“Da anni la Carbosulcis è solo un carrozzone. Così come sta adesso, pare davvero condannata”. La Nuova Sardegna lo ha scritto molto chiaramente in tempi non sospetti in un articolo dal titolo “Carbosulcis, i perché di una lenta agonia”, uscito lo scorso 18 giugno e firmato da Umberto Aime.
Leggetelo, perché capirete meglio i motivi della crisi che è scoppiata in questi giorni e le responsabilità che stanno dietro a questo disastro. Lottizzazioni politiche, incapacità diffuse, e soprattutto un progetto di difficile attuazione perché costosissimo.
Infatti, cosa chiedono i minatori? Che il Governo e l’Unione Europea finanzino la realizzazione di una nuova centrale elettrica in grado di utilizzare il carbone Sulcis e di stoccare sottoterra l’anidride carbonica prodotta dalla centrale, insieme alle relative ceneri (oggi raccolte a cielo aperto). Costo dell’operazione: la bellezza di un miliardo e mezzo di euro! Che dovrebbero arrivare dall’Ue e dallo Stato, in quanto il progetto sarebbe ritenuto all’avanguardia, e quindi meritevole di sostegno pubblico.
Attenzione: a breve l’Ue approverà in tutto appena sei progetti da finanziare. Uno dovrebbe spettare all’Italia, ma l’Enel (che è l’unico acquirente del carbone sardo) non punta sul Sulcis bensì sul rigassificatore di Porto Tolle. I limiti economici del progetto isolano sono infatti evidenti da tempo, visto che già oggi la centrale Enel di Portovesme preferisce approvvigionarsi con materia prima proveniente dalla Cina, e che costa 35 auro a tonnellata contro gli 84 del carbone sardo. Che infatti giace inutilizzato.
I minatori si sono così asserragliati nelle gallerie perché il prossimo 31 agosto è prevista a Roma una riunione decisiva sul futuro del loro progetto, e le avvisaglie giunte in queste settimane sono state pessime.
Le prime due versioni del piano sono state bocciate dall’Ue che a fine luglio, prima di pronunciarsi sulla terza versione di un progetto opportunamente modificato (con un maggiore rilievo alla ricerca e all’innovazione) ha comunque mandato in via preliminare le sue critiche. Quali sono? Soprattutto una.
«L’Unione Europea contesta il metodo di accantonamento degli incentivi, cioè il prelievo con un’aliquota nelle bollette elettriche dei cittadini – ha spiegato all’Unione Sarda dello scorso 1° agosto Mario Porcu, presidente della Sotacarbo, la società che ha curato il progetto – e sostiene che il Cip 6 possa falsare la libera circolazione dell’energia, andando ad incidere anche sul costo dell’energia in arrivo dall’estero. Questa obiezione è stata sollevata solo al nostro progetto: il Cip 6 vale in Italia 9 miliardi, il nostro progetto inciderebbe per 200 milioni in 8 anni».
Ma c’è di più, e basta dare uno sguardo alla rassegna stampa per capirlo (gli articoli li trovate anche sul blog “Sulcis che lavora”).
Secondo l’Unione Sarda, in un incontro informale tenutosi a Roma lo scorso 27 luglio, il sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico Claudio De Vincenti, salutando la delegazione sindacale dopo il vertice ministeriale su Eurallumina, ha detto che il progetto Carbosulcis è troppo costoso e che il Governo Monti lo avrebbe bocciato.
Ancora più brutale la ricostruzione della Nuova Sardegna, secondo cui (in un articolo uscito lo scorso 29 luglio e dal titolo “Il governo farà cadere il progetto Carbosulcis”) le risorse a disposizione sono poche e che il governo nazionale non può impegnarsi sia per l’Alcoa che per la Carbosulcis.
Certo, se la politica sarda negli anni scorsi avesse fatto la sua parte, forse oggi la situazione sarebbe stata diversa. Se per esempio la Carbosulcis fosse già stata privatizzata probabilmente oggi sarebbe un’azienda sana. Invece la vendita ai privati è slittata per ben due volte. Ora però non ci sarà una ulteriore proroga, per cui entro dicembre (cioè fra quattro mesi) la Carbosulcis dovrà passare ai privati. Ma chi se la compra una società così?
