Un regolamento non fa primavera, ma finalmente la nuova amministrazione comunale di Cagliari si confronta concretamente con le tematiche della cultura in maniera organica. E soprattutto propone qualcosa di nuovo, laddove le prime mosse erano apparse in linea con quanto già visto (e subìto) in precedenza.
L’ho già detto e lo ripeto: in molti ambiti dell’amministrazione Zedda la discontinuità con il centrodestra è stata evidente; nella cultura, invece, la continuità con l’impostazione precedente è stata disarmante. Ora con questo nuovo regolamento per l’assegnazione dei contributi comunali, il centrosinistra fa di testa sua: finalmente.
Il documento è molto complesso e merita di essere analizzato con grande attenzione prima di dare giudizi che rischiano di essere sbagliati (in un senso o nell’altro). Molto pragmaticamente, io avanzo una proposta molto terra terra, anzi due.
La prima è quella di chiedere agli operatori un parere qualificato. Già in occasione del Piano Comunale per la Cultura, la commissione consiliare e l’assessorato avevano sollecitato le associazioni e i gruppi ad inviare le loro osservazioni. Penso che a maggior ragione lo si dovrebbe fare stavolta, vista la complessità del documento. Nessuno meglio degli operatori può aiutare l’amministrazione a varare il miglior regolamento possibile.
La seconda proposta è di fare una simulazione sulla base delle richieste giunte al Comune nell’ultimo anno e sulla base delle risorse stanziate per il 2012. Perché le simulazioni servono sempre e più di tante parole fanno comprendere dove il regolamento può presentare delle criticità.
Anche perché non è la prima volta che il centrosinistra affronta in questo modo il tema dei fondi alla cultura. Nel suo primo anno di attività, la Giunta Soru varò il sistema delle premialità. Il risultato fu tale che però, alla fine dei conti, alcune manifestazioni di grande valore si trovarono incredibilmente con decine di migliaia di euro in meno rispetto all’anno precedente. La situazione fu sanata in maniera ovvia: Soru attinse al fondo della pubblicità istituzionale e salvò capra e cavoli. Ma in questo modo svelò anche la contraddittorietà del nuovo sistema utilizzato.
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Questo rischio di varare un regolamento slegato dalla realtà lo corre anche la Giunta Zedda se non àncora il documento a due certezze che ancora mancano: una visione della cultura a Cagliari e la questione delle risorse.
Partiamo da quest’ultima. Se negli anni prossimi la Giunta Zedda destinerà alla cultura la miseria stanziata quest’anno (cioè meno di 400 mila euro), anche il migliore regolamento del mondo servirà a poco. Il primo problema della cultura a Cagliari è che le risorse a disposizione sono clamorosamente inadeguate. Mille euro sono sempre mille euro, sia col vecchio che col nuovo regolamento.
L’amministrazione Zedda deve dunque considerevolmente aumentare le risorse a disposizione: secondo me, ragionevolmente servono tra i 700 mila e il milione di euro. Altrimenti, ripeto, il nuovo regolamento è solo un inutile esercizio di stile.
La seconda questione invece è più complessa e riguarda la visione della cultura che questa nuova amministrazione ha (o dovrebbe avere).
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Nel regolamento si legge che sarà la giunta a decidere ogni anno come ripartire le risorse nelle quattro macro aree individuate (Arti performative; Arti visive, grafiche, artigianato artistico; Attività letterarie e laboratoriali; Attività culturali diverse).
Ora, sulla base di quali criteri, conoscenze e competenze la giunta Zedda deciderà che alle arti performative andrà il tot per cento anziché il tot meno uno? Qual è il documento nel quale questa amministrazione di centrosinistra fotografa l’esistente e immagina il futuro? Questo documento al momento non c’è, non esiste.
Perché il Piano Comunale della Cultura è tutto tranne quello che dice di essere. Il Piano riguarda solo l’utilizzo degli stabili di proprietà comunale destinati alla cultura e allo spettacolo, niente di più.
A questa amministrazione serve invece, ora più che mai, una fotografia chiara e precisa dell’attività di cultura e spettacolo portata avanti a Cagliari quanto meno negli ultimi cinque/dieci anni. Per prendere decisioni consapevoli serve capire quante risorse sono arrivate, da dove e a chi sono state erogate. Serve capire quali spazi sono stati utilizzati, quanti posti di lavoro sono stati creati, quale fatturato è stato prodotto. Perché solo sulla base di questi dati si possono spendere le poche risorse a disposizione nel migliore modo possibile.
La Giunta Zedda avrebbe dovuto lavorare da subito alla predisposizione di questa analisi: invece ha perso un anno e mezzo di tempo.
Senza dati oggettivi, anche la Giunta Zedda sarà condannata ad operare come le altre giunte che abbiamo visto: cioè senza bussola. Dovrà muoversi senza riferimenti, di nessun genere. Anzi, il centrodestra di Floris alcune vaghe linee guida ce le aveva pure: grandi eventi, lotta alle piccole associazioni, attenzione alle avanguardie artistiche del Novecento. E gli assessori del centrodestra (Filippini e Pellegrini) avevano un rapporto con gli operatori, peraltro nato prima che entrassero in giunta. Puggioni e Ghirra non possono vantare nemmeno questa conoscenza pregressa.
A monte del regolamento ci deve essere dunque una visione della cultura in città che nasce, secondo me, da una fotografia chiara e precisa della situazione che deve essere condivisa da tutto il centrosinistra.
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Una visione di questo genere la sollecita anche il consigliere comunale del Pd (e componente della Commissione Cultura) Fabrizio Rodin, che nel suo blog (in un post dal titolo “Contributi alla cultura, una riflessione ed una richiesta”) scrive chiaramente:
“Per me, prima di utilizzare lo strumento dei regolamenti per distribuire i fondi, devono essere fatte delle scelte vincolanti precise. (…) Dire “noi siamo diversi perché agiamo secondo le regole e con trasparenza” a mio avviso non può bastare. Legalità e trasparenza sono dei pre-requisiti che devono essere patrimonio di tutti, al di là del loro colore politico e non delle finalità della azione politica”.
