“Ma, questo Partito dei Sardi…? Si fa o non si fa?”. L’amico mi ferma per strada, vuole capire meglio questa idea di un partito slegato dalle grandi formazioni italiane ed in grado di portare avanti in maniera moderna le rivendicazioni della società isolana. Ha letto i miei post (“Ecco perché bisogna fare subito il Partito dei Sardi” e “Gli imprenditori suicidi e la leggenda del politico taumaturgo”) e ma ora vuole saperne di più. Avverto in lui non un’ostilità preconcetta, ma piuttosto un sentimento di rassegnazione, della serie “non ce la faremo mai”. Quasi l’anticipazione di una delusione destinata inesorabilmente ad arrivare.
Inizio così a spiegargli la mia idea, ma lo vedo distratto. Così, lo prendo in contropiede: “Comunque, il partito dei sardi c’è già stato in passato, appena dieci anni fa. Si chiamava Progetto Sardegna”. I suoi occhi si illuminano, è sbalordito. Allora lo incalzo.
“Te lo ricordi Progetto Sardegna? Ecco, quello era il Partito dei Sardi. Una formazione politica nata in Sardegna, con solidi riferimenti politici e culturali nell’area del riformismo democratico e un programma assolutamente innovativo”. “Sì, Progetto Sardegna, quello di Soru! Poi però com’è finita?”. “E’ finita che Soru dopo pochi anni lo ha sciolto”. Il mio interlocutore basisce: “E perché?”. “Vuoi sapere la mia opinione? Sarò brutale: perché Soru in realtà aveva bisogno di entrare in un grande partito per poi tentare la carriera politica nazionale. Con Progetto Sardegna il parlamento o la presidenza del Consiglio gli erano preclusi”. L’amico ci pensa un po’ e poi mi dice: “Forse hai ragione”.
Dunque, costruire un Partito dei Sardi si può. Il caso di Progetto Sardegna è esemplare, perché ha dimostrato come anche nell’isola esistono risorse, energie e intelligenze in grado di organizzarsi in maniera innovativa, e di immaginare una diversa selezione della classe dirigente. Poi è chiaro che qualcosa è andata per il verso sbagliato, ed è proprio quel qualcosa che oggi frena in tanti: l’esperienza Soru ha lasciato dolorose scottature che impediscono a molti di impegnarsi nuovamente in politica in maniera coraggiosa e innovativa, ad avere ancora fiducia nella politica.
Ciò che non ha funzionato è che in realtà Progetto Sardegna non è mai stato un partito vero ma solo una formazione guidata da un leader carismatico che quando ha deciso che il suo giocattolo stava iniziando ad annoiarlo ha preferito romperlo piuttosto che lasciarlo nelle mani di altri.
Quella straordinaria esperienza si è dissolta nel Partito Democratico, e quindi praticamente è diventata irrilevante. Anche per Soru, che poche settimane fa, riunendo a Gavoi i suoi seguaci in vista di una possibile ricandidatura alle regionali, ha preferito circondarsi di vecchi arnesi del Pci piuttosto che di giovani intelligenze fuori da tutti i giochi. Come se l’esperienza di Progetto Sardegna non ci fosse mai stata.
Il mio amico ora mi ascolta con maggior interesse, e mi fa altre domande. “Il problema è la leadership. Ci serve una persona che abbia una forte personalità. Dove lo troviamo uno come Soru?”. “Basta con i partiti proprietà di qualcuno”, gli rispondo. “I partiti sono frutto di uno sforzo collettivo non dell’intuizione e della volontà di un singolo. Basta con i re taumaturghi, sì alle squadre e alle intelligenze e alle volontà che si organizzano. Le leadership servono, ma le leadership si possono anche creare se un partito ha un progetto serio. Dobbiamo immaginare un partito diverso, e il documento di Fabrizio Barca dà delle indicazioni utilissime a riguardo. Dobbiamo credere nell’intelligenza collettiva, nella capacità delle persone che hanno qualcosa da dire e da dare di collaborare per un unico progetto. Lo sta facendo Grillo perché non lo possiamo fare noi, e anche meglio?”.
