Non sono contro la caccia. Capisco che per le comunità dei paesi sardi si tratta di un momento di straordinaria importanza, perché crea dinamiche di socializzazione, perché crea gruppi coesi, perché unisce le persone anziché dividerle. Non sono contro la caccia anche se non ci sono mai andato e non mi è mai piaciuto tenere le armi in mano. Non sono contro la caccia e penso che la tragedia di Irgoli (con un ragazzino di 12 anni colpito al volto da un pallettone sparato per errore) non abbia bisogno di reazioni isteriche che non portano a nulla (come la richiesta dell’abolizione della caccia, ad esempio).
Detto ciò, questa ennesima tragedia non può però passare come se nulla fosse accaduto. Un punto di non ritorno è stato superato. Ora bisogna veramente fare qualcosa.
Lo scorso anno in Sardegna quattro persone sono morte durante la stagione venatoria e decine sono rimaste ferite, ma il dibattito sulle condizioni di sicurezza e sulla necessità di prevenire meglio gli incidenti è durato lo spazio di un mattino.
Solo dopo non so quanti morti i cacciatori si sono decisi ad indossare i giubbotti fosforescenti. I Forestali dovrebbero fare i controlli, ma non hanno risorse, e dunque tutto è rimesso alla buona volontà e al buon senso dei cacciatori. Dunque, anche al caso. Perché spesso la caccia è vissuta come un momento dove alle regole imposte dalla legge si deroga con troppa facilità. Le campagne sarde sono da anni un luogo dove tutto può succedere.
I giornali hanno difficoltà ad affrontare il tema perché ogni dibattito è orientato solamente a far scontrare gli opposti estremismi: da una parte chi parla di semplice fatalità, dall’altra chi semplicemente abolirebbe la caccia. Così non si va da nessuna parte, e infatti ogni anno si contano i morti. Le regole devono essere fatte rispettare, e se occorre a questo punto ne vanno fissate anche di nuove, assai più stringenti.
Ma la politica da questo orecchio non ci ha mai volute sentire, anzi. Il pelo della lobby dei cacciatori è stato lisciato sempre e in tutti i modi possibili: varando allungamenti della stagione venatoria poi regolarmente cassati dalla corte costituzionale; tenendo basse le tasse relative al porto d’armi; evitando di mettere mano al settore, da sempre ritenuto uno straordinario bacino di voti.
La tragedia di Irgoli deve segnare uno spartiacque tra un prima e un dopo. Le campagne sarde non possono continuare ad essere nel luogo dove tutto è possibile, dove ogni anno qualcuno ci lascia la pelle come se niente fosse. La politica sarda deve mettersi una mano sulla coscienza: sempre che ne abbia ancora una. E le associazioni dei cacciatori devono smetterla di invocare la fatalità per spiegare tragedie che non dovrebbero mai avvenire.
Gli incidenti durante la caccia al cinghiale sono praticamente impossibili, le squadre sono affiatate, ognuno ha il proprio compito, da chi fa rumore a chi spara a chi raccoglie la preda, ognuno ha la propria postazione e può sparare solo ed esclusivamente in una certa direzione, se uno non colpisce il cinghiale lo colpirà un’altro da un’altra postazione. L’unica ragione per cui può accadere qualcosa è la premeditazione o l’abuso di droga o alcolici.
E il pressapochismo
Credo nella caccia (a prescindere dall’essere a favore o contro) ci debbano essere gli stessi controlli di chi guida alcooltest a narcotest.
Quoto !
Non si può però affrontare il problema sull’onda emotiva di una tragedia. E’ sbagliato.
Si discute tanto di ciò che bisogna fare, a livello di proibizioni, per tenere lontani i minorenni dall’alcol e dal fumo. Io sono un fumatore accanito, ma non offrirei mai una sigaretta a un minorenne per amore del vizio. Secondo me bisogna fare lo stesso con la caccia. E’ un’antica tradizione dura da estirpare, ma intanto cominciamo a vietare rigorosamente che i minorenni possano in qualsiasi forma, anche solo come “canargius”, prendere parte a battute di caccia di qualsiasi genere. Finché la caccia resterà legale, se un giovane vorrà avvicinarsi a quello che taluni si ostinano a considerare sport potrà farlo una volta maggiorenne in piena consapevolezza, NON PRIMA, e sanzioni dure, anche penali, per ogni trasgressione. Talora i cacciatori si ritengono parte essenziale dell’ecosistema perché se non ci fossero loro prolifererebbero troppo specie obiettivamente dannose alle colture, come i cinghiali, ma la moderna scienza ecologica consente forse di adottare tecniche di contenimento che prescindano dalla barbarie. Non dimentichiamoci che i giudici amministrativi in altro ambito hanno sistematicamente annullato ordinanze di taluni Comuni intese a combattere l’eccesso di piccioni autorizzando a sparargli.