Basta dire “Noi non rubiamo?”. Evidentemente no. Dove sono dunque queste scelte di fondo in grado di orientare la politica culturale? Dove sono?
Serve una visione che tenga conto di ciò che c’è e di ciò che si vorrebbe. Infatti uno dei limiti più evidenti del regolamento è che non sembra tener conto di ciò che a Cagliari già si porta avanti da anni. È un documento che pretende di calarsi in una realtà neutra, come se in città non ci fossero (cito a memoria), una fondazione lirica, due teatri stabili, diverse compagnie teatrali riconosciute dal ministero, rassegne musicali di grande livello, centri d’arte, festival letterari di importanza nazionale.
Realtà che esistono e che continueranno ad esistere, anche se (come è capitato quest’anno) dovessero ricevere dal Comune poco più di una elemosina. Perché ad oggi il Comune di Cagliari finanzia solo in minima parte l’attività culturale che si svolge nel suo territorio. Perché a pagarla è soprattutto la Regione.
Con questo regolamento l’amministrazione Zedda rischia di fare lo stesso tragico errore di prospettiva fatto con il Piano Comunale per la Cultura. Con il Piano infatti si prendevano in considerazione solo gli edifici di proprietà del Comune: peccato che la cultura in città si faccia anche in spazi privati o di altri enti.
Allo stesso modo, con questo regolamento il Comune rischia di ignorare che molte realtà sono già fortemente sostenute da altre istituzioni (Regione e ministero soprattutto). Ad una struttura riconosciuta dal ministero o con un budget consistente, deve essere riconosciuto un sostegno adeguato, altrimenti le risorse stanziate per quella iniziativa sono di fatto buttate.
È quello che ha detto pubblicamente all’assessore Puggioni, Antonio Cabiddu del Cedac, la struttura che paradossalmente ha beneficiato più di tutte le altre dei recenti contributi comunali. La stagione di prosa del Massimo ha un bilancio di 526 mila euro, e in virtù di questo budget si aspettava ragionevolmente che il Comune contribuisse con 100 mila euro. E invece ne sono arrivati trentamila. Cioè, una miseria.
Certo so bene che una amministrazione non può limitarsi a finanziare sempre e soltanto “l’esistente”. Infatti il regolamento non mi sembra che chiarisca uno dei punti nodali della distribuzione delle risorse: cioè, come conciliare il sostegno ad attività consolidate con quello a realtà emergenti. Ma senza una visione complessiva, l’unica via d’uscita è credere di essere ad una sorta di “anno zero”, quando in realtà non è così.
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Rodin continua dicendo che
“Alcuni amici mi hanno fatto riflettere sul pericolo di cadere in un nuovo Min.Cul.Pop. e non mi sfugge che questo possa essere l’altra faccia della medaglia”.
Ma tra il Minculpop e il nulla ci possono essere dei punti intermedi. Non è pensabile che la giunta decida di ripartire i fondi senza condividere con nessuno i criteri che utilizzerà, per poi dare tutto in mano ad una commissione composta dal dirigente del servizio, da un dipendente comunale e da un fantomatico esperto esterno!
Questo è, a mio avviso, il limite più evidente e intollerabile del nuovo regolamento. La giunta non può scaricare interamente sulla struttura la decisione finale sulla ripartizione dei fondi. È l’assessore che si deve assumere questa responsabilità, magari utilizzando lo stesso schema e gli stessi criteri indicati. Ma alla fine deve essere chiaro che la responsabilità è dell’assessore in persona, e non di un dirigente, un dipendente e di un esperto esterno che applicano una formula algebrica. Questa fuga dalla responsabilità (e quindi dalla politica) è intollerabile.
Peraltro, la composizione della commissione non mette certo al riparo da eventuali sorprese, come la recente esperienza del centrodestra dimostra (o vi siete già dimenticati di Ada Lai?).
Però mi rendo conto che in questo modo, furbescamente, davanti ad eventuali contestazioni e proteste, il sindaco potrebbe dire: “Le risorse sono state ripartite da una commissione non politica che ha applicato criteri oggettivi”. Peccato che però a fine mandato i cittadini debbano dare un giudizio sulla giunta e sugli assessori, non sui dirigenti e su formule algebriche.
Per questo io voglio che la Puggioni ci metta la faccia, che sia lei ad assumersi la responsabilità finale delle scelte operate dall’amministrazione. Altrimenti, come dice giustamente Gianluca Floris, aboliamo l’assessorato alla Cultura, diamo tutto in mano ad un dirigente e così facendo risparmiamo perfino un po’ di soldi.
Avrei anche altre osservazioni da fare sul nuovo regolamento ma sono eccessivamente tecniche e non vorrei stancare i lettori poco avvezzi a trattare argomenti come questo: non mancherò di dare il mio contributo più puntuale nelle sedi opportune o in un altro post.
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Una cosa è certa: da qui a fine anno si vedrà la bontà dell’impostazione data dall’amministrazione Zedda al tema della cultura. Ora si vedrà come questo regolamento verrà approvato; si vedrà che fine farà l’arena grandi eventi, nata con l’obiettivo di offrire alla città uno spazio tutto l’anno e che quest’inverno ospiterà sicuramente non si sa bene quali concerti; si vedrà quale risposta avranno i bandi per la gestione degli spazi comunali (e la scadenza è già stata prorogata di un mese); si vedrà chi sarà il nuovo soprintendente del Teatro Lirico di Cagliari (e il nome che circola in queste ore non riscuote il gradimento dei sindacati).
Quattro partite per il momento ancora tutte aperte. E dall’esito fortemente incerto.
