Se le feste servono a imporci un momento di riflessione per dare una risposta alle fatidiche domande “chi siamo” e “dove andiamo”, anche questa edizione di Sa Die ci impone di non eludere il confronto.
Cos’è oggi la Sardegna? E dove sta andando? Porsi queste questioni significa già impostare il problema. Perché al dibattito servono domande giuste, non risposte qualsiasi.
Un’idea di Sardegna ormai in pochi ce l’hanno. Gli indipendentisti, forse (ma non tutti). Ma anche le forze reazionarie che negano i problemi, ovvero che ne attendono la soluzione da forze esterne all’isola, precludendo alla Sardegna qualsiasi protagonismo.
In mezzo, una maggioranza di sardi che non sa che fare.
E allora facciamocela qualche domanda, rinunciando per una volta alla tentazione di dare subito una risposta.
Cosa dipende da noi e cosa dipende da altri? Quanto possiamo essere protagonisti del nostro destino? In che misura possiamo affrontare questa crisi con gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione?
Le risorse sono limitate: quali priorità ci mettiamo? Ognuno di noi concretamente indichi le sue.
La lingua e la cultura sarda possono essere alla base di una nuova consapevolezza che poi si traduce in un’azione politica nuova e più efficace?
Che strumenti abbiamo contro la retorica e il qualunquismo? La cultura sarda sta aiutando la società a capire in maniera più matura che strada prendere?
Come selezionare una classe dirigente e politica migliore di quello che abbiamo adesso?
Io mi fermo qui, le altre domande aggiungetele voi. E, se volete, anche le risposte.
Buona Sa Die a tutti.
Non c’è niente da festeggiare. I francesi ci avrebbero portato un pò di Illuminismo e risveglio delle coscienze. In Sardegna L’ancien regime è arrivato molto prima del 1815.
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bene meda, vito. Amus a èssere su chi bolimus èssere. bona die a tie e a totus.
É vero, da troppo tempo il mondo della cultura, l’accademia, gli intellettuali, la politica, i media hanno rinunciato a farsi domande sul futuro e le prospettive della sardegna e dei sardi. Gli studi storici e archeologici segnano il passo, finanziati e condizionati dalla peste del senzazionalismo scientifico che ormai ammorba gli atenei da almeno un decennio. E la Storia, voglio essere banale, é la chiave per concepire le domande che nessuno vuole o sa più fare. Certo, molte delle vecchie visioni (in quelle domande c’erano gia le risposte) erano debitrici di ideologie e teorie economiche che non hanno retto (ahinoi!) ad una applicazione pratica. Però, tutto quel fiorire oggi lascia il posto al vuoto. Sarà la crisi? Il pensiero contingente? Il fatto che governanti, universita e editori guardando ai bilanci ritengano superflue simili speculazioni o le liquidino come anacronistiche velleità? Non lo so. So però che i docenti universitari e le elite che ci governano non hanno il problema di arrivare a fine mese proprio perché dovrebbero avere quello, terribile e sublime insieme, di studiare, riflettere e dare a noi cittadini-lavoratori idee e prospettive da coltivare. Ma forse sono soltanto piccoli deliri da sabato pomeriggio.
Conferisco il mio contributo, un incompleto elenco in pillole: scuola, lingua (non il bilinguismo da cartolina) borse di studio a studenti stranieri presso universita straniere, valorizzazione del concetto di insularita, in senso metafisico e non retorico. Razionalizzazione delle manifestazioni folkloristiche, oggi prone al turismo (perché i merdules e i mamuthones a ferragosto?). Infine, cinema, industria editoriale e autonomia finanziaria da roma. Mi fermo qui. Vedremo tutto questo? Sembra il programma di Progetto Sardegna? Non so, ma tanto questo non é -per mia fortuna- un programma politico, ma un desiderio. BONA DIE!
FRADES PESADE
O frades sardos, pesade!
ispezzade sas cadenas.
Affrancade sas carenas
dae ogni soma indigna.
Bivat,bivat sa Sardigna,
in clima ‘e libertade.
Dae tempus de antigoria,
sa zente sarda es suggetta,
pro lusinga o pro minetta
a istranza sennoria.
De isfruttamentu ebbia
paret esser meritoria,
ca mancu tenet memoria
de s’antiga dignidade.
A sos chi fini in sa grutta
à s’ora ‘e son nuraghes
como tue, sardu, faghes
tributosas reverenzias,
pro nd’ haer impertinenzia
minispressiu e affutta.
Pesa ! ponedilos sutta,
giompe chena piedade!
Hiat su sardu antigu
flottas esercitos res
e tue teraccu ses
de segnoreddu ispostadu.
e chie no hat aradu
tin’de piluccat su trigu,
tantu tue, pro castigu,
ti vivas de caridade.
Re nostru fit Babbu Sardu
Amsicora, Berisone,
ca sa sarda missione
Deus l’ha fatta distinta
de mente, sambene e grinta
e de limba e de azzaedu,
siat unu s’istendardu
e una sa volontade.
Astores crocoidande
biccan armentos e ortos.
Sardigna, terra de mortos,
terra terra de sos bios!
Sos nuraghes solatios
domos d’antigos zigantes
sun simbulos operantes
de fiere umanidade.
Ma miseras domos, in biddas
miseras atterettantu,
hat su populu chi tantu
hat dadu sambene e oro.
Ca s’iscura vida issoro
es de rese amasedada,
multa , tusa, masellada,
segundu nezzessidade.
Iscarsos d’abba sos logos
de piantasa ispozzadoso
murrunzana sos rancores
fruttos in tantu abbandonu.
Cun furisteri padronu,
terra, no has disaogu;
pedis elva e patis fogu,
de ispinasa e malidade.
Ogan metallu e carvone
da’ intragnas de Sardigna,
ma niunu la cret digna,
de mazzores impiantos,
ma isbicculan in tantos
sa sua produzione.
A nois tribulaziones,
ora e a sa saziedade.
Da Ispagna e dae Franza
o dae portu africanu
pegus ne tela ne ranu
podet passare galìu,
ca no hamus su naviu,
ca bi ponen furca e lanza.
E gasi accreschene in panza
ma males de calidade!
Totu: Res e guvernantes
miniostros palamentarios,
gerarcas e dignitarios
hana traittu, es notoriu.
Ma s’ingannu e s’innoriu
de viles politicantes
es finidu! Trunfantes
liberos sardos cantade!
Vincenzo Tatt
Questa nuova tornata referendaria, se tutti i quesiti saranno ammessi, e se i SI passeranno, potrà aiutarci a riscrivere in parte la nostra storia istituzionale?
Come sai, è un tema su cui ho non poca confusione…