Politica / Sardegna / Servitù militari

“Pigliaru, e delle servitù militari quando ci liberiamo?”. Dalla Collina le prime domande scomode al candidato del centrosinistra

Una esercitazione militare nel poligono di Teulada

 

“Serve un nuovo rapporto tra lo Stato e la Regione”, “occorre uno sviluppo sostenibile”, “bisogna contrastare le lobbies trasversali”, “basta con le servitù militari”, “il bilinguismo è funzionale al radicamento ai luoghi”, “sovranismo significa appropriarsi del proprio destino”, “è inammissibile un peso così grande delle servitù militari, bisogna indicare tempi, modi, risorse e strutture per il loro superamento”, “la Sardegna deve diventare prima di tutto la terra dei sardi”.

Oggi alla comunità La Collina di Serdiana, nella sua prima uscita pubblica da candidato alla presidenza della Regione per il centrosinistra e ospite dell’associazione Terra e Pace, Francesco Pigliaru ha preso molti appunti. Chissà se si è segnato anche le frasi che hanno colpito me, pronunciate nell’ordine da don Ettore Cannavera (le prime quattro), poi da Silvano Tagliagambe, Andrea Deffenu, Fernando Codonesu e Giancarlo Ghirra.

Un conto è il centrosinistra di via Emilia, quello dei partiti, rappresentato da un tavolone con al centro il candidato e attorno tutti maschi (pessima immagine da dare agli elettori); e poi c’è il centrosinistra delle assemblee partecipate, dove prima di parlare i politici devono ascoltare. E poi dare risposte.

In realtà alla Collina ieri sera Pigliaru di risposte alle domande che gli sono state poste non ne ha date tante. L’unica parte del suo programma che al momento appare realmente definita con grande chiarezza (e non è poco) è quella che riguarda l’istruzione. Per il resto, penso che quanto prima il candidato dovrà arrendersi all’evidenza: il centrosinistra sardo o è sovranista o non è. Ovvero, o introduce alla radice di ogni suo ragionamento il tema dell’autogoverno, altrimenti questioni come quella delle servitù militari e dello sviluppo economico sostenibile rischiano di non poter essere affrontate neanche per finta. Il programma elettorale del 2004 o (peggio) quello del 2009 non danno tutte le risposte che servono oggi ai sardi, la situazione è radicalmente cambiata, e l’esperienza frustrante di questi ultimi dieci anni (in cui la slealtà dello Stato nei confronti della Sardegna è stata evidente) non può essere ignorata.

Alla Collina si è detto anche altro ovviamente, soprattutto in merito alla questione morale. “Avremmo preferito un passo indietro da parte degli indagati” ha affermato Cannavera, “speriamo che li caccino via gli elettori” ha rilanciato senza mezzi termini Romano Cannas, “c’è un’emergenza moralità in Sardegna, siamo in tempo di guerra”. E infine un appello a Pigliaru: “Vorrei che da oggi prendessi in mano questa coalizione, hai l’autorevolezza per farlo”. Anche perché, per dirla con le parole di Maria Antonietta Mongiu, “tutti noi abbiamo vissuto questi cinque anni con una ossessione non condivisa dal Pd: come mandare a casa Cappellacci”

E Pigliaru cosa ha risposto? “Oggi ho ascoltato tutti. Sono stato assessore e dopo quella esperienza vedo le cose in maniera diversa, fare politica è molto complesso, lo so bene”. E poi ha parlato a lungo del valore dell’istruzione, vero motore dello sviluppo nella società postmoderna, della necessità di vere politiche attive del lavoro, con la cassa integrazione in deroga che si succhia tutte le risorse per gli investimenti. “Balbettare non serve a niente, mi dicono che non devo dire troppe cose sulla zona franca… Ma se per abbattere l’Iva sono costretto a tagliare sull’istruzione, stiamo perdendo di vista la prospettiva”.

E la questione morale? È evidente che anche Pigliaru avrebbe preferito non avere indagati nelle liste, fino all’ultimo ha fatto pressione: invano. “La parola chiave è ‘trasparenza’. Ma occorre anche una legge per la valutazione delle politiche: sarà il primo atto che adotterò se verrò eletto. Perché lo spreco maggiore è quello dell’incompetenza”.