Biolchini …. pssst … pare che abbiano nominato il, anzi la, sovrintendente del Lirico http://www.cagliaripad.it/it/news/ottobre/01/lirico/
C’è arrivato prima Sardinia Post:
http://www.sardiniapost.it/politica/655-lirico-zedda-sceglie-una-donna-la-crivellenti-sovrintendente
Gentile Biolchini,
un commento a caldo?
Cordialmente,
In realtà non ho ancora sufficienti elementi. Domani se ne saprà qualcosa di più.
CagliariPad ora afferma che il PD sta contestando la decisione di Zedda ma è solo un flash, non si sa altro per ora
Un regolamento é meglio di nessun regolamento come direbbe Catalano. Ora possiamo dire tocca a loro e a noi. Ma custu Rodin itta é franzesu?
Intanto il famoso bando sulla gestione centri d’arte è stato prorogato di un altro mese: la prima scadenza era al 20 settembre, ora è al 30 novembre…
http://www.cagliaripad.it/it/news/settembre/30/arte/
Credo che il punto dei punti sia l’intervento politico nel settore che necessita di potenziamento per il futuro dei nostri figli. Sottoscrivo il fatto che, prima di erogare i soldi con un regolamento (buona bozza questa, correggibile ma di solido impianto) Debbano essere fatte delle scelte politiche importanti.
Quella che mi sento di suggerire io (prendo spinto da Rodin) è di identificare delle percentuali sicure da destinare alle varie fasce di intervento. Io per esempio privilegerei tra tutti la fascia dell’infanzia e il settore dei progetti volti all’inclusione sociale nei quartieri a rischio. Per ognuno di questi due ambiti io destinerei il 20% dei fondi disponibili perché credo che la cultura sia utile strumento di intervento sociale per combattere le diseguaglianze e per stimolare responsabilità nei cittadini di domani e reputo l’infanzia e l’inclusione sociale due delle emergenze del nostro tempo.
Io mi sono fatto questa idea lavorando come artista in giro per il mondo e vedo che nei paesi più civili sono questi i motori che spingono la politica nel settore culturale.
Ci sono anche delle esperienze amministrative in Italia che mi fanno ben sperare sul fatto che un colpo di reni sia possibile anche nella mia città. Anche se non lavoro a Cagliari, mi farebbe piacere e sarebbe soddisfazione notevole vedere che anche l’amministrazione che ho votato convinto condivide l’urgenza di azione forte nel settore culturale.
In ventidue anni di palcoscenici di tutto il mondo ho imparato una cosa perché l’ho vista e studiata a fondo.
La cultura non può essere fatta solo con i soldi pubblici. Ma non può essere fatta SENZA i fondi pubblici.
Quindi urge un colpo di reni.
Gentile Gianluca Floris,
finalmente un commento almeno parzialmente condivisibile!
Sì, la bozza è un ottimo punto di partenza. Ciò detto, a parte l’unico suggerimento (di cui parlo successivamente) davvero non ha altro da dire? Non ritiene, ad esempio, che si dovrebbe cercare di rendere maggiormente oggettivo il parametro “M” (forse con l’aggiunta di un elenco di criteri per la sua determinazione)? E che ne pensa del nodo centrale (cioè dare soldi a tutti e non ai primi classificati, ad esaurimento delle risorse)? Le pare una scelta politicamente saggia, soprattutto in momenti di difficoltà?
Per la suddivisione: nella bozza essa precede l’assegnazione (mi pare). Non ritiene che sia più corretto effettuare la scelta ogni anno, piuttosto che fissare regole rigide? La situazione sociale potrebbe evolvere, quindi non mi pare una faccenda così importante.
Infine ciò su cui non concordo con lei. «La cultura non può essere fatta solo con i soldi pubblici. Ma non può essere fatta SENZA i fondi pubblici. Quindi urge un colpo di reni.»
Condivido in pieno la premessa, mi sconcerta la conclusione. Non crede che un intellettuale dovrebbe argomentare con maggiore profondità? Quale sarebbe il colpo di reni, raddoppiare il budget? Triplicarlo (come aveva detto Biolchini)?. Nessun’altra considerazione?
Le faccio un esempio cretino (non per la prima volta): perché Cagliari ha il Lirico e Buddusò no? Magari perché Buddusò non ha i soldi… ma allora, se davvero la situazione finanziaria della città è difficile, non le pare che gli intellettuali dovrebbero argomentare diversamente e non semplicemente affidare alla politica il compito di trovare più quattrini?
So che non è così, ma in questa maniera non ha paura che i cittadini possano pensare che gli intellettuali siano solo «spenditori» di soldi, incapaci di collaborare alle scelte comuni in tempi difficili? Sa, è per questo che ho scelto la metafora del meccano!
Cordialmente
Urge anche colpo di remi oppure pedalare e proporre progetti e su questi chiedere al pubblico, sulla base di una consecuenzialità che vede prima la proposta poi il contributo. Sennò finiamo come quegli imprenditori che prima vanno a caccia del finanziamento e poi vediamo…
Consequenziale of course
PROLEGOMENI AD OGNI COMMENTO FUTURO CHE SI PRESENTI COME “TOGO”:
riassunto del post di Biolchini.
a) Parlare di regolamento senza fare prima una scelta politica forte, quella di aumentare le risorse per i contributi, è inutile.
b) Manca uno strumento fondamentale: l’analisi di quello che è stato il settore in città negli ultimi 10 anni e conseguentemente manca la visione di come si vorrebbe modificare l’esistente.
c) Manca una simulazione di come questo regolamento avrebbe distribuito le risorse di quest’anno. Irrinunciabile per testare la efficacia e le criticità prima di attuarlo.
d) L’assessore deve assumersi la responsabilità delle scelte politiche prima dell’utilizzo del regolamento della distribuzione dei fondi. Quale idea di cultura, quante risorse al consolidato? Quante alle nuove realtà? quali percentuali di ripartizione nei vari ambiti? Se non fa questo e lascia tutto in mano ai dirigenti, perché paghiamo con soldi pubblici un assessore? Tanto vale eliminare la delega.
e) Entro la fine dell’anno solare la giunta Zedda dovrà dare 4 risposte fondamentali per la cultura:
– l’approvazione del nuovo regolamento sulla cultura
– l’arena grandi eventi
– Bandi per la gestione degli spazi comunali
– nuovo sovrintendente del Lirico
Considerazioni implicite:
Quindi (sottotesto) occorre l’aiuto e il contributo di tutti. Altrimenti, se si vuole fare tutto da soli, marrano.
