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In silenzio ci ha lasciati Pierfranco Zappareddu. L’importanza della sua azione teatrale e culturale a Cagliari e in Sardegna è stata colossale ed è ben tratteggiata da questo pezzo che Gino Melchiorre scrisse nel 2004 per il quotidiano “Il Corsivo”, in occasione del debutto dello spettacolo “Con il Corpo Capisco”.
In fondo al post trovate invece una foto del regista. Gliela scattai a margine delle prove dello spettacolo che stava allestendo in vista del debutto alle Saline. Lo intervistai per il settimanale di cultura e spettacolo “Godot”. Pierfranco era una persona dolce e allegra, super informato sulle cose del mondo, molto disponibile con i giovani. Con la sua vita ha cambiato la vita di tante persone. Grazie Pierfranco, oggi le parole non bastano.
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Fa un certo effetto vedere che il Teatro delle Saline, dove è in programmazione “Con il Corpo Capisco” di Pierfranco Zappareddu, si riempie di spettatori. Zappareddu è praticamente uno sconosciuto per i frequentatori dei teatri e per i molti giovani che, oggi in Sardegna, si occupano dei vari settori del teatro: regia, scenografia, scrittura drammaturgica, musica, fotografia, organizzazione. E probabilmente non sanno che, senza Zappareddu, il teatro sardo sarebbe fermo alle “compagnie di giro” e gli spettacoli sarebbero forse ancora a “La nemica” di Niccodemi.
Quando il teatro era, per ogni persona dabbene, solo quello con le poltrone e il sipario rosso, Zappareddu ha scovato cantine, cortili e garage in cui fare prove e spettacoli. Alla fine degli anni ’60 ha messo in scena una edizione memorabile del “Marat-Sade”, quando in Europa erano pochi a sapere che esisteva Peter Weiss. E pochissimi ad avere il coraggio di metterlo in scena.
Ha impiegato attori locali che mai avrebbero pensato di salire su un palcoscenico. E per fare ciò ha introdotto a Cagliari tecniche di training teatrale di cui nessuno aveva sentito parlare, o che erano conosciute a pochi addetti tramite articoli di giornali.
Senza soldi, senza alcun credito presso le istituzioni e presso coloro che rappresentavano a quel tempo il “teatro ufficiale”, Zappareddu ha reclutato in strada attori e tecnici. Per convincerli non ha esitato a impiegare un ipnotizzatore (attualmente stimato professionista). Ha fatto debiti e raramente è riuscito a pagare i creditori. Ma non si è messo in tasca una lira. E lo testimonia il fatto che tuttora non è più abbiente di quando ha cominciato a occuparsi di teatro.
Ha viaggiato conoscendo tutte le più importanti avanguardie teatrali europee e le ha convinte (ipnotizzando anche loro) a venire in Sardegna. Così Cagliari ha potuto vedere cose remote e sconosciute come il Potlach di Eugenio Barba e il teatro di Tadeusz Kantor. E la Sardegna ha scoperto che si poteva fare teatro anche in strada o nei cortili e si poteva rappresentare uno spettacolo senza parlare italiano. E perfino senza parlare.
Ha (ri)scoperto che si potevano raccontare storie e incantare gli spettatori, danzando e cantando: con il suono di una fisarmonica, con una nenia modulata sottovoce in una lingua incomprensibile, o portando in giro una candela accesa su una scena buia. Zappareddu ha fatto tutto ciò per il Teatro e per la Sardegna. Poi è scomparso per anni. Inseguendo i suoi fantasmi e le sue visioni. A parte i pochi seguaci e i creditori, nessuno lo ha cercato e rimpianto. Meno che mai le Istituzioni, che pure dichiarano spesso di avere in cima ad ogni pensiero la cultura regionale e i giovani talenti locali. Lo ha cercato una volta l’Ente Lirico di Cagliari perché Zappareddu era l’unico che poteva telefonare a Peter Brook senza essere mandato a cagare. Per l’Ente Zappareddu ha telefonato, ha scritto e mandato fax. Ma ancora aspetta il pagamento per la consulenza.
Ora torna nella sua città con immutata passione e il suo spettacolo è un evento. Al botteghino c’è la fila. Il teatro è pieno di giovanissimi che non sanno nulla di lui e di anziani che in passato non ne hanno mai voluto sapere. E’ un piacere e una bella soddisfazione. Anche se arriva con venti anni di ritardo.
Gino Melchiorre
Il teatro sardo ha perso un altro protagonista: a distanza di due giorni dalla scomparsa di Pierfranco Zappareddu, ci ha lasciati anche Sergio Murru, regista, attore, drammaturgo, scrittore, poeta che proprio con Zappareddu iniziò, alla fine degli anni ’60, il suo impegno sulla scena culturale sarda. Impegno proseguito negli anni a seguire soprattutto attraverso l’esperienza del Teatro Studio di cui Sergio fu il fondatore ed instancabile animatore
Vi segnalo anche questo ricordo di Mario Faticoni: “Zappareddu, un sardo europeo che guardava oltre il suo recinto”.
http://www.sardiniapost.it/pronto-intervento/mario-faticoni-zappareddu-un-sardo-europeo-che-guardava-oltre-il-suo-recinto/
Con Pierfranco, mi vanto di avere avuto l’onore di essere suo amico, non vidi mai il Marat-Sade, costava lire 1000 e per me contestatore e disoccupato, era troppo caro e neppure vidi Kantor e Barba, ma potevo assistere alla scuola del suo teatro dove imparai, molto più che dalle letture di etnologi e antropologi vari. Con lui ho passato tante tarde nottate a chiacchierare della rivoluzione che pensavo di attuare, e lui: Giancarlo, la migliore rivoluzione sarà quella che inizia da dentro il tuo io. Mi dispiace di aver saputo di te solo adesso, sarai sicuramente realizzando qualcosa nel palcoscenico dell’universo. Asibiri tottus in pari e in Paxi ciau Pierfrancu Zappa.
Ho avuto la fortuna di fare lunghe chiacchierate con Pierfranco e di aver accettato di farmi rapire dal suo disegno teatrale. Ho sperimentato la bellezza di vedere uno spettacolo nuovo ad ogni replica, ma non perché cambiassero le scene, bensì perché molto dello spettacolo discendeva dal mio angolo di visione. “dipende da ciò che vuoi vedere.. io metto a disposizione uno strumento perché tu costruisca il tuo spettacolo – questo mi disse quando gli chiesi di darmi chiavi di lettura della Passione del Corpo. Un po’ come Mulholland Drive: ogni volta che lo guardi vedi un film diverso. Zappareddu era una fonte gigantesca di novità, di intuizioni, di visioni, di elaborazione e di ricerca.Sarebbe bello che nascesse una scuola di teatro capace di sfruttare le sorgenti di cui lui è stato iniziatore.
Il mio ricordo di Zappareddu è legato a quando io e mia sorella, minorenni o giù di lì, girammo la città per attaccare centinaia di manifesti di “Prenom Carmen”, se non ricordo male, un allestimento comunque da lui patrocinato. Un’impresa organizzare lo spettacolo, un’impresa anche per noi attaccare tutti quei manifesti. Ricordo il grande entusiasmo del regista nel coinvolgere tanta gente e che contagiò tutti quelli che lavorarono con lui, anche due ragazzini senza arte né parte.
Grazie.
Vi segnalo anche questo bellissimo ricordo di Gianni Loy, dal titolo “Come fu che Pierfranco Zappareddu mi convinse”, pubblicato oggi su SardegnaSoprattutto, uno spaccato della vita culturale e giovanile a Cagliari negli anni ’60.
http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/1463