“E l’Anfiteatro Romano? Per lasciarlo così, abbandonato a se stesso, non era meglio continuare a fare gli spettacoli?”. Questa frase adesso non la sentirete più. Perché stasera la Giunta Zedda ha stanziato i primi 320 mila euro per lo smantellamento della disgraziata gradinata lignea ideata dal sovrintendente Mauro Meli, voluta dal sindaco Delogu, realizzata con la complicità dai sovrintendenti Segni Pulvirenti e Santoni, e tollerata dal sindaco Floris. Uno scempio vergognoso. Mi auguro che almeno su questa vicenda l’apocalittico Giorgio Todde non accusi la Giunta Zedda di aver preso la strada della cosiddetta “continuità amministrativa”.
***
Via libera, su proposta dell’assessore ai Lavori Pubblici Luisa Anna Marras, al primo progetto definitivo per lo smontaggio degli allestimenti dell’Anfiteatro. Finanziato con quasi 320mila euro di fondi comunali, il progetto (che ha ottenuto i pareri favorevoli della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici e artistici per le province di Oristano e Cagliari e della Soprintendenza per i beni archeologici di Cagliari) tiene ampiamente conto della particolarità del sito e delle caratteristiche del monumento, già danneggiato dalla cosiddetta legnaia che attualmente lo sovrasta.
I primi interventi riguarderanno lo sfalcio e la pulizia del sito, da effettuare con aspiratori e scope morbide senza incidere sulle superfici del monumento: al termine delle operazioni tutto il materiale dovrà essere setacciato per l’eventuale recupero di materiale lapideo. I diserbanti saranno non inquinanti e non tingenti, tali da non alterare le qualità del monumento.
Dopo la messa in sicurezza, che prevede anche il posizionamento e la protezione del materiale lapideo, la cronologia dei lavori è così definita: lo smontaggio degli arredi e delle finiture (a iniziare dalle ringhiere e dalle poltrone), lo smontaggio del primo anello e della rampa di accesso ai camerini, quello della platea con i blocchi-scale e il blocco-bagno posizionato sotto la stessa platea, lo smontaggio del palco e del blocco quadro sottostante, lo smontaggio e il sezionamento degli impianti elettrici, idrico-sanitario e antincendio, la rimozione delle pavimentazioni artificiali e quello delle strutture in elevazione. Tutto il materiale sarà spostato all’esterno del perimetro dell’Anfiteatro con mezzi di piccole dimensioni e non impattanti, e catalogato per altri utilizzi successivi.
Ecco cosa propone l’incommentabile Porcelli. Praticamente di far consumare al sindaco Zedda il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria e probabilmente anche quello di omissione di atti di ufficio.
Questi hanno veramente la faccia come il culo … e con certa gente si dovrebbe trattare? No grazie!!!!
http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/253403
Concordo in tutto e per tutto con le argomentazione dell’arch Campus (a cui peraltro contesto di essere stato poco pochissimo incisivo con le passate amministrazioni comunali, nel portar avanti queste stesse argomentazioni di ‘legalità’ e di valorizzazione del patrimonio archeologico).
Che ne facciamo?
Perchè, badate, per ora questo paladino della legalità che è il sindaco Zedda sta passando alla storia per aver
– abbattuto i baretti del poetto senza alcuna idea del se come e quando ricostruirli
– eliminato uno dei pochi, pochissimi spazi, ‘spettacolari’ di Cagliari senza alcuna idea del come e dove sostituirlo (l’anfiteatro) come spazio di eventi; senza alcuna idea del come e del chi recuperarlo (l’anfiteatro) come spazio museale.
e a pensarla così non sono (solo) i denigratori di centrodestra, ma soprattutto gli elettori di questo sindaco
dopo 20 anni di ininterrotto governo della città da parte della destra, i buoni propositi dell’arch campus non sono altro che una teorica agenda, anche da condividere, inattuata non dal non possiamo, ma dal non vogliamo…il governo della città con il sindaco delogufloris era interessato a ben altro…
circa il giullare e i suoi lazzi…spettacolari, senza scomodare i denigratori ed i fan, non potrebbe parlare più modestamente per se stesso come facciamo noi tutti? o il nick scelto denota, oltre che il voler restare anonimi, anche un’irrefrenabile voglia di grandezza?
caro vito non potremo fare a meno di tutti i post anonimi? a che tipo di discussione possono giovare interventi del tipo lancio-la-pietra-e-nascondo-la-mano (e la faccia)?
caro signor p-nicola-simeone, ho riletto con attenzione le sue intelligentissime proposte di cercare finanziamenti (magari in europa) per ‘collegare’ l’anfiteatro all’orto dei cappuccini…non male come idea…potremmo poi cercarne altri, di fondi, per collegare l’anfiteatro agli scavi di sant’eulalia, e da li al tunnel di via roma, che i fondi sono già stati trovati. faremmo un bel tunnel unico, che ne dice, l’importante è trovare fondi, in europa.
