Prima a Cagliari c’era un’amministrazione che voleva cementificare Tuvixeddu: ora invece ce n’è una che quell’area archeologica la vuole salvare. Prima a Cagliari c’era un’amministrazione che ha snaturato l’Anfiteatro romano, costruendo orribili gradinate in legno: ora invece c’è un’amministrazione che quelle gradinate le sta smontando. Prima a Cagliari c’era un’amministrazione che costruiva parcheggi multipiano: ora invece ce n’è una che costruisce piste ciclabili. Prima a Cagliari comandavano le auto, ora invece si sperimentano nuove aree pedonali. Prima a Cagliari i rom stavano in un terrificante campo sosta, quei rom adesso stanno dentro case normali. Prima a Cagliari la maggioranza che governava questa città spesso si lasciava andare a dichiarazioni omofobe, oggi l’attuale maggioranza ha istituito il registro delle unioni civili. Prima a Cagliari c’era una amministrazione che non aveva un piano culturale per la città, ora invece c’è un’amministrazione che continua a non avere un piano culturale per la città.
In tutti gli ambiti dell’amministrazione Zedda la discontinuità con il passato è netta ed evidente. In tutti, tranne che nella cultura.
La nuova versione del sedicente Piano Comunale della Cultura, reso pubblico nei giorni scorsi, ha gli stessi difetti della prima, presentata due mesi e mezzo fa. Semplicemente, non è quello che dice di essere ma soltanto una bozza di utilizzo di spazi comunali a fini di spettacolo. Niente di più, niente di meno. Dichiarando che il piano “contiene solo indirizzi politici e non è un documento di direttiva gestionale”, l’assessore Puggioni dimostra chiaramente di non avere un’idea molto chiara del concetto di “politica”. Ma non è un problema: ha ancora quattro anni per migliorare e noi siamo contenti di potergli fare da cavie.
Nel piano mancano ancora sia l’indicazione delle risorse stanziate per ogni azione indicata, sia i tempi entro i quali è prevista la realizzazione. Tutto il resto però c’è. Proprio perché non è “un documento di direttiva gestionale”. No, macché.
Questo Piano non serviva a niente prima e non servirà a niente ora. Perché non dà risposte concrete alla stragrande maggioranza degli operatori di cultura e spettacolo che lavorano in città. Nella nuova versione ci sono solo delle intuizioni e qualche annuncio (l’uso dei bunker di Monte Mixi, di qualche ufficio nelle Zunktowers), ma è evidentemente troppo poco. E intanto un anno è già passato e nella cultura a Cagliari tutto è come prima. Cioè la situazione è peggiorata, perché la crisi necessita di risposte chiare a problemi concreti sempre più impellenti di cui nessuno sembra volersi occupare.
Nessuna politica è efficace se non si cala all’interno di un contesto conosciuto. Quante sono le associazioni culturali realmente operanti a Cagliari? E quante risorse movimentano? E quanti posti di lavoro danno? Mistero. Meglio muoversi alla cieca. E intanto un anno è passato, e neanche un nuovo spazio è stato assegnato. Neanche una misera stanzetta, niente di niente.
E i bandi per la gestione di alcuni spazi comunali? Sotto questo aspetto, la Giunta Zedda si sta muovendo in assoluta continuità con la Giunta Floris. Perché era stato il centrodestra a ipotizzare, per primo, che l’Exma, il Ghetto, il Castello di San Michele e il Lazzaretto potessero essere assegnati a cordate composte da imprenditori privati e associazioni culturali. La Giunta Zedda sta soltanto affinando quell’idea, niente di più. Anzi, per certi aspetti perfino l’allora assessore Giorgio Pellegrini aveva messo in guardia da questo progetto, affermando che l’Exma doveva ad esempio essere gestito direttamente dal Comune, mentre per gli altri era necessaria una riflessione molto profonda, senza escludere un cambio di destinazione.
Anche perché, aggiungiamo modestamente noi, fra non molto tempo sarà a disposizione anche l’Ex Manifattura Tabacchi. E perché un privato dovrebbe oggi proporsi per gestire l’inutile Castello di San Michele (confessate: quante mostre siete andati a vederci in questi anni?) quando fra un anno potrebbe investire le sue risorse sull’Ex Manifattura? E poi, dove sono tutti questi privati vogliosi di investire in cultura a Cagliari?
Inoltre, le risorse. Il Comune afferma di aver stanziato 420 mila euro per le attività culturali. È troppo poco. Anzi, è proprio una miseria. Dov’è la discontinuità con il passato? La Giunta Zedda ha speso di più per creare un’area grandi eventi ad uso e consumi di pochi privati e che quest’estate a malapena ospiterà dieci concerti.
Questo piano non serve a niente, e fra sei mesi la maggioranza che governa al Comune se ne renderà conto. Non più di due settimane fa, ad un incontro organizzato dal centrosinistra, il segretario cittadino del Pd Yuri Marcialis? ha affermato: “La cultura è il perno delle nostre politiche, ed è necessario che l’esecutivo non si limiti al mero ascolto. Il mondo culturale chiede un cambio di rotta evidente. Cagliari non ha bisogno di persone sole al comando ma di dialogo, distinzione dei ruoli e discontinuità con il passato. Perché le associazioni sono una risorsa e non un problema”.
E Antioco Usala del Cosas? “Nella politica culturale del Comune ci sono stonature che rallentano il percorso. La commistione tra Consiglio ed esecutivo non giova, e anche il piano culturale non è figlio dell’ascolto: è troppo dirigistico, mentre centinaia di associazioni attendono di essere riconosciute. È tutto fermo. Non sono indicate le risorse a disposizione, non ci sono le grandi novità annunciate”.
E il regista Enzo Parodo? “La sinistra non ci conosce e non ci capisce”. E il regista Tonino Murru? “La politica ha complicato tutto”. Appunto.
Prima a Cagliari c’era un’amministrazione che non rispondeva alle critiche e bollava come “comunisti” tutti quelli che osavano criticarla. Ora invece a Cagliari c’è un’amministrazione che non risponde alle critiche e che accusa chi osa criticarla di aspirare a qualche posto da assessore o di avere una fidanzata da difendere. Ma si sa come va il mondo: i giornalisti restano e continuano a fare i giornalisti, le amministrazioni invece passano, e gli assessori prima o poi tornano alla loro abituale occupazione (sempre che ne abbiano una). E le fidanzate continuano a fare il loro lavoro. Ovviamente.
Ah, dimenticavo: mentre al Comune si baloccavano con il loro bel Piano, in questi giorni a Cagliari ha chiuso un’altra piccola sala, il Teatro Riverrun. Non sapete dov’era? Non preoccupatevi: neanche l’assessore Puggioni lo sa.
