortunati di altri. In essa saranno attivi i meccanismi di solidarietà pubblica e privata. Il povero, il diverso o lo straniero non dovranno sentirsi esclusi.
Cagliari é la capitale della Sardegna, famosa per il senso di rispetto dell’ospite, che nasce anche dall’orgoglio di poter offrire, e dovrà dimostrare di possedere questa qualità.
Nella comunità cittadina esistono circa 800 associazioni che volontariamente offrono un contributo di solidarietà e assistenza. Come interagiscono queste realtà con il resto del sistema? Noi faremo in modo di creare ulteriore valore dall’insieme di queste attività integrandole con il sistema dell’assistenza dell’amministrazione pubblica.
La città é fatta di molti strati. I teorici, sociologi e urbanisti, chiamano questa metafora: la città delle reti.
Si parla della città universitaria; della cultura; della solidarietà; dell’accoglienza turistica; del commercio; degli affari. Reti fisiche e materiali ma anche virtuali e immateriali.
Spesso questi strati, le reti, non si toccano, non si riconoscono e non interagiscono, così limitando il potenziale che si potrebbe esprimere. Questo potenziale é ad un tempo una possibilità di benessere spirituale perso, di empatia inespressa, ma anche ricchezza non sviluppata in quanto ogni scambio rimasto latente, di beni e servizi, di informazioni o di semplice solidarietà, é una ricchezza perduta.
Stiamo attenti perché non si parla di ricchezze spirituali o virtuali ma di vero e proprio valore economico.
Dall’integrazione degli strati interni faremo nascere ricchezza.
Il centro urbano principale, Cagliari appunto, deve fare da guida per tutta l’area vasta e questa, ancora, da guida, per lo sviluppo dell’intera Isola.
I progetti verteranno sul miglioramento delle connessioni e la velocizzazione degli scambi.
Questo non significa che avremo altre e più macchine in città ma, semplicemente, una maggiore facoltà di accesso a un luogo o, parimenti, a una informazione che ci é utile.
Questo vale per i poli urbani dell’area vasta ma vale per l’intera Isola e per il mondo.
Perché non riconoscere, noi stessi, che si é perso il senso dei valori di comunità. Il beneficio pubblico, della città, passa sempre in subordine rispetto a quello individuale, della famiglia, del clan o del partito politico.
Per sviluppare qualità urbana abbiamo l’obbligo di analizzare e correggere i nostri difetti per perseguire un modello ideale.
Noi dichiariamo di voler perseguire un percorso di miglioramento e di avere coscienza che questo comporterà dei sacrifici da parte di tutti.
Senza trasparenza questo processo non é possibile perché altrimenti diventa impossibile l’individuazione delle deficienze. Solo con il confronto é possibile misurare le nostre capacità e per questo, quindi, dobbiamo esporci trasparentemente al pubblico.
I nostri progetti pertanto non nasceranno nelle segrete stanze ma in una agorà urbana, un URBAN CENTER, dove si stimolerà anche il monitoraggio delle realizzazioni.
Anche l’efficienza ha bisogno di misurazioni del rendimento e del confronto con la concorrenza, soprattutto per il pubblico che noi vogliamo rappresentare.
Il degrado del sistema politico, istituzionale e amministrativo é frutto del venir meno della volontà di confronto e la pretesa di stare sempre comodamente al comando e conservare i propri privilegi e la propria condizione, buona o cattiva che sia.
Dove il valore dell’impegno politico é andato perduto non ci può essere miglioramento alcuno della comunità. La prestazione del politico e dell’amministratore può essere migliorata rendendo trasparente il suo operato e dando alla comunità gli strumenti per censurarlo ed esautorarlo.
Non possiamo quindi tenere chiusa alle innovazioni, agli apporti e influenze esterne la nostra città. Siano essi di tipo culturale ma ancor più finanziario.
Questa é una necessità e il coraggio richiesto per affrontare il futuro é frutto non di stupida balentia ma del sentimento che qualsiasi padre di famiglia prova quando deve uscire di casa e affrontare il mondo per riportare infine il pane e il companatico per tutti.
Oggi si va oltre e le necessità riguardano l’istruzione, una comoda casa, l’intrattenimento e a volte anche il divertimento: non c’é niente di male in tutto ciò.
Abbiamo la responsabilità di realizzare questa condizione e di farlo nel rispetto della natura e del paesaggio e del grado di qualità di vita.
Oggi, in un mondo aperto e globale, avremo il coraggio di aprire all’innovazione e al mondo.
Queste scelta significa anche l’aver preso coscienza che si correranno dei rischi e che pertanto si potrà sbagliare. Ne siamo coscienti e ci prendiamo tutte le responsabilità del caso.
In quale contesto mondiale ci troveremo a operare?
I grandi cambiamenti della storia avvengono quando una rivoluzione delle capacità di comunicazione si coniuga con un nuovo regime energetico e crea un ambiente sociale completamente nuovo. Il mondo si trova al culmine di questa convergenza: l’uso della tecnologia dell’informazione come strumento di controllo delle reti e dell’energia, apre la porta alla terza rivoluzione industriale che avrà un moltiplicatore economico eccezionale.