“Ma dobbiamo partire da zero?”. “No, partire da zero non si può, raccogliere le briciole non ha senso. Il Partito dei Sardi deve ambire almeno a raccogliere il 15, 20 per cento dei consensi, e questo può avvenire solo se pezzi consistenti dei partiti tradizionali abbandonano le loro formazioni e si mettono a disposizione di un nuovo progetto, con coraggio e generosità. Coraggio perché si tratta di abbandonare la via vecchia per quella nuova, generosità perché evidentemente i primi saranno gli ultimi: la classe dirigente deve essere totalmente rinnovata, e chi ha già alle spalle significative esperienze deve umilmente fare il portatore d’acqua”.
“Ma cosa vuole dire Partito dei Sardi? Che i Sardi avranno un unico partito?”. “Evidentemente no: vuol dire solo che i sardi che si riconoscono nei valori della giustizia sociale, dell’uguaglianza, della cultura, dello sviluppo sostenibile, della difesa dei diritti, dell’ambiente, e nella forza della lingua e dell’identità sarda avranno come riferimento una formazione che non deve nulla alla politica nazionale, perché non ha a Roma nessun segretario che sulla base degli equilibri di partito decide le candidature anche nell’ultima bidda sperdia o che impone un segretario cittadino o provinciale, evidentemente incapace, solo perché appartiene alla corrente giusta”.
Il mio amico ora mi guarda sospettoso e un po’ se la ride sotto i baffi: “Di’ la verità: sei diventato indipendentista…”. “No, non è di indipendentismo che stiamo parlando, ma di una strada comune con gli indipendentisti sì. Senza il consenso non c’è politica, e il consenso lo si costruisce grazie a progetti il più possibile condivisi. Dire che i grandi partiti italiani non hanno un progetto per la soluzione della crisi sarda non è un’affermazione indipendentista: è semplicemente la realtà. Tutti dobbiamo rinunciare a qualcosa di nostro per ottenere tutti assieme qualcosa di più grande. Anche gli indipendentisti hanno il dovere di perseguire obiettivi realizzabili, anche con l’aiuto di chi indipendentista non è”.
Ma il mio amico è di nuovo preda dello scetticismo: “Ma sei sicuro che si può fare?”. A questo punto mi gioco il tutto per tutto: “Ma hai capito cosa sta succedendo in Italia? Ti rendi conto che i partiti si stanno dissolvendo? Che milioni di voti si spostano come se niente fosse in maniera improvvisa e imprevedibile? E ti rendi conto che sono successe cose inimmaginabili? Anche da noi a Cagliari? Abbiamo Massimo Zedda sindaco e Roberto Cotti senatore! E tu mi chiedi se un partito dei Sardi si può fare? Ajò!”.
Insomma, indipendentisti solo come sogno segreto ma guai a dirlo perché sennò chissà che succede?
Beh, prima di tutto succede che parti davvero da zero, o quasi.
E considerando ciò posso ammettere che “machiavellicamente” il ragionamento è giusto, nel senso che i sardi voterebbero indipendentista anche oggi però spesso li frena un ragionamento molto calcistico, e cioè “chi me lo fa fare di tifare una squadra che sta sempre in fondo alla classifica?”, un po’ come dire che l’importante è vincere, avere un buon governo è solo secondario. Si, votalo tu l’indipendentista, che poi quando le percentuali si fanno interessanti casomai lo voto pure io…
Ok, ammetto il cinismo ma la cosa non si discosta poi tanto dalla realtà.
Su una cosa però non concordo: perché chi non è indipendentista può benissimo fingere di esserlo e chi invece lo è fino al midollo deve mettere da parte questa sua natura per confluire in un progetto che va in un’altra direzione?
caro Vito (se posso dare del tu), da come lo descrivi, questo partito dei sardi sembra molto indipendentista, anzi se vedi un po’ commenti e alcune posizioni di Irs & ProgReS negli ultimi anni sono molto simili; sembra pero’ che ci sia ancora un timore diffuso, forse inconscio, a definirsi indipendentisti; e in effetti, ferma restando la mia ammirazione per il servizio aperto e libero che fornisci ai sardi con diversi mezzi, devo dire che in diverse occasioni ho notato una tendenza ad appiattire l’indipendentismo in modo abbastanza semplicistico (come quando definivi la Zuncheddu candidata genericamente ‘rappresentante del mondo indipendentista’, ad esempio, mentre in realta’ era espressione di una parte, forse nemmeno grande). Mi convinco sempre piu’ che di partiti ce ne sono abbastanza, e trovarne uno in cui attivarsi sia meglio che fondare l’ennesimo, sempre con varianti spesso non cosi’ cruciali di un generico desiderio di sovranita’ e autodeterminazione, ma sempre con una qualche remora spesso malcelata… ormai – nel bene e nel male – i partiti indipendentisti, di centro, di sinistra, nazionalisti e non, etc, ce ne sono davvero tanti: perche’ fondare qualcos’altro?