Il tempo a disposizione è veramente poco. Venerdì pomeriggio Pigliaru parlerà alla Fiera di Cagliari per il primo grande appuntamento della sua brevissima campagna elettorale. Due giorni e mezzo non sono tantissimi, ma gli dovranno bastare per farsi un’idea di cosa dire ai sardi non solo su istruzione e mercato del lavoro, ma anche su cultura, servitù militari, agricoltura, lingua sarda, sviluppo industriale, sulle piccole comunità che rischiano di scomparire, sul rapporto con lo Stato e su tutti i temi intorno ai quali ruota la crisi della Sardegna.

Non c’è più tempo da perdere.

 

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29 Comments

  1. Perché la scolarizzazione è una delle componenti (irrinunciabili) dello sviluppo. Se però viene attuata da sola, come avvenuto per il M&B, è solo uno spreco di soldi. Con l’aggiunta che crea malcontento sociale (i numerosissimi specializzati che non trovano un lavoro corrispondente al curriculum). Non è un caso che Pigliaru si guardi bene dal rivendicare la paternità del M&B!

  2. Obiettivo prioritario è affermare il principio nel nuovo Statuto, che dovrà essere discusso e scritto con il metodo costituente, di Autodeterminazione nel suo primo nuovo art.1, cosa per altro già presente e da tempo in alcuni statuti di Regioni “ordinarie”. cosi come il richiamo ad un sistema costituzionale europeo a caratura federale delle regioni e dei popoli.
    Esercitare e negoziare con Bruxelles e Roma attenendosi al principio di Autodeterminazione richiede l’esercizio “forte” di due pratiche politico-giuridiche che rispondono al concetto di Sovranità-Responsabilita che postula e presuppone, al contrario del concetto di Autonomia cosi come delineato nell’attuale ordinamento che sia lo Stato la “mamma” dalla quale promana l’ordinamento e non invece il popolo, il Sovrano, al quale lo Stato e gli altri poteri sono asserviti e dal quale traggono “legittimazione per il loro agire giuridico”. La Carta ONU e la Conferenza di Helsinki sostanziano sul piano dell’ordinamento il principio di Autodeterminazione come principio supremo dei popoli al quale chiunque nel mondo abbia, lingua, confini, cultura può e vuole ad esso richiamarsi ha la libertà di farlo nelle forme e nei modi democraticamente legittimati.
    Il sovranismo sotto questo profilo delinea un atteggiamento culturale, di governo, di responsabilità istituzionale sia nei confronti dei rapporti extra regionale sia e a maggior ragione nell’organizzazione e nel funzionamento dei rapporti politici e istituzionali nel sistema e nell’assetto istituzionale interno.
    Con un battuta direi ne con il cappello in mano, ne con la schiena piegata, bensi con i compiti ben fatti a casa tali da essere letti positivamente a Roma e a Bruxelles e con la schiena dritta di coloro che hanno come unico termine di paragone la Sardegna e gli interessi esclusivi del suo popolo e del suo territorio che guardano all’intero spazio sociale euro afro mediterraneo.