In un mondo dove la gran quantità dei beni materiali sarà prodotta dalle macchine, gli uomini dovranno dedicarsi alla produzione dei servizi di solidarietà; dei contenuti che possono essere fruiti nelle città dell’empatia e del benessere.
Quanto lavoro da sviluppare nella conversione della nostra città!
• Vi sarà da realizzare le infrastrutture di rete della mobilità.
• Vi sarà da realizzare e convertire l’esistente in rapporto a diversi numeri del turismo e dell’accoglienza.
• Vi sarà da creare una rete di generazione di energia da fonti rinnovabili, da utilizzare nelle nostre case per scaldarci, rinfrescarci, cucinare ma, anche, per la nostra mobilità su mezzi, prima elettrici, e in futuro, verosimilmente, a idrogeno.
• Vi sarà da creare e gestire le nuove reti intelligenti di distribuzione dell’energia e dell’informazione.
• Vi sarà da convertire i nostri sistemi di mobilità: nel pubblico con la costruzione di una rete efficiente di mobilità; nel privato con la trasformazione dell’attuale filiera del petrolio e dei motori a combustione con la filiera elettrica e dell’idrogeno.
• Vi sarà da convertire il patrimonio immobiliare, pubblico e privato, con i criteri di efficienza energetica e di salubrità. E’ finita l’era dell’edilizia della quantità e del consumo del territorio nella ricerca di incrementi di valori spesso fittizi e inesistenti, la nostra edilizia del futuro sarà quella della qualità.
• Vi sarà da formare gli operatori, i tecnici, gli artigiani, necessari per la costruzione e la gestione delle reti dell’informazione; della filiera della mobilità sostenibile; dell’edilizia della Qualità.
• Vi sarà da mettere a sistema la rete della solidarietà e dei contenuti per gli scambi culturali e dei consumi di beni immateriali: servizi e intrattenimento.
La città è da sempre il luogo della cultura. La cultura, in quanto sapere, nasce nelle città grazie alle università. La cultura, in quanto creazione artistica, nasce grazie agli stimoli e agli scambi che esse sono in grado di offrire agli artisti e agli intellettuali che trovano strumenti e contatti necessari per la loro attività.
Ogni città europea di livello si connota per le sue attività culturali. Si potrebbe dire che la città è tale solo se è creatrice e distributrice di cultura. È la cultura a permeare la città europea, a distribuire le funzioni del territorio. Sotto questo aspetto, Cagliari deve recuperare un gap enorme perché la cultura non è stata governata dalle amministrazioni in maniera da poter essere al servizio della crescita della città. È stata intesa come evento e mai come servizio. Solo se diventerà un servizio la città diventerà attrattiva e aiuterà la città a svilupparsi armonicamente.
Cagliari ha alcune risorse che non tutte le altre città possono vantare. La prima è l’Università. Fare di Cagliari una città universitaria non significa precluderle altre ambizioni ma anzi offrire uno strumento di crescita e di sviluppo potentissimo. Il sapere universitario deve aprirsi alla città attraverso una reale integrazione dei servizi offerti dall’ateneo con quelli offerti dall’amministrazione e dai soggetti privati. Sotto questo aspetto, l’assessorato alla cultura deve svolgere un costante ruolo di coordinamento.
Le città universitarie sono essenzialmente città di studenti. Cagliari deve aprirsi ai giovani, offrire loro più servizi e più opportunità. Deve metterli al centro del suo sviluppo e della sua progettazione. I giovani saranno sempre di più il vero capitale delle società. Cagliari ha una grande opportunità, quella cioè di intercettare i giovani sardi che lasciano i loro paesi per motivi di studio e che sempre più spesso scelgono il continente. La città deve riproporre con forza le sue ragioni di capitale non più del Mediterraneo (formula vuota e anche ridicola) ma innanzitutto della Sardegna. Cagliari deve ribadire le sue ragioni di capitale culturale della Sardegna e deve rafforzare questa ambizione. La città deve dunque orientare i servizi culturali e le infrastrutture al servizio dei giovani universitari.
Ma oltre alla cultura prodotta dall’università, Cagliari ha da tempo una straordinaria ricchezza di gruppi e associazioni che continuano a lavorare e produrre nonostante le difficoltà e il ruolo marginale a cui sono state ridotte dall’amministrazione. Quest’ultima deve assumersi un importante ruolo di stimolo e di coordinamento e deve impegnarsi per offrire uno scenario stabile nel quale i privati possano muoversi.
Il primo assunto da cui possiamo partire è che la cultura costa. Sono risorse ben spese perché, come abbiamo visto, ogni città europea si riconosce nella sua funzione culturale. Recentemente si fa strada invece l’idea di una cultura a costo zero che non solo non ha ragion d’essere ma è anche pericolosa perché riduce l’attività culturale ad eventi spettacolari con grande impatto mediatico ma senza alcuna ricaduta sociale. L’amministrazione si fa innanzitutto carico dunque di aprire un tavolo con la Regione per meglio comprendere quali siano i criteri di distribuzione delle risorse nel territorio, e per riconoscere a Cagliari alcune funzioni fondamentali. Alcuni grandi contenitori devono essere prioritariamente finanziati dalla Regione (Mediateca del Mediterraneo, Teatro Lirico, Teatro Stabile, Cineteca Sarda) in cambio di una ricaduta di questi servizi .