Nel testo è sottesa anche una traccia di lacrima: “Come fece la giunta Soru”. Giusto per usare una analogia con una vicenda che sappiamo come è finita. Marrano a non finire così.
Gentile Adbuster,
Riassunto del suo post
a) Il meccano, o è n° 10 oppure non vale;
b) Puggioni non capisce una fava perché non considera il pregresso; (però non diciamo che dentro il regolamento il pregresso c’è perché non vale).
c) Sbrighiamoci a nominare la commissione, altrimenti non possiamo capire chi quest’anno avrebbe preso la n°4 e chi un paio di pinze usate, da restituire dopo l’uso;
d) L’assessore deve dire subito il numero: n° 10 o no? Non ce ne frega un accidente se non sappiamo quanti soldi ci saranno l’hanno prossimo nelle casse comunali!
e) Siccome un regolamento non serve a una cippalippa, parliamo d’altro:
– l’approvazione del nuovo regolamento sulla cultura (su cui non si discute perché tanto
vogliamo la scatola n° 10)
– l’arena grandi eventi
– Bandi per la gestione degli spazi comunali
– nuovo sovrintendente del Lirico
Conclusione: vogliamo la scatola n°10 e basta!
Cordialmente,
ma itta bugginu ses narendi?
Gentile Biolchini,
prima di tutto la ringrazio perché il suo post contribuisce a chiarire cosa possa passare per la testa di coloro che aspirano alla contribuzione pubblica in materia di cultura (ciò non significa che sia rappresentativo, posto che abbia senso la categoria).
Riguardo il contenuto del suo post, le dico subito che è una piccola delusione, perché mi aspettavo una critica serrata alla bozza, che lei evita accuratamente (salvo un punto, peraltro importante, che riguarda la suddivisione del budget per macroaree, ma in realtà non riguarda il regolamento). In tutta sincerità, sospetterei una certa qual idiosincrasia per la traduzione dall’algebra ai concetti da questa sottesi e infatti lei suggerisce una simulazione, che però, mi pare strano lei non se ne renda conto, non è possibile senza avere sottomano la commissione! Insomma, credo che lei abbia compreso poco del regolamento (in bozza) utilizzandolo per parlare d’altro, ciò che lei chiama la «politica culturale» e io tradurrei con: «Puggioni dimmi chi vuoi sovvenzionare e chi no!».
Ora, mi aspettavo una certa difficoltà di traduzione (e ci cascano in tanti, operatori e non, soprattutto non, perché guardi che commenti sul merito della bozza ne ho visti pochissimi) ma non fino a questo punto (lei detesta l’algebra?).
Quando lei chiede a Puggioni di “metterci la faccia”, mi domando cosa avrebbe dovuto fare di più. L’ha fatto, ce l’ha messa, producendo un comportamento che a lei non piace, ma inequivocabile: ha deciso che i soldi si assegnano con un bando e attraverso una graduatoria (cosa ci può essere di più discontinuo rispetto al passato?) stilata da una commissione. La faccia di Puggioni dice: «Caro Biolchini, la politica decide i criteri attraverso i quali si danno i soldi, poi c’è una commissione tecnica incaricata di applicarli!». Cosa non le piace?
Inoltre, lei sollecita un occhio alla situazione pregressa, perché a suo avviso questo regolamento vorrebbe azzerare il passato e, in più, sottolinea i limiti dell’operato di una commissione (di soli tre membri). Orbene, per il primo punto sbaglia e sbaglia perché forse non ha capito bene i meccanismi della bozza (fatto che traspare da alcune sue frasi) ma per il secondo mi domando cosa si dovrebbe fare: qualcuno che decide ci dovrà pur essere e la differenza rispetto al passato (enorme, mi stupisce che lei non se ne renda conto) è che la commissione è incaricata di un giudizio di merito da esplicitarsi numericamente. Guardi che la commissione darà un «voto», mettendoci la faccia (quella di Puggioni). Infatti la sua frase riguardo i voti (elettorali) che si danno alla Puggioni e non ai funzionari/tecnici (o alle formule) è una banalità: certo che è così. Se una società controllata dal comune non funzione lei se la prende col dirigente o col politico che l’ha scelto? Per cui ritorno a Bomba (maiuscolo): lei è sicuro di avere compreso il senso della bozza? Là dentro c’è scritto che verrà considerata la situazione pregressa, l’importanza dei proponenti, la necessità di salvaguardare alcune realtà particolarmente importanti e tutto il resto che cita lei… salvo il fatto che sarà, ovviamente, a discrezione della commissione, la cui composizione è responsabilità della politica! A fine mandato, se non ci è piaciuto, mandiamo Zedda a casa! («Per questo io voglio che la Puggioni ci metta la faccia.[…] Altrimenti, come dice giustamente Gianluca Floris, aboliamo l’assessorato alla Cultura» ecco una vera, inequivocabile, enorme, grandissima cazzata, citando malamente il Trio Medusa; Floris non ha idea di cosa sia l’amministrazione e, purtroppo, è fatto condiviso da molti intellettuali!).
Una frase anche per Zunkbuster e Sovjet (ma anche altri, con cui dialogo meno quindi non li cito). Se devo essere sincero, ho l’impressione che neppure loro abbiano capito bene il meccanismo della bozza. Per cui rispondo a ciò che propongono (la consultazione on-line) dicendo che non ha nulla a che fare con la bozza e il regolamento. Si può usare come mezzo per ottenere informazioni (ad esempio la commissione può informarsi in questo modo, sarebbe utile, certo) ma allora parliamo dei mezzi attraverso i quali l’amministrazione ottiene informazioni dalla realtà che deve amministrare, non dei criteri attraverso i quali lo fa!