Caro Luca, io non penso che il problema sia definirsi o meno indipendentisti, quanto quello di praticare gli obiettivi che ci si dà. Gli indipendentisti sardi, nelle loro varie formazioni, sono restii a fare pezzi di strada con altri. Il loro approccio sotto questo aspetto lo definirei “protogrillino”, peccato però che non abbiano la forza dei numeri del M5S. Come tutte le formazioni fragili, hanno la necessità di apparire granitiche, di non concedere nulla a nessuno. Purtroppo la realtà è un’altra. Io mi immagino un partito nuovo (e ce n’è bisogno perché l’avvento di Grillo ha reso obsolete tutte le formazioni politiche esistenti) dove il discrimine sia un programma di pochi punti e realmente condiviso, e non l’adesione a delle parole d’ordine e basta. Non serve un partito della sinistra sarda, serve (e mi ripeto) una sorta di Progetto Sardegna senza Soru, un partito in grado di ambire ad esercitare quella egemonia culturale che né il Pd né Sel oggi sembrano in grado di elaborare. Serve un partito senza steccati ideologici, senza esclusioni aprioristiche. Condivisione, rinnovamento, serietà, generosità: servono queste cose. Tu le ritrovi negli indipendentisti di oggi?
Sulla Zuncheddu: non ho capito dove avrei sbagliato nel definirla ‘rappresentante del mondo indipendentista’. L’indipendentismo in Sardegna è un mondo variegato e mi sembra che la Zuncheddu ne faccia parte a pieno titolo.
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Progetto Sardegna fu il nome dell’intervento della Rockefeller Foundation in Sardegna , per debellare se non la zanzara anofele , almeno la malaria . Il nome fu scelto dal professor Giuseppe Brotzu , responsabile sanitario italiano del progetto . Lo stesso nome fu ripreso nel 1956 dal programma predisposto dall’OECE e imposto da Antonio Segni nel 1956 , nel triangolo Oristano,Macomer,Bosa . Era un programma di sviluppo molto articolato , al quale partecipò un gruppo internazionale di studiosi e che durò sino al 1962 , quando entrò in vigore il primo Piano di rinascita della Sardegna . Tutto il materiale del progetto fu depositato nella facoltà economica di Cagliari . Anche Antonio Pigliaru ne ebbe una copia . Poi ci fu chi riprese pari pari ciò che altri avevano studiato , proposto , definito attuato . I primi due interventi chiamati Progetto Sardegna – due originali – furono un successo . Il terzo , copiato malamente , no .
Mi sembra che un “Partito dei Sardi” già esista ma ha bisogno di una cosa: che Grillo venga qui alle prossime regionali e gli faccia la campagna elettorale. Poi, vinte le elezioni, ripassi il mare (in aereo si intende, ché la traversata a nuoto è bene che la faccia in arrivo) e lasci tutto, in mano a chi? Intanto ncominciamo a fare le Sardiniarie su facebook, così celo/cela abbiamo pronta/pronto.
L’idea di un partito politico nuovo (non un movimento), con una forte identità Sarda e una struttura costruita a partire dai politici che ci vorranno confluire e dai intellettuali, giornalisti, cittadini con la testa sulle spalle che ci volessero partecipare mi piace assai.
Mi piace di meno il “Sardo” nel nome… mi pare una “ruffianata” pseudo natzionalista degna di nomi quali “Forza Italia” e altri…
Un partito più che Sardo deve essere “giusto” (anche questo lo escluderei dal nome) e sardo nei contenuti.