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Ciao Caro Vito, ho letto la tua nota ed i commenti. DICO LA MIA. Mi pare di essere in buona compagnia con tanti altri di certo non mi aggrada definirmi utile idiota ma cosi’ pare sia. Lo rilevo dalla tua nella parte personale che purtroppo mi è conosciuta: tu hai contribuito a dire la tua e fare opinione nel mio piccolo anche io. Mi convinco sempre piu’ di andar bene per fare opposizione allora sei un genio, un leader, un GRANDE. Per dar luogo alle idee maturate in anni di lotta non si è adatti arrivano i grandi geni dell’universo mondo. Certamente qualcuno se la ride sotto i baffi, permetti di dire che non me ne puo’ fregare di meno. Sono convinto che debba esistere un abc della politica e sul “carro” si sale dopo aver combattuto. Io mi ripenso, nonostante alcune traversie politiche e personali, a sfilare con la bandiera per le strade a festeggiare la vittoria delle provinciali e poi la vittoria alle comunali. Ricordo te con il numero 11 di GigiiiiiiiRivaaaaaa dietro il palco in Piazza del Carmine. Non mi sogno di paragonarmi a te Vito, per cultura e professionalita’ ma dico solo, mi pare ci accomuni, che non credo ci sia nessuno che ci suggerisce che fare e che dire. Chiudo la parte personale con un bel ma tirari a c…u ai signori delle telefonate ed ai signori delle risate. Tanto tutto torna. In merito alla parte piu’ importante cioe’ la politica cittadina. Ho detto troppo mi permetto di sottolineare che la politica è scelta, che la politica non è marketing, che prima di radere al suolo o cambiare si costruisce un’alternativa, si definisce la soluzione. Altrimenti per rimanere alle politiche culturali non si trovano 1.000 euro per manifestazioni poco Trendy ma di sostanza. Mentre vengono spesi centinaia di migliaia di euro per Arene, installate in corsa per pochi concerti. Cosi’ si crea ansia da prestazione, meglio riunire il Politburo e programmare una bella campagna sui media e FB. Anche sul traffico e pedonalità cose ottime si son fatte ma a pagu sperimentiamo e poi andiamo avanti. Mi pare ci sia troppa ansia: fare tabula rasa di scempi amministrativi ok ma teniamoci la tabula che serve per scriverci l’alternativa alla rasatura. In conclusione invece mi sarebbe utile sapere quando diminuisce la TARSU (capitolato???), l’IMU e quando in Piazza yenne si ci puo’ sedere in una panchina senza essere espulsi, perche’ viene rispettato un regolamento di utilizzo del suolo pubblico. Ciao. A si biri cun saludi e trigu.
Nel merito del Piano non mi pronuncio, non sono un esperto della materia e non ho una conoscenza approfondita di quanto avviene ed è avvenuto a Cagliari in materia culturale. Però mi pare abbastanza evidente che tanti commenti siano viziati da due notevoli errori di prospettiva: 1) emerge una forte ostilità per la c.d. “politica dei bandi” e, da parte di molti, si vorrebbe che il Comune trovi cmq un modo per premiare chi in tanti anni, con sacrifici personali e meriti artistici, ha dato lustro alla cultura a Cagliari; da questo punto di vista il problema non è nel fine (virtuoso), ma nei mezzi, se non si vuole (sia pure partendo da un diverso punto di vista) ripercorrere gli stessi errori commessi dal centrodestra; deve essere chiaro a tutti che la Pubblica Amministrazione in base ai principi comunitari, costituzionali e normativi di parità di accesso (anche per i nuovi operatori) non può riconoscere e “legittimare” rendite di posizione (sia pure meritorie); un affidamento diretto è illegittimo “in sè”, non diventa meritorio perchè “Cagliari non è all’anno zero della cultura grazie ai tanti operatori culturali e artisti che l’hanno mantenuta viva nonostante tutto”. Quindi non credo sia corretto che la PA debba, a tutti i costi, “avere il coraggio di riconoscere a chi è stato bravo, a chi è stato presidio culturale, il lavoro fatto”, perchè, lo dico da funzionario pubblico, la PA deve trovare soluzioni traparenti, legittime e valide “erga omnes”. Il che non significa che non sia cmq possibile premiare, legittimamente, gli operatori che hanno lavorato bene, il che si ricollega al punto 2) Mi pare che l’ostilità per la c.d. “politica dei bandi”, riveli una certa ignoranza di fondo sui meccanismi giuridici che stanno alla base: a) in primo luogo è un non-sense contrapporre una “politica dei bandi” della giunta zedda ad una “politica degli aff.diretti” delle giunte floris-delogu: non si tratta di visioni politiche differenti ma di contrapposizione tra chi, finalmente, decide di utilizzare quelli che sono strumenti obbligatori per legge, da parte, e chi ha portato avanti gestioni amministrative illegittime e illegali. In parole povere è ridicolo scrivere che non bisogna riporre attese messianiche nei bandi: da un lato è ovvio (non si tratta di una strategia di politica culturale) dall’altro sono uno strumento (obbligatorio) non un’opzione politica nè un fine; b) in secondo luogo (e qui cade, teoricamente, tutta la costruzione di certi commenti sui bandi come favore ai potentati e a chi ha le risorse economiche, che penalizzano i bravi operatori culturali con le pezze sul sedere), bisogna vedere “come” vengono scritti questi bandi, visto che, per prima cosa, esiste lo strumento della premialità per chi ha lavorato bene in questi anni, ma, soprattutto, esistono due offerte in una gara pubblica: quella tecnica e quella economica e il Comune, nel scrivere il bando potrebbe, legittimamente, decidere di ripartire i punteggi 85% per l’offerta tecnica e 15% per quella economica, premiando, in questo modo, le migliori proposte culturali rispetto ai “pirati” del ribasso. A patto, naturalmente, di avere in commissione persone capaci di valutare bene le proposte presentate.
In chiusura a BREUER e a chi come lui pensa che “il sistema dei bandi” sia “un sistema retrogrado e clientelare che ha distrutto l’Italia negli ultimi 30 anni”, dico che l’Italia è stata distrutta dagli affidamenti diretti clientelari e che, può piacere o non piacere come tutti gli strumenti umani fallibili (come la democrazia) ma la gara pubblica e trasparente ce la impongono le Direttive comunitarie e il Codice dei contratti pubblici (D.Lgs 163/2006), quindi non sarà giovane ma finchè non lo cambiano con qualcosa di meglio (tipo la decisione degli illuminati e dei commentatori dei blog) mi sa che ce dobbiamo tenere
Queste argomentazioni potresti girarle alla Puggioni, dal momento che i criteri equilibratori apprezzabili che ipotizzi non emergono chiaramente dal piano. Per il resto, ovviamente parlo per me e basta, ripeto: la politica dei bandi è astrattamente giusta, ma si deve evitare di compromettere, forse definitivamente, posizioni di soggetti che hanno dato e possono dare ancora molto al mondo della cultura cagliaritano nel periodo di passaggio. Alla Regione si votano tanti di quei provvedimenti scandalosi per stabilizzare gli accozzati di questo e di quelli, possibile che sia talmente difficile al Comune fare un provvedimento ponte che salvaguardi le posizioni di chi qualcosa prima aveva (salvo che se non rispondono ai requisiti del bando potranno anche perderlo) non su basi clientelari ma sulla base del merito? Non penso sia difficile alla Puggioni procurarsi documentazione su ciò che le principali compagnie hanno fatto in questi anni. Poi se la sua opposizione è ideologica torni in Germania, perché qui non siamo in Germania: siamo in un momento di passaggio in cui forse si tenta di avvicinarsi alla serietà tedesca, ma i momenti di passaggio devono essere gestiti con gradualità, senza distruggere ma accompagnando in modo equilibrato il passaggio dal vecchio al nuovo. La rivoluzione culturale, po prexeri, lasciamola al signor Mao Zedong.