Altre brillanti idee, magari anche un pò meno assistenzialistiche, per poter utilizzare l’anfiteatro e non riconsegnarlo (come era 20 anni fa) alle cartacce?
Quanto poi al suo nome (nome?) o meglio nickname, dietro al quale lei pure si cela, se la fa sentire meglio, può chiamarmi anche Tore Mura, o Gina Scorre; resta il fatto che in tanti, stanchi di un ventennio destrorso, hanno votato Massimo Zedda e ora si stanno chiedendo se hanno fatto bene o male.
a proposito, sig, simeone, lei si chiama davvero simeone, nicola ma soprattutto p?
quando parlare si limita a far fare ginnastica alle dita…a che serve rispondere? cmq un uso più assiduo di un buon dizionario della lingua italiana aiuterebbe, come pure una maggiore conoscenza delle varie misure di finanziamento eu
circa al nome, non nick name, quello ho e con quello mi presento e firmo, a differenza di altri
A ilgiullare – che ringrazio per l’adesione al mio pensiero – devo ricordare di aver fatto una battaglia personale per la cosiddetta “metropolitana di superficie”; di aver tentato di fare – dopo decenni – iniziative per l’housing sociale; di aver portato finanziamenti per la “qualità dell’aria”, leggi parcheggi di scambio. piste ciclabili etc.; di aver partecipato – contestato da una parte della maggioranza – al Festarch; di aver fatto salti mortali per la realizzazione del porto di S.Elia; di aver cercato di difendere Poetto e baretti con un PUL, purtroppo mai approvato; di aver – contestatissimo – fatto firmare a Soru e Floris l’accordo di programma per Betile etc.; di aver portato avanti iniziative per il Piano del Verde; e tante altre cosette, sempre d’intesa con il Sindaco, dato che non mi ha mai cacciato.
Molte volte ho piegato la testa, e inghiottito.
Che cosa?
Soprattutto, la tendenza generale a lasciar fare poco, nel nome del gioco delle parti. Che fosse urbanistica o case popolari o, in generale, proposte strategiche.
Avrei potuto andarmene, come qualcuno mi ha suggerito; ho preferito restare, e pagare il prezzo della mia presunzione.
Non ho avuto però sconti, ne’ ho voluto chiederne: quello era il Sindaco, quella era la maggioranza, quella era l’opposizione.
Ma ho sempre cercato di fare cose in cui credevo.
Non so se ho fatto abbastanza, e bene: probabilmente no; ma, dopotutto, ero solo un assessore “tecnico”, il cui conto politico era pagato dal Sindaco in persona, che – volente o nolente – conti ne doveva pagare tanti.
Come diceva – secondo Pascarella – il Re di Spagna a Cristoforo Colombo, che gli chiedeva le navi e si stupiva della sua difficoltà a concedergliele:
… per esser re, son re, non c’è quistione: ma mica posso far quel che me pare…
Cito a memoria, naturalmente.
Che cosa?
Tutto.
Mi pare che il sostantivo ‘incisivo’ esprima bene ciò che le ‘contesto’, gentile architetto. Non ho affermato che lei sia stato nè disimpegnato, nè menefreghista, ribadisco però poco incisivo, e aggiungo: se le iniziative di cui lei si è fatto promotore, (apprendo ora in concorso persino con il Sindaco) alla fine si sono risolte con un nulla di fatto (perchè ad occhio nulla si è fatto), una qualche conclusione bisognerà trarla,no
e nel merito del discorso che si sta facendo sull’anfiteatro, mi pare, che sia la sua posizione sia stata…come dire…’defilata’. Da archietto, e immagino culture delle belle arti, credo sapesse bene quanti e quali danni danni la struttura (dichiarata temporanea e rimovibile) lignea abbia arrecato al monumento.