Una cosa che spesso penso leggendo i blog (guesto, sardegna democratica, manifesto sardo, ainis e altri) è che in questi blog, per quanto spesso ci si scontri su numerosi temi anche in modo aspro, ci scrivono persone che hanno idee spesso migliori di quelle delle persone che ci governano e che scriviamo fiumi e fiumi di belle parole ma poi questo non si concretizza in qualcosa di “attivo” per modificare davvero la nostra realtà.
Allora, se si pensa ad una partecipazione attiva nella formazione di questo partito, io sono fortemente d’accordo.
La cosa importante però di un’operazione del genere è che ci sia un controllo molto molto molto serrato e severo di chi ci partecipa. Perché i partiti spesso nascono da belle idee ma poi sono fatti dalle persone e le persone, si sa, sono labili e corruttibili difronte al potere e se in un partito nuovo confluiscono politici che sono abituati a piazzare i propri fratelli/sorelle/amici in regione, di sicuro non cambieranno abitudine solo perché entrano in una formazione nuova… ci vogliono regole etiche severe interne prima ancora di un programma da presentare alle persone…
infine una cosa… ho l’impressione che politici di vecchia data che necessitano di rifarsi una verginità dopo la scoppola delle ultime elezioni politiche stiano pensando alla tua stessa idea… non fartela fregare….
…sono molto perplesso, caro Vito. Aggiungere la parolina magica “Sardo” non determina automaticamente la bontà di qualcosa. Un vino sardo può essere scadente, un formaggio sardo può non piacere a tutti, un dolcetto sardo può essere mal riuscito, un tappeto sardo può non arredare bene, la musica sarda può risultare monotona, un Partito dei Sardi perchè dovrebbe avere poteri taumaturgici nella politica isolana? Su cosa basi questa certezza? Come lo puoi dimostrare? Chi lo stabilisce che solo il “Partito dei Sardi”, se esistesse, sarebbe il solo composto da persone che hanno a cuore la Sardegna? Come si giustificherebbe questa autoreferenzialità stucchevole? La classe politica isolana non ha mai dato grandi prove di se’, la storiella dei partiti italiani è solo la foglia di fico dietro la quale nascondere la mediocrità diffusa dei politici isolani. Se un politico sardo è di spessore, emerge comunque, anche se fa parte dei tanto vituperati partiti nazionali : Gramsci, Segni (Senior), Berlinguer, Cossiga ( con tutti i difetti che gli sono stati rimproverati, nonostante tutto), solo per citare quelli più noti, anche se l’elenco non sarebbe purtroppo molto lungo. Se emergono pochi politici sardi di livello il problema è a monte non a valle: è la materia prima che manca. Dire “facciamo il Partito dei Sardi” mi pare un modo, neanche tanto originale, per fare molto rumore per nulla, una sterile operazione di marketing politico. Ve lo ricordate Mauro Pili, appena insediato a Villa Devoto, che 10 anni fa annunciava “facciamo la Nazione Sarda”? …e ho detto tutto. Cordialità
I miei complimenti, mi dite Voi esimi signori/e cosa ci ha dato la politica in questi ultimi 20 anni. Cosa ci ha dato a noi Sardi??? Ma avete un cervello, ricordate il passato??? Vi siete dimenticati di un certo Soru amico di De Benedetti (Tiscali non vi ricorda niente). Che dire poi di Capellacci amico di merende di Moratti. La politica è l’alta finanza sono il male dei popoli. Il debito pubblico miei cari signori chi pensate l’abbia creato.., la fata turchina??? Sveglia popolo Sardo. Continuare a credere nella politica attuale e come credere a Babbo Natale o alla befana. Svegliaaaaa!!!!
Forse è meglio ribadire alcuni concetti, pur rispettando o riconoscendo l’attività di politici della “vecchia guardia”.
Cito Vito: “Ma dobbiamo partire da zero?”. “No, partire da zero non si può, raccogliere le briciole non ha senso. Il Partito dei Sardi deve ambire almeno a raccogliere il 15, 20 per cento dei consensi, e questo può avvenire solo se pezzi consistenti dei partiti tradizionali abbandonano le loro formazioni e si mettono a disposizione di un nuovo progetto, con coraggio e generosità. Coraggio perché si tratta di abbandonare la via vecchia per quella nuova, generosità perché evidentemente i primi saranno gli ultimi: la classe dirigente deve essere totalmente rinnovata, e chi ha già alle spalle significative esperienze deve umilmente fare il portatore d’acqua”. Mi pare che l’operazione sia alquanto delicata quindi non si devono commettere errori grossolani. Le esigenze dell’elettorato sardo (in questo caso specifico, ma non solo) sono chiare.
