Torniamo, per concludere, a Sant’Eulalia e alle interlocuzioni con il Vaticano riguardo a fatti e misfatti diocesani.
«Potrei ricordare intanto l’intervento generoso di don Cannavera, che nella circostanza si è rivelato vero amico di don Cugusi, partecipando anche ai festeggiamenti dei 40 anni di sacerdozio come a quelli di congedo dalla comunità. Ma anche proponendosi come ponte di dialogo, e altresì firmando testi forti ospitati dalla stampa, che rimarranno come testimonianza di un certo sentire ecclesiale. E ancora offrendo le strutture della Collina per le riunioni dei preti che progressivamente si sono presi l’impegno di dare tempo a una comune riflessione per l’oggi e il domani dell’archidiocesi, alla vigilia del cambio in episcopio…».
In questo quadro sono nati il gruppo e il giornale che portano lo stesso nome: Cresia. Come si è sviluppato questo progetto?
«Cresia si deve alla iniziativa di alcuni dei laici appartenenti a più parrocchie cittadine che, negli ultimi tempi, hanno inteso allargare il confronto delle opinioni circa le questioni della Chiesa locale. Sotto un certo profilo, potrei dire della mia parte, che è limitata alla genesi del progetto. A taluni amici – tutti di grande cuore e di grande mente, lo posso dire con certezza assoluta, e anche con forte sentimento di Chiesa – con i quali discorrevo dei disastri ultimi (Sant’Eulalia, il giovane diacono costretto a dare una mano, peraltro felicemente, in una parrocchia della provincia, lo scialacquo di denaro pubblico per il college di lusso, l’esosità della mensa vescovile) io proposi questo: fra pochi mesi, o fra poche settimane se il Cielo vuole, l’archidiocesi nostra avrà un nuovo vescovo, dunque dobbiamo disporci a tendere le nostre analisi sul presente ma le nostre riflessioni e proposte verso quel futuro ormai vicino del cambio di guardia in episcopio; si tratta di approfondire la conoscenza delle varie problematiche, migliorare la nostra competenza, stimolare e incrociare interlocuzioni impegnate, sagge, equilibrate, esperte nella città e fuori, e con esse sviluppare un discorso o un progetto da proporre poi a tutti. E così avanzai l’idea di un numero unico, da far uscire in occasione del saluto di don Mario alla parrocchia di Sant’Eulalia, un po’ come si faceva un tempo soprattutto con i vescovi in partenza o in arrivo, o di prima nomina, ecc».
Veramente si faceva così?
«Le biblioteche conservano questi giornali, io stesso ci ho lavorato sopra, come per monsignor Serci-Serra, o per monsignor Luca Canepa, o ancora – per dire di qualche arcivescovo recente – il cardinale Baggio, o il caro monsignor Bonfiglioli… L’idea piacque ed è stata messa a fuoco da competenti. Così è nato “Cresia.net” come giornale on line e/o su carta e Cresia come associazione. Alla testata sono stato gentilmente richiesto di collaborare. E ho ripreso lì quella specie di agenda fra storia e attualità della Chiesa e della città che per anni ho tenuto, con Cleliano Aru, sul periodico “Chorus”».
Il giornale ha accompagnato, e anzi ospitato il saluto di don Mario Cugusi dalla parrocchia lo scorso 10 ottobre, e poi domenica 17 c’è stato l’ingresso ufficiale del nuovo parroco. Commenti?