Cagliari ha immediatamente bisogno di un progetto per l’utilizzo coerente di tutti gli spazi e i contenitori culturali di cui dispone. Sono clamorosamente troppi. Oggi la città ha una decina di centri d’arte e oltre trenta sale teatrali! E’ necessario ripensare alla funzione di questi spazi, alla loro effettiva fruibilità e gestione, senza temere di immaginare una riconversione ad altri scopi di spazi finora infruttuosamente destinati alla cultura 8un esempio per tutti, il Castello di San Michele).
La città peraltro si appresta ad inaugurare altri spazi culturali: la Mediateca del Mediterraneo, il Parco della Musica, senza dimenticare la Manifattura Tabacchi. Spazi enormi, che avranno enormi costi di gestione e che al momento non si sa bene come si inseriranno in un progetto culturale dell’amministrazione (peraltro molto molto labile). Il problema Manifattura Tabacchi. Questo enorme contenitore urbano è stato ritenuto sede ottimale per ospitare un a sorta di factory audiovisiva e cinematografica. Il progetto può essere portato avanti ma solo se si trovano risorse e competenze certe. Altrimenti sarebbe meglio restituire ad altre funzioni (anche commerciali e di servizi) questo enorme spazio.
Sul fronte delle strutture, la città è invece terribilmente carente di biblioteche di quartiere e centri di aggregazione culturale. Si tratta di un limite enorme: Cagliari oggi ha una sola biblioteca comunale, quella di Pirri. E’ necessario aprire almeno altre cinque o sei biblioteche, magari accorpate ai centri di aggregazione sociale già presenti (via Dante o Area Tre a Mulinu Becciu, ad esempio).
La cultura può aiutare a ridefinire le funzioni delle periferie. Questo lo si può fare innanzitutto stimolando iniziative culturali nei quartieri finora poco toccati da eventi (ad esempio, rassegne di cinema estivo al Cep, Sant’Elia, Is Mirrionis, Sant’Avendrace; piccole rassegne teatrali e musicali), inoltre concedendo uno spazio a tutte le associazioni che da anni lavorano con profitto. Questi spazi che finora l’amministrazione non utilizza (pensiamo solo alle scuole, ma sono tanti i locali inutilizzati) devono essere immediatamente dati alle associazioni che in questo modo aiuteranno a rivitalizzare i quartieri e a combattere la dispersione scolastica. Il progetto è dunque quello di decentrare la fruizione culturale.
La cultura può essere uno strumento di integrazione. La musica soprattutto ha delle enormi capacità. Sulla scorta di famosissime esperienze portate avanti in America Latina, sarebbe opportuno spostare la scuola civica di Musica dalla rassicurante zona di via della Pineta in una zona più popolare.
La cultura cambia la città. Si può attivare a costi contenuti un progetto in cui l’arte diventa visibile e contribuisce a migliorare i quartieri. Il comune chiama gli artisti a migliorare la città sulla scorta di iniziative passate come quelle di Sciola in piazza Repubblica o Rosanna Rossi in piazza Galilei.
Ma la cultura può anche raccogliere la sfida della multiculturalità: la mediateca del Mediterraneo può e deve essere un laboratorio di integrazione culturale. Cagliari ha un enorme vantaggio: è una città tollerante ed è anche una città dove da decenni è radicata una comunità di extracomunitari che deve però far parte integrante del processo di sviluppo cittadino. La Sardegna ha pochi extracomunitari e la città può essere un laboratorio unico. Cagliari deve far fruttare la sua volontà di essere un ponte con i paesi dell’Africa e del Mediterraneo e la fortuna di avere in città una comunità stabile di senegalesi. Ci sono tutte le condizioni per aprire a Cagliari una Casa Senegal: sarebbe una opportunità straordinaria.
La città vanta la presenza di alcune istituzioni culturali di grande livello. L’amministrazione (che le sostiene da anni) deve fare pressioni perché siano dirette da personalità di indubbia fama e capacità. L’amministrazione (che già ha un ruolo nel Teatro Lirico) deve averlo anche nel campo del Teatro e in quello dell’arte e della gestione del patrimonio museale. L’esempio è quello del Man di Nuoro dove è bastata una direttrice giovane e ben sostenuta dall’amministrazione a fare di questo museo uno dei poli di attrazione della città.
Ma Cagliari ha anche fatto nascere e sviluppato un’altra esperienza interessantissima, quella di Monumenti aperti. L’iniziativa va proseguita e rivista per impedire che diventi una sterile celebrazione di se stessa ma un’occasione continua di elaborazione culturale sui temi della città e dello scambio con altre realtà del mediterraneo. Si possono immaginare gemellaggi con altre città e anche di organizzare iniziative intermedie. Monumenti Aperti deve poter contare però su un museo dedicato alla città di Cagliari, oggi totalmente assente. Lo spazio potrebbe essere quello del sottopiano del Comune insieme ad un’ala dello stesso municipio di via Roma, liberata da uffici (il municipio riprenderebbe così la sua centralità culturale).