Se anziché lottizzare la Carbosulcis a tutto spiano la politica sarda negli anni scorsi avesse fatto il suo dovere, forse per i minatori che oggi protestano ci sarebbe stato un futuro diverso.
Se la politica sarda avesse fatto il suo dovere, costringendo il governo nazionale a salvare l’Alcoa prima che la crisi della Carbosulcis degenerasse, forse la situazione sarebbe stata diversa e il governo Monti oggi non potrebbe affermare che non ci sono le risorse per salvare sia il carbone che l’alluminio.
Se la politica sarda avesse fatto il suo dovere, forse si sarebbe trovata una soluzione diversa per i 500 dipendenti della Carbosulcis e magari si sarebbe trovato anche un piano b o c. Invece adesso quali sono le alternative reali nel caso in cui il governo dovesse bocciare il progetto integrato centrale-stoccaggio?
La politica sarda in questi anni ha lottizzato tutto il lottizzabile in maniera vergognosa. Quanto il presidente della Regione Ugo Cappellacci tenesse alla Carbosulcis e ai suoi progetti di rilancio lo si è visto appena qualche mese fa, quando scelse come amministratore un ragazzino senz’arte ma sicuramente di parte. Il caso Lorefice ce lo ricordiamo tutti, o no?
Sempre la Nuova Sardegna qualche mese fa ha raccontato della furiosa lotta per il controllo del sindacato all’interno dell’azienda. Articoli che non sono piaciuti ai lavoratori in lotta, che ieri hanno incredibilmente bloccato i cronisti del quotidiano sassarese. La cronaca di quanto è successo è a pagina 3 del giornale di oggi.
“La tensione può giocare anche brutti scherzi. Alla Nuova Sardegna da una parte della Rsu è stato impedito a più riprese di entrare nel recinto della miniera e di incontrare i minatori in superficie. L’accusa ai cronisti è stata quella di aver riportato anche le notizie sconvenienti, quelle sui ritardi del progetto, sulle inchieste giudiziarie, sulle tensioni dentro e fuori gli organismi sindacali. Una accusa incomprensibile e inaccettabile e un tentativo di censura naturalmente subito respinto”.
Combattere per il proprio posto di lavoro è più che legittimo. Ma non si può accettare che l’informazione vada bene solo quando racconta la realtà a senso unico. Quella della Carbosulcis è una storia incredibile, non priva di contraddizioni profonde. Pretendere che qualcuno faccia finta di non vederle è inaccettabile.
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ahio cappitto mmi hai che mmi taglio le vvvennne? ma non fatemi ridere tanto chiuderanno tutto e i minatori da 50 anni in su in prepensionamento , il tutto costerebbe meno che rimettere inpiedi questo inutile carrozzone , il carbone è obsoleto ed inquina ahhio cappittto mi hai???
Berlusconi è al telefono con Putin …
prontoooooo,prontoooooo ajo e rispondi non fare scena muta, puuuuuutinnnnn ci sei sono silvio , devo prendere ancora per il culo oi sardi e dai fai finta rispondere
Qualcuno blocchi le interviste televisive dei minatori. Anzichè suscitare umana solidarità lasciano di stucco. Sostenevano che il Governo non dovesse sostenere le fonti di energia rinnovabile perchè non generano posti di lavoro.
Premesso che forse sarebbe stato meglio attendere il 31 agosto per inscenare una battaglia così dura,mi chiedo se I fatti hanno ancora una rilevanza?
Se si, perchè:
– nessuno chiede conto dei risultati della Carbosulcis negli ultimi anni?
– nessuno chiede come sono stati spesi i finanziamenti regionali nell’ultimo decennio?
– si afferma che Enel è il nemico, se Enel è l’unico partner industriale di Carbosulcis?
Il diritto al lavoro, ripeto lavoro, dei dipendenti Carbosulcis è sacrosanto,
Il diritto ad essere rappresentati da una classe politica e sindacale degna è altrettanto sacrosanto.