«Sul numero 3 del “Notiziario Diocesano”, che mi è arrivato proprio ieri, ho letto nella rubrica “Appunto per la cronaca”: “Venerdì (23 luglio) una rappresentanza della parrocchia di Sant’Eulalia ha incontrato l’Arcivescovo”. Punto e basta. Ma il giornale diocesano del 1° agosto le ha cantate sia in do che in fa diesis minore e maggiore, senza gloria per chi ha firmato e anche per chi ha avuto vergogna e non ha firmato. Perché, se posso fare una rapida e pur conclusiva parentesi, non posso non rilevare come fra gli ubbidienti passivi dell’arcivescovo nelle sue mosse recenti, vi sia anche qualche prete che per un anno intero, giusto dieci anni fa, ho difeso presso l’arcivescovo Alberti contro le discriminazioni che mi pareva patissero ingiustamente. Hanno dimenticato e avallato oggi una ingiustizia…
Don Cugusi però non è stato il solo ad essere stato “bacchettato” dall’arcivescovo…
«Infatti nel mucchio di quelle righe erano anche gli insulti a un galantuomo a cui l’amministrazione pubblica, l’interesse pubblico cagliaritano e sardo deve molto, per il servizio reso nel tempo dall’interno di banche ed enti chiamati a prove non facili. Ma a cui deve molto anche il giornalismo e la cultura, la saggistica storica, per una produzione che ha del prodigioso nel numero dei titoli e più ancora nello spessore delle trattazioni. E non meno gli deve, per la lealtà e l’umiltà del suo servizio all’ambone, la parrocchia di Sant’Eulalia, antica e tornata a vita giovane grazie sì al parroco straordinario dell’ultimo trentennio, ma grazie anche ai tanti collaboratori, dalle catechiste ai responsabili sportivi e dell’oratorio, agli addetti al teatro e al museo o agli scavi, per tornare poi alla cabina di regia dove il decano del Consiglio pastorale ha dato del suo meglio. Aggredirlo come ha fatto, con le parole e con lo scritto, l’arcivescovo è stato indegno dello stato apostolico al quale egli avrebbe dovuto confarsi. Ma tant’è…».
E infine c’è stato però l’arrivo di don Lai. Un punto fermo e una svolta, oppure soltanto una parentesi?
«Dirò subito di don Marco Lai, che certo ha i numeri anche lui – con il suo specifico – per essere non solo un bravo parroco, ma un grande parroco, degno continuatore di don Mario Cugusi… Prima, però, vorrei dire una parola conclusiva, di cronaca, sui passaggi di resistenza rispetto al provvedimento dell’arcivescovo dello scorso luglio, anche se formalizzato soltanto a settembre. Dopo l’informativa generale e previa di cui ho detto all’inizio, indirizzata alla Congregazione del Clero, don Mario ha inviato il suo ricorso all’ordinario diocesano, come il codex prescrive molto chiaramente: rimozione – nonostante che di rimozione non si parli nel decreto arcivescovile ma soltanto di “cessazione dall’ufficio” – senza motivo, perché in un decreto un vescovo non può scrivere “deciso per vendetta”, non sarebbe canonico e non sarebbe estetico».
Si sa che, nella fattispecie, l’ordinario può respingere il ricorso ma deve, dovrebbe astenersi da altri atti ostili al ricorrente.
«E invece c’è stata la formalizzazione della nomina del successore. Di qui il nuovo ricorso di don Mario, stavolta alla Congregazione del Clero presso la Santa Sede. La quale Congregazione, con un fax al decano dell’uscente Consiglio pastorale, ha inviato una comunicazione il giorno 16 ottobre con una formulazione tecnico-giuridica molto stretta, che a parere di diversi farebbe ritenere che essa Congregazione propenda ad inquadrare la vicenda di Sant’Eulalia proprio come una rimozione immotivata e non come una neutra “cessazione dall’ufficio” per decorrenza del tempo per il quale l’ufficio fu conferito. Anche perché, sul punto, andrebbe ricordato che nel decreto dell’arcivescovo Alberti del 1989 (che trasformava in parrocato l’amministrazione parrocchiale cominciata nel 1983 e successiva alla vicaria parrocchiale del biennio 1980-1982) si conferiva il mandato sì per nove anni, ma con proroghe ove “esigenze pastorali lo esigessero”. Il che è evidentemente stato riconosciuto dallo stesso Alberti fino al 2003 – sono dunque ulteriori cinque anni dopo il 1998 – e ancora da Mani dal 2003 al 2010 – e sono ancora altri sette anni. Esigenze pastorali. Il parroco uscente e il Consiglio pastorale e molti della comunità rilevano questo: la “cessazione dall’ufficio” che non sia da intendersi come rimozione non può negarsi al confronto con le “esigenze pastorali”. Queste non sussistono più? Lo si dica e lo si scriva, nero su bianco. Non sono state fronteggiate adeguatamente? Lo si scriva. Ci si assuma le proprie responsabilità».