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“Bando alle ciance e mettetevi a lavorare”, diceva un mio professore delle medie, un calabrese atipico di mentalità tedesca. Mettiamoci quindi a lavorare. Non so dire con precisione, né ho la presunzione di affermare di saperlo dire, se il piano Puggioni sia il nulla (come sembra sostenere Vito Biolchini), sia non tutto da buttare ma comunque non perfetto (posizione Soviet, che con scrupolo ne individua le criticità) oppure sia il migliore dei mondi possibili. Una criticità che credo emerga in modo inequivocabile è quella riguardante la privazione di spazi per le compagnie consolidate e che hanno dato e sono in grado di dare alla cultura a Cagliari, nelle more della predisposizione dei bandi e della nascita della farfalla dalla crisalide-bozza sull’erogazione dei contributi. Allora, passiamo alle mozioni operative. Sicuramente, diversi consiglieri comunali leggono quanto viene scritto in questo blog, o comunque in qualche modo se lo fanno riferire. Dunque: chi s’impegna a fare, in Consiglio e nelle Commissioni competenti, quanto più possibile affinché la Puggioni torni sui suoi passi e fin quando non saranno concluse le procedure relative ai bandi, lasci almeno un po’ di respiro alle associazioni che hanno utilizzato spazi comunali senza demerito e in modo non manifestamente abusivo, magari, se proprio non si riesce a farlo in altro modo, portando ai voti un’apposita mozione in Consiglio? E se possibile, si vuole impegnare l’amministrazione al recupero di situazioni come quella del Teatro dell’Arco e di Riverrun? Altrimenti, caschiamo nelle solite invettive incrociate senza costrutto. Pars construens, ma occorre sapere se qualcuno in Consiglio comunale è disponibile a portare avanti quello che è un impegno minimo per non disperdere in alcuna parte il patrimonio culturale rappresentato dall’associazionismo cagliaritano.
Il 1° maggio 2011 Massimo Zedda scriveva: “La nostra sarà un’amministrazione che non pretende di dettare le linee culturali della città ma che accompagna e crea le condizioni per cui gli operatori culturale possano avere spazi, risorse (anche comunitarie, con uno sportello che faccia da tramite tra le associazioni e la Comunità europea) e opportunità per lavorare a Cagliari e creare nuove forme di lavoro.”. Intanto che si individuano le regole per gli spazi, vediamo però di fare si che non rimanga il deserto.
Su questo tema del programma per la cultura reclamo anch’io un parere di Gabriele Ainis che pensa e scrive bene.
Idem, ma gradirei sentire anche Prof. Mongili.
Ainis ha scritto un bel libro. Lo consiglio a tutti.
Si ma le boiate che facevano al Riverrun chi è che andava a vederle? Quanti spettatori faceva? (eh, ma l’arte con la A maiuscola si fa pure con il teatro vuoto, eh si).
Non è che uno deve fare l’attore per forza, se è negato è negato…, ah bè però c’erano i “dialoghi della speranza”, ah bè si bè.
Meno attori improvvisati e più qualità, please.
E tu che spettacoli hai visto da Riverrun? Mi fai il nome degli attori improvvisato che conosci?
Peccato davvero per il Riverrun.. un’altra realtà importante per Villanova e per la città di Cagliari..
mi chiedo una cosa, o meglio esprimo che da artista è un mio sogno da tempo: uno spazio, un bello spazio che sia una Factory interdisciplinare ed interculturale per quanto rigurda l’arte, dalla teoria alla pratica.
uno spazio nel quale si possa progettare mettere apunto e diffondere quello che è il lavoro prodotto dalle più variegate forme d’arte, delle quali a Cagliari abbiamo sempre più importanti esponenti che raccolgono conensi a livello nazionale ed internazionale.
penso alle saline, o alla famigerata Manifattura tabacchi, ( che sarebbe lo spazio ideale) come un luogo nel quale. ad esempio, possano collaborare più forme d’arte, laddove uno scenografo possa sviluppare i propri lavori nei laboratori, fianco a fianco ad una band musicale che là ha la sua sala prove e può creare e confezionare un live, che, possa lì stesso essere messo in scena.
Ciò valga per una pièce teatrale,per un progetto di un collettivo di artisti ed architetti.
Amio avviso sarebbe un’occasione di sviluppo tanto della realtà creativa locale, quanto economica, perchè da un’attività del genere non può che svulipparsi una risorsa importante a vari livelli, per il contesto cittadino, che va avnti in certi aspetti, a fatica, affidandosi troppo spesso ad iniziative personali che, non sempre rendono giustizia all’effettivo valore ed all’enorme potenziale che determinate forma d’arte esprimono. la risorsa ce l’abbiamo in casa, senza che i nostri amici siamo costretti ad emigrare o ad accettare come prospettiva quella di fare la stagione come camerieri in Costa Smeralda in qualche altro paradiso di plastica gestito da realtà che dalla nostra Terra prendonoe non danno nulla in cambio.
a mio avviso questa è la mancanza vera di progettualità, approfondire questo aspetto vorrebbe dire portare alla luce come vera risorsa, ca cultura MADE IN CAGLIARI: FORZA, QUESTO E’ IL MOMENTO!
Un pezzo magistrale, Vito. Aria fresca contro i bollori della Piccineria politica.
http://costruiresumacerie.org/2012/07/02/un-milione-di-euro-per-i-finanziamenti-alla-cultura-a-cagliari/
Chapeau!
Chiude il Riverrun? Che tristezza! 🙁
si una tristezza davvero. arrivederci riverrum, siamo sicuri che ci rincontreremo…
Vito, credo che confermare i 420.000 euro del precedente bilancio a fronte di tagli per milioni di euro sia una bella vittoria. L’Arena Sant’Elia risponde invece a politiche sociali di rilancio del quartiere, e a me sembra una cosa giustissima nonostante non consideri quel tipo di concerti degli eventi culturali (e se mi vedrete a un concerto di qualsiasi cantante italiano da “classifica” sparatemi in mezzo alla fronte).
Io ho fiducia in questo piano. Credo che vada considerato un anno zero, e se fossi un operatore culturale mi darei da fare per presentare un buon progetto. L’assessore ha garantito che il sistema del bando a doppio turno è stato studiato per non permettere che gli spazi siano di chi ha già i soldi. Ci spero, ci voglio credere, vediamo se sarà così. Conosco in minima parte il mondo della fotografia; oggi non basta essere dei bravi fotografi per vivere di fotografia. Bisogna essere degli esperti di marketing e di public relations, bisogna saperne di bilanci e di norme, bisogna instaurare una rete di conoscenze in campi che con la fotografia non hanno niente a che fare. Triste, ma è il mondo in cui viviamo. Credo valga lo stesso nel campo della cultura.