Da assessore o ‘politico’ invece penso che, come tanti nel centrodestra e altrettanti nel centrosinistra, abbia considerato che quella struttura fosse indispensabile alla organizzazione degli spettacoli estivi e quindi (essendo un costo e non particolarmente basso) lo smontaggio e il rimontaggio delle tribune, facesse comodo ‘lasciar fare’.
La domanda che però non rivolgo a lei ma a tutti (vito compreso) è questa: che ne facciamo ora? è davvero così incompatibile il monumento con gli spettacoli estivi? sarebbero disposti i cagliaritani a spendere 3 euro (sparo una cifra simbolica che idealmente ricopra i costi di montaggio/smontaggio e affitto delle tribune lignee) ad ingresso in più per pagare i costi di valorizzazione museali invernale e quelli ludici estivi?
La mia posizione, se posso ri-assumerla senza rischiare di apparire troppo autoreferenziale, è molto semplice, anche se articolata:
– il tema non era di mia diretta competenza, anche se per la cortesia del collega Lorrai ho avuto modo di partecipare ad alcuni incontri – con l’arch. Scarpellini e l’ing Tola – nel tentativo di identificare diverse soluzioni e una diversa localizzazione per un centro “grandi eventi”. Per tale fine – nel mio ruolo di assessore all’urbanistica, e ricordando una tesi di laurea per la quale ero stato relatore – avevo proposto di prendere in esame la cava sul lato dx della strada per Calamosca. Il Direttore Regionale – Scarpellini, appunto – si era gentilmente prestato al sopralluogo (solo lui, Lorrai e io stesso), ma la cosa non aveva avuto esito: a suo giudizio, dato già sul posto, il sito non si prestava. Dopo di ciò, mi sono limitato al mio ruolo di componente della Giunta, se pure – ovviamente – da “addetto ai lavori”. Ricordo che responsabilità dei singoli temi sono in genere considerate, anche se a me sembrava strano, come limiti poco permeabili. In realtà, a pensarci bene, la ragione risiede nel rapporto degi assessori con i dirigenti, il PEG, le responsabilità dei procedimenti, etc. etc.; in Giunta si condivide la cosa politicamente;
– in merito alla rimozione di quanto esistente all’Anfiteatro, è evidente come si siano contrapposte due linee: una, quella di “usare” il monumento nel senso previsto con il progetto e il montaggio dell’impianto (avvenuto peraltro successivamente a precedenti molto “tosti”); l’altro, quello di lasciare il monumento libero da sovrastrutture, funzionali allo spettacolo o meno. Quanto alle caratteristiche tecniche dell’intervento, alla rimuovibilità etc., sono – francamente – tutte balle: questo sono cose che, con l’uso estetico e funzionale del bene non c’entrano niente; hanno infatti a che fare con il “come fare” e non con il “cosa fare”. Se il lavoro era mal concepito, non si doveva fare, rimuovibile o no; se era stato mal realizzato, si dica in cosa e chi siano stati i responsabili. Però, ribadisco, questa della rimuovibilità è – a mio giudizio – una di quelle balle che servono solo a scaricarsi la coscienza: rimuovibilità significa che la cosa può essere rimossa senza tracce sul contesto, non che “deve” essere rimossa. Sono due nozioni diverse: la tour Eiffel è “rimuovibile” (almeno concettualmente), il S.Elia no: esso è invece “demolibile” (in tutti i sensi). La domanda è: l’insieme delle opere sull’Anfiteatro era destinata ad una permanenza “temporanea”? se si, quanto? e con quali accordi, garanzie e condizioni? Come si vede, la questione dei danni permanenti – conseguenti a fatti meccanici – c’entra pochissimo con la durata dell’intervento, ma molto con la sua concezione. Non entro nel merito di danni di altro tipo, perchè – per le ragioni espresse – non ho mai visitato il bene nel ruolo di “conservatore”;
– il problema da me esposto nel blog (conoscere per decidere), continua a restare centrale: per chi non lo sapesse, il corretto restauro procede dal corretto rilievo, che è – in realtà – già da considerarsi come una fase del restauro stesso. Personalmente, tuttavia, continuo a pensare che – come in medicina – una prima diagnosi vada approfondita in modo mirato, ma vada comunque fatta, da un medico (non dall’amico-che-l’ha-già-avuta). Questo tende -almeno in parte, in termini scientifici, ma anche politici e amministrativi – a ribaltare il problema: imponendo, cioè, di decidere celermente che cosa si voglia conoscere. Ma, come in medicina, pressione, glicemia, colesterolo, transaminasi, etc., è meglio farle; e – se c’è qualche sospetto – anche una bella TAC e una ricca risonanza magnetica;
– alla fine, comunque, la scelta sarà emotiva: lo si capisce leggendo quanto si scrive e ascoltandoi quanto si dice (o si urla). Rischio pratico? solo quello di seguire il fegato e non il cervello. Ho molta stima del fegato, anche se, come sede del coraggio, scelgo ancora il cuore; d’altro canto, pur credendo nel cervello come organo deputato ad assumere decisoni, credo che – ancora una volta – il cuore aiuti. A far capire che – qualche volta – la logica non basta: ci vuole anche l’amore. Salomone insegna, e che qualcuno custodisca i custodi.