La caccia, in generale, deve essere abolita? Fosse per me, che sono talmente animalista da esitare perfino a dare la caccia alle mosche, non avrei un secondo di esitazione a dire di si. Intanto, poniamo le condizioni, soprattutto culturali, perché quello che non è sport, ma semplice barbarie, gradualmente scompaia con l’educazione delle giovani generazioni. E con buona pace delle lobby de is cassadoris annidate soprattutto a destra.
Lo so, poi, che gli animali, senza cacciarli, li alleviamo pure per mangiarceli, ma pretendere che per coerenza diventiamo tutti vegani – e senza pregiudizi, avendo avuto una fidanzata vegana, so che se l’eccesso di carne rende aggressivi, la totale privazione di sostanze animali non è talora da meno – mi sembra un po’ utopistico. Limitiamoci alla riduzione del danno, poi, se è vero che, secondo alcuni studi, per la metà del secolo saremo tutti vegetariani, è solo questione di tempo.
Come è accaduto in passato, provo a lanciare un sassolino sperando che qualcuno lo raccolga. La nostra Amministrazione regionale sistematicamente viola la Direttiva Uccelli fissando il calendario venatorio senza il parere (vincolante) del ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) o senza procedere a un censimento faunistico certificato da un soggetto scientifico. Ma da oggi tutto ciò non è privo di conseguenze: se vorremmo accedere ai prossimi fondi comunitari (2014-2020) saremmo obbligati a recepire nell’ordinamento regionale questa direttiva. Cosa sta facendo la Regione a tal proposito? Ma questa è una domanda che nessuno farà mai…
Se volessimo accedere ai fondi comunitari dovremmo recepire le direttive, giusto. Come fanno negli altri paesi europei, in Francia ad esempio. Dove si va a caccia di migratori fino al 19 febbraio. Di esperti scientifici ce ne sono di vari tipi. Quelli dell’Ispra come fanno ad emettere un parere vincolante se non li vedi mai in giro? Come sanno quanti colombacci sono entrati quest’anno in Sardegna? Lo sanno che l’anno scorso c’era una presenza che non si registrava dagli anni 70-80? La Regione a tal proposito non fa nulla perché non conosce nulla. Se fosse vero che la lobby dei cacciatori fosse così forte in Sardegna si andrebbe a caccia come fanno a 3 chilometri da noi, in Corsica. Se la Regione adottasse la Direttiva, come dice lei, potrebbe adottare anche le deroghe, proprio come in Corsica, e nel Lazio. Ciò fa il gioco dei ricorsi che bloccano il calendario venatorio. Se alla Regione adottassero le regole comunitarie, a caccia si andrebbe molto più di ora e per tempi più lunghi.
La caccia non chiuderà mai, troppi soldi e interessi ci girano attorno , per non parlare della politica.
Controlli del corpo Forestale ? Non esistono, esiste qualche controllo per quanto riguarda la caccia minuta.
Non sono contro la caccia neanche io, mio padre è cacciatore.
Quando ho del tempo mi piace farmi un giro nei monti qui accanto con il 4×4, con la moto da enduro o perchè no a piedi. Quando la caccia grossa apre la domenica non esiste più andare a fare un escursione, non esiste più andare a prendere un fungo, il monte diventa loro.
Mi è capitato una volta su di una strada comunale asfaltata di essere bloccato e pregato di tornare indietro che disturbavo la battuta al cinghiale, cortesemente feci notare che ci trovavamo su una strada principale e non c’era cartellonistica di preavviso inizio battuta al cinghiale. Il signore si infervorò, inizio a urlare e minacciare, meglio lasciare perdere in certe situazioni. Il giorno dopo mandai una mail al corpo forestale e mi risposero che avrei dovuto denunciare il fatto al corpo forestale della zona, lascia perdere, ho capito che questi sono i padroni di tutto, spesso e volentieri maneggiano fucili dopo ottime dosi d’alcool e con persone in questo stato è sempre meglio lasciar perdere anche se si ha ragione.