Si sarebbe potuto salvare il teatro dell’Arco? Forse. E poi, finiti i soldi, con quale faccia si sarebbe andati a dire alla seguente emergenza che non ce n’è più? Sopravvive chi riesce ad aiutarsi. Forse in questo modo rimarranno dei soldi per chi non ci riesce.
Magari è la cultura ad essere in crisi, visto che non esiste progetto che riesca ad autofinanziarsi. O conosciamo qualche amministrazione in Italia che possa fare più di ciò che si sta facendo a Cagliari (magari Parma… eja)?
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Il piano tralascia 2 problemi vitali nella realizzazione di progetti:quali risorse ha disposizione e i tempi della realizzazione.
Queste cose le sanno anche dei neolaureati!
Io ho letto il piano e sinceramente, non l’ho trovato da buttare. Ammetto di non essere non essere un esperto del campo e non sono neppure un “tuttologo”, nel senso che non ho rudimenti di tutto lo scibile umano, quindi potrei pure sbagliarmi.
Ma a me è sembrato che un’idea di come l’amministrazione comunale intenda promuovere e sviluppare la cultura a Cagliari ci sia, a partire dalla costruzione di nodi di produzione artistica, di una regola generale di trasparenza amministrativa, della netta separazione tra ruolo politico e ruolo amministrativo e ruolo politico e ruolo artistico.
Inoltre, è un programma da integrare e sviluppare nei prossimi quattro anni e credo che debba essere flessibile abbastanzanza da consentire di cambiare rotta non appena si verifichi che è sbagliata.
Certo, alcune carenze ci sono: le risorse devono essere certe. Quanto del bilancio comunale andrà con sicurezza a finanziare questo piano? Questo è uno sforzo che è necessario fare. Poi, con attività di fundraising si potranno implementare, ma l’ammontare totale delle risorse comunali, e se possibile, di quelle pubbliche (regionali, nazionali e comunitarie) dovrebbe essere non solo stimato, ma definito all’euro.
Manca, cosa che è presente in tutti i piani, una analisi dello stato dell’arte: cosa c’è e cosa è stato fatto finora. Cagliari non è all’anno zero della cultura, non certo per merito di chi l’ha amministrata, ma grazie ai tanti operatori culturali e artisti che l’hanno mantenuta viva nonostante tutto. Questo non appare da nessuna parte. Io credo che bisogna anche avere il coraggio di riconoscere a chi è stato bravo, a chi è stato “presidio” culturale, il lavoro fatto. Trovando i modi, perché a volte le regole a cui è sottoposta la pubblica amministrazione sono stringenti, se vuoi rispettare leggi e regole. Ma, e lo dico da funzionario pubblico, la P.A. deve trovare soluzioni, non creare problemi. E se il funzionario non è capace di trovare soluzioni, forse è il caso di provarne un altro. Parlo di trovare soluzioni rispetto all’obiettivo, non di seguire pedissequamente i desiderata del politico di turno.
Mancano anche i tempi di realizzazione, che sono elementi importanti e, per chi ha un po’ di infarinatura nelle tecniche di progettazione comunitaria, la parte relativa agli indicatori di risultato. Forse il piano contiene solo gli indirizzi strategici, ma allora dovrebbe sapersi in tempi certi quando saranno pronti i progetti esecutivi per ogni azione prevista.
Insomma, molto c’è, molto manca. Si sarebbe potuto fare molto di più in un anno? Francamente non sono in grado di dirlo, come già detto, non ho competenze sufficienti per poter stimare i tempi.
Condivisibile pressoché al 100%, compagno Sovjet. Rimane questa piccola questioncina di che fare delle compagnie – quelle che veramente hanno dato qualcosa alla cultura casteddaia, non quelle di accozzati o peggio fittizie – che nel frattempo avrebbero almeno bisogno di uno spazierello, e dopo lo sgombero manu militari dell’ex Artistico non ce l’hanno più. Comprese quelle come il Teatro dell’Arco che non erano “in carico” al Comune, ma che forse meriterebbero un occhio di riguardo e di non ripartire da zero al cospetto dei bandi come dei ciapuzzi qualsiasi.
Scrivi giustamente: “Cagliari non è all’anno zero della cultura, non certo per merito di chi l’ha amministrata, ma grazie ai tanti operatori culturali e artisti che l’hanno mantenuta viva nonostante tutto. Questo non appare da nessuna parte. Io credo che bisogna anche avere il coraggio di riconoscere a chi è stato bravo, a chi è stato “presidio” culturale, il lavoro fatto. Trovando i modi, perché a volte le regole a cui è sottoposta la pubblica amministrazione sono stringenti, se vuoi rispettare leggi e regole. Ma, e lo dico da funzionario pubblico, la P.A. deve trovare soluzioni, non creare problemi. E se il funzionario non è capace di trovare soluzioni, forse è il caso di provarne un altro. Parlo di trovare soluzioni rispetto all’obiettivo, non di seguire pedissequamente i desiderata del politico di turno.”
Poi se il problema sia il funzionario o l’assessore in persona – spesso tutti e due: il funzionario che fa i cavoli che vuole forte delle garanzie stabilite dall’ordinamento degli enti locali, e l’assessore che non possiede un armamentario di competenze giuridico-amministrative sufficienti per controllarlo adeguatamente al di là del controllo formale garantito dal segretario generale – non sto a sottilizzare. L’importante è che si valuti come muoversi nella direzione che anche tu auspichi. Ma DE PRESSI, però, perché siamo in tempi di crisi, e anche se nell’immediato il Comune non potrà mollare soldi, anche lo spazio è importante per l’economia di molte compagnie.
Si potrebbero riaprire le saline e mandare tutte le compagnie a spalare il sale. Poi, dopo averlo debitamente lavorato, lo si potrebbe impacchettare e vendere e con il ricavato organizzarci tanti begli spettacolini inutili!
Vero. Però chi decide dell’utilità e dell’inutilità dello spettacolino? Il punto è tutto lì. Posto che a spalare sale è un’attività che si addice a molti.
La simpatica Puggioni sa un sacco di cose caro mm, ma purtroppo non sa che per fare un qualsiasi progetto culturale, se non addirittura un piano, per qualsiasi città nel mondo, ci vogliono delle vere e proprie risorse economiche. Quelle che noi chiamiamo FONDI. Credo che al Comune di Cagliari, tutti, bene o male sappiate cosa siano, sono gli stessi che passano nei vostri conti in banca ogni mese, sono quelli che il popolo chiama semplicemente soldi. Ah lo so è vile parlare di denaro quando si parla di cultura, soprattutto in Italia, dove NESSUNO, nemmeno i ragazzini che fanno politica, è abituato a trattare l’argomento con senso della misura e giusta causa.
Ma per fare cultura, gli imprenditori culturali, hanno bisogno di denaro, per pagare il numerosissimo personale che lavora in questo settore. Sapevi mm che proporzionalmente agli altri settori, quello della cultura è uno di quelli che ha più forza lavoro? Sicuramente tu no, ma la Puggioni senza dubbio si. E questo traspare chiaramente dal suo piano culturale, che indubbiamente è stato attento ai punti critici evidenziati dagli operatori.