A fronte di un progetto così vasto, è ineludibile un investimento sull’informazione culturale. L’amministrazione deve sostenere la nascita di un foglio per lo spettacolo, la cultura e il tempo libero che informi i cittadini di tutte le iniziative in programma a Cagliari. Diversi tentativi sono stati fatti negli ultimi anni ma sono finora falliti proprio perché non sostenuti a dovere dall’amministrazione che non ha riconosciuto a questo tipo di informazione una valenza strategica.
Questo sforzo di riorganizzazione della cultura deve essere orientato ad un progetto alto: la candidatura della città a Capitale europea della cultura.
Gran parte di ciò che é stato sin qui esposto ha valenza economica in quanto la sua realizzazione comporterà un forte sviluppo di molteplici attività, di conversione del modello di sviluppo e di consolidamento del patrimonio esistente.
Il commercio vedrà il suo sviluppo nella messa a regime dei centri commerciali naturali. Va da se che l’artigianato in una città turistica, multietnica a forte impronta commerciale, troverà, con l’aiuto pubblico, nuove strade di sviluppo.
Cagliari, nel disegno del piano regolatore del porto, diventa una delle città con maggiori disponibilità di spazi per le imbarcazioni da diporto. Esistono dei programmi e delle politiche che consentiranno di collegarlo alle realtà europee della nautica e non si potrà che perseguirli. Un porto turistico che funziona a regime porterà linfa alle attività del centro storico e ulteriori flussi verso la litoranea che, come detto, diventerà un asse attrezzato per l’intrattenimento e la vendita di servizi specifici.
La finanza cagliaritana é pressoché inesistente, non solo a causa della mancata accumulazione di capitali da parte della ricca borghesia, ma anche della storica incapacità di saper accedere al mercato dei capitali privati (borsa), coniugata con il genetico carattere individualista, invidioso, orgoglioso e diffidente di noi sardi.
Pensiamo qui al fatto che il processo economico é sempre vissuto dall’isola esattamente come nell’ottocento era stato vissuto quello delle concessioni minerarie: quando gli isolani attivi hanno lavorato per i finanziatori, e accumulatori di rendite, esterni alla nostra economia.
La città da sola non può stravolgere questa realtà, anche se é l’unico luogo da cui potrebbe partire una sorta di riscatto.
Si pensi a quanto, in prospettiva, può venirci dall’ emigrazione nord-africana, ed in particolare magrebina, per la creazione di un tessuto di comuni intraprese economiche. Il metanodotto dall’Algeria può essere un’ occasione unica. Vi sono poi le potenzialità di una politica dei trasporti per ben finalizzare le linee aeree e navali. Cagliari è il naturale approdo delle autostrade del mare che collegheranno l’Africa Occidentale a Genova, a Marsiglia, a Tolone. Cagliari ha ormai le tecnologie per porsi come snodo di sistemi di collegamento informatico tra Europa e Africa del Nord. Di qui anche un aumento delle possibilità per divenire sede di una banca del Mediterraneo occidentale .
I cagliaritani “bancabili” nella nostra “città aperta” si sentiranno stimolati a investire le loro potenziali risorse dall’humus culturale e dalle nuove favorevoli condizioni che saremo capaci di creare. In una città viva gli scambi e la forte entropia determinano incremento di valore: solo in questo senso potrà essere perseguito l’arricchimento della comunità.
Anche le attività culturali fanno economia: media; internet e contenuti multimediali possono essere facilmente prodotti. Cagliari sotto questo aspetto si é dimostrata molto dinamica e contiene un capitale di conoscenza enorme, il lascito delle esperienze Grauso, Soru e in parte minore Energit.
Una buona politica deve rimettere ordine in questo tessuto economico sfilacciato e confuso rideterminandone il successo nazionale.
Quando il disegno strategico della città sarà ben delineato, l’Agenzia Economica dovrà venderla ai primari operatori interessati a trasferirvi la propria sede in cambio della possibilità di sperimentare nuovi modelli di sviluppo. Le caratteristiche fisiche dell’Isola consentono di utilizzarla per sperimentazioni analoghe a quella del “digitale terrestre” che riguardino l’energetica, le reti, la conoscenza, la cultura, l’artigianato ad alto valore aggiunto, l’intrattenimento e il turismo.
Questa agenzia dovrà gestire in sinergia con l’Urbanistica anche la dismissione e conversione delle aree, e del patrimonio edilizio pubblico, di modo che sia sempre verificata la priorità verso una destinazione produttiva di ritorno relativamente lungo, con spendita minima di risorse naturali e finanziarie
Già il progetto di piano urbanistico comunale del 2000, del professor Corti, era denominato “Cagliari la città ambientale”. Questa città ha la fortuna di avere una conformazione fisica molta articolata, differenziata da lagune, mare e colli. La luce solare chiara, nell’aria tersa dei giorni di maestrale, gli conferisce quella unicità dai più riconosciuta. Sui temi ambientali, rispetto ai decenni precedenti, é stato fatto moltissimo ma ancora molto c’é da fare. La Cagliari del “colera” degli anni ’60 é diventata una delle città meglio amministrate e civili del meridione di Italia, lo sforzo successivo la vedrà impegnata ad “entrare in Europa” .