Speriamo che tutto termini in fretta, speriamo che nessuno si faccia male.
Non tutti i lavoratori Carbosulcis condividono il blocco dell’attività.
Quando l’irrazionalità prende, come in questo caso, il sopravvento vuol dire che la Sardegna e la sua classe politica sono alla frutta.
I progetti insostenibili arrivano inesorabilmente al capolinea, nella cecità generale. La Sardegna è il paese ideale perchè ciò accada, pren’e burricus che attendono il secchio di biada, invece di coltivarla.
Diritto al lavoro spesso confuso alla Carbosulcis con diritto allo stipendio
oh francu ,lavoro fa pari con stipendio , stipendio fa pari con mangiare, e quindi il diritto al lavoro ti da uno stipendio per poter mangiare, e vivere !
Vito, ma al primo articolo di Aime manca un pezzo? la terza colonna dove continua?
Scusate, premessa la sentita solidarietà nei confronti della Vostra condizione umana, familiare e lavorativa, che merita il massimo rispetto, la domanda è questa: ma perchè continuate a farvi fotografare con Mauro Pili, anzichè buttarlo fuori a calci????
Mi dispiace per i politici e i sindacati che resteranno senza voti e senza tessere….nonostante tutto il bene che hanno fatto al territorio…quanto mi dispiace…
Ok, come al solito hai vinto il premio per aver capito per primo che la CS è un carrozzone, bene, e quindi? Soluzioni?
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Sulla Carbosulcis, in questi giorni, se ne sono occupati anche i media nazionali. “E’ una brutta storia” come direbbe Lucarelli. Vito Biolchini ne parla da giornalista informato e libero. Qualche sorpresa per alcuni.
Sono una lavoratrice carbosulcis e posso affermare che esiste un progetto alternativo a quello propinato ai giornali, ai politici e alcuni sindacalisti conniventi. Un progetto nn faraonico, che tende al mantenimento dei numeri occupazionali, alla ripulitura dello zolfo dal carbone e della produzionedi fertilizzante. Il progetto di cui tutti parlano sui giornali nn e’ conosciuto da nessuno, perche’ nn e’ mai stato sottoposto ai tecnici aziendali, ne’ alla regione e si conosce a grandi linee grazie alle indiscrezioni parlamentari e alle varie rimandate al mittente da parte della UE. Tutti pronti a difendere un progetto che nn conoscono e che nn sara’ mai approvato a livello UE, anche se tutti ad essa ci dobbiamo sottomettere. Ricordo che all’uscita del bando europeo Ner300 la dirigenza aziendale preferi’ nn partecipare dicendo che altro che quei fondi avrebbe potuto ottenere carbosulcis col piano megagalattico di cui tutti parlano! I risultati sono sotto gli occhi di tutti, una occupazione che io personalmente nn approvo, che sposta le colpe su enel con cui comunque abbiamo un contratto che dobbiamo onorare, stipulato quasi 3 anni fa e che scade a dicembre. Mi dicesse chi manovra i minatori, dov’era quando il contratto che nn piace veniva stipulato…..mistero! La UE nn approva il bando favoleggiato perche’ chiede finanziamenti nn piu’ richiedibili perche’ considerati aiuti di stato (cip6), nn da’ notizie sugli extra oneri sul costo energetico, e perche’ si chiede applicazione di normative che si applicano a giacimenti 10 volte piu’ piccoli del nostro. Tutto cio’ ovviamente nn si dice, perche’ e’ piu’ facile nn informare e sopratutto tirare ognuno l’acqua al proprio mulino.
Ho guardato negli occhi i minatori …… e penso che nonostante tutto l orgoglio di aver lavorato in miniera per tanti anni e uguale alla speranza di poter continuare a lavorarci…..ma non hanno nessuna intenzione di essere ancora presi in giro con delle false speranze…!!
Per troppe volte hanno ascoltato promesse ….. per troppe volte hanno visto passare sopra le loro teste fiumi di denaro poi sparito tra le gallerie della miniera.