    • Unico termine di paragone la Sardegna? Neppure sotto tortura, oppure, solo sotto tortura.
      Vede, ogni volta che leggo tanti desideri inesaudibili, ogni volta che sento citare ONU e carta di Elsinki a sproposito penso che da queste parti siamo affetti da un infantilismo che ci falsifica la realtà sino ad essere pericolosi per noi e per gli altri. Autonomismo migliorabile? Ne discutono a vuoto da anni e le modifiche dello Statuto sono state poche. E questa è una prima realtà.
      Federalismo? Autodeterminazione?
      Quante cose ha messo in pentola, caro mororosso. Ed è una pentola che fa fumo, poi la si scoperchia e dentro c’è poco.
      Però ho sentito qualche giorno fa un sovranista, uno delle centinaia di candidati che spera di guadagnarsi un posto in consiglio regionale, che rivendicava l’autonomia dei comuni in una Sardegna indipendente e forte in Europa e, siccome pensano in grande, nel mondo. Sono parole pressoché testuali.
      Bene, e come si fa, attraverso quali vie, con che mezzi, quando, chi lo fa? E poi, cosa è “l’autonomia dei comuni”?
      E come avviene il passaggio dallo Stato alla Sardegna delle funzioni primarie.
      Chi fa le leggi, chi giudica nei tribunali, chi cura negli ospedali, chi insegna nelle scuole? Volete solo sardi? Unico termine di paragone e di riferimento la Sardegna e i sardi?
      Be’, non mi dica che c’è un qualche fondamento in tutto questo, non lo si può affermare, dimostrare e neppure ipotizzare. Fa sorridere, perfino.
      Dica serenamente che è un sogno che la rassicura, una tendenza, un sogno.
      Ma per i suoi sogni non voglio perdere l’assistenza sanitaria, un sistema della Giustizia che, pur a fatica, funziona, un sistema scolastico che zoppica ma che è ancora aperto al mondo con cui ha scambi e chiunque può insegnare nella nostra isola sino a quando qualche folle non chiederà la patente di sardità ( cosa ne dice della conoscenza del sardo ai concorsi che conferisce più punteggio?).
      La sardizzazione della conoscenza uccide la conoscenza esattamente come la ucciderebbe la sicilianizzazione o la lombradizzazione.
      Mi conforta, e molto, il fatto che nelle aree urbane – ossia dove vivono la maggior parte delle persone – non sento neppure parlare di indipendenza e sovranismo, presenti, invece, nel web per una compulsione da tastiera da cui sono affetti molto pochi, per fortuna.
      D’altronde, come avrà notato, dai discorsi di Progres questi due termini sono scomparsi oppure ne è rimasta una debole traccia.
      Sono sardo e non ho alcun bisogno di ripeterlo ossessivamente. Tanto meno sento la necessità di provare orgoglio. Amo la mia terra, come ogni essere umano ama la sua, ma non lo urlo di continuo.
      Saluti cordiali
      P.S.: grazie per la bella lettura.

      • @2014 Concordo con il succo del discorso (salvo poi definire cosa sia la “modica quantità”). Apprezzo meno il tono. Sarà lecita l’ironia ma se tracima nella strafottenza infastidisce. Per l’appunto una faccenda di “modica quantità”.