Quello che tra l’altro sa la Puggioni è certamente il fatto che affidarsi ad un sistema retrogrado e clientelare come quello dei bandi (un sistema che ha distrutto l’Italia negli ultimi 30 anni) è davvero una pensata geniale e innovativa, molto giovane insomma, proprio come lei. Sia chiaro non c’è nulla di male nell’essere giovani, ma purtroppo nell’essere ingenui si.
Specie quando si è convinti di fare politica.
Ci vorrebbe signor itta di nanta..
Fa abbastanza specie l’intervento del signor “mm”, di cui si evince che si chiama Marco, ma di cui si intuisce agevolmente anche il cognome (sul quale vigono formalmente le garanzie di cui al D. Lgs. 196/2003) e la vicinanza al sindaco Zedda. App’essi bisogu deu, ma non ho visto tracce dei “commentatori del blog” che abbiano anche solo insinuato che Vito Biolchini critica le scelte della giunta Zedda, e in particolare dell’assessora Puggioni, in tema di cultura per “interessi personali”, se non in veste di estemporanee “trollate”. E poi quale interesse personale? Davvero fare lui l’assessore alla Cultura, compito nel quale, insisto, farebbe sicuramente meglio della Puggioni? Non credo, onestamente, che una persona come Biolchini che, a parte la professione di giornalista, ha una miriade di interessi a 360 gradi, abbia alcuna voglia di seppellirsi dentro un assessorato per un’indennità modesta, l’equivalente della quale, se già non lo percepisce, sicuramente lo percepirà con le occasioni che, passata questa fottuta crisi, non mancheranno di essere offerte rispetto alla sua indubbia professionalità. C’entra forse il fatto – che ha sempre lealmente reso noto lui, fino alla noia, anche a chi come me non ne sapeva niente – di essere il compagno di una delle animatrici di LucidoSottile? Certamente, infatti è noto a tutti che Vito Biolchini si è messo a murigare sottobanco con la provincia, o con lo stesso Comune, o perfino con Cappellacci per far acquisire vantaggi diretti alla compagnia della sua compagna, anziché denunciare pubblicamente il trattamento poco gradevole e poco signorile a cui LucidoSottile è andata incontro, insieme a tante altre compagnie talora perfino più prestigiose. Per il resto, io non ho mai avuto il benché minimo dubbio che Vito Biolchini, anche quando ha preso posizioni che non ho condiviso – come su Tuvixeddu e, in parte, su referendum e antipolitica – sia stato mosso unicamente dal suo libero convincimento – la cui libertà non è inficiata dalle sporadiche coincidenze di vedute con terzi, si tratti di Sel o di Gregorini – e non certo da chissà quali altri misteriosi motivi. Altrimenti, non starei certo ancora qui a commentare. Sulla questione bandi, se la giunta ha ragione in astratto, ha torto marcio in concreto quanto all’applicazione pratica, e lo sa bene. Costringere compagnie come LucidoSottile, come il Teatro dell’Arco, come Cada Die e tante altre, a utilizzare le scarse risorse disponibili non per pagare i compensi a chi direttamente “fa lo spettacolo” e quelli comunque necessari per mettere su uno spettacolo, ma per darsi un’organizzazione imprenditoriale pensata e calata dal cielo dalla Puggioni col reclutamento di “fund raisers”, significa obiettivamente dare un vantaggio a compagnie private di ben altra impronta, con l’occhio più al “business is business” che alla qualità, andrà a finire che i Palmas, usciti dalla porta dell’Anfiteatro oggi tristemente in mano a merdonas & prettas e coi lavori di smantellamento della legnaia che iniziano giusto adesso, rientreranno dalla finestra magari improvvisandosi impresari teatrali. Ma cascava davvero il mondo se nell’attesa di predisporre i bandi, intanto lasciavate respirare queste compagnie, magari cacciando solo coloro che si sono presi spazi in assoluta condizione di illegalità e di non adeguatezza rispetto a ciò che offrono? Su questo si continua a non dare risposte, e la cara assessora Puggioni, che se dipendesse da me sarebbe davvero tornata a Monaco da un pezzo, non può pretendere di improvvisare un “modello tedesco” ricalcandolo con la carta carbone sulla realtà cagliaritana, che per non disperdere quel poco che c’è in attesa dei salvifici bandi va incisa ed affrontata, si, ma a piccoli passi, gradualmente. Se vale per Tuvixeddu, vale anche per le politiche culturali, non trovate? Voi parlate parlate, e intanto la realtà è quella registrata da Casteddu Online, pure in genere molto più compiacente nei confronti della giunta Zedda: ieri sera, a parte mangiare e Poetto, non c’era nulla da fare in città, e anche il Poetto peraltro offriva uno spettacolo assolutamente desolante, con quarta e quinta fermata sbarrate, i baretti ancora forzosamente inattivi, unico sfogo il Cavalluccio Marino come sempre invaso dai “gaggi”. La gente vede, e non sta dietro alle supercazzole dei piani alla cultura o delle forbite giustificazioni di vario tenore: vede che c’è un deserto, e conseguentemente si incazza.
Per chiarezza, io mi difendo benissimo da sola. Possono confermarlo tutte le persone e gli operatori culturali che mi conoscono. Ma soprattutto che conoscono il percorso di Lucidosottile dal 2002 ad oggi. Regione, Ministero, ETI, AGIS. Quando Biolchini ancora non c’era. A sedici anni ero già su un palcoscenico della scena Internazionale, e da lì non sono più scesa. Mi dispiace per qualcuno, ma è così. Ho lavorato con Dario Fo, che perdeva tempo a spiegarmi molte cose sulla politica e sul teatro, definendomi spesso la “pecora nera” della compagnia. Non capita a tutti…
Se volete saperne di più, basta informarsi. Ma non solo a Cagliari. Su tutto il territorio nazionale. Potrebbe essere una sorpresa per qualcuno che ci mette tutti nel calderone definendoci “tutti uguali”. Non siamo tutti uguali. A Cagliari ci sono delle eccellenze che vanno preservate. Questa è la vera scelta politica. Ci sono luoghi e realtà che vanno tutelate, come me, tanti altri. Un esempio? I Cada Die che dovrebbero lavorare sereni senza l’incubo di essere messi continuamente in agitazione da bandi ipotetici o reali. Non ci date i soldi? Affidateci gli spazi, ce ne sono tanti. Poi si capirà naturalmente chi sono quelli che li gestiscono realmente, creando risorse per la città, o chi ambisce ad avere i contributi per sollazzare il proprio narcisismo cosmico. Pochi di noi si potranno permettere un bando Zedda, specie senza un contributo comunale. Abbiamo buste paga da onorare noi, o pensate che facciamo ” le pazze” solo per divertimento?
Comunque per inciso, io so anche cucinare bene, carne e pesce, quindi se non vinco il bando per lo spazio, potrò sempre lavorare nella cucina del ristorante dentro il teatro! Chi si accontenta gode. E io, si sa, godo moltissimo.