Non so catzadore e non mi praghent puru ca sos prus de issos parent padronos de sos logos a ue andant a catziare e no ant rispetu perunu pro chi traballiat in campagna. E isparant puru a ue essit, bastet chi siat. Bi nd’at de los timire e los timo! Creo però chi sa catza a su sirbone, a dolu mannu, oe est netzessària pro mantènnere in unu echilìbriu mìnimu sa coesistèntzia tra massajos-pastores e custu animale.Su sirbone in Sardigna no at nèmigos naturales. Su sirbone sardu, chi a onni anzera faghiat duos porcheddos no esistit prus ca est istadu incrociadu cun àteras ratzas prus prolìficas e mannatzas. Tropu prolìfica! Custu est su busso! Nche nd’at tropu pro unu ecosistema chi rezat si non benit catziadu. In pagu tempus si diat presentare in mannu cussu chi est capitadu in s’Asinara.
Puru s’ ommini tropu prolìfica ! Obereusu sa cassa a su cassadori ? Aicci s’ommini ada tenni unu nèmigu naturali, issu stessu, si boccinti appari is cassadorisi donnia borta…
muttly, mi l’aia immaginada una risposta chei sa tua e che cussa de Francu. Ma si ais carchi progetu diversu dae su chi apo naradu deo, chi est su de controllare custa cosa, a su versu de nch’essire in birroncas, bogadelu a campu, ca su probrema b’est in campagna e l’ant criadu sos òmines non sa natura.
Si bolisi du boccisi a mussiusu!
I “rituali di socializzazione”, le “dinamiche di socializzazione”, le “tradizioni” non sono buoni
a prescindere, solo perché uniscono le persone ed esistono da sempre. Anzi, così dicendo
si preclude la modernizzazione intelligente, quella che ci fa dire che esistono rituali che
pur facendo parte della tradizione ed esistendo da sempre, sono barbari.
Ad esempio, le corride in Spagna e in vari paesi dell’America Latina, l’infibulazione
in alcuni stati africani.
Accettare incondizionatamente, o con la condizione che siano tradizionali, certe cose
non è, secondo me, più adeguato a un’idea di paese e di persona che vive in un determinato contesto interagendo armonicamente ed educatamente con esso.
Anche il maschilismo potremmo considerarlo una tradizione in questo senso,
l’uomo che non aiuta in casa o la donna che non può fare il presidente della repubblica.
Certi retaggi che alcuni considerano tipici e quindi da preservare, andrebbero
riconsiderati. La formazione, come detto da qualcuno qui, potrebbe essere un
cammino; così come l’abolizione, senza se e senza ma, di una pratica pericolosa,
crudele e antropocentrica.
Disarmiamoci e partiamo.
A si biri cun salluri
Vito anche io come te non sono contrario alla caccia anche se ti debbo confessare che non saprei uccidere un animale a sangue caldo . A sangue freddo si e l’ho fatto molte volte nella vita, specialmente in passato, quando andavo a pesca con mio padre o con mio zio. Prendevamo una barchetta un “guscio di noce” e equipaggiati da un motore da quattro cavalli prendevamo il largo (che poi tanto largo non era) nelle coste dell’ iglesiente per andare a pescare. Ricordo il sole acceccante e la spasmodica attesa che il pesce abbocasse. Ricordo anche il piacere di sentire la lenza vibrare e la gioia di vedere, scrutando nel fondo del mare, la preda che saliva atttacata all’amo. Pregustavo il sapore del pesce cucinato alla griglia o a “cassola” e mi inorgoglivo di portare a casa la preda!!!. Allora ero troppo giovane per percepire la sensazione di pericolo, ricordo solo che idossavamo un salvagente e che mai e poi mai, i grandi ci permettevano di toglierlo. Con il senno di poi rivivo le siutuazioni di pericolo che abbiamo vissuto e credo che se un onda fosse stata presa male sarebbe successa una tragedia. E’ così sottile il limite che separa la gioia dalla tragedia che mi sento totalmente incapace di esprimere un qualsivoglia giudizio in merito alla vicenda.
Stavolta non sono d’accordo. La caccia è un passatempo (mi rifiuto di chiamarlo sport o addirittura tradizione) basato sull’uccidere degli esseri viventi per il gusto di farlo, punto. Non riesco a comprendere- e me lo sono fatta spiegare più volte- il gusto che si prova a sparare a un animale per piacere, visto che non stiamo parlando di sopravvivenza della specie umana. L’ipotesi di abolire la caccia è più che legittima, e io spero che prima o poi si raggiungano i numeri per farlo, non solo sull’onda emotiva di tragedie come questa, ma in maniera più ponderata.