      • Confesso che trovo difficile dialogare con una data, pur cogliendone il senso, voglio a proposito di sogni suggerire a un sardo glocal quale mi pare qualificarsi la lettura di un bel libro La legge della determinazione, Lisa Nichols…..”Dire sì ai vostri sogni e alle vostre aspirazioni apre una porta dentro di voi mettendovi in connessione con la forza della vita stessa. Quando dite sì, superate la vostra paura e meschinità e permettete a voi stessi di percepire, identificare e intraprendere quello che la vita vi sta chiamando a fare, quelle attività che rendono felice il vostro cuore e danno significato alla vostra esistenza su questo pianeta.
        Molte persone sono intrappolate nella loro comoda esistenza, giocano sul sicuro perché hanno paura di dire sì a qualcosa di più grande.
        Dedicate questo preciso istante a pronunciare a voce alta la parola Sì. Ditela con vigore… Assaporate la forza del Sì!…..
        Detto questo due o tre cose di merito, che evidentemente non ho avuto capacità di rendere chiari:
        1-Autodeterminazione, principio di In diritto internazionale, il principio secondo cui ogni popolo ha il diritto di decidere sulla propria appartenenza o meno a uno Stato e sul proprio regime politico: ne consegue che un popolo non può essere assoggettato alla sovranità di uno Stato contro la propria volontà, mentre può ottenere l’indipendenza come Stato separato o distaccarsi da uno Stato per aggregarsi a un altro. Questo principio comporta, inoltre, la libertà per ogni popolo di scegliere il proprio regime politico ed economico. Le origini del p. di a. vengono generalmente ricondotte alle rivoluzioni americana e francese. In epoca più recente, tale principio è stato riaffermato nella Carta atlantica (1941) e nella Dichiarazione delle Nazioni Unite (1942). La Carta delle Nazioni Unite (1946) recepisce il p. di a., attribuendo all’«uguaglianza dei diritti» e all’«autodeterminazione dei popoli» una valenza universale. Alla luce della sua evoluzione, il p. di a. ha ormai assunto, nel diritto internazionale, la natura di norma consuetudinaria, che attribuisce al popolo, come entità distinta dallo Stato, il diritto di conseguire e mantenere la propria indipendenza. Così inteso, il principio contiene in sé e presuppone il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, essenziale affinché un popolo sia in grado di esercitare il diritto di autodeterminazione( Treccani);
        Osservo solo che questo come tutti risponde al concetto generale ed astratto proprio delle norme.
        2-Conferenza Helsinki..La protezione delle minoranze in Europa. – L’art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 menziona tra le possibili cause di discriminazione l’appartenenza a una minoranza.
        La questione è stata affrontata, inoltre, nell’ambito della CSCE, oggi Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Già l’Atto finale di Helsinki (1° agosto 1975) conteneva, tra i principi che regolano le relazioni tra gli Stati partecipanti, la regola dell’uguaglianza di trattamento e della non discriminazione nei confronti di persone appartenenti a minoranze nazionali. Il documento adottato a Helsinki il 10 luglio 1992 dal vertice dei capi di stato e di governo della CSCE ha poi istituito l’Alto Commissario per le minoranze nazionali, il quale può intervenire quando si presentino tensioni concernenti una minoranza, potenzialmente idonee a trasformarsi in un conflitto che possa pregiudicare la pace, la stabilità o le relazioni tra gli Stati partecipanti. All’Alto Commissario spettano i poteri preliminari di valutazione della situazione: raccolta di informazioni e possibilità di visita in loco (che richiede però il consenso dello Stato territoriale). Effettuata la valutazione, l’Alto Commissario può intervenire con il «preallarme» (coinvolgimento degli organi decisionali dell’OSCE e, eventualmente, attivazione del meccanismo di emergenza) e con l’«azione preventiva», tramite la quale è lo stesso Alto Commissario a suggerire le soluzioni della crisi che ritiene più opportune, agendo però sempre in stretta collaborazione con gli altri organismi dell’OSCE.(Treccani)
        Osservo xchè a Lei è forse sfuggito che la Sardegna al pari di altre Regioni d’Europa si trova, per stessa ammissione della UE tra quelle Regioni ricomprese in tale fattispecie, inoltre dalla Catalogna alla Scozia esiste molto arrosto e poco fumo in tal senso.
        3- A un vero glocal come Lei non sarà certo sfuggito il testo dell’art.117 Art. 117 della Costituzione italiana :
        La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi
        internazionali…
        Osservo che quello che Lei pone polemicamente come interrogativo Federalismo? Autodeterminazione? sono cose di questo mondo concrete e tangibili ad ordinamento vigente.
        Nel mio modesto contributo al pezzo di biolchini, il concetto di sovranità è abbastanza chiaro ed è associato a quello di autogoverno responsabile che tiene conto delle cose come sono e di come possono essere razionalmente cambiate.
        Circa le sue preoccupazioni materiali osservo solo che contributi e tasse pagati dai sardi, imprese e cittadini, sono un credito che non si estingue dentro un processo di autodetrminazione.
        Il Sovranismo non è autarchia e isolamento è esattamente l’opposto la dico con uno slogan cittadinanza europea e nazionalità sarda.
        Chiudo con affetto mio caro Mister 2014, a me sembra che l’unico che vive nei sogni sia Lei, purtroppo i sogni di un passato che è morto e sepolto. Auguri ognuno è libero di sognare mettendo avendo i piedi dove vuole.