Piatto preferito
orata all’acquaPAZZA
o in alternativa
bistecca all’acquaPAZZA
No, scherzo. Sono sicuro che in Comune sapranno tornare sui loro passi e correggere gli errori fatti.
E poi, comunque, non è che a lavorare nelle cucine ci può andare, così, il primo che si prenota. Ci vuole una graduatoria. Stanno facendo un bando per le cucine.
Una nuova sfida da accettare !
Salvo non partire convinti di fare gli chef e poi ritrovarsi a lavare i piatti 😉
Vabbè che “nemo propheta in patria sua”, però ogni tanto ci si dimentica che le Lucido Sottile non sono artiste regionali, sono solo sarde! E’ una compagnia di valenza nazionale e fra quelle sarde, sono di sicuro fra quelle più rilevanti. Senza che nessuno si offenda e con la grande stima che ho del “tenutario”, non è la Lucida ad essere fidanzata di Biolchini, ma probabilmente, dal punto di vista del curriculum artistico, vale il contrario. Lucida, per giunta, che mi pare abbia pure incarichi di rappresentanza molto importanti all’interno della sua categoria. Quindi, si sa difendere sì da sola…
Sconfitta la destra casteddaia bisogna ora sconfiggere la sinistra casteddaia che considera qualsiasi azione politica nell’ ottica finale di rimanere sulla propria poltrona dispensando consigli interessati alla “divide et impera”.
Scusami muttly, puoi farmi nomi e cognomi delle persone a cui ti riferisci?
Vito sono quelli di cui scrivi.
Quando leggo che qualcuno considera le critiche come “lesa maestà” e subito va dicendo “Perchè Biolchini ce l’ha con Zedda” significa dividere per continuare ad avere voce in capitolo in delle “non” scelte.
Queste non scelte portano le compagnie teatrali e qualsiasi gruppo voglia lavorare a dipendere continuamente dal politico di turno che può fare e disfare, questo porta ad avere un enorme potere e lega purtoppo le idee culturali ad uno schieramento politico,
questo è un pò quello che di cui anche le LucidoSottile si lamentavano su FB, quando le venivano rinfacciate frequentazioni con qualcuno che è indesiderato ad uno schieramento.
Chi non ha paura e confida nella solidità delle proprie scelte/idee è pronto a qualsiasi critica per migliorare una idea buona o per scartarla se non è valida, se invece il fine non è trovare l’idea migliore ma solo avere potere per il tempo più lungo possibile allora si spiegano tutte le manfrine, gli sgambetti e la malafede in tutte le azioni contro chi cerca con il proprio impegno (sempre col bilancio in perdita per denaro e tempo) di migliorare se stesso e la città attraverso la cultura.
Io credo che in quel piano tutto vi sia tranne che “l’ottica finale di rimanere sulla propria poltrona”. La cosa è talmente campata in aria che lo stesso Vito mi pare poco convinto.
e di Enrica Puggioni tutto si potrà dire, ma non credo che possa essere accusata di eccessivo attaccamento alla poltrona.
Non dipende solo da una persona, in questo caso l’assessore, ma anche da chi la consiglia e influenza. Se come ho letto non ha esperienza specifica per poter fare bene il proprio lavoro deve necessariamente avere informazioni da qualcuno.
Purtroppo a quanto leggiamo neanche questi informatori hanno cognizione di causa su cosa serve per permettere di dare gli strumenti minimi a chi lavora per la città, spesso al limite del volontariato o facendo del volontariato vero e proprio quando non riesce a farne una fonte di reddito stabile, ma non per questo meno meritoria visti i risultati spesso eccellenti.
La domanda vera e diretta è, come mai non si interpella chi ha già esperienza mestiere e talento per chiedere di cosa ha bisogno e fin dove può arrivare una amministrazione pubblica nel supportarlo, anzichè stilare un piano su cosa farà il comune senza sapere se chi “dovrebbe” essere supportato da quelle decisioni verrà effettivamente supportato o piuttosto posto in difficoltà. Le chiusure sono un segnale in direzione dell’ ultima ipotesi.
Riassumo il post di “mm”
– è inutile che continui a insistere con questa storia della mancanza di politica culturale. La nostra politica culturale è dare gli spazi per bando. E basta. Il nocciolo di quello che dici proprio non lo capiamo davvero. Siamo cresciuti a cartoni animati giapponesi.
– La Puggioni aveva un lavoro bellissimo e sicuramente tornerà a farlo quando finirà questa esperienza (marrano ndr)
– La puggioni sapeva benissimo dove era il riverrun e dove era il teatro dell’Arco. Embé? Non ce ne fotte un cazzo: mica erano spazi comunali da mettere a bando.
Caro Vito.
Sai chi sono, quindi possiamo parlare (o leggerci, come in questo caso) tranquillamente.
Allora ti chiedo: quanto c’è di personale in questo post? Parli di cose (personali) per cui ti criticano, altri, perfino i lettori del tuo blog, non la Giunta. Attacchi l’assessore (che una occupazione prima l’aveva, neppure da poco e lo sai) senza considerare minimamente il suo impegno.
Parli e scrivi e non dici mai, assolutamente, che il Piano presentato ieri (non nei giorni scorsi, ma mi hanno detto che neppure c’eri alla presentazione) è frutto dell’integrazione, dei suggerimenti e ancora di più delle critiche che sono arrivate da oltre 60 operatori culturali in città. Documentabili, eh. Quanti sono gli operatori culturali a Cagliari, chiedi. Non lo so, ma una sessantina per una città come Cagliari mi sembrano un bel numero. E tutti hanno avuto una risposta.
Sai bene cosa cambia rispetto al passato. Non ci saranno più gli affidamenti diretti, quelli che negli anni del centrodestra l’hanno fatta da padrone. A me pare un bel passo avanti, deciso. Magari impopolare, ma utile per far svoltare le abitudini in città.
Vinceranno i progetti, non questo o quel nome. A me, piccolo utente non intellettuale, piace così.
Fossi un operatore culturale accetterei la sfida, non mi sentirei una cavia come dici tu. Se fossi bravo, bene. Altrimenti cambierei mestiere. O tornerei alla mia vecchia occupazione, se mai ne avessi avuta una.
Ah, il Riverrun: l’assessore Puggioni sa dov’era. E tu sai che lei lo sa.
Con la stima di sempre, saluti.