In definitiva, c’è un unico punto sul quale lei appare chiarissimo, questo: «Se negli anni prossimi la Giunta Zedda destinerà alla cultura la miseria stanziata quest’anno (cioè meno di 400 mila euro), anche il migliore regolamento del mondo servirà a poco.». Adbuster lo tradurrebbe così. «Zedda, piantala di scherzare e bogane fuori il meccano n° 10».
Lei (forse correttamente, chissà) si aspettava molto di più da Zedda, io (ma credo anche qualche altro) qualcosa di più da lei (e dagli intellettuali), ad esempio che parlasse del regolamento. Ma anche – e soprattutto – che almeno per una volta si cercasse di legare il denaro destinato alla cultura con il denaro disponibile e la necessità impellente di inventarsi qualcosa di nuovo per «fare cultura», altrimenti si corre il rischio di farne di meno e di pessima qualità. Non ci siamo ancora arrivati, perché i giornalisti condividono il piatto della cultura, per ora, ma quanto accaduto a Parma, cioè la pretesa di ottenere «cultura gratis», dovrebbe far riflettere gli «operatori culturali».
Cordialmente,
(Solo una noticina. Qualcuno chiedeva una Cagliari più europea; questo regolamento è un piccolo esempio di come fare per allontanarla dall’Africa).
Caro Ainis,
se lei va al Poetto, non trova sabbia (né nera, né bianca).
Molto cordialmente.
Gentile Biolchini,
lei è sicuro di sapere dove sia il Poetto?
Cordialmente (ma sul serio),
Ainis conosce bene la realtà cagliaritana
Ainis conosce bene la realta’ cagliaritana ? si di legno, de ghisa, de ghisciu ,de gomma,
infatti la sabbia non c’e’ e tutto fango .
Ammetto non solo di non aver capito il meccanismo della bozza nello specifico per la semplice ragione – ma mi pare di averlo anche scritto – che mi manca “il senso di Sovjet per il regolamento”…cioè la capacità di immaginare la sua applicazione in tutte le conseguenze, un po’ come fa il personaggio di Peter Høeg con la neve. Ma come cittadino non ho bisogno di entrare così nel dettaglio. Da cittadino a me interessa: a) che siano finanziate le iniziative più meritevoli sulla base di criteri che io possa capire e valutare (e qui “l’algebra” forse dovrebbe essere anche raccontata in modo tale da essere compresa dal cittadino medio); b) che non ci sia clientelismo nell’attribuzione dei finanziamenti (poi, non è detto che il mio amico non sia il più bravo di tutti, ma ci siamo capiti).
La discussione ha un convitato di pietra, ovvero il cittadino: tutto questo discutere sulle risorse sembra riguardi esclusivamente politici, funzionari comunali e operatori culturali…
Il passaggio sulla consultazione on-line sinceramente non l’ho capito (qui però non c’entra il “senso” per le cose): il passaggio “wiki” dovrebbe servire per arricchire un documento di critiche/soluzioni. Che so, Ainis ritiene che ci sia un problema nella definizione di M, lo argomenta in un apposito spazio di discussione e modifica quel pezzo di regolamento. Più l’argomento interessa, più ci saranno interventi, più vi è la probabilità che la bozza finale sia milgiore di quella presentata all’inizio. In questo modo anche Ainis, o Zunkbuster o magari Riccardo Muti, potrebbero intervenire, volendo, su un regolamento cittadino. Questo oggi non è possibile se non con la mediazione diretta di un componente della commissione (per cui, io che magari conosco bene Rodin o la Ghirra avrei maggior possibilità di accesso di un Ainis che potrebbe dare un contributo migliore del mio…). Non è solo un problema di informazione, ma di attivazione di competenze diffuse nella società. Esattamente come per Wikipedia.
Gentile Ainis, io non ho parlato di consultazione online. Pensavo piuttosto a meccanismi di documentazione integrativa dell’impatto di eventi trascorsi rispetto a una semplice “rassegna stampa” cartacea o anche solo limitata alle testate registrate in tribunale ai sensi della legge del 2001 sull’editoria (che poi a volte, come qualità, fanno cadere le braccia rispetto a blog con ben maggior gusto per l’approfondimento e la separazione tra fatti e opinioni). Come recita il motto di questo blog, “la libertà di stampa è di chi possiede un organo di stampa”, e preferirei che la “libertà” di ignorare iniziative non fosse lasciata alle menate di poche testate. Come ha detto anche Broz, apriamo anche a blog e a pagine Facebook, purché non fatti/e da cazzari. La consultazione online penso che lasci il tempo che trova rispetto a quella “face to face”, dato che il web è anche una potente macchina di esaltazione dei difetti comunicativi e temperamentali. Gente che litiga qui sul blog, fuori dal blog si trova d’accordo su quasi tutto.
Gentili Sovjet e Zunkbuster,
desideravo semplicemente sottolineare la differenza tra “discutere” e “amministrare”, poichè è stato nominato il M5S (per il quale la rete sarebbe uno strumento di democrazia diretta!!) Capisco gli spazi di discussione (sacrosanti) e naturalmente la necessità di informazione, ma stiamo deviando dal punto: un regolamento come questo risolve o no il problema dell’attribuzione trasparente dei contributi pubblici per la cultura? Biolchini non ne parla, perché in realtà l’esistenza di un regolamento non gli piace. Io ho sostenuto, magari sbagliando, che non ne vede gli aspetti positivi, ma potrei sbagliarmi. Biolchini potrà anche dire che non saprei trovare la sabbia del Poetto, ma non si rende conto che in realtà sta chiedendo che si attuino le stesse scelte amministrative del passato, privilegiando però quella che lui ritiene una “cultura migliore”. Insomma sembra che dica: “Zedda, adesso che ci sei tu, vedi di dare i soldi a quelli giusti e non a quelli sbagliati, come si faceva prima”. Puggioni, invece, dice: “I soldi li diamo a quelli che prendono più punti”.