C’è un altro punto che mi ha colpita in questo episodio: possibile che a qualcuno sembri normale l’avvicinare alla pratica della caccia grossa un bambino di 12 anni? Faremmo vedere a un ragazzino di questa età un film pornografico? perchè la morte di un essere vivente, provocata consapevolmente ed esibita con tanto di foto della bestia grondante sangue, è anche essa una forma di pornografia!
Regina Madry, io prenderei per buona anche l’ipotesi di chiudere gli allevamenti intensivi e penso che sia più che legittima, viste e considerate le condizioni in cui vivono e muoiono gli animali, per il gusto di fare soldi di chi manovra il mercato. Eppure, anche in questo caso, non si tratta di sopravvivenza della specie umana, si vivrebbe molto meglio senza o comunque con molta meno carne.
Il punto è che la caccia, come altri rituali, condivisibili o meno, hanno delle loro radici e pian piano devono evolversi in modo civile.
Faccio un esempio lontano dalla caccia per capirci. Questa estate sono stata per la prima volta ad Austis, per una rassegna musicale. E lì ho scoperto che esiste una ballo tradizionale autoctono, chiamato “Su ballu de su chintorzu” che è un vero e proprio rituale di quella comunità. Il classico ballu tundu dove le persone ballano in cerchio strette l’una all’altra e all’interno del cerchio ci sono degli uomini che con le loro cinture frustano chi osa uscire dal cerchio, per spostarsi da una parte all’altra, sfidandoli e cercando di non farsi frustare. Le frustate arrivano e i lividi pure!!! Il rituale è forte e questi uomini impersonano il ruolo senza sconti. Prima di iniziare, però, è stato detto chiaramente di evitare che bambini e ragazzini prendessero parte alla danza. Ma c’è stato qualcuno che ha fatto orecchie da mercante e i ragazzini ci sono venuti comunque… Ci si può rifiutare di ballare, certo, ma se partecipi sai quali sono i rischi cui vai incontro. Penso che ci siano dinamiche che non si possono interrompere bruscamente da un giorno all’altro, ci sono cose che hanno bisogno dei loro tempi e della loro evoluzione verso la civiltà. (E ribadisco che non sono a favore della caccia)…
Caro Vito, mi trovi assolutamente d’accordo.
Ok per le tradizioni, ma anche queste si evolvono con l’evolversi della civiltà. Che questo tragico evento serva una volta per tutte all’urgente e necessaria presa di posizione per la tutela, quantomeno, dei minori. So che gli animalisti me ne vorranno, ma anch’io riconosco nella caccia, per quanto non condivida, un rituale di socializzazione di certe comunità, che non può essere proibito di punto in bianco. Di bracconieri ce ne sono già abbastanza in giro. (E vi confesso, sono vegetariana. Figlia di cacciatore. Che mi ha educata al rispetto per la Natura: sembra un paradosso, ma non è così scontato… 🙂
Non seu contra a sa cassa.
Seu contras a is cassadoris!
Apu biviu ses annus oin su sardu de Iglesias e apu imparau beni a chini funt.
Puddas bocías de is canis e dindus furaus.
Scarrigas de perdigonis a crabetura.
Prontus a sparai a 20 metrus de domu, a s’atra parti de una cresura.
E a s’atra parti ddoi fiat fillu miu piticu.
Non funt totus sa propriu cosa, ma medas funt delincuentis.
A casinu!
Provo a fare, da cacciatore semi-pentito qualche riflessione.
Le tasse non sono proprio basse. 175 euro l’anno di concessione governativa, 50 euro di tassa regionale e circa 100 di assicurazione obbligatoria. Solo il rinnovo, ogni 6 anni, tra visite mediche e bolli vari, gira sui 400 euro. Manca la disciplina, la preparazione, lo studio. Gli esami di abilitazione venatoria sono fatti e gestiti con sistema clientelare: nomina delle commissioni mediate dai partiti, segnalazioni, e così via. Associazioni venatorie con gente impreparata e Regione, se possibile, con funzionari che preparati lo sono ancora meno. Io abolirei l’esame ma obbligherei l’organizzazione di corsi e la partecipazione periodica. Su sicurezza, maneggio delle armi, balistica, pronto soccorso, cura dell’habitat, antincendio. Costerebbe meno e avrebbe migliori risultati. La politica non ha concesso troppo alla caccia, te lo assicuro. E basta sentire un po’ di cacciatori seri per averne conferma. E’ la caccia che ha concesso troppo alla politica. La caccia è attività rurale, va regolamentata assieme all’agricoltura, in collaborazione tra associazioni venatorie e operatori agricoli. E sì, anche con le associazioni ambientaliste, senza reciproci estremismi. Il discorso è lungo, ma se fatto bene, pure redditizio e sicuro.
Ogni volta che succede una disgrazia mi sento combattuto sul come affrontarla.
Anche io non sono contro la caccia, anche a me non è mai piaciuto tenere un fucile in mano. Però non sono un osservatore esterno; la caccia la conosco bene: mio nonno era una cacciatore, mio padre è un cacciatore. Riesco a vederla nei suoi aspetti storico, culturale e sociale.
La conosco bene e, per questo, riesco a distinguerne diverse facce che a volte, un osservatore esterno, non riesce a distinguere.
Esistono prima di tutto i bracconieri ed i cacciatori. Accomunarli è vezzo comune, ma sarebbe come accomunare i delinquenti e gli onesti.
Esiste poi la caccia grossa e quella solitaria.
La caccia grossa si organizza con un gruppo di persone più o meno grande. Una compagnia di caccia grossa conta anche 50 persone, che si organizzano in due gruppi: i battitori e le poste. Le poste sono i cacciatori più esperti, sono quelli che devono sparare. I battitori sono invece il grosso del gruppo, si organizzano formando una linea e si spostano assieme, facendo un gran baccano, per spaventare il cinghiale e farlo scappare in direzione delle poste.
Ci sono poi i cacciatori “lupi solitari”. Sono loro che, per me, interpretano meglio lo spirito della caccia. Quello della “legge della giungla”. Conoscono la campagna come nessun altro, conoscono i ritmi della vita in natura. Hai presente un vecchio capo indiano Sioux ? Una cosa simile. Ogni cacciatore solitario ha la sua zona di caccia (come le aquile) e ognuno conosce la zona di caccia degli altri. Stanno attenti agli equilibri tra le diverse specie e li mantengono autoimponendosi dei limiti in più, quando questi equilibri vacillano.
Il 99% degli incidenti avviene durante battute di caccia grossa.
E’ ovvio che gli incidenti debbano essere evitati e prevenuti in tutti i modi possibili. Le regole però ci sono e sono anche abbastanza stringenti. Credo che sia impossibile prevenire questo tipo di incidenti. Per questo la diatriba si pone sempre nei termini di “caccia si / caccia no”.
Poi c’è un’altra argomentazione molto usata dalle persone che si pongono contro la caccia. Quella per cui è una barbarie andare a caccia ad ammazzare animali, visto che la carne da mangiare la si può trovare comodamente nel banco frigo del supermercato.
Questa è la posizione più ignorante. Non credo che serva elencare le contraddizioni logiche che la formano.
Ci spieghi meglio le contraddizioni logiche dell’ultimo punto?
Ale Sestu… serve, serve… elenca pure
Evvabbene…
Anche le carni inscatolate e pronte nel banco frigo, un tempo, erano un animaletto vispo e arzillo. O pensate che le bistecche si materializzino così, belle e pronte ? Anche gli animali venduti nei supermercati sono stati uccisi. E per ucciderli secondo voi come hanno fatto ? Li hanno fatti assistere al confronto per le primarie del centro-sinistra ? No ! Non è stato sufficiente…
Hanno usato metodi molto più atroci di quelli che usano i cacciatori. In confronto a come vengono trattati gli animali negli allevamenti industriali, una fucilata, è un atto molto più umano.
Tra l’altro la cacciagione non è soltanto più prelibata al palato, è anche molto più sana.
Lo stesso motivo per cui, al mercato, un’orata da mare costa di più di quelle d’allevamento. Le persone sono disposte a spendere di più perché sono più buone e più sane.
Video esplicativo
http://www.youtube.com/watch?v=s13j72Ky6e8
Rispondo ad Ale Sestu, anche se forse con troppo ritardo.
L’uomo mangia la carne, dunque è necessario uccidere animali. Si potrebbe mangiare meno carne visto anche che questa è necessaria soltanto per l’alimentazione dei bambini e nella prima età adulta, poi se ne potrebbe fare a meno. Dunque gli allevamenti sono necessari, che poi siano da ridurre in numero e siano da rendere il più possibile buone le condizioni in cui vengono tenuti gli animali (anche per il nostro bene – carne più sana – come tu stesso sottolinei) sono problemi altri e non hanno niente a che fare con il fatto che c’è qualcuno che la domenica se ne va in giro a divertirsi (perché in questo caso non si può certo parlare di necessità) a sparare alle cornacchie. Dunque, mangiare carne è necessario (anche se non in tutti i casi) con tutto ciò che ne consegue e quindi anche con i problemi da risolvere legati all’allevamento intensivo (in parte superfluo), andare a caccia invece è una crudeltà gratuita e, fatto ancora più grave, se è possibile, mette a repentaglio la vita della gente.
Dunque nessuna contraddizione logica.
Purtroppo dallo scontro non si esce. I cacciatori pensano che sia un loro diritto divino poter cacciare dove, come e quando vogliono, tanto che hanno fatto leggi su leggi per poter entrare in tutti i terreni non recintati, aumentando le specie e la lunghezza della stagione venatoria. Detto questo, i bambini vanno tenuti lontani dalle armi, anche se a loro piacciono e se si divertono un sacco sparare. Il buon senso dovrebbe superare le tradizioni
Conosco qualcuno che direbbe “finché si ammazzano tra loro…”, però un bambino di 12 anni mi sembra veramente troppo! Io sono contro la caccia, trovo che andare in giro ad ammazzare animali oggi non sia giustificabile se non come valvola di sfogo per una crudeltà violenta che altrimenti si paleserebbe in altri modi. Mio nonno andava a caccia ma allora la caccia non era uno “sport” e non si andava in giro armati fino ai denti (e sbronzi, e non solo, dall’alba) a sparare contro ogni fruscio di foglie. Le questioni circa le dinamiche di socializzazione a cui la caccia farebbe da catalizzatore fanno venire anche un po’ di tristezza, oltre che un certo giramento di balls. Si aggreghino per andare a funghi! I centri culturali dei nostri paesi sono i bar che sono anche, nel contempo, i circoli di caccia e allora di che ci sorprendiamo? Non si può andare a fare una passeggiata in campagna con il proprio cane la domenica mattina perché si rischia che un coglione ti faccia fuori o ti faccia fuori il cane. Mi dite per quale motivo un non cacciatore dovrebbe non essere per l’abolizione della caccia, il problema sicurezza è un palliativo, non ci può essere sicurezza perché il terreno culturale su cui si staglia il fenomeno caccia nei nostri paesi non ha la capacità di percepire il problema stesso, ne ha la volontà di seguire alcuna regola. La caccia va abolita e questa non è una posizione estremista ma soltanto pragmatica.
“Non si può andare a fare una passeggiata in campagna con il proprio cane la domenica mattina perché si rischia che un coglione ti faccia fuori o ti faccia fuori il cane.”
Basta questa frase, perchè è più importante la caccia della incolumità delle persone, sopratutto dei non cacciatori ?
Ottimo articolo. Leggete anche questo: Un articolo decisamente da condividere
http://sumolentisardu.wordpress.com/2012/11/12/quella-grossa-idiozia-che-e-la-caccia-o-di-quellinsensata-voglia-di-sparare-ad-un-animale-inerme-che-non-capiro-mai/
Secondo me, nell’affrontare questo tema a partire dalle tragedie si rischia di arrivare a confrontare le posizioni sull’attività in se e cioè, caccia si o caccia no, tralasciando il tema della sicurezza in senso stretto che secondo me dovrebbe essere posto sempre e comunque al centro dell’ottica individuale. Questo mi sembra vero in ogni ambito dove il concetto dell’agire in sicurezza potrebbe limitare il numero di morti (lavoro, strada, caccia, sport, attività domestiche, ecc.) o vite sprecate se si preferisce. Se non si inserisce il concetto dell’agire sicuro per se e per gli altri all’interno della formazione dei giovanissimi, per stimolare l’evoluzione culturale della società riguardo questo aspetto, credo si rischi di affrontare dibattiti che durano lo spazio di un giorno se ci sono morti, di un mattino se ci sono solo feriti e per l’evoluzione della cultura si dovranno attendere i tempi che una larga parte della società impiega ad acquisire una determinata posizione, che spesso vanno ben oltre una generazione. Si può sperare che leggi restrittive aiutino, ma non è detto che vadano oltre lo specifico campo di azione.