Il piano strategico della città, intesa come solo territorio comunale, vede in primordine lo sviluppo di due assi principali e il coordinamento delle loro funzioni:
1. Nella volontà di sfruttare l’occasione più esplicita per il miglioramento della città offerta dal Lungomare da Giorgino al Poetto.
2. Nel recupero e riuso dei quartieri storici, in particolare Marina e Castello, sinergico alla creazione del Lungomare.
3. La creazione e la cura delle possibili connessioni e rapporti fra i due suddetti sistemi.
1. La porta principale della città per chi viene dall’esterno é la via Roma, intesa come porto, centro intermodale della mobilità connesso con l’aeroporto. Essa nel contempo diventerà anche il salotto della città: grande piazza delle passeggiate ma anche degli eventi. La sua dimensione dovrà andare, senza soluzione di continuità dalla palazzata sino alla banchina del porto turistico. Sotto di essa sarà costruito il parcheggio (già in appalto) e, sopra di esso, sarà realizzato un lungo sottopasso al quale si avrà accesso tramite due rampe opposte: dalla piazza Matteotti e dalla Piazza Deffenu. L’attuale isolato dell’ARST potrà essere completamente rivisto o, anche demolito, per far spazio ai servizi dello scambio intermodale e lo svincolo degli afflussi dall’esterno verso il centro.
Dalla piazza di via Roma (che potremmo anche ribattezzare Piazza del Mare) verso il Poetto avremo: l’ammiragliato con la piazza del terminale crociere antistante e la banchina pedonale verso il mare che consentirà di avere continuità verso su Siccu. Quest’ambito é già praticamente disegnato, con il giardino pubblico sul mare, che dovrà essere meglio attrezzato, collegato alla retrostante piazza dei centomila, attraverso un’architettura che dia sfondo alla basilica. L’area porto cosiddetta della Lega Navale continuerà a svolgere la funzione da diporto e luogo degli sport nautici. Verosimilmente, se andranno avanti i progetti di riqualificazione della Fiera, sarà collegata a questa tramite un canale da realizzarsi, di modo che la stessa Fiera possa ospitare attività realmente legate alla nautica e al mare.
Sul Terramaini sarà realizzata un’elegante passerella che eliminerà l’interruzione fisica fra lungomare di Su Siccu e Sant’Elia. Il Lungomare Sant’Elia, così come progettato di recente dall’amministrazione comunale, non sarà occupato da volumi nelle contiguità della linea costiera. Gli eventuali fabbricati collegati in qualche modo al polo sportivo saranno tutti realizzati nelle aree parcheggio.
Nel realizzare questo asse “turistico” si dovrà sempre pensare nella prospettiva del Poetto e del Parco della Sella del Diavolo – Calamosca. Qui, la riqualificazione dei volumi della Ederle e dell’albergo esistente costituiranno un polo marino delle vacanze cittadine a cinque stelle.
Il sistema Poetto non può essere visto disgiuntamente da quello del parco di Molentargius. Solo su questo tema ci potrebbe parlare per delle ore. Dico solo che occorre integrarli in un compendio unico, di rara bellezza e, appunto, unico per caratteristiche. Risolvere la dicotomia presenza dell’uomo – parco naturale, pensando all’esempio dei paesi più civili dove esistono eccezionali parchi urbani, ricchi di biodiversità, fruibili in molteplici modi. Un’autorità unica, comunque denominata, un’agenzia del Parco, dovrà essere capace di sviluppare, con elasticità, politiche di gestione ambientali diverse da quelle sin qui messe in campo. In esso potrà essere sviluppato anche un sistema di agricoltura urbana nelle vaste porzioni dove queste attività venivano praticate sino a un decennio fa ma, poi, in parte, danneggiate e fatte direttamente chiudere in seguito alla stessa nascita del parco.
Se non sarà trovata una soluzione per la rimessa in produzione delle saline, così come sino a oggi é apparso, si dovrà prevedere una destinazione diversa per le caselle salanti di fianco al viale Poetto, sino all’Ippodromo. L’idea di approfondire il livello dell’acqua e realizzare un unica casella, estesa per circa 125 ettari, profonda 1 – 1,5 metri, consentirebbe di poter adibire lo spazio a campo per regate veliche e canotaggio. Questo spazio, se ben collegato al centro nautico di Marina Piccola e al futuro polo di accoglimento turistico dell’Ippodromo e degli ex ospedali, nonché a tutte le altre attività sportive, ludiche e turistiche del Poetto, integrate nel Parco di Molentargius, potrebbe risultare altamente attraente e produttivo. Le sabbie di risulta del dragaggio, all’uopo lavate, pari a circa un milione di metri cubi, potrebbero consentire di ripristinare i volumi originari dell’arenile Poetto, con materiali di identiche caratteristiche.