La paura e che nella realta non ci sia nessun progetto serio che possa salvare il loro lavoro…………..
Alcoa…………Euroalluminia……. Carbosulcis………………….sembra cosi tutto assurdo… ma purtroppo non stiamo sognando……anzi non e neanche un incubo………….e la verita !!!
Ma la cosa che e piu triste e che ne politici e ne imprenditori…. sanno dare un futuro a questa zona della Sardegna ..!
Lei ha guardato negli occhi i minatori? E ci ha visto quello che scrive?
Questo post mi sembra interessante:
http://blogeko.iljournal.it/2012/il-gemello-malefico-del-fracking-cosa-ruota-attorno-alla-miniera-di-nuraxi-figus/70259
PER FORTUNA CHE C’E’ ALESSANDRA ZEDDA, UNA PERONA PREPARATA CHE CAPISCE IL PROBLEMA ALTRIMENTI LA CHIUSURA DELLA CARBONSULCIS ERA UNA COSA GIA’ FATTO , MENO MALE CHE C’E’ LEI.
Di Legno, sotto mentite spoglie…
SEMBRA DI ESSERE AL GRANDE FRATELLO FANNO CON I SARDI UN GRANDE ESPERIMENTO ,CI STANNO PORTANTO ALLA FAME, PER VEDERE LA REAZIONE DI UN INTERA REGIONE , DOPO DI CHE’ SE QUESTO ESPERIMENTO FUNZIONA VERRA’ ESPORTATO DA UN’ALTRA PARTE.!
Pingback: SULCIS/ Gli operai occupano la miniera Nuraxi Figus, a 400 metri sotto terra - Pagina 6
E’ veramente triste vedere i sardi ancora aggrappati al lavoro in miniera per poter vivere. Se l’enorme quantità di soldi spesi negli ultimi trent’anni nel salvataggio dell’industria mineraria fossero stati spesi nel Sulcis per dotare il territorio di infrastrutture, bonificarlo, formarlo e infine proporlo con un buon marketing territoriale oggi sarebbe prospero, con l’enorme patrimonio ambientale e culturale che si ritrova. Ma per quanto si possa avere a disposizione una Ferrari, se la si fa guidare al “Lorefice” di turno il gran premio non lo si vincerà mai. (PS: si veda anche l’orrendo carrozzone del Parco Geomonerario)
Se la politica sarda avesse fatto il suo dovere, forse si sarebbe trovata una soluzione diversa…dici bene Vito e aggiungo che se anche gli elettori avessero fatto il loro dovere..
GiUSTO ! se la politica sarda avesse fatto il suo dovere con la carbonsulcis, la tirrenia,l’enichem, porti e aereoporti,viabilita’trasporti merci,la difesa dell’ambiente, e delle coste ecc, ecc, e invece se ne sono altamente fregati, e ci hanno anche fregato a tutti quelli con una bassa scolarizzazione , ma anche quelli con un’alta scolarizzazione, e in futuro ci proveranno di nuovo a fregarci con promesse varie vi venderanno anelli da inserire nelle narici e sveglie da mettere nel collo ,sveglieeeeee, anelliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, e scirandi su sonnu una borta po sempri.
Al di là delle questioni ambientali, è interessante il punto di vista di Greenpeace sui costi esorbitanti, ma anche sui rischi del CCS: http://www.facciamolucesuenel.org/la-favola-del-carbone-pulito/
“18.05.2012
La favola del “carbone pulito”
Come si giustifica la determinazione di Enel a investire sulla fonte più sporca, nociva per la salute, l’ambiente e il clima? Semplice: con una favola. Quella del “carbone pulito”, ovvero una tecnologia denominata CCS (Carbon Capture and Storage) attraverso la quale catturare l’anidride carbonica prodotta dalla combustione del carbone e immagazzinarla sotto terra, riducendo così l’impatto climatico.