P.S. Mi sto ancora studiando il documento di Fabrizio Barca (http://www.scribd.com/doc/135523966/Fabrizio-Barca-Un-partito-nuovo-per-un-buon-governo)
Il presidente della regione deve essere una persona competente, che si sa muovere nell’amministrazione regionale e che abbia pratica nella mediazione politica. Io sono per Maninchedda. Soru ha già avuto la sua occasione. Floris, Murgia vanno bene come consiglieri regionali. Abbiamo già visto cosa vuol dire essere digiuni di politica ed essere piazzati in posizioni apicali: disastro. La situazione è delicata e va affrontata con decisione.
Certo, se la dirigenza del PD locale rifiuta di aprirsi alla partecipazione, come richiesto con insistenza dal “popolo” della Sinistra, e che sarebbe la strada più ovvia e razionale per tentare il rinnovamento, non rimangono altre strade se non quella impervia della costruzione di una nuova formazione politica che possa essere la nuova casa della Sinistra; dotata anche di una necessaria e spiccata connotazione identitaria, visto quello che ci è successo in questi anni e che si prospetta nel prossimo futuro per la Sardegna.
L’ipotesi di partito che proponi sembrerebbe una sorta di Progetto Sardegna costruito collettivamente dal basso, senza demiurghi miliardari alle spalle o taumaturghi istrionici che ne pubblicizzino il logo nelle piazze reali o virtuali che siano; un partito dove eventualmente i più illuminati dei politici di professione si mettono a disposizione della c.d. società civile che ha voglia di partecipare, e che ne diventerebbe diretta protagonista senza doversi necessariamente accordare prima con le solite autoreferenziali correnti dei partiti nazionali.
Certo, l’idea è allettante ed affascinante, quanto ardua la sua possibilità di riuscita in una , democrazia, qual’è quella attuale, a forte connotazione leaderistica, e con un ceto politico di cui non si può certo decantare la generosità.
Non so, se il PD si chiude in sè stesso e insiste anche qui a farsi del male da solo, con le ambizioni di Soru e le assurde uscite di Silvio Lai e compagnia bella, anche un’ipotesi razionalmente sconsigliabile potrebbe trasformarsi in una necessità.
Su Pd ke droga pesante: http://www.sardiniapost.it/limba/su-pd-ke-droga-pesante/
Non ditemi, poi, che oggi vi siete perso l’endorsement della Nuova e di Mameli a Giovanni Floris. Proprio una bella paginona. Da Mr. Tiscali a Mr. Ballarò? Floris for president? Mobbasta pero!
Sì, però la definizione di “partiti in franchising” è mia! 🙂
E di Floris Giovanni candidato in questo blog se ne parla da un anno!
Rimanendo al momento in Sardegna, visto che forse forse si fa sul serio (perché non mi sembra ci siano alternative) io proporrei la scrittrice Michela Murgia come candidata alle prossime regionali ;). Floris ha già detto che pur ammirando una giornalista come Lilli Gruber nel suo incarico di parlamentare europea eviterebbe di ricoprire un ruolo politico e onestamente non lo verdei bene: che piaccia o meno è meglio che continui la sua attività giornalistica su Ballarò.
“Giacomo Sanna, leader del Psd’Az e reduce dall’uscita dalla Giunta Cappellacci e dalla maggioranza di centrodestra in Consiglio, lancia una proposta per le elezioni regionali del 2014. Secondo l’esponente sardista sono ormai maturi i tempi per una donna governatore”.
http://www.cagliaripad.it/news.php?page_id=2412
Sapete perché l’Alto Adige, più piccolo della Sardegna, entra in Parlamento con un proprio partito (SVP) e la Sardegna non ci riesce? Perché fa valere la parte della legge elettorale che riconosce lo status di minoranza linguistica alle Regioni a statuto speciale che la comprendono. La Sardegna nel suo statuto non gode di questo elemento giuridico. Di conseguenza, se i vari Soru e i cosiddetti “nuovi movimenti” si fossero interessati da subito ai temi posti da decenni dal movimenti linguistico (e da alcuni indipendentisti), non avrebbero bisogno di cercare disperati posizionamenti in seno a partiti centralisti (come quel cadavere ambulante chiamato PD).