2. Nel recupero e riuso dei quartieri storici, tutto é scritto nel documento “indirizzi per la redazione del Piano Particolareggiato del Centro Storico”, semmai quello che manca sono le azioni concrete che si intendono mettere in campo per rivitalizzare questi quartieri. Anche qui sarà necessario rendere finalmente attivo “il laboratorio del centro storico”, con funzioni di agenzia che pratichi politiche di perequazione e promozione volte per esempio a portare una parte della popolazione studentesca nelle case di Castello o Villanova. Il progetto di residenzialità degli studenti nel centro storico dovrà essere perseguito con decisione: é la categoria degli studenti quella che meglio si attaglia alle caratteristiche fisiche ambientali del centro storico e in particolare di Castello.
3. La creazione e la cura delle possibili connessioni e rapporti fra i due suddetti sistemi si risolve nel progetto di realizzazione della “Piazza sul Mare” di cui si é detto abbondantemente sui giornali e nei dibattiti pubblici.
Un capitolo a parte meritano le periferie e la cosiddetta città di nuova formazione. Le politiche di perequazione urbana, del cosiddetto social housing, non possono essere più rinviate. Il rischio é che la città invecchi e si disarticoli ancora di più. Esistono dei progetti per realizzare dei nuovi Piani di Zona nell’area di Su Stangioni e San Lorenzo. Nuovi quartieri, moderni, sostenibili, dove la gente, i giovani, possano inurbarsi a costi accessibili. Questo però non basta e deve essere subordinato all’utilizzo dell’esistente: bisogna fare un lavoro di ricognizione del patrimonio immobiliare inutilizzato e far si che rientri nei circoli della residenzialità. Non é tollerabile che esista una percentuale altissima di appartamenti chiusi e inutilizzati.
Lo schema su cui incentrare le politiche ambientali sarà quello dei “cicli chiusi” : per quanto possibile i cicli biologici ed economici della città dovranno chiudersi all’interno del territorio circostante.
Le politiche sulla gestione dei rifiuti dovranno proseguire nel solco tracciato sino all’introduzione della raccolta “porta a porta” con regime tariffario basato sul peso dell’effettivamente conferito.
Il piano del verde di Andreas Kipar contiene uno studio dettagliato, dai parchi urbani al verde di quartiere, che cataloga, censisce ed analizza ogni porzione di verde, compreso quello dei piccoli giardini e dei grandi viali di cui è dotata la città. Il piano suddivide la città in tre grandi aree, e stabilisce le strategie di intervento, anche attraverso lo strumento normativo del Regolamento del verde. La sua attuazione consentirebbe la ricucitura di tutti i parchi della città e degli altri spazi verdi di differenti dimensioni, come i giardini di quartiere, con corridoi verdi, percorribili a piedi e anche in bicicletta.
Le politiche energetiche dovranno mirare a introdurre in città semplicemente ciò che in altre realtà europee é già stato fatto. I consumi cagliaritani si possono immaginare suddivisi per metà sulle costruzioni e per metà sulla mobilità. Il resto é industria che segue un percorso proprio. La vera efficienza energetica, quella dell’autosufficienza non é perseguita. Sul tema dei regolamenti edilizi energetici siamo all’anno zero. Quel poco che si é visto fare sull’efficienza energetica degli edifici é frutto delle politiche di agevolazioni fiscali governative nazionali. Lo stesso Piano Casa poteva essere un’opportunità per scambiare le cubature e gli incrementi di valore contro qualità anche energetica ma non gli si é voluta dare quell’impronta. All’inedia della politica si somma il blocco della burocrazia che, é noto, fa di tutto per inibire i buoni propositi dei cittadini, a qualsiasi livello economico operino.
Occorre pertanto sbloccare la burocrazia offrendo un sistema di regole certe, anche rigide, se si vuole, però chiare e non interpretabili. Occorre smetterla di limitare l’implementazione delle fonti rinnovabili con l’idea dell’ambientalismo estetizzante che spesso tutela ciò che non é bello e difendibile.
La città può concorrere anche con un sistema di “pubblic company”, operanti in regime di energy service company (ESCO), e occuparsi della produzione dell’energia necessaria per le proprie esigenze, attraverso una rete di impianti micro, installati nelle abitazioni, supportati da impianti di medie e grandi dimensioni distribuiti sul territorio. Si pensi alle potenzialità che esistono di sviluppare il minieolico in aree come il porto e l’aeroporto.
L’area metropolitana dovrà costituire una propria agenzia dell’energia che offrirà servizi sia all’amministrazione sia ai cittadini.
Il tema della mobilità é uno dei più dibattuti e sentiti dall’opinione pubblica. L’attuale amministrazione attua una politica dei piccoli passi, per certi versi illuminata ma che, nella realtà, manca del coraggio di realizzare una città diversa: Esistono i piani, manca la capacità attuativa.