Ecco perché ho chiesto a Biolchini se davvero sappia dove sta il Poetto, perché non si discute di come un regolamento possa attuare o meno una scelta culturalmente valida. Codsì facendo si contonua achiedere il raddoppio dei quattrini e basta!
Cordialmente,
Caro Ainis, la trasparenza è un conto, l’efficacia un altro. Quindi, rispondendo alla sua domanda, questo regolamento risolve il problema della trasparenza ma non dell’efficacia. Solo lei riesce a farmi dire che io sostengo le scelte amministrative del passato!
Gentile Biolchini,
cosa pensare di un commentatore (lei) che critica l’efficacia di un regolamento e non espone i motivi?
Inoltre, le ho raccomandato di fare molta attenzione anche alla trasparenza, perchè i regolamenti, seppure contenenti formule algebriche, vanno presi con le pinze (nuove). Questa bozza è un ottimo passo in avanti, ma se voi continuate a spare a zero senza leggerla (e capirla) si finisce per tenersi un provvedimento, migliorabile, nella sua forma peggiore! Tanto per dirgliene una, per me è evidente che un operatore valido (e storico) possa avere più di un’altro che raggiunge punteggio identico ed è meno valido (e storico). Nella bozza è previsto. Però scrivo “possa” perché poi bisogna vedere se glielo danno o no. Ecco: lei non parla del come, si limita a dire che non è previsto (e sbaglia).
Tutto ciò che lei chiede (ciò che ha scritto) nel regolamento è possibile attuarlo.”E’ possibile”, non è “E’certo”! Di ciò si dovrebbe discutere, invece lei continua a chiederlo lo stesso! Come dire: dei regolanenti me ne frego, perchè i soldi devono andare a quelli “giusti”. Spero di aver spiegato il senso della mia frase (che difendo, ciò che leggo nei suoi argomenti è proprio questo, poi potrei sbagliarmi).
Cordialmente,
No, no, niente democrazia via web…io sono molto più semplice. La mia domanda è: può una bozza di documento come il regolamento di erogazione dei contributi a operatori culturali essere prodotto attraverso una modalità wiki? A mio parere si, perché se ben realizzata e se c’è un numero sufficiente di persone interessate a partecipare saranno attivate mole più intelligenze rispetto a quelle che è possibile coinvolgere in qualsiasi altro modo. Per esempio, Gabriele Ainis vivendo fuori Sardegna non potrebbe partecipare a riunioni sul tema, mentre in un lavoro realizzato online – senza vincoli di spazio e di orario – potrebbe intervenire profiquamente. Poi spetterà a chi ha l’onore e l’onere di decidere licenziarlo così com’è, apportare correttivi e assumersi la responsabilità di quanto viene fuori, perché poi sarà lui ad essere responsabile davanti ai cittadini non il funzionario, non l’operatore e neppure l’opinion leader che esprime il proprio punto di vista.
Per me il regolamento è un passo avanti perché rende trasparenti i meccanismi di assegnazione. Per valutarne l’efficacia bisogna vederlo all’opera e prestabilire indicatori di efficacia…quindi decidiamo, e qui Vito può spingeresi un po’ più in là, cosa si intende per regolamento efficace. E come si fa a misurare questa “efficacia”, altrimenti si va a sentimento. Intanto, prevedere meccanismi per la correzione in itinere del regolamento potrebbe essere utile, ma ripeto, bisogna capire cosa si vuole ottenere.
A me pare che cerchi di trovare un punto di equilibrio tra trasparenza amministrativa, qualità del progetto presentato e riconoscimento della qualità di chi presenta: io posso pure presentare un progetto meraviglioso, ma non è detto che non sia un cazzone completo nella fase di realizzazione. Un problema magari sarebbe la valutazione di “outsiders”… magari potrebbe esserci qualcosa dedicato esclusivamente a nuovi soggetti che iniziano i loro percorso e non hanno un curriculum ancora sufficiente. Altrimenti il rischio è quello di cadere nel circolo vizioso del giovane inoccupato: non lo prendono a lavorare perché non ha esperienza lavorativa, ma non ha esperienza lavorativa perché non lo prendono a lavorare…
Gentile Sovjet,
sì, certo che si può fare un tentativo wiki, però da parte degli operatori, non da quello delle istituzioni. Se gli operatori vogliono esprimere un’opinione, possono farlo anche così. Tra l’altro rimarrebbe codificata per iscritto, disponibile per l’amministrazione. Chissà cosa ne pensa Biolchini…
Però tenga conto che non è certo semplice. Sulla bozza, ad esempio, ho lettomolte battute sarcastiche, ma dubito che ci si renda conto della difficoltà di elaborarne una (bozza, ma anche battuta decente)!
Tuttavia, ripeto ancora una volta che prima di tutto bisognerebbe capire come “funziona” il meccanismo (secondo me dovrebbero cercare di capirlo proprio gli operatori).
Cordialmente,
Mah, gentile Ainis, se l’obiettivo è quello di avere la miglior bozza possibile e permettere un buon livello di partecipazione non solo agli operatori certificati, il metodo wiki potrebbe essere promosso anche dall’amministrazione.
Certo, offrire una opportunità di partecipazione non significa che poi si partecipi davvero…come si dice: puoi portare il cavallo al fiume, ma non puoi obbligarlo a bere.
Gli operatori potrebbero anche proporre una bozza di regolamento alternativa, ma a me interessa di più quello che potrebbe fare l’amministrazione per realizzare un prodotto migliore.