Cosa c’è di personale, mi chiedi. Vuoi la risposta? Tutto. Nel senso che quello culturale è il mio mondo. Caro Marco, ho iniziato a lavorare in teatro nel 1991: ventuno anni fa. Ho toccato con mano le difficoltà del fare cultura a Cagliari e ho imparato tante cose grazie a Mario Faticoni. Abbiamo sventato la chiusura del Teatro dell’Arco più volte, abbiamo organizzato rassegne e spettacoli in giro per la Sardegna. Nel 1993 ho dormito (io, insieme ad altri teatranti) dentro il Piccolo Auditorium di piazzetta Dettori perché volevamo che il Comune lo riaprisse. Ho collaborato con quasi tutte le compagnie cagliaritane: Sirio, Medas, Palazzo d’Inverno, Cajka, Is Mascareddas, le altre manco me le ricordo più. Quando nel 2004 Soru ha convocato gli operatori culturali per farsi un’idea ha chiamato anche me (prendetevi l’intervista a Il Progetto). Posso dire di avere seguito (anche io, come tanti) Rino Sudano nel suo percorso umano e artistico. Ho scritto e portato in scena più di venti spettacoli teatrali. Un mio spettacolo è stato ospite dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, un altro di quello di Chicago. Ho ideato e organizzato la prima edizione di Cagliari Monumenti Aperti. Mi sono sempre occupato di cultura e beni culturali a Cagliari. Ho la presunzione di aver contato qualcosa nella vicenda dell’Anfiteatro romano. E adesso sai cosa succede? Che prima dell’incontro organizzato al Caesar, qualcuno degli amici tuoi ha chiamato uno degli organizzatori per dirgli: “Con questa iniziativa vi state mettendo all’opposizione, perché avete chiamato a moderarla Vito Biolchini”. E dopo, al telefono di un altro degli organizzatori, qualcuno degli amici tuoi ha chiamato per chiedere “ma perché Biolchini ce l’ha con Zedda?”. Io, non i registi e gli operatori che sono intervenuti, e alle cui domande nessuno dà risposta. Lascia perdere i lettori di questo blog: tu pensi che, con il curriculum che ti ho sommariamente esposto, io scriva certe cose per via di LucidoSottile? Anche tu la pensi così? Dimmelo chiaramente, così la prossima volta non perdo tempo a rispondere ai tuoi post.
Cosa vuol dire “accettare la sfida”?. E chi è che a Cagliari non l’ha mai accettata? C’è gente che si è ipotecata case per poter continuare a fare teatro in questa città e tu ora usi un linguaggio competitivo che mi fa paura. Dov’è la sinistra? Ma pensi anche tu veramente che il problema culturale di Cagliari sia quello degli affidamenti diretti e che risolto quello sarà risolto tutto?
Essere “impopolari” non vuol dire automaticamente essere nel giusto. Pensavo che l’esperienza di Soru fosse bastata per far capire ai dirigenti del centrosinistra che non si governa “contro” ma “per”. Con questo piano non state intaccando nessuna rendita di posizione, nonostante incidendo in nessun modo.
“Vinceranno i progetti, non questo o quel nome. A me, piccolo utente non intellettuale, piace così”, mi scrivi. Ma che idea avete del fare cultura a Cagliari?
Alle mie critiche circostanziate continuate a rispondere che dico tutto questo per interesse personale. Mi accusi di non essere stato presente alla presentazione del piano: e infatti ho parlato del piano, mica delle dichiarazioni rese in quella sede dall’assessore. Oppure, siccome non ero presente, non posso neanche parlare del piano?
Accettate voi la sfida di una critica aperta e disinteressata, prendete atto che in questa città ci sono persone che lealmente vi hanno sostenuto e che ora, altrettanto lealmente, vi criticano.
Dunque la Puggioni sa dov’è riverrun. Siamo tutti contenti. Però non ha fatto nulla perché non chiudesse. E questo è un fatto.
Con la stima di sempre.
Caro Vito, se volevi muovere delle critiche al piano culturale del Comune di Cagliari, prima di tutto china il capo e impara a rispondere alla mail che Francesca Ghirra ha mandato a tutti gli operatori culturali, non permetterti di fare il giornalista e di dire la tua sul blog, perchè la legge è uguale per tutti, fai come hanno fatto gli altri 60 operatori.
Solo così le tue critiche sarebbero state imparziali, costruttive e quindi accolte.
Ti informo inoltre che i 60 operatori che hanno risposto alla mail, hanno reso possibile il passaggio chiave del piano culturale del Comune, che ti riporto di seguito: “è stata predisposta la bozza di Regolamento per l’erogazione dei contributi”.
Fortuna che c’è gente che rispetta le regole in questo comune, perchè grazie a tutti gli operatori, che senza interessi personali ed emotivi, hanno risposto alla mail di Francesca Ghirra, muovendo le loro critiche sensate, adesso, a meno di 5 mesi dalla fine dell’anno è già stata predisposta una bozza di regolamento per l’erogazione! Pazzesco, non si sa nemmeno se e quanti soldi ci sono per il 2012, che è l’anno in corso da 7 mesi ormai, ma è già stata predisposta UNA BOZZA per erogarli! Ma se i nostri solerti 60 operatori avessero fatto tutti come me e non avessero risposto alle fesserie che il nostro assessore e la sua compare hanno scritto in quel documento che osano chiamare piano culturale, come avremmo fatto? Adesso caro Vito, non ci sarebbe nemmeno UNA BOZZA!
No Vito, vedi?
Io non penso affatto che tu lo faccia per interesse personale. Non l’ho mai pensato e non lo penserò sino a prova contraria: non mettermi in bocca cose che non ho detto, per favore.
Non c’è neanche bisogno del curriculum, figurati: posto che alcune delle cose che hai fatto le conosco, chi sono io perché me lo racconti? Proprio perché non penso che lo faccia per interesse personale non c’è bisogno.
Non ne ho mai parlato, io, di questa cosa, e non ne ho mai sentito parlare dalle persone con cui lavoro. Quindi mi dispiace che nel post in cui critichi l’assessore sia tu il primo a far riferimento a quelle voci! Tutto qua. In quel penultimo capoverso parli dell’amministrazione
come se le voci partissero da lì. E non è così.
Sugli affidamenti: ho scritto forse che risolto quello si risolve tutto? Ho scritto che è un passo avanti (e un passo verso la discontinuità: mi pare difficile sostenere quelloc he dici tu, che non ci sia discontinuità).
Conosco anche storie come quella di chi si è ipotecato la casa pur di fare teatro. Una sfida eccezionale, certo, tipica di chi alle sfide (anche quelle difficili, perché ipotecare una casa immagino sia una scelta molto impegnativa) ci è abituato. Appunto, però: perché in quello che scrivo vedi un “linguaggio competitivo”, che per di più ti fa paura?
Solo una cosa mi dispiace, perché mi conosci: io scrivo qui per conto mio, l’ho sempre fatto. Quindi non parlarmi di “amici tuoi”, di “che idea avete” e altre cosette varie. Io sono Marco, lo hai scritto tu, e basta: scrivo a titolo personale, quindi.
Anzi, così levo dalle castagne ZunkBuster: il cognome è Murgia, va. Ma resto sempre Marco Murgia che scrive a titolo personale.
Spiegaglielo tu, Vito, a ZunkBuster Alberto (cognome niente, visto che vigono formalmente le garanzie di cui al D. Lgs. 196/2003) che non hai bisogno di un avvocato (ops). E nemmeno la Lucida che, come ha giustamente detto, si difende benissimo da sola.
Di nuovo, saluti con stima.
Caro Marco forse è giunto il momento di spiegarti una cosa importante, che, in maniera piuttosto palese, si evince che non sai.
“Vinceranno i progetti, non questo o quel nome. A me, piccolo utente non intellettuale, piace così.”