L’idea di realizzare un sistema di parcheggi pubblici é stata molto osteggiata tramite dei “mantra” facilmente opponibili. I parcheggi sono necessari, però nella misura in cui essi sono rapportati a tutte le possibili azioni di disincentivazione del mezzo privato e utilizzo dei mezzi cosiddetti alternativi.
Il progetto della metropolitana underground appare sovradimensionato e non di rete, meglio sarebbe arricchire il progetto di metrotram ramificato, elaborato dal CIREM per conto della Provincia, con delle soluzioni dei punti nevralgici con importanti opere di intersezione sovra o sottopassanti.
Per alleggerire il carico ambientale sul centro storico sarà di fondamentale importanza realizzare gli assi viari di Viale Trento – Cadello e Fangario – Via Peiretti, già previsti dal PUC e parzialmente esistenti.
Il futuro della mobilità sarà dell’elettrico e poi dell’idrogeno e in quest’ottica dovrà muoversi la Politica.
Finché l’amministrazione investirà quelle poche risorse disponibili in eventi del calibro: “i cinquant’anni di Barbie”, non si può sperare di generare cultura spendibile. I luoghi deputati allo sviluppo di fucine culturali spesso sono stati affidati con tecniche clientelari a imprenditori all’uopo inventati. Questo non avverrà più.
Particolare cura verrà riposta nello sviluppo e le relazioni delle reti sociali. Una parte dell’assistenza pubblica e dei servizi della solidarietà dovranno essere svolti dalle associazioni, queste, però, non potranno essere più strumento di clientelismo elettorale per la formazione del consenso e l’estorsione del voto.
Promuovere l’avvento di una società basata sul concetto di qualità della vita significherà stimolare l’impegno civico nell’ambito della comunità.
La partecipazione alle società sportive, la pratica delle arti, l’assistenza ai bisognosi, la cura dell’ambiente, il sostegno ai giovani e la cura degli anziani saranno modi con cui prenderemo parte alla vita civile e culturale.
E’ errato definire la società civile “il terzo settore”, in realtà, nella città aperta, questa é il settore primario. Così nelle scuole promuoveremo metodi didattici basati sulla realizzazione di progetti di impegno sociale e volontariato. Queste esperienze motivano i giovani e migliorano la capacità di dare un senso religioso originario alla loro vita.
La rivitalizzazione dell’economia inizia con la rivitalizzazione della società civile, senza per questo trascurare il cosiddetto “modello di mercato” .
Solo incoraggiando sia l’iniziativa imprenditoriale sia la collaborazione tra vicini, quartieri, comunità e municipalità si potrà costruire la nuova città aperta e ricca. La cooperazione prenderà il posto della competizione, la qualità della vita sarà importante quanto il successo economico personale: l’egoismo, l’interesse particolare e la mera utilità saranno esposti al ludibrio pubblico.
Ecco Stefano reload
Grazie.
Ho letto il testo che, essendo una bozza, propone una visione più che dei progetti, se non definiti, almeno di massima; a parte la descrizione del lungomare che sembra già di vederlo, ma di cui sarebbe anche il caso di indicare le risorse finanziarie necessarie per portarlo a termine e da dove si possono attingere.
Su alcune cose ho forti dubbi.
Ad esempio sullo studentato diffuso e, legato a questo, il recupero del centro storico: perché proprietari e/o imprenditori dovrebbero investire ingentissime risorse a fronte di un guadagno che, per una molteplicità di fattori, risulterebbe minimo?
Altro punto, la mobilità: serve davvero far entrare a Cagliari tutte queste auto, continuando a costruire parcheggi in centro città anziché nella fascia esterna?
Sulla cultura avete insistito molto e avete fotografato la realtà, restano da chiarire le intenzioni su alcuni aspetti (Manifattura, numero dei centri e loro gestione, etc).
Magari nel programma definitivo si riuscira ad entrare più nel concreto.
Su un punto sono d’accordo quando dite che chi amministrerà la città nei prossimi anni debba essere un “gruppo forte, autorevole, in parte determinato e autoritario” (autoritario forse è un po’ troppo!). Nel senso che, in questi ultimi dieci anni in particolare, l’amministrazione comunale ha avuto una direzione politica senza progetto, pronta a cambiare indirizzo a seconda dell’umore dei clientes di turno che si ritenevano insoddisfatti.
Resto anch’io perplesso sulla possibilità che di una tale nuova classe politica, possa essere Fantola il massimo interprete: non mi pare sia stato il campione del rinnovamento. Neanche negli ultimi dieci anni.