      • Caro mororosso, lei ha difficoltà a parlare con una data, io, invece, sono a mio agio con uno che si chiama mororosso.
        D’accordo sulle definizioni di autodeterminazione, su Elsinki e sulle funzioni del Commissario per le minoranze. Meno male che esiste.
        Ma siccome i problemi conservano da sempre il vizio di non farsi risolvere dalle parole, le istanze indipendentiste locali restano invariabilmente le stesse da sempre e restano parole.
        C’è stato un solo momento nel quale si sono concretizzate politicamente e questo è avvenuto con il nostro Statuto speciale, oltre sessant’anni fa. Quello abbiamo, quello dobbiamo utilizzare e da lì parte ogni nostra istanza legata all’ovvia specialità di un’isola lontana e di una popolazione con caratteri ben distinguibili dei quali, questo deve essere ricordato, ci siamo perfino vergognati in un periodo abbastanza recente della nostra storia. Una vergogna che nasceva da dentro di noi e non imposta dai cattivoni dello stato italiano.
        Più o meno lentamente questa condizione psicologica di inferiorità è stata sostituita da un altrettanto dannoso e pericoloso orgoglio gridato. Ma è un orgoglio che, proprio perché esibito, non regge, non è credibile ed esprime un infantile spirito di rivincita. E poi l’orgoglio è un peccato.
        Naturalmente tutto questo è stato captato da qualche frangia della politica e allora ecco comparire, a miriadi e d’accordo su niente, i nostri indipendentisti divisi e nemici tra loro.
        Uno che ci guarda da fuori si chiede perché tutti questi gruppuscoli non si uniscano, non si spiega perché si insultino, perché siano avversari in politica e perché ciascuno di questi gruppi individui il suo nemico negli altri gruppi che sostengono la stessa istanza.
        Così è apparso, per necessità, un modo diverso, con l’ipad sotto il braccio, di essere sovranista. E’ il sovranismo afono. Muto sui temi veri del come si fa, quando si fa e chi lo fa. Muto sui tempi e i modi della realizzazione del “sogno sovranista”. In pubblico qualche parolina in sardo conferisce la patente di sardità e sardismo. E tante, tante parole sulla Sardegna che vorrei (ma non posso.), una Sardegna aperta, con campus universitari, con studenti all’estero, insegnanti di alto livello, non più traghetti pidocchiosi ma navi avveniristiche e aerei per tutti.
        Un indipendentismo con una patina di istruita modernità per mostrare al mondo (che pensa ad altro, proprio come la maggior parte dei sardi) che anche noi ci adeguiamo.
        Una vera, nuova dipendenza psicologica che si manifesta nella necessità di farsi vedere come gli altri. E allora giù a dire che il sardo è una lingua normale (e che bisogno ce n’è? Basterebbe parlarlo come lo parliamo e scriverlo come lo parliamo), giù a tuonare che noi possiamo fare quello che vogliamo delle nostre spiagge e delle nostre campagne, giù a tuonare contro lo stato cattivone senza dire una parola che è una sul come affrancarsene.
        Insomma, caro mororosso, è solo una campagna elettorale, bisogna essere comprensivi.
        E non dimentichi che uno dei nostri caratteri nazionali, la riservatezza e il pudore, noi li abbiamo sfortunatamente perduti. Basta guardarsi un po’ intorno.
        Saluti cordiali

      • Concordo in pieno con questa ultima riflessione carissimo Data, omonimo del mitico ufficiale dell’Enterprise, scherzo.
        Unica annotazione personale per capirci, io non sono indipendentista, non lo sono mai stato, la mia cultura politica e figlia della miglior tradizione autonomista e regionalista che ha avuto in renzo laconi un grande ispiratore politico giuridico e culturale sin dalla Costituente e spesso purtroppo inascoltato, cosa che ha portato la sinistra in Italia e in Sardegna ad essere in una condizione di ritardo forte sul tema e sulla frontiera de quo. Le mie convinzioni nascono da una constatazione politica economica e storica: l’Autonomia come modello istituzionale, politico ed economico ha esaurito la sua spinta propulsiva e il modo con cui il capitalismo e il sistema finanziario mondiale si stanno organizzando anche in l’europa e in l’italia non mi piacciono perchè tendono ad omologare.
        C’e pochissimo Spinelli e tantissimo Merkel in europa e per quanto mi riguarda i processi centralistici non mi hanno mai convinto in gioventù figuriamoci oggi.
        Spero caro Data di poter continuare con Lei una discussione su questi temi di fronte ad un buon bicchiere di rosso nobile di sardegna.
        Buona giornata!

  3. Solo un esempio. Cappellacci, quando venne eletto, mise la scuola in cima alle priorità e promise la soluzione del problema scolastico. Risultato?
    Bene: Pigliaru fa esattamente lo stesso. Mette la scuola al primo posto.
    A parte segnalare una priorità, mi direbbe come intende risolvere il problema?
    Per chi se ne fosse dimenticato, ricordo che l’esimio professore è il papà del Master&Back (una follia).
    Allora chiedo: se uno non è stato capace di affrontare il problema otto anni fa, perché dovrei pensare che ne sia capace adesso? Oppure: vorrebbe spiegare cosa intende fare, a parte le dichiarazioni demagogiche della campagna elettorale?
    E poi: con chi realizza il programma, con Maninchedda che ha amministrato assieme a Cappellacci e gli “indipendenti” di SEL che hanno fatto esattamente lo stesso?