Bisogna comunque dare atto a Soru di aver cercato 1) di arrivare alla statutaria, 2) di aver lavorato per l’omogeneizzazione linguistica (col progetto LSC, che ancora oggi scalda gli animi). Lo dico per i lettori che sostengono l’inutilità del Sardo.
Per info sul tema: http://www.sanatzione.eu/2013/01/legge-elettorale-e-lingua-perche-lalto-adige-entra-in-parlamento-e-la-sardegna-no/
Condivido l’opinione di Vito, segnalo una delle varie opinioni in tema di Partito Nazionale Sardo (cioè non di un Partito dei Sardi italianista): http://www.sanatzione.eu/2013/03/pns-una-costituente-per-il-partito-nazionale-sardo/
Adriano hai perfettamente ragione; purtroppo i sardi le cose semplici non le amano. Ricorderete la nascita dello statuto della Regione autonoma, invece di approvarne uno simile a quello sicialiano si è preferito logorarsi e accettare l’approvazione, a tre ore dello scadere del tempo massimo: ore 21 del 31 gennaio 1948, di uno statuto senza norme di attuazione per cui quasi inutili.Inutile insistere, come minoranza linguistica i sardi si sentono castrati, non perchè minoranza ma perchè perderebbero la patente di “primi italiani” come dice Casula. Meglio protestare a vanvera dimenticando che viviamo in comunità attraverso delle regole, la Democrazia, non nel sogno.
Si podet faghere , si depet faghere , si boleus donare a cust’isula unu pagu de sperantzia po nosu e po su benidore .
Unu disterrau
L’articolo è interessante e pure la proposta… meno credibile che due risorse utili possano essere Zedda e Cotti. Sennò sembra solo uno spot per qualcuno di già visto, non un nuovo Progetto Sardegna.
…infatti non sembra che sia esattamente un complimento ai due politici 🙂
Ma no, non è così. Dico solo che se qualche anno fa qualcuno ci avesse detto che Zedda sarebbe diventato sindaco e Cotti senatore lo avremmo preso per matto. E invece è successo, perché in tanti hanno voluto che succedesse. Tutto è possibile, od amici!
Su questo, concordo!
Carissimi, vi invito a ricordare prima di fare ed innamorarsi di ineccepibili commenti, che il peggior nemico dei Sardi sono se stessi.
Grazie Basilio per ricordarcelo. Abbiamo veramente tanto bisogno di gente ottimista come te.
O Vito, ti prego, lascia questo post, almeno fino allo scrutinio delle prossime regionali; mettilo di lato, a destra o a sinistra, sotto, sopra o come vuoi, ma lascialo!
Ma tu, caro Vito, che ruolo intendi svolgere in questa operazione? Sarò più chiaro, ti candiderai o ne favovirai la sola formazione?
Caro amico, non voglio eludere la tua domanda. Ognuno deve dare il proprio contributo, secondo le proprie possibilità. Mi sembra che alla luce della crisi del Pd anche altri stiano iniziando a fare ragionamenti simili al mio (vedi Dadea su Sardinia Post), ma il percorso è ancora molto lungo e non dipende né da me né da quelli come me portalo a maturazione. Poi, quello che si dovrà fare, si farà.
Capolavoro alla Libero Manca!!! Questo significa che sei sulla strada giusta 🙂 !!!
Scherzi a parte, sono ancora perplesso sulla fattibilità dell’operazione però alla luce della situazione che si sta delineando e del pericolo Grillino che rischia di travolgere la nostra regione stai cominciando solleticare la mia curiosità.
Come sempre hai colto nel segno. E’ tempo del superamento dei duri e puri che non possono o vogliono dialogare con nessuno perchè, si è simile agli altri, ma non uguali?. Il problema però è mettersi in gioco, scendere dalla sedia e mettersi a camminare assieme a tanti altri provenienti da vie diverse ma che adesso sanno vedere, assieme a chi da sempre lo aveva già visto, come primo traguardo la Sardegna. Avranno questi, del PD, PDL; UDC, Indipendentisti, ecc il coraggio di dialogare, di mettersi in gioco, di diventare grandi?