La CCS viene ampiamente promossa dall’industria del carbone e dalle aziende elettriche, tra cui Enel, come giustificazione alla costruzione di nuove centrali a carbone. A oggi è certo che:
– la tecnologia CCS non arriverà in tempo per arginare i cambiamenti climatici. Non si prevede, infatti, che la tecnologia possa essere commercialmente disponibile prima del 2030. Per evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, le emissioni mondiali dei gas serra devono iniziare a ridursi dopo il 2015, tra appena tre anni;
– la CCS consuma molta energia: tra il 10% e il 40% dell’energia prodotta da una centrale termoelettrica. L’adozione su ampia scala della CCS annullerà, quindi, i miglioramenti in termini di efficienza degli ultimi 50 anni e farà aumentare il consumo delle risorse di un terzo. Non solo maggiore carbone da estrarre, da trasportare e bruciare, ma anche acqua. Diversi studi indicano che le centrali con CCS avranno bisogno del 90% in più di risorse idriche;
– stoccare la CO2 sottoterra è rischioso. Il confinamento sicuro della CO2 nel lungo periodo non può essere garantito, e persino una quantità molto bassa di perdite di CO2 potrebbe compromettere qualsiasi sforzo per attenuare i cambiamenti climatici. La quantità di CO2 da catturare e confinare per avere qualche effetto sensato sulla mitigazione del clima al 2050, richiederebbe la realizzazione di 6.000 progetti, ognuno dei quali dovrebbe pompare nel sottosuolo un milione di tonnellate di CO2 all’anno. Attualmente non sappiamo se catturare e confinare tale quantità di CO2 sia tecnicamente possibile, e non è chiaro se esistano siti di stoccaggio in numero sufficiente nei pressi degli impianti. Il costo per il trasporto della CO2 per distanze superiori a 100 chilometri, infatti, risulterebbe proibitivo.
– la CCS è una tecnologia costosa e potrebbe far raddoppiare i costi per la realizzazione di centrali a carbone, con un aumento dei prezzi dell’elettricità del 20-90%. Il denaro speso per la CCS farebbe allontanare gli investimenti destinati a soluzioni sostenibili per i cambiamenti climatici, come fonti rinnovabili ed efficienza energetica.
Un recente rapporto del WorldWatch Institute segnala come di 75 progetti di CCS presenti in 17 Paesi, solo 8 sono diventati operativi. Lo stesso Global CCS Institute sostiene che per sviluppare e rendere operativo su vasta scala il sistema CCS bisognerebbe investire, nei prossimi 40 anni, gli stessi capitali investiti nei passati 100 anni nell’industria degli idrocarburi. Si parla di 100 miliardi di dollari l’anno. Nel 2011 ne sono stati investiti 23,5, stessa cifra del 2010.
Mentre Enel continua a raccontare le sue favole sul “carbone pulito”, noi pubblichiamo la versione integrale del rapporto che stima gli impatti del suo carbone. Quelli veri. Scarica “Enel Today & Tomorrow: http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/Enel-Today–Tomorrow/“
Quindi, oltre a Pili, è arrivato anche Nizzi.
Mancano Cappellacci, Oppi e qualche altro e la squadra dei maldestri (questo anche se arrivano certi maldestri di sinistra, che prima o poi arriveranno di sicuro, è su propriu) è al completo.
Tra l’altro, possibile che, se c’era l’alternativa con Porto Tolle, nessuno come al solito abbia pensato a muoversi per tempo e non fare come per la Tirrenia quando Onorato si è pure divertito a dire queste cose a Cappellacci in diretta, prendendolo pure per i fondelli per non essersi mosso per tempo?