Con questa frase non fai una bella figura. Ecco perchè:
I progetti devono essere sostenuti dai nomi. I nomi sono garanzia di molte cose, a volte di prodotti scadenti, a volte di grandi truffe e a volte di esperienza e qualità…e spesso anche di correttezza e onestà (un nome conosciuto non sempre e non per forza coincide con la parola “vecchie mafie” o clientelismo).
Ci sono studenti che sanno fare progetti bellissimi, ma poi, a causa della loro inesperienza non sono in grado di attuarli, ci sono dei poveri con progetti bellissimi e l’esperienza per attuarli, che non lo possono fare per l’assenza di fondi.
Pensa Marco che ci sono pure assessori con delle idee bellissime che non sono in grado ne di fare progetti, ne tantomeno di attuarli. Capisco che non ti fidi di nessuno, nemmeno dei tuoi amici, giacchè è impossibile fidarsi perfino di chi vuole fare rispettare regole inesistenti, a tutti i costi.
Marco, tutti gli operatori culturali che ci sono a Cagliari, muovono costantemente critiche di ogni tipo all’assessorato alla Cultura. Perchè non apri gli occhi e cominci a fartene una ragione? Vogliamo veramente passare la domenica mattina a parlare di nulla? Io credo che per te sarebbe più onesto, fare un passo indietro e ragionare sulle critiche che costantemente vengono mosse all’assessorato e all’operato inesistente dell’assessore. Piuttosto che battibecare con Biolchini sulla vostra amicizia e sulla vostra stima, vai a lavorare Marco, che ne abbiamo bisogno tutti del tuo lavoro e se non sei un intellettuale, come dici tu, ti prego di diventarlo, la cultura fa bene a tutti, soprattutto a quelli che fanno il tuo lavoro. Fatti una ragione anche di questo.
“Piuttosto che battibecare con Biolchini sulla vostra amicizia e sulla vostra stima, vai a lavorare Marco, che ne abbiamo bisogno tutti del tuo lavoro E SE NON SEI UN INTELLETTUALE, come dici tu, TI PREGO DI DIVENTARLO, LA CULTURA FA BENE A TUTTI, soprattutto a quelli che fanno il tuo lavoro. Fatti una ragione anche di questo”.
Ma davvero? La cultura fa bene a tutti? Ma dai. Non mi sento un ignorante ma neppure un intellettuale, e da quello che scrivi tu o sei intelluttuale o non sai nulla di cultura.
Beh, caro Nonno Franco, con questa frase sei tu a non fare una bella figura.
Ah, al massimo potrei battibeccare con te. Con Vito scambio opinioni.
Però hai ragione, oggi è domenica
Aspetta, Nonno Franco, faccio finta che oggi non sia domenica per puntualizzare una cosa.
Dei miei amici mi fido eccome. Ma non ho fatto io le telefonate di cui parla Vito, quindi non ne rispondo io. Tutto qua.
Ciao, da adesso è di nuovo domenica.
Ajò oh Zunk ! Fai outing pure tu, che magari, sull’onda dell’entusiasmo, oggi scopriamo anche le identità di Neo Anderthal e Gabriele Ainis.
Outing asi nau? Ebbene si, confesso, sono juventino 😀 … comunque se sei di Arzana come ho capito, qualche volta potresti avermi visto da quelle parti, dove un tempo andavo spesso. Favolosi i culurgionis al sugo di porcini slurp.
mannaggia la miseriaccia…
così non vale… come faccio a riconoscerti… non giravi mica con la zeta sulla maglietta e il fucilone smaterializzatore in spalla. Io, mentre gli ospiti si gustavano i culurgioni ai porcini, non facevo altro che correre da una parte all’altra, per cercare di risolvere emergenze organizzative. Mi fermavo solamente di fronte a forme intorno ai 90-60-90. Tu che forme hai ?
Guarda che Gabriele Ainis è Gabriele Ainis… 😀
non ho partecipato all’incontro volontariamente, perchè la mia presenza avrebbe avallato quella che a mio avviso non è partecipazione. non ho emendato quel documento perche non ne condivido spirito e impostazione e a mio avviso non era emendabile (ovviamente dal mio punto di vista che raramente è stato maggioranza in questo paese). Vito fa delle giuste considerazioni, che condivido su tanti aspetti. se critica posso muovere alle sue parole è che calca troppo la mano con l’assessore puggioni, perchè se c’è una ambiente che è conosciuto da tanti nella nostra amministrazione (in primis dal sindaco) è proprio quello della cultura. ed allora se quel documento, quello che si sta facendo in questo ambito, riceve perplessità e critiche, che arrivano da amici che hanno dimostrato tante volto il loro disinteresse personale e il loro amore per la città, le critiche vanno ribattute punto per punto senza facili scorciatoie. personalmente mi trovo in un enorme conflitto di interessi. nel senso che non sono contento di ciò che stanno facendo persone a cui voglio davvero bene. Ho sostenuto massimo con tutte le mie forze (poche forse in quel periodo, ma ognuno ha la sua vita a cui badare in primis) e continuerò a farlo, continuerò ad incazzarmi come spesso capita o a gioire come ho fatto ieri vedendo le foto della manifestazione, e capita anche questo spesso (non ve lo faccio l’elenco, che quando si fa bene non nascondo la mia soddisfazione).
tempo fa il mio “stato” su facebook era il seguente:
“cagliari non può privarsi dei grandi eventi ma può privarsi di tanti piccoli eventi organizzati dalle associazioni culturali”.
lo penso ancora e non vedo l’ora di poter urlare il contrario.
buona domenica cari amici.
Ibsen ha scritto solo sette testi teatrali, poverino. Ma lei già venti. Complimenti e buon lavoro.
Eh, ma Ibsen non ha mai scritto per la Nuova Sardegna, per questo che si è fermato a sette!
Triste notizia di chiusura, sembra un’epidemia…
Parafrasando Pascoli ed il suo “Addio”:
“Dunque, teatri teatri, addio!
Dunque andate, dunque ci lasciate
ma non per altri luoghi peraltro non lontani.
È finita qui non protestate.
Appassisce il mondo, si resta senza brani
più non ha senso il tempo che fu.
Dunque, teatri teatri, addio!
Il sipario più non apre alle stagioni
Lungo il Viale alfin lo noterete.
ov’era l’arte ora son libagioni
son gustose e molto più concrete
della cultura che non sazia per lo più.
Oh! se, teatri teatri, anch’io. . .
Voi declamate ancor, già morti eroi,
in quest’albe, le vostre atellane,
e sento tanti che parlano di voi
nelle loro lingue antelucane,
di fondamenti che non vogliono salvare
Oh! se, teatri teatri, anch’io . . .
O son forse gli ultimi spiragli
per gli scampati al velenoso bolo
che disorientati a caccia di ragguagli
tutti sparsi stan con un grido solo
si rivolgono a dire: or che sarà?
Dunque, teatri teatri, addio!
figlio, non son sol le vite loro,
ma svalutando l’arte dei tuoi giorni,
sappi che ti si toglie qualcosa di valore,
fornendo sempre i soliti contorni,
che non ti spiegano il mondo di là!”