Caro Vito,
devo ricordare che il soggetto politico sardo di cui parli è già esistito, non dieci anni or sono, bensì quindici e più: era il Nuovo Movimento di Nichi Grauso.
Nichi ha sempre avuto una caratteristica, forse un problema: quello di essere avanti a tutti, e non solo a livello locale.
Così, dopo Radiolina, Videolina, Video On Line e varie iniziative internazionali fece NM; e questo prese ben quattro consiglieri a Cagliari, dove Nichi ebbe una valanga di preferenze.
La cosa si ripetè alla Regione: valanga di prefernze per Nichi, e due consiglieri, assolutamente determinanti per la nascita della Giunta Floris, caratterizzata da uno spiccato orientamento verso una “politica sarda”, contrapposta a quella “nazionale”, rappresentata all’epoca da Mauro Pili e da Gian Mario Selis, entrambi silurati in aula come potenziali presidenti.
Come è finita? Come tutte le cose sarde: ho assistito – durante una riunione della quale redigevo il verbale, come esponente di NM – alla rottura in diretta fra Giacomo Sanna ed Efisio Serrenti, davanti alla costernazione di Mariolino, di Sale e di Cumpostu. Si fece poi quello che si riuscì a fare, ma la Casa Comune (che era quello che stavamo cercando di mettere insieme) non si riuscì a costruirla.
Quando Grauso lasciò, lo fece perché aveva capito una cosa che era già stata enunciata in altre circostanze: governare i Sardi non è difficile, è inutile.
Anche autogovernare, purtroppo.
Spero di sbagliarmi.
Cordialità
E’ vero, anche il Nuovo Movimento era il Partito dei Sardi. E questa verità mi consente di porre una ulteriore domanda. Grauso, Soru: ma perché dobbiamo affidarci a dei leader politici miliardari (allora) e milionari (oggi)? E in ogni caso, anche il Nuovo Movimento era un partito basato su di un leader carismatico.
Per carità, basta con i possessori seriali di ville nella politica sia regionale, sia nazionale! Condivido la tua domanda, Vito: perchè mai dovremmo farci guidare da milionari che fatalmente portano con sè conflitto di interessi, scarsa disposizione al gioco di squadra e al dialogo,ego ipertrofico e piedi poco calati nella realtà quotidiana di noi comuni mortali ? E perchè dobbiamo sempre aspettare il leader carismatico che ci guidi verso la luce, salvo lasciarci cadere a terra quando gli si prospettano mete per lui più interessanti ? Hai ragione, ci vuole uno sforzo collettivo ”dal basso”, sempre che la cocente delusione provocata dalla politica negli ultimi tempi non abbia compromesso la voglia di impegnarsi e di credere ad un possibile cambiamento!
Stai per caso dicendo che ci serve un leader politico sardo e spiantato? Ti stai proponendo tu, per caso? 🙂
Grauso è stato l’ennesimo politicante, basti pensare che candidò quel galantuomo di Sgarbi. Forse si accorse di averla fatta troppo grossa e pensò bene di ritirarsi.
Molto interessante, grazie. Un condensato di domande che mi sono posta anch’io, con tutte le risposte. Carina quella “Dì la verità, sei diventato indipendentista?” 🙂
Pingback: Su partidu de is Sardus: un’arrexonu de Vito Biolchini | Bolognesu: in sardu
Mi piace il tuo pezzo Vito
Ho la netta sensazione che si possa realizzare, noi ( italia dei valori di Cagliari)in qualche modo ci stiamo già lavorando, abbiamo proposto ad altre forze del centrosinistra di predisporre insieme un programma comune partendo dal basso( sul modello dei Grillini). Riccardo Schirò
Caro Vito, si può fare, si deve fare! Dillo anche al tuo amico.
Mmh… Quindi sarebbe una sorta di testa d’ariete slegato ma dialogante con Roma e Strasburgo? Dici che potremmo davvero esercitare pressione? Avremmo un reale peso elettorale?