http://www.youtube.com/watch?v=h82WrOocZy4
La Corte dei Conti ha più volte sottolineato il problema delle partecipate o, come va di moda chiamarle, oggi delle società “in house”. Il principio comunitario è che il pubblico (in questo caso la Regione) dovrebbe acquisire quote di società private solo in caso di “fallimento del mercato” e secondo il principio dell’investitore privato in un’economia di mercato, cioè il pubblico deve agire ragionando come ragionerebbe un’investiore privato con i suoi quattrini. Pertanto si dovrebbero analizzare i bilanci e i piani di gestione passati, realizzare un business plan serio e coerente e investire solo e soltanto se l’azienda ha possibilità di realizzare utili e sostenersi da sola. Ovviamente, di pari passo, le nomine devo essere orientate, nella massima trasparenza, verso professionisti che, per il proprio curriculum, abbiano la reale possibilità e le effettive capacità di realizzare gli obiettivi aziendali. Ricapitolando “fallimento del mercato” e “principio dell’investiore privato”. Io mi chiedo, la Regione ha rispettato e rispetta questi principi nelle sue partecipazioni in società come SFIRS, Sardegna IT, IGEA, Carbosulcis, BIC Sardegna e compagnia cantando? La Corte dei Conti dice di no e io sono d’accordo con la magistratura contabile.
E’ tristissimo per quei tanti lavoratori e le loro famiglie, ma ancora una volta sono d’accordo con te e con Filippo quando dice che si deve tagliare questo cordone e rimboccarsi le maniche…
caro Vito, noi l’abbiamo detto da tempo: http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2011/10/02/carbone-ecosostenibile-oggi-e-una-chimera/, così come l’abbiamo detto per l’Alcoa: http://gruppodinterventogiuridico.blog.tiscali.it/2010/01/19/una_battaglia_persa__2030530-shtml/?doing_wp_cron e http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2012/01/11/lalcoa-paolo-villaggio-sardegna-e-sardistan/.
In verità, alla classe politica isolana – farcita di tromboni – interessa continuare questo giochino degli equivoci in cui tutti sanno che è impossibile andare avanti in queste condizioni ma tutti (politici, sindacati, lavoratori, ecc.) insistono per strappare un qualsiasi risultato (qualche voto in più, qualche mese di cassa integrazione, ecc.).
Un disastro mentale prima che economico, sociale, ambientale.
Stefano Deliperi
Gentile Biolchini, l’anello al naso, in Sardegna, ce lo mettono le ostetriche dalla nascita. Avevano già creduto alla promessa berlusconiana e ora, disperati e obnubilati dalla disperazione, rifiutano la realtà che è quella del cosiddetto libero mercato. Sostengono di voler produrre energia pulita per alimentare un’industria che avvelena i grandi e i bambini inconsapevoli e cancella dal Sulcis ogni altra possibile economia. Hanno voluto il libero mercato e ora il mercato, che di loro se ne impipa, li lascia al loro prevedibile e previsto destino.
Nizzi è sceso in miniera. Credo non manchi nessuno.
Basta muoversi velocemente e magari si riesce anche a rinchiuderli li sotto per sempre! Dopo aver fatto uscire i minatori, s’intende!
E’ davvero arrivato il momento di chiuderla.
MA SCENDERA’ ANCHE CAPPELLACCI,? COSI PORTA LA SUA SOLIDARIETA’
si siamo al capolinea e ci sono diverse cose che lasciano esterrefatti. intanto è veramente incredibile continuare a fare progetti di sviluppo basati sulla qualità dell’ambiente ed alimentare sistemi produttivi altamente inquinanti . Che tipo di immagine si dà al turista o all’operatore dell’agroalimentare? ed è altrettanto incredibile che con tutti questi problemi irrisolti la Carbosulcis (o per meglio dire la Giunta Regionale) abbia rilanciato negli scorsi anni con numerose assunzioni.. cosa diciamo a questi giovani?? abbiamo scherzato?? e qui purtroppo il problema non è destra o sinistra ma un modo becero di vedere le cose della politica che preferisce le scorciatoie al faticoso lavoro per lo sviluppo ed alle scelte anche se dolorose. Infine.., il sulcis ce la può fare ma deve tagliare questo cordone, con tutte le garanzie e gli ammortizzatori di breve periodo per gli operai, ma anche con un radicale cambio culturale, non è facile ma si può fare. Per farlo ci vogliono persone serie e competenti. Suggerirei a Mauro Pili di risalire in superficie e rimboccarsi le maniche con tutti noi.
Hai detto “persone competenti”. Mauro Pili può stare tranquillamente sotto terra, tanto il suo cervello difetta lo stesso di ossigeno.
Grazie per continuare a direa verità.