Sulle battute sarcastiche sono d’accordo con lei: chi non si è mai trovato a scrivere regole non sa proprio quanto sia difficile farlo, salvo poi fare grandissime porcherie quando ci prova. Ma in genere, e questo è una delle “qualità emergenti” di un metodo wiki riuscito, si verifica una selezione naturale di persone motivate e in genere competenti. Cosa questa evidente anche dalla lettura de blog: un conto sono i commenti, sarcastici o meno che siano, un altro i contributi tecnici – in numero molto minore. Se il gioco è “puoi fare solo commenti tecnici”, solo chi vuole e sa dare commenti tecnici alla fine parteciperà.
Sul capire come funziona il meccanismo sono d’accordo e lo debbano sapere gli operatori è necessario, dal momento che è diretto a loro. Che questo regolamento debba essere il più intellegibile possibile in modo che chiunque sia in grado di capire come si decidono i progetti migliori, credo sia altrettanto opportuno. Perché anche il cittadino comune deve essere in grado di capire.
Sono realmente interessato alla modalità wiki per prendere decisioni cruciali di impatto sui cittadini. Ma, caro Sovjet, mi chiedo come si potrebbe pilotare in maniera wiki un aereo. Quando si ha la responsabilità di un carico, dei passeggeri e delle vite delle persone sulla verticale dell’aeromobile, a prendere le decisioni è solo il comandante. Una persona. Non c’è tempo di chiedere a tutti i passeggeri se preferiscono un base leg di avvicinamento o una procedura autorizzata ICAO.
La Sardegna è in emergenza, Cagliari è in emergenza e non credo ci sia tempo per chiedere a tutti cosa ne pensano e dove vogliono attaccare il loro post-it. I bandi si stanno rivelando un fallimento (ennesimo rinvio), altri bandi di gestione di siti archeologici e storici sono stati addirittura annullati, abbiamo passato un’estate con il bastione e la passeggiata coperta chiusi, Grotta della Vipera, casa di Tigellio, torre dell’Elefante e Santa Restituta senza custodia e non fruibili e non parliamo dell’anfiteatro … ma di che cosa stiamo parlando? In diciassette mesi di oratoccaanoi mi pare che il bilancio sulla cultura sia per ora un fallimento (Semina? semina di che cosa?).
Abbiamo votato della gente perché prendesse delle decisioni urgenti con coraggio e determinazione e siamo costretti a vedere i dilettanti allo sbaraglio che non riescono nemmeno a partorire un cavolo di regolamento in due anni… Ma basta con queata storia del Wiki, che è interessante ma che va utilizzata nel pre-politico, negli incontri tra militanti. Quando si tratta di pilotare bisogna pilotare. Siamo in emergenza, ce ne siamo accorti? Lo sapete come sta finendo la storia del tunnel di via Roma? Lo sapete quanto noi cagliaritani dovremo pagare per l’incompetenza gestionale di questi che oratoccaaloro? Chiedetelo un po’ in via Puccini. Qualcuno magari, se non si vergogna troppo, vi spiega quanto si dovrà pagare per l’annullamento di un appalto assegnato da otto milioni di euro. Per dirne una.
Wiki? Wiki saranno i miei soldi buttati in altre arene a sant’elia, altro che!
Questo intervento mi ricorda diverse cose.
Mi ricorda di quando – su un Jumbo diretto a New York, nel Dicembre 1989, per AEC System – il mio compagno di viaggio – un collega architetto, col quale stavamo parlando del ruolo futuro della categoria – mi chiese se avrei preferito sapere che l’aereo sul quale volavamo fosse il frutto del lavoro di un gruppo di sobri ingegneri in camice e targhetta sul taschino, dotati di Cray, o di un architetto barbuto (chissà perché) con uno scotch in una mano (e non si rifereriva al nastro adesivo), una Gouloise nell’altra e una matita 6B da qualche parte.
Mi ricorda anche un film cinese di qualche anno or sono, quando una delle protagoniste moriva di emorragia in fase di parto, in un reparto d’ospedale il cui primario era stato posto alla berlina dalle Guardie Rosse, che gestivano il tutto da par loro.
Mi ricorda anche un antico, volgarissimo modo di dire cagliaritano, riferito al luogo più appropriato nel quale realizzare una certa intima attività.
Dopo tanti ricordi, rimango comunque della mia opinione: cambiare ha un costo, e i cambiamenti lasciano in giro sfridi, talvolta sprechi, feriti e – soprattutto – scontenti.
Se non si cambia, però – sia che a cambiare siano quellidiprima o quelli oratoccaanoi – si resta fermi.
Il vero problema consiste – ovviamente – nel sapere cosa cambiare e perchè, e – soprattutto – nel saperlo fare; ci vuole però un pò di pazienza: a fare troppo di fretta, pur di fare, si sbaglia spesso più che a prendere tempo.
mamma mia, che brutto questo “se avrei”! pazienza, capita…
Vero è che una rondine non fa primavera, ma io rondini il primo di gennaio non ne ho mai viste…
(Questa volta sono stato più sintetico di Zunk!)
c’è una cosa in questo post di vito che condivido totalmente: la parte dove dice, perché non si chiede agli operatori un parere come lo si è chiesto per il piano comunale per la cultura? considerato che per esprimere il parere non è necessario chiederlo passerò questa domenica a scrivere qualcosa alla commissione cultura. sul regolamento, prima che inizi broz con le polemiche, inizio io con una battuta: se la scelta del candidato sindaco fosse stata fatta non con le primarie ma con un regolamento di questo tipo, massimo non sarebbe mai diventato sindaco di cagliari. Cosa voglio dire? che a trentacinque anni è più facile diventare sindaco piuttosto che riuscire con l’associazione che presiedi ad entrare nel circuito dei finanziamenti (ministeriale, regionale, provinciale e comunale) che, correggetemi se sbaglio, attualmente è in mano a chi ha più di cinquant’anni. Concordo con vito anche su un altro punto: La giunta soru perse una grande occasione, spero che la giunta zedda non faccia lo stesso.
buona domenica a tutti.