Ma io farei un bel progetto originale: Anfiteatro Romano 2.0!
Ci craviamo un paio di flash mob, un paio di concertini diffusi, aperitivini, piste ciclabili, tutto ecosostenibile, equo e solidale. Già mi vedo la fila dei turisti per fare il biglietto…
Visto che ci sono ho un altro progetto originale: Tuvixeddu 2.0! Ma non ne parlo perchè rischio di essere off topic…
Io ho una idea migliore e so che lei sarà d’accordo, amico Ironico:
portiamo da Pisa i turisti ammanettati, via da quella città bruttissima, e li portiamo a vedere i bulloni delle vele del turismo culturale, in un rinnovato Anfiteatro di grandi eventi con piazze sul mare, coimprese, e ex ambientalisti ragionevolissimi.
Anche a Tuvixeddu -che ricordiamolo, era una discarica a cielo aperto- nobilitiamo il tutto con un giardinetto che serva il magnifico insediamento abitativo realizzato dai migliori Grandi Architetti, con vista sui pozzi, che saranno punici ma sempre buche sono, e pericolose.
ah ah ah 🙂
Mi permetto di dissentire parzialmente, caro amico Neo Anderthal: io sfrutterei l’Anfiteatro come volano del turismo congressuale. Già mi vedo il primo congresso dal titolo “Il futuro delle Jacarande”. Poi ci facciamo un bel sito internet e pubblichiamo tutti gli atti del congresso, tutto open data mi raccomando. Proprio come fa Obama, proprio come fa Cameron. Loro si che sono duepuntozero!
Bene, mi sembra un atto concreto, affidato alla espertissima assessore Luisa Anna Marras, dal lunghissimo curriculum amministrativo ma anche politico. Un atto dovuto, quasi, si dirà, dopo gli impegni presi in campagna elettorale. Anche se qualche titubanza iniziale, almeno a leggere questo blog, c’era stata, poi subito rientrata. Finirà così anche per Tuvixeddu? Non so, non voglio sapere, mi interessa poco, anche perché i poteri in gioco sono molto disomogenei. Lì veri e propri potentati economici, immobiliari e politici (peraltro trasversali), qui solo imprese di spettacolo chiacchieratissime, finanziatissime, ma anche ormai invise a una parte dell’opinione pubblica della cerchia elitaria casteddaia.
Il vero problema sarà convincere invece l’opinione pubblica più diffusa del ceto medio cagliaritano che non si tratta della solita operazione da sinistra “sfascista” o “contro”. Quella certa sinistra che spesso viene dipinta caricaturisticamente come capace solo di fare opposizione, di attaccare, di distruggere, ma di non saper governare. Di essere in grado solo di fare la pars destruens, ma non di saper costruire insomma. Pericolo quanto mai prossimo al milieu della sinistra cittadina da sempre costretta e abituatasi al ruolo dell’opposizione consociativa con i poteri forti della città e che potrebbe essere tentata, quasi come un riflesso autoindotto, a questo comportamento.
Insomma è giusto che ci si ponga il problema del che cosa fare, come giustamente si fa in questo blog, ed è giusto che il bene culturale sia valorizzato come tale (come in una qualsiasi città europea e mediterranea) senza scandalo e senza distinguo. Anche perchè il rischio, altrimenti, sarebbe quello di consegnare all’opinione pubblica che ha osannato il sindaco Zedda in nome del “cambiamento” un’immagine da un lato di “sinistra dei no e distruttiva”, dall’altro di schieramento succube dei tecnocrati comunali continuisti e ultraconsociativi.