Ottimi 13 punti, complimenti: perchè non prendi in considerazione di farli pervenire ai vari candidati chiedendo una loro risposta. Sono sicuro che non tutti ti ignorerebbero.
condivido i punti. Si potrebbe aggiungere il tema dell’assistenza socio-sanitaria in una città che invecchia e che nel proprio territorio comunale non ha neppure una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale), con RSA dell’hinterland molto care e fuori dalla portata della maggior parte dei cittadini (che devono pagarsi una quota della retta che arriva fino a € 4.000 al mese)
Possibile che Cagliari sia l’unica città al mondo che non guadagna vendendo i materiali separati dalla raccolta differenziata ? Viene fatto pagare al cittadino il costo della differenziata e non si vendono i materiali separati come fanno in Germania dove se riporti le bottiglie te le pagano in contanti
Anche qualcosa sulla gestione dei servizi sociali e di assistenza, lasciati tutti nelle mani del volontariato, religioso o laico che dir si voglia. E’ una città dove un anziano, che non ha soldi per badanti o infermieri specializzati, deve arrangiarsi o morire. Dove non esistono mense o strutture ricettive pubbliche, non parliamo di ostelli o diavolerie moderne del genere. Dove le madri che lavorano (le fortunate) devono mettersi in fila per questuare posti negli asili nido a pagamento. Dove gli spazi di aggregazione, sportivi, con giochi attrezzati sono pochi, in degrado, privatizzati o lontani dal centro.
Grazie Vito (e ovviamente non solo della citazione!). Era importante ed è interessante davvero, questo sì. Sottoscrivo ogni punto e ogni parola che hai scelto.
Credo poi che ciascuno di noi, in base al quartiere in cui abita, possa segnalare ed evidenziare altri punti critici irrinunciabili, che si aggancino ai tuoi punti chiave, o aggiungerne di altri.
Inizio io per Stampace bassa, ricollegandomi al tuo punto 9 – ma anche 8 e 1: vogliamo risolvere o no il miserabile stato in cui vengono mantenuti (mantenuti?) aree e palazzi fatiscenti (tre per tutti: l’Orto dei Cappuccini, il “Castello Sorcesco”, il palazzo Dessì in piazza Yenne), agendo de imperio sui privati proprietari degli stabili e delle aree a rischio crolli, e restituendo ai cittadini nuove abitazioni in centro o, perchè no?, piccoli ma gradevoli spazi verdi per il quartiere?
Anche questa, è evidente, non è una questione irrinunciabile; ma siccome i candidati potrebbero parlare di Piazza Yenne salotto turistico e di Corso Vittorio Emanuele pedonale, meglio invitarli a fare una passeggiatina di mezzora tra il Largo e la Via Tigellio e a proporre soluzioni concrete e immediatamente praticabili.
E poi: la nuova Biblioteca Universitaria del Largo (così recitava il cartello di commissione dei lavori), cosa vogliamo farne? A che punto siamo?
caro Vito, credo che non arriverà alcuna risposta da parte dei candidati sindaci di centro-destra, di centro-sinistra, indipendenti e presunti indipendenti che sono sulla piazza. Credo che a loro interessi solo “gestire” gli interessi che bivaccano su Cagliari. Tutto qui.
Spero di sbagliarmi, ma non ci credo.
Finalmente qualcuno mette i piedi nel piatto e propone questioni concrete (alle quali se ne potrebbero aggiungere molte altre es. pressione tributaria, scelte urbanistiche di fondo ecc.).
Delle grandi questioni di Cagliari non si parla semplicemente perchè non serve e quindi non interessa a chi fa politica in città. Infatti i punti di vista della destra e della sinistra in questi anni sono stati pressochè coincidenti su tutte le questioni importanti e soprattutto nei comportamenti concreti. E se questo va bene per la destra e per Fantola, che infatti si propone di continuare, rende improponibile il candidato della sinistra Cabras, la cui proposta (ovviamente perdente) si può sostanziare semplicemente nel “togliti tu che mi ci metto io” (per fare le stesse cose).
Abbiamo poi queste primarie farsa organizzate da partiti alcuni dei quali in città sono ormai a percentuali da prefisso telefonico. Questi si sono dati un regolamento che si ispira, nel suo piccolo, alla legge “porcata”. Per cui alle primarie partecipano candidati che si sono autocertificati portatori di consenso mentre un povero disgraziato, per potersi proporre, ha dovuto raccogliere firme autenticate in un numero di oltre 4 volte superiore a quello necessario per presentarsi direttamente come candidato sindaco.
Nessuno dei candidati alle primarie si è presentato sulla base di uno straccio di programma. Certo abbiamo letto su internet i compitini di Zedda e Petrucci che potrebbero anche meritare la sufficienza, ma evidentemente stiamo parlando di altro. Sarebbe come pretendere di curare un tumore con un’aspirina.
Poi abbiamo letto le considerazioni di Antonello Cabras che dice che in città c’è un problema che dura da venti anni circa. Ho paura che il senatore cominci ad avere qualche vuoto di memoria. Infatti vent’anni fa in città il sindaco era socialista (Roberto Dal Cortivo) ma anche il presidente della Regione era socialista (Antonello Cabras). Documenti alla mano si può agevolmente dimostrare che tra le politiche urbanistiche di allora e quelle delle giunte Delogu e Floris c’è stata una totale e perfetta continuità.
hai cazzeggiato per tre mesi e finalmente ti sei accorto anche tu che le questioni sono altre. meglio tardi che mai
Aggiungerei due punti 1:. Destinazione delle ex Servitù militari 2. Orti urbani in città…con l’utilizzo dell’acqua riclicata del depuratore….