Parto da un aneddoto. Un mio amico, un tempo entusiasta di Massimo Zedda e oggi un po’ disilluso, dice, sarcasticamente, che Zedda “è convinto di essere un magistrato, un PM”. Può darsi anche che fare il magistrato rientrasse nei sogni giovanili di Massimo, in fondo si è iscritto a giurisprudenza – qualche anno dopo la mia laurea – quando da Mani Pulite e dintorni giungeva finalmente un sogno e una speranza relativo a qualcosa che si riteneva irrealizzabile in Italia. A parte Di Pietro adorato come una rockstar, ricordo ancora la copertina dell’Espresso che “gridava” FORZA ILDA col faccione della Boccassini. Fuor di battuta, Rodin mi pare dica che la “legalità” e la trasparenza, in senso lato, non bastano.
Ricordiamoci, però, che sono molto importanti. Quando si guarda al ruolo molto esposto della magistratura, dobbiamo ricordarci che non è che questa si sia voluta addossare giocoforza dei compiti gravosi, la supplenza giudiziaria è data spesso dal fatto che la politica non riesce a fare il proprio dovere.
Quindi, la legalità è importante, sia pure come mezzo e non come fine deve essere la bussola del buon amministratore. Ma tornando alla metafora del Massimo Zedda magistrato, la magistratura può fotografare l’esistente (con le sentenze), applicare sanzioni anche dure, prevenire con l’esempio che certe storture tornino a verificarsi in futuro. Ma non può, se non per impulso indiretto, modificare l’esistente, non è il suo ruolo.
Nelle osservazioni di Rodin, e anche di Biolchini, mi sembra di cogliere una critica all’amministrazione nel senso che, per quanto riguarda la cultura, questa sta garantendo le precondizioni di trasparenza, legalità e “par condicio” perché il sovvenzionamento delle varie iniziative e l’assegnazione degli spazi siano attuati in modo immune da eccessiva discrezionalità e dal rischio di valutazioni erronee, se non di altro, che questa implica, ma non stia tentando di imprimere una propria direzione politica.
Onestamente, sono un po’ confuso su questo punto, anche alla luce delle critiche spesso contraddittorie apparse su questi spazi. C’è chi ha parlato addirittura di una sorta di MINCULPOP affidato a Sel, però qui il succo della critica diventa proprio che invece la Puggioni non vuole mettere su un MINCULPOP.
Sono d’accordo che sulla gestione della cultura cittadina dovrebbe forse esserci “Il segno di Zedda”, che non sia semplicemente trasparenza e legalità, ma non è agevole dire come questo debba essere fatto. Il mondo della cultura è variegato e ripartito in tante “specialità” quasi quante ne ha l’atletica leggera, c’è quello che Ainis chiama “spettacolo” e che racchiude magari le attività teatrali e musicali, c’è la storia che magari sarebbe utile far tornare un po’ “maestra di vita” (ad esempio cercando di far comprendere ai Cagliaritani da dove veniamo, chi era Vincenzo Sulis, perché Ottone Baccaredda ancor oggi è considerato il sindaco-simbolo della città, come ci siamo risollevati dopo la letterale distruzione della città ad opera dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, etc etc), ci sono i bambini, rispetto ai quali mi pare sia stato posto il problema di un’attività mirata.
Forse un punto è illuminante. Biolchini dice: con quale criterio l’amministrazione decide che deve andare tot alle “arti performative” anziché ad altro etc.. Qui forse, effettivamente, scelte politiche andrebbero fatte, magari anche in sinergia con l’altra sfera di competenza della Puggioni, l’istruzione. Ad esempio, avvicinare i giovani al teatro già dalle scuole, in molte scuole si sono sempre fatti significativi esperimenti di laboratorio teatrale. Oggi che all’istruzione mancano anche i soldi per le aule, e si sta tornando alle “classi-pollaio” dei tempi della Falcucci, dei tempi in cui tutte le scuole della città erano a doppio turno, forse questo potrebbe essere uno dei terreni privilegiati di intervento dell’amministrazione, uno dei tanti. Un altro terreno di intervento che secondo me sarebbe molto importante è un impegno diretto affinché i cagliaritani conoscano sé stessi, la loro storia, e qui potrebbero esservi attività che spaziano dai reading alle rappresentazioni teatrali (ricordiamoci che “Sa Die de sa Sardigna” era una grande rappresentazione teatrale, anche se alla fine, sempre uguale a sé stessa, forse ha un po’ stufato), magari anche solo all’elaborazione di materiali “per il popolo” che aiutino a una migliore comprensione soprattutto di vicende poco conosciute, metti la congiura di Pala Banda (senza che necessariamente ci si debba leggere l’intera Storia di Sardegna di Francesco C. Casula). Sono spunti buttati lì.
La Puggioni ci deve mettere la faccia? E’ probabile. Ho una diffidenza quasi antropologica nei confronti del personale comunale, e se fossi l’assessore, il problema di doverci “mettere la faccia” me lo porrei. Però è anche umanamente comprensibile che, dopo la valanga di critiche che le abbiamo rovesciato addosso, l’assessora possa sentirsi sfiduciata rispetto all’utilità di farlo, possa temere il “tu sei bello e ti tirano le pietre, tu sei brutto e ti tirano le pietre”. La critica è il sale della democrazia, ma forse non sarebbe inutile ristabilire qualche momento e qualche possibilità di rapporto informale tra l’amministrazione – se non proprio la Puggioni, anche con chi è vicino a lei e, magari non parlando necessariamente con la voce del sindaco o dell’assessore, ha le coordinate per ben interpretare il pensiero dell’amministrazione – e gli operatori culturali. Ripeto, non per pensare di risolvere tutte le incomprensioni in una riunione (riunioni che poi rinviano ad altre riunioni senza che si risolva mai nulla) ma magari per “studiarsi” e capirsi un po’ meglio.
Leggo volentieri e intanto – prima di iniziare a far polemica – saluto con soddisfazione questo post. Lo aspettavo ed è ricco di spunti.
Domani però rileggo.
Ah, vedi che un po’ ti piace? 🙂
Ti piace chi o Broz siiiiiii chiaro.