Che, se ci pensiamo bene, è un po’ il problema della Sinistra anche a livello nazionale e anche di quella regionale, sempre che si voglia accantonare Soru, non il sorismo che gli si è incagliato intorno, che un progetto comunque ce l’aveva. E su Tuvixeddu l’ha dimostrato.
Zedda leva le mutande all’anfiteatro: non fa niente? No: è adulto e conseziente!
Si dovrebbero concepire le rovine dell’Anfiteatro come quinta, costruendo le tribune su struttura in ferro e legno, dalla parte opposta. è un allestimento che ebbe grande successo che fece mio padre, Arch. Sergio Pileri, con Enrico Marongiu, nel 1982 per “Sa ferula”… ricevettero i complimenti da registi e scenografi rai dell’epoca. è una soluzione scenograficamente ed eticamente estremamente efficace secondo me.si potrebbe usare una struttura snella modulare, facilmente smontabile a fine stagione, per consentire così la visitabilità del sito ( da rilanciare ) a livello turistico, e preserverebbe le strutture stesse dai danni dell’esposizione alle intemperie invernali.
Ce lo fai tu il progetto caro Arch. Daniele “Pille” Pileri?
Non va bene, mai più, per fare spettacoli, punto e basta. Se si lamenta la carenza di strutture si metta in cantiere la realizzazione di una struttura dedicata per i concerti, magari col project financing. I turisti sono potenzialmente interessati all’Anfiteatro come luogo da visitare molto più di quanto si crede (o di quanto credeva il centrodestra cagliaritano) … ripulito da erbacce e spazzatura (con compendio di “merdonas” e “prettas”) farà la sua porca figura tra le attrattive cagliaritane.
Ma il palco non era già stato smontato?
A proposito, che fine ha fatto?
NO! ERA COSÌ BELLO!!!
Massimo Zedda hai rotto le palle con questo “AGIRE” e “FARE”!
Non hai imparato un belino dalla precedente amministrazione?!!
Parla un po’ di quello che vorresti fare ma non farlo davvero!!!
Siediti e guarda il tramonto…
Gentile Biolchini, fa bene a cambiare discorso e ad abbandonare la questione di Tuvixeddu. Sulla legnaia concordo.
scusate ma i danni che sicurmente ci sono chi li paga ?
non solo i danni; se la struttura era provvisoria la legge prevede che i costi di smontaggio e ripristino del sito fossero indicati nei capitolati…è così? altrimenti ritengo che qualche consigliere comunale debba sollevare il caso e che il comune rimetta la faccenda del costo alla corte dei conti.
Bene.
Cosa ne facciamo?
E’ una domanda che pongo (a me per primo) da molti anni (ahimè).
Non è una domanda retorica.
Non è una domanda provocatoria.
Non è una domanda inutile (secondo me).
Ma è una domanda ancora senza risposta; speravo che al momento dei lavori avesse già avuto esito: non sembra essere così.
Chiunque abbia idee, le proponga; Vito, lancia il problema.
Grazie
Bene, (già) Assessore Campus, iniziamo con lo smontare la fottutissima “legnaia” abusiva (e sottolineo “abusiva”) da molti anni.
Poi lasciamo che l’Anfiteatro romano di Cagliari sia innanzitutto un “bene culturale” qual’è.
Conserviamolo e tuteliamolo come tale.
Poi consentiamo le visite guidate e gli utilizzi culturali (es. rappresentazioni, reading poetici, ecc.) considerati compatibili con la salvaguardia del bene culturale.
Sarà un richiamo anche di carattere turistico, con tutti i risvolti economici del caso.
E’ così complicato?
Cagliari “città turistica” è stato un penoso slogan, abusato da tutte le precedenti amministrazioni comunali. Basterebbe iniziare a “copiare” quanto di buono fanno fuori dalla pretesa “capitale del Mediterraneo”.
Stefano Deliperi
@Deliperi
mai “fottutissimo” fu più adatto!
Caro Deliperi,
personalmente, credo che pochi dubbi esistano sul fatto che l’anfiteatro sia un “bene culturale”.
Detta questa (importante) ovvietà, ricordo che prima (e, spero, dopo) di essere stato assessore, sono stato architetto, e – in tale ruolo (si, sono architetto di ruolo, checché ne pensi il governo Monti e le sue liberalizzazioni) – ho avuto modo più volte di interessarmi di problemi di conservazione e di restauro.