In attesa dunque dell’esito dei ricorsi siamo ormai entrati nella fase Lai. Sarà un bene per Sant’Eulalia?
«Don Marco Lai – per me anche un amico da un quarto di secolo!, dai tempi della nostra comune gioventù o dell’inoltro nell’età adulta – è uomo di grandi qualità, è prete di grande fede e spiritualità e anche buone letture, è cristiano di grande sentimento partecipativo alla sorte dei più deboli. Come parroco ha fatto anche lui miracoli. Tanto più a Santa Margherita di Pula, dove ha rilevato – dopo un breve interregno – la parrocchia che era stata di don Cannavera. Parrocchia complessa, multicentrica, distesa sul territorio fra mare e montagna, dico meglio fra villaggi di seconde case marine e turistiche e case coloniche di vecchi assegnatari Etfas, insomma fra vacanza e lavoro di campagna… E negli anni del parrocato di Santa Margherita egli ha iniziato a dimostrare chi era, arrivando a cedere perfino il suo letto agli ospiti bosniaci che, come Caritas, era riuscito a portare in Sardegna, salvandoli dalla guerra. Nuclei familiari interi, ragazzi e bambini, adulti, uomini e donne, bisognerà scriverla quella storia. Ha fatto, maturando in quegli anni esperienze straordinarie, umane ma anche cristiane, di prete di trincea. Esperienze che, in verità, per certi aspetti aveva iniziato, in altro contesto, certo più tranquillo, come vicario a San Pietro di Assemini, subito dopo la sua ordinazione, nel 1980… Ho accompagnato a morte, tempo fa, quando la Provvidenza ha voluto che vivessi anch’io per anni la vita dei malati di aids nel reparto Infettivi, Francolino, uno dei ragazzi che lui con don Efisio Spettu aveva fra i più cari in Assemini… Ed esperienze poi a Sant’Eulalia, collaboratore allora, fra il 1984 e il 1985, proprio di don Mario Cugusi. Ottimo il loro affiatamento, e i risultati si sono visti nel tempo. Quindi Santa Margherita e dopo altri tredici anni eccolo a Sant’Elia, a raccogliere una eredità nobile, quella di don Guido Palmas, che era stato per lunghi anni missionario in Brasile e cappellano all’ospedale “SS. Trinità” ed oggi è arciprete nell’antica cattedrale di Suelli. E a Sant’Elia, pur in mezzo alle difficoltà che sono conosciute, ha lavorato con le famiglie, con i giovani, ha valorizzato i collaboratori perché, fortunatamente per lui, non è un accentratore… Certo, dal mio punto di vista e per quanto se ne è detto da chi conosce le cose, il vedere il quartiere di Sant’Elia, che pur non è più quello di trent’anni fa – il quartiere del prete-operaio, il quartiere ante-Vasco Paradisi cioè, per dire dei responsabili parrocchiali, e anche il quartiere conosciuto da Franco Oliverio –, vedere il quartiere come roccaforte elettorale di un partito come è quello che purtroppo governa o sgoverna Cagliari, è triste».
Cos’è cambiato, perché è cambiato?
«Si risponde: sono arrivate le elemosine comunali, che non aiutano la maturazione dello spirito pubblico, la consapevolezza civica, la comprensione ovvia e banale che una politica elemosiniera non regala nessun futuro ed è a puro esaurimento delle risorse, è intimamente disonesta e prepara nuove sconfitte… Se ne dà qualche colpa, dico di questo scadimento della coscienza di classe e civica in cambio dei belletti e dei deodoranti, anche alla parrocchia che non avrebbe preteso dall’Amministrazione un profilo alto nella progettualità del domani condiviso e non si sarebbe impegnata nella educazione sociale che è dovere e responsabilità, dignità capace di fronteggiare l’imbroglio di certa politica. Sarebbe mancata alla parrocchia la capacità di una lettura critica della sostanza vera di una classe “non”dirigente, senza ideali, senza gusto alla gratuità».