  4. Diego, non dispiacerti. Non è Biolchini quello di cui parli a meno che io non sia Biolchini senza rendermene conto. Però credo che mi sarei riconosciuto. Più attenzione anche nella lettura di un blog non fa male, caro Diego.
    Sulla distorsione della storia sarda (poco insegnata nelle scuole, ha ragione, nonostante la ricca storiografia, sopratutto del periodo angioiano)non puoi non essere d’accordo. L’uso a “scopi patriottici” di caricature non funziona oppure funziona su persone inflenzabili e deboli che hanno bisogno di eroi, come un tifoso ha bisogno di un centravanti.
    E riguardo ai “popoli che hanno paura” le chiedo da dove tragga quest’altra conclusione.
    Io non ho nessuna paura o, per lo meno, ho la stessa paura che provo ora con chi ci governa. Né ho paura dell’indipendenza. Ho repulsione per l’indipendentismo locale reclamizzato dai nostri gruppi, tutti, idistintamente.
    Saluti

  5. Mi spiace, ma non sono del Pd, mai stato. In tutti i casi tenti, se le riesce,cerchi di rispondere agli argomenti anziché utilizzare la tastiera come sfogatoio. Un consiglio: non tenti l’ironia, non le riesce bene.
    Viene difficile distinguere un’idea credibile e affidabile di governo nella selva indipendentista – al di là di slogan e dei luoghi comuni come il dipendentismo o stupidaggini di questo genere che non allignano se non tra i fissati della tastiera che confondono le loro dieci dita con la realtà.

  6. Appunto, Faedda, piccole dosi.Ci sono molte sostanze che assunte a piccole dosi fanno pure bene e sono invece mortali a dosi più elevate.

  7. efisio says:

    Bhé almeno ascolta……… un politico che ascolta è una risorsa.

  8. Avrei anche accolto “favorevolmente” il tuo intervento pur non condividendolo, visto che parli di storicismi distorti riguardo ad Eleonora d’Arborea, a fasi storiche reinterpretate, peraltro senza fare riferimento alla realtà storica che nelle scuole fino a poco tempo fa ci hanno fatto studiare in cui poco o nulla la nostra sardegna era raccontata, se non da un punto di vista negativo e quello sì distorto…ma
    quando concludi con :”L’indipendentismo? Piccole dosi non fanno male” questo mi sembra il modo tipico di tutti quei popoli che hanno paura e che preferiscono ancora dopo decenni di sfruttamento aspettare….facciamoci un regalo ogni tanto e inseriamo nelle nostre norme questa legge, adesso quest’altra…bhè caro Biolchini, mi sembri un po’ confuso sulle reali prospettive della regione Sardegna, anche e soprattutto quando dipingi l’indipendenza della regione come un chiudersi su sé stessi e passeggiare nel proprio orticello, quella è una visione distorta della realtà una visone che fanno passare tutti i partiti “nazionali” quando in campagna elettorale sposano 2 o 3 frasi indipendentiste per risvegliare l’orgoglio del bacino elettorale…ma questo non puoi farlo tu persona di cultura, mi dispiace molto…ciao

  9. Ma per quale motivo una questione, quella economica, quella ambientale, quella dell’istruzione richiede il presupposto del sovranismo (nuova, ridicola parola di stampo leghista) e non la si può affrontare facendone a meno?
    Anzi, la rinuncia ad ogni forma di sovranismo e un radicato senso di appartenenza ai luoghi e alla comunità sarebbero più che sufficienti per amare la propria terra d’origine come fanno in tutto il mondo senza gridare al sovranismo o, peggio, ad un inverosimile e antistorico indipendentismo. Se mi guardo intorno e vedo che cosa hanno fatto e fanno quelli che ora si proclamano indipendentisti mi vengono i brividi blu.
    Non c’è una struttura complessa dell’ordinamento sociale affidabile ai sovranisti. Non una. La questione linguistica affrontata con accenti mussoliniani è perfino pericolosa, mentre sarebbe affascinante riuscire a sostenere la nostra varietà linguistica.
    La questione dell’istruzione viene dipinta di un colore inverosimile che inizia da una preistoria inventata, passa attraverso una storia deformata con Eleonora e giudicesse dipinte come madri di una Sardegna che esisteva e poi, secoli dopo, con i moti angioiani descritti come una rivoluzione indipendentista, i Savoia oppressori e noi indomiti. Una falsificazione insopportabile. Deformato perfino il pensiero dei numi dell’autonomismo.
    La sanità sarda e la scuola sarda, la moltiplicazione (e la rovina conseguente) delle università: altri annunci di ulteriore decadimento.
    E si potrebbe continuare con la giustizia, i trasporti, l’agricoltura, la pastorizia.
    Ci dicono che l’indipendenza è un’acquisizione graduale, che è una presa di coscienza, che è un fenomeno psicologico profondo che deve penetrare in tutta la comunità. E ci fanno la testa così con i catalani, i baschi, gli irlandesi, gli scozzesi. Tutte realtà che non hanno nulla di storicamente affine alla nostra e non c’entrano un fico secco.
    Parole? In grande quantità. Bandiere? Sventolano i poveri quattro mori aragonesi e i portabandierà sono sparsi qua e là.
    Fierezza? E dov’è? Senza contare che non c’è nulla di cui essere fieri, visto che nasciamo per caso in un posto o in un altro. Chi nasce, poi, deve amarli i suoi luoghi e non venderli come abbiamo fatto noi in sessant’anni.
    Ragionamenti sul nostro statuto? Pochissimi, nonostante sia da quello che si deve partire per ogni giusta e sacrosanta rivendicazione.
    Modi dell’indipendentismo? Minacciosi. Espressioni? Revanchiste, da bimbi che si liberano del papà. E così danno dei dipendentisti (altra idiozia), dei servi, degli schiavi (quando va bene) a chi dell’indipendentismo, giustamente, pensa sia una iattura, un punto basso della nostra storia, una chiusura in se stessi, un ripiegamento verso un mondo piccolo e asfissiato perché il proprio territorio fa meno paura delle grandi distese estranee e lontane.
    Peccato, peccato perché c’è molto di interessante in una società che sente vivo l’attaccamento al proprio “suolo natio”. Ma quando questo attaccamento diventa incapacità di vedersi parte di un sistema più grande, allora ci sono i pericoli noti di ogni nazionalismo.
    Però sono certo che la maggior parte dei sardi questo rischio lo percepisce e voterà chi non ci “racconta fole” sulla Sardegna che non ha nessuna necessità di indipendenza ma di essere amministrata come un paese civile. L’indipendentismo? Piccole dosi non fanno male.

    • quindi far entrare IRS nella coalizione è una mossa prettamente elettorale ?. (Ma và?) Prendere un pennello, colorarlo di indipendentismo “denoartri” e spargerlo sulla coalizione.

    • Stalin sia con te says:

      Grazie 2014,ci hai descritto perfettamente cos’e’ il pd sardignolo.

      • simone says:

        la tua analisi, 2014, mi pare infarcita di luoghi comuni, con rispetto parlando, che denotano poca acutezza di indagine sulle motivazioni e gli argomenti di chi rivendica sovranità e indipendenza. una cosa giusta, sacrosanta, l’hai detta. la sardegna ha bisogno di essere ben amministrata, prima di tutto dai SUOI gorvernanti. non c’è dubbio.
        ma è anche vero che nella storia degli ultimi anni, in cui la conoscenza di ciò che accade nella politica è estremamente amplificata, c’è la storia di soprusi, omissioni, deficienze e violenze dello stato padre nei confronti della nostra terra. la storia dei secoli precedenti, invece, ci parla di nazioni assoggettate, di lingue umiliate e culture bandite.
        un futuro abbastanza immediato, secondo me, ci parlerà di nuove realtà, come quelle già in essere delle repubbliche baltiche, e quelle in divenire di “catalani, i baschi, gli irlandesi, gli scozzesi” che tu dici “non hanno nulla di storicamente affine alla nostra e non c’entrano un fico secco”. Lo dici sommariamente rinunciando a spiegarci il perchè, ma non rinunciando a usare termini vagamente irrisori e dispregiativi nei confronti di chi non la pensa come te

      • Simone, il solito tono arrogante e i soliti, triti argomenti dei soprusi e delle vittime sarde dei soprusi, più vittime dei laziali, dei veneti, dei calabresi. Noi siamo unici. Non discuto con chi, esprimendosi come un volantino elettorale, non porta neppure un argomento. In bon’ora.

      • Ma perché la Murgia dice a Barcellona che il Ppr del 2006 non va bene, come Cappellacci? Perché il suo assessore alla sanità – non lo diventerà mai, tranquilli, dunque – dice e scrive assurdità in tema di psichiatria? Questi sarebbero gli indipendentisti di oggi? E gli OST ? Su quali argomenti hanno ragionato? E quali sono i risultati? Questi?
        Propagandare inesattezze – nel migliore dei casi si possono definire così – non fa bene a nessuno, né a chi le sente, né a chi le proclama da un microfono.
        Avremo una legge indipendentista sulla psichiatria? Interessante. L’aspettiamo ansiosi.

  10. simone says:

    “il centrosinistra sardo o è sovranista o non è”
    lo trovo veramente appropriato
    anzi (non sembri un’esagerazione) aggiungo che
    “il sardo o è sovranista o non è”

    • Sono sardo, legato alla mia terra e non sono sovranista, anzi, sono contro ogni sovranismo, sopratutto quando prende forme grottesche e assume la forma di un complesso di persecuzione. Non basta gridare di essere sovrani per esserlo, caro simone.

      • simone says:

        infatti non basta gridare, anzi diciamo pure che non serve a niente. per essere sovrani in casa propria serve poter decidere della vita propria, delle proprie norme, di quanto si può spendere e come, per se e per la propria famiglia.

      • Caro Simone, tutte le volte che abbiamo deciso le nostre norme, abbiamo affidato la decisione a una classe politica locale che rappresentava interessi iperlocali e i danni sono sotto gli occhi di tutti. Locale è bello per i prodotti della terra, è bello per la nostra lingua e per le opere del nostro ingegno, ma le leggi, più sono locali, più sono legate ai mal di pancia della politica locale e peggio sono.
        Quanto si può spendere e come non lo si deciderà in Sardegna, è irreale pensarlo e dannoso dirlo semplicemente perché non è possibile.
        Lei può spendere meno, ad esempio, se noi avessimo una produzione locale di energia ma per farlo occorre un piano energetico regionale che nessuno vuole perché i padroni dell’energia e dei certificati verdi lucrerebbero meno se si impongono delle regole.
        Li potrebbe pagare meno la casa se non esistesse, nel mercato edilizio, una condizione economica gonfiata dalla finanza e non decisa qua in Sardegna.
        Dalle nostre parti sarebbe già un gran passo comprendere i problemi e conoscerli, qualche danno lo potremmo evitare.
        Invece è più facile parlare di sovranismo, riempirne ogni discorso e sentirsi sovrani mentre non si comanda neppure al proprio gatto.
        L’espressione Sovrano a casa propria rivela una visione molto limitata del mondo che, per fortuna, non finisce con la casa propria ossia non finisce dove finisce la Sardegna.

  11. Giancarlo Nonis says:

    Fa parte della storia del centro sinistra autonomista e ora anche sovranista, se vuole il consenso dell’arcipelago nonviolento, pacifista, deve dichiarare ora subito il suo No senza se e ma all’invio ormai certo delle armi chimiche siriane nella base in galleria della Marina militare Italiana nell’isola di S.Stefano cono approdo in uso alla NATO ex base appoggio della Marina U.S.Navy, deve anche sopratutto chiedere con forza e decisione la sospensione di tutte le esercitazioni militari nei poligoni della Sardegna e avviare subito la bonifica dei terreni e mare inquinato da decenni di armi e proiettili provati, testati di tutte le nazioni del mondo. Certo senza cultura non si va avanti, ma a causa della perdurante morte per inquinamento, in alcuni decenni non ci saranno più Sardi da acculturare se non nella cultura unica di come morire da inquinamento chimico industriale e militare. Bonu Annu Nou a tottus asibiri in Paxi.

    • Caro Nonis, non creda a tutte le baggianate che raccontano, non abbocchi. Quella era una bufala da campagna elettorale. Ora le racconteranno che si sono opposti e che quindi hanno scelto Gioia Tauro, una vittoria del carattere forte e orgoglioso dei sardi.

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