Dico di “problemi”, perché la questione della sopravvivenza dei beni culturali non può essere percepita come un insieme di eventi episodici, incidentali, banali e “a rimedio”.
Mi rendo conto che questa filosofia – “aspettiamo che si guasti, poi ripariamolo” – abbia finito per prevalere su quella della conservazione basata sui controlli e le manutenzioni schedulate; purtroppo questo è anche il frutto culturale della percezione di un’obsolescenza drammaticamente accelerata di buona parte di quelli che un tempo erano visti come patrimoni strumentali di lunga durata, e oggi appaiono già vecchi al momento del collaudo, siano essi strade, treni o case.
I beni culturali, però, non sono solo un mezzo – essenziale – per “fare cultura”, secondo modelli inevitabilmente datati e soggetti a scadimenti; essi sono – direi per definizione – dei “fini”: pertanto, riconosciuti in una categoria molto prossima – per richiamare Kant – a quella dell’uomo stesso.
Tutelare questi beni è quindi non lontano – se anche non lo dicesse la Costituzione – da un imperativo categorico; il problema è – ed è ancora – “come”.
Un uomo non si tutela curandolo quando si ammala o sfamandolo quando ha fame: lo si mette nelle condizioni di poter badare a se stesso, culturalmente, psicologicamente, materialmente.
Ebbene, credo che anche il bene da proteggere, in quanto umanamente percepito come tale – sia esso di origine naturale o storico/artistica, abbia esso carattere “assoluto” o identitario – abbia titolo ad essere dotato di un destino progettato, condiviso e garantito, anche – e, forse, soprattutto – economicamente.
E, quando dico “economicamente”, intendo in senso stretto, non attraverso episodi elargitivi, siano essi rappresentati da protesi brutali o da pannicelli caldi.
Nei miei quattro decenni di professione, ho visto monumenti subire restauri clamorosamente “hard”, per poi essere impietosamente lasciati al loro destino e a un vacuo disinteresse. E non mi riferisco solo alla Villa di Tigellio…
Chiedo a tutti di ricordarsi che – nel tempo – i rapporti di produzione sono cambiati: quello che un tempo si faceva con un tozzo di pane, perché tanto costava la manodopera, oggi richiede impegni quasi insostenibili.
E di ricordarsi che – ovviamente – il nostro patrimonio è “fatto a mano”, oltre che – per fortuna – col cervello e col cuore; ma questi due organi, anche se rari, non costano niente, a differenza delle mani. Di queste – purtroppo – se ne trovano fin troppe, spesso occupate a far girare i pollici.
A proposito di cose care, quando dico: “caro Deliperi…”, non scherzo mica: è un segno di apprezzamento.
grazie per l’apprezzamento (ricambiato), arch. Campus. Devo ricordarle, però, che avete avuto (il Sindaco Floris, lei, il resto della Giunta) lunghissimi anni per sbaraccare la “legnaia” abusiva e proporre qualcosa.
Agli innumerevoli esposti in proposito delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra avete sempre risposto con mille “giustificazioni”, argomenti palesemente fuori luogo, silenzi assordanti. Nemmeno un’indagine della magistratura ha schiodato la “legnaia”.
Ricordo bene le cifre sbandierate per sostenerne la sostanziale “impossibilità”: 800.000 – 1.200.000 euro.
Oggi l’Amministrazione Zedda – con un progetto approvato dalle competenti Soprintendenze – sta per farlo con 320.000 euro.
Mi pare una bella differenza.
Ora li vedremo all’opera e staremo ben attenti. Ma si tratta di una “svolta epocale” per questa splendida Città. 😉
Come già scritto da Stefano Deliperi, ne facciamo quello che è: un anfiteatro romano con vista – un pochino a ostacoli – sul Mediterraneo, dove accompagnare con orgoglio i visitatori valorizzando il lavoro dei nostri laureati in Beni culturali o in discipline Artistiche (o come diamine si chiama adesso il corso di laurea), che possano inventarsi percorsi e attività intelligenti a partire dall’archeologia, che non è una brutta parola. Senza voler riempire tutti i vuoti (che poi vuoti non sono) urbani con l’ansia del lucro. Un Anfiteatro liberato dagli “eventi” – che già la parola mi prudono le mani.
Asc