L’avrebbe anzi carezzata…
«Ma al di là di questo, che pure è importante, importantissimo anzi, certo è che con il parrocato si è associato, in don Lai, il servizio di direzione della Caritas diocesana. E forse nessun prete del clero cagliaritano avrebbe potuto fare di più e meglio di Marco Lai in quel settore in questi anni. E se un limite c’è stato anche nella attività della Caritas – perché la critica è lealtà, è interessamento, è dono di intelligenza, e dunque è doverosa – è forse quello di non aver suscitato, fra gli amici della vasta e meritoria rete, una mente “avversa”, critica per statuto o chiamata, sicché la resa avrebbe potuto confrontarsi anche con questo giudizio. E forse alla Caritas – ma credo di più alla testa della diocesi – si sarebbe dovuto chiedere, in questi anni, di lavorare nella educazione, lungo prospettive orizzontali, perché poi il volontariato come recinto sia finalmente sostituito da un volontariato presente nella identità propria e ordinaria di ogni cristiano che va alla preghiera, alla messa, alla processione».
Ha partecipato all’insediamento del nuovo parroco?
«Sì, certo. E però confesso, e mi duole dirlo, con un doppio sentimento: di felicità per Marco, perché Sant’Eulalia – per la storia della parrocchia e per il lascito impagabile che da don Cugusi ha raccolto – costituisce come una promozione, un riconoscimento di merito cento o mille volte più di un titolo di monsignore che l’arcivescovo Mani ha dato a lui e a quanti altri soltanto perché ne aveva un cassetto pieno e non costava nulla regalarlo. E però, con la felicità anche per la comunità che in don Marco troverà per qualche tempo una guida nella fraternità, anche una oppressione: perché quella del 17 ottobre è stata una festa, una bella festa, ma che è scaturita da un delitto».
(fine sesta parte/fine)
No, signora, il problema non sta nel fatto che i commenti di Gianfranco Murtas possano ferire, il problema sta proprio nella “sensatezza” dei commenti, che lei ravvisa e io no.
E quanto alla scaltrezza io non la ipotizzo, la riscontro. Invece Gianfranco Murtas ipotizza un mare di cose nei confronti di mons. Mani. Forse, come dice lei, le avrà sperimentate in sè stesso?
Eh, si Gianfranco Murtas è proprio così, bello e malvagio! Sarà per quello che gestisce tutto questo potere da aristocrazia nera e contemporaneamente complotta contro Sacra Romana Chiesa. A parte gli scherzi, trovo i suoi argomenti sensati e però capisco che possano ferire i sentimenti della “controparte”. Non si possono ricevere sempre applausi, giusto? E sono davvero sicura che in ogni confronto che susciti tanta emotività ci sia alla base una onesta ricerca della verità. Onesta se, da parte di chiunque giudichi, non ci siano pregiudizi di malafede. Infatti perchè ipotizzare scaltrezza negli altri se non per averla prima sperimentata in noi stessi? Se qualcuno sostiene tesi che non condivido, tendo a cercare di capire quali ragioni ha per sostenerle in quanto proietto su di lui la mia medesima voglia di conoscere.
Ma perchè questa donna osa parlare tra gli uomini?
Infatti ora taccio, abbasso lo sguardo e vado.
Molto scaltro Gianfranco a rigirare la frittata per dire che sono i suoi interlocutori a non portare argomenti. E i suoi dove sono? Io vedo solo un misto di Dan Brown, Grande Fratello e talk show televisivi.
Io invece gli argomenti li ho indicati chiari e tondi. Attendo ancora risposta, ma ho paura che tarderà ancora a lungo…
Caro Vito,
ho visto che hai esitato la sesta parte dell’intervista.
Ho visto anche, nel seguito dei testi delle varie puntate, varie osservazioni critiche sia verso le mie affermazioni sia verso la mia persona e le mie intenzioni (o male intenzioni).
Ho visto anche che ad argomenti pressoché nessuno ha opposto argomenti, ma solo generiche difese d’ufficio che non so neppure se gradite e quanto utili alla causa. Il rischio di essere più papalini del papa è sempre incombente.
Da uomo di minoranza non mi posso però lamentare. Ero con Goffredo Mameli quando fu martoriato con la cancrena e infine ucciso, lui 21enne poeta mazziniano, dal fuoco francese convocato dal beato Pio IX per abbattere la repubblica romana che aveva abolito quella pena di morte che il beato Pio IX, tornato sul trono, ripristinò.
Provo oggi simpatia per il pontefice Benedetto XVI al quale forse nessuno ha mai detto che le note dell’Inno degli italiani, che la banda musicale intona in suo onore nelle occasioni delle benedizioni urbi et orbi, accompagnava i versi poetici di quella vittima del suo predecessore. Ma la simpatia non annulla la memoria. E peraltro con papa Benedetto ben condivido l’asserzione che il cristiano è sempre controcorrente. Per questo ero anche con Rosmini, condannato dalla curia dei monsignori con l’interdizione dei suoi libri, ed oggi fatto beato anche lui, e con quale merito!
E pertanto, a conclusione di tutto questo, penserei di interloquire amichevolmente, con una lettera finale, proprio con i singoli: ai quali, nonostante certe malevolenze formali, debbo rispetto, considerazione e, se posso dirlo anche per essi, simpatia autentica. Perché sono convinto che l’intenzione non sia cattiva, e che anzi a muoverli sia sempre e soltanto un obiettivo più che degno.
Ricordo che nel 1986 mi capitò di fraternizzare, dopo l’incontro personale che io stesso suscitai, con alcuni giovani che – nel dibattito da me promosso sull’Unione Sarda a nuova direzione Crivelli – avevano duramente polemizzato con me (quando invece don Giovanni Canestri mi aveva già invitato a colloquio fra i suoi amati libri). Erano giovani militanti della parrocchia cagliaritana di San Pio X (a me carissima per l’antico parrocato di don Ottavio Cauli e per quella grande e contestata tela cristiana di Foiso Fois che tanto appassionatamente difesi in televisione, dal 1981 – quando portai in televisione il vangelo settimanale -, e sulla stampa). La conoscenza personale stemperò le punte polemiche e assorbì quel certo pregiudizio che s’era affacciato.
E così, giusto dieci anni fa quasi di questi giorni, con don Spiga – vicario generale – e don Marcia, che vennero a trovarmi a casa e con i quali, onorando San Vincenzo de Paoli che quel giorno celebravamo (io poi lo celebrai anche in comunità), potei fraternamente discorrere delle cose della archidiocesi quali allora si presentavano e che – come potrebbero ricordare in molti – divennero oggetto di forte critica da parte mia nei confronti di don Ottorino Pietro Alberti al tempo nostro arcivescovo. Il dossier è ricco di oltre cento pagine, fra corrispondenza e note, ed è consegnato all’archivio storico, perché costituisce prova credo non banale di una militanza leale, anzi leale perché critica, e che tante ricadute ha avuto poi, e che non sono conosciute dal pubblico.
Grazie della attenzione. A presto, gianfranco murtas
Caro Murtas, perché limiti il tuo essere vicino a chi era contro corrente e “uomo di minoranza” solo dal periodo del risorgimento?
A mio parere eri vicino pure al primo uomo controcorrente che la storia ricordi: un certo Caino, fratello di Abele il primo “papalino”.
A generiche accuse fondate sul nulla è praticante impossibile replicare in maniera diversa rispetto a come è stato fatto, sta a chi legge valutare e maturare la sua opinione sull’argomento in questione.
Ho allegato, al mio precedente post, numerosi documenti filmati, opera di sostenitori di don Cugusi, la cui visione ha molto più valore dimostrativo delle nostre chiacchiere.
Quanti li hanno pubblicati pensavano di fare propaganda contro l’arcivescovo ottenendo invece l’effetto opposto.
Pensa che io mi sono interessato alla questione dopo aver visto il video delle contestazioni: video che mi ha turbato parecchio.
Non avrei mai immaginato che si potesse arrivare a profanare un Luogo Sacro ed oltraggiare un religioso in tale maniera continuando a sentirsi cattolici e/o persone civili.
Evidentemente il relativismo ha corrotto le persone pure nel loro sentire religioso ed il senso critico è stato sostituito dalla contumelia perenne in stile televisivo.
A proposito: proprio non ti è possibile comprendere che una frase come questa: “Provo oggi simpatia per il pontefice Benedetto XVI al quale forse nessuno ha mai detto che…”possa essere sentita da un cattolico come blasfema?
Il Santo Padre, sicuramente ha studi sufficienti per conoscere la storia d’Italia senza aver bisogno che qualcuno gli dica certe cose.
La simpatia che provi nei suoi confronti, sarebbe opportuno fosse accompagnata pure dal dovuto rispetto.
Pure io provo nei tuoi confronti simpatia perché penso che la tua intenzione non sia cattiva, e che anzi a muoverti sia un obiettivo più che degno: tu ami la Chiesa e vorresti che i suoi ministri fossero tutti giusti e perfetti.
Tu vomiti su di loro critiche ed accuse, incurante della loro fondatezza, in modo da incentivarne la rettitudine nell’adempiere al loro magistero.
Per questo hai un ruolo nella conduzione del gregge: il Creatore saprà riconoscerti il giusto compenso per il tuo operare.
Questa estate un amico mi ha aiutato a maturare alcune riflessioni pertinenti al tema:
http://www.diocesidicagliari.it/aspPages/forum/topic.asp?TOPIC_ID=217&whichpage=3
Sto diventando “più papalino del papa” o cerco semplicemente d’essere coerente con la mia fede?
Cerco di capirlo e pure tu mi hai dato una mano; di questo ti ringrazio calorosamente.
A mio modesto parere l’apice dell’ignominia Murtas l’ha raggiunto con questa affermazione:
“…un riconoscimento di merito cento o mille volte più di un titolo di monsignore che l’arcivescovo Mani ha dato a lui e a quanti altri soltanto perché ne aveva un cassetto pieno e non costava nulla regalarlo.”
Rende palese il suo proposito di descrivere ogni atto del nostro arcivescovo come privo di valore qualora non sia perfino all’origine di “un episodio di malavita clericale”.
Rivelatore pure l’appunto mosso a don Marco Lai perché la sua precedente parrocchia, Sant’Elia, con la sua guida “…non si sarebbe impegnata nella educazione sociale che è dovere e responsabilità, dignità capace di fronteggiare l’imbroglio di certa politica.”
Il mancato impegno avrebbe causato questo risultato: “…vedere il quartiere come roccaforte elettorale di un partito come è quello che purtroppo governa o sgoverna Cagliari, è triste».”
Murtas confonde le parrocchie con le sezioni del PD: il cui operato viene giudicato in base ai voti che raccolgono nell’area di competenza.
Una sinistra allo sbando, carente di leader e di una visione della società da proporre, secondo alcuni “fini intellettuali organici” dovrebbe appropriarsi delle parrocchie per trasformarle in centri sociali se non in sezioni del partito.
Politicanti privi di consenso che sperano di mantenere un ruolo sociale infiltrando e laicizzando la Chiesa, questo mi sembra il palese intendimento di Cresia e dei suoi “pensatori”.
“…stimolare e incrociare interlocuzioni impegnate, sagge, equilibrate, esperte nella città e fuori, e con esse sviluppare un discorso o un progetto da proporre poi a tutti.”
Un progetto velleitario, ridicolo ma comunque indegno per un fedele. Davvero è triste dover constatare che don Cugusi ha prestato ascolto a tali voci e ne ha seguito le lusinghe.
Consiglio la consultazione di questo materiale per avere una visione più diretta dei fatti e delle parole dette e scritte in questa triste vicenda.
Qui si trova il link al video più completo sulle contestazioni sacrileghe avvenute a sant’Eulalia e alcune mie considerazioni espresse “a caldo”.
http://www.diocesidicagliari.it/aspPages/forum/topic.asp?TOPIC_ID=240
Altri video con la voce di don Cugusi:
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-don-cugusi-ricorrero-contro-trasferimento
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-don-cugusi-non-e-piu-parroco-sant-eulalia
Qui afferma di sentirsi in comunione con i fedeli (sarebbe interessante sapere come si sente con il Cristo e con la Chiesa)
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-don-cugusi-ai-fedeli-ho-bisogno-voi
Qui, congedandosi dai fedeli, parla di “eccessivo clericalismo” e della necessità di laicità: faccio molta fatica a trattenere un commento sarcastico.
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-ultima-messa-don-cugusi-alla-marina
La voce del “decano”
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-assemblea-al-quartiere-marina-don-cugusi
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-fadda-santeulalia-rinascimento-e-finito
Infine il partito appoggia la sezione PD “sant’Eulalia”: sarebbe auspicabile che la Diocesi concordi con il partito le nomine dei parroci.
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-chiesa-pd-e-centro-storico-ripensare
http://www.youtg.net/it/cagliari/cagliari-cugusi-pd-presenta-progetto-marina
Credo sia opportuno avere pure la versione della Diocesi.
http://www.diocesidicagliari.it/public/attach/1245/29%20il%20Portico%2010%2007%2025%20p7.pdf
http://www.diocesidicagliari.it/public/attach/1245/30%20il%20Portico%2010%2008%2001%20p3.pdf
Restano ancora dubbi sulla vicenda?
Un commento pacato e saggio sull’intervista.
http://www.diocesidicagliari.it/aspxPages/funzioni/showArticle.aspx?idArticolo=1260
“fra poche settimane se il Cielo vuole, l’archidiocesi nostra avrà un nuovo vescovo”. Gianfranco Murtas non si vergogna nemmeno un poco a scrivere simili perfidie? Si sente molto bene dopo aver insolentito l’Arcivescovo? La sua coscienza lo tranquillizza per questi bei sentimenti nei confronti del Pastore della diocesi? E poi, davvero qualcuno può pensare seriamente che nei confronti di qualsiasi successore di mons. Mani Gianfranco Murtas terrà un atteggiamento diverso? Dopo due settimane comincerà a calunniare anche quello, è la sua speciallità, diffamare il vescovo in carica ed esaltare i predecessori. Volete la prova del nove? C’è anche la prova del nove: in quest’ultimo capitolo del codice da Vinci di Dan Brown…ehm mi sono sbagliato, scusate, volevo dire in quest’ultima parte dell’intervista (il blogger ci ha promesso che è l’ultima, speriamo sia sincero almeno lui e ci risparmi ulteriori arzigogoli fantascientifici) si trova questa espressione :”il caro monsignor Bonfiglioli”. Bello, direte, anzi commovente. E infatti lo è. Peccato però che l’ineffabile Gianfranco Murtas diversi anni fà pubblicò sull’Unione Sarda una serie di articolesse diffamatorie proprio verso quel santo vescovo che fu Bonfiglioli. Il clichè era esattamente lo stesso usato nei confronti di Mani, si tratta di un canovaccio collaudato, perchè fare la fatica di cambiarlo se basta cambiare i nomi e qualche piccolo particolare come si fa con gli stamponi dei certificati all’anagrafe? Pensate che il sublime Ganfranco pensò bene di attaccare Bonfiglioli proprio sul versante più impensabile, quello della povertà, pur sapendo tutti i fedeli cagliaritani a quale livello eroico Bonfiglioli vivesse questa virtù. Ma per Gianfranco Murtas Bonfiglioli era un riccastro che nuotava nell’oro perchè – argomento decisivo e insuperabile! – in episcopio c’erano alcuni quadri di valore e sale di qualche pregio artistico, che evidentemente il Dan Brown di Stampace ascriveva automaticamente al patrimonio personale del vescovo.
Questo è l’uomo Gianfranco Murtas, il suo stile e la sua etica. Tanto per informare (se il blogger lo permette) chi fosse tentato di calibrare il suo giudizio sulla base di queste fluviali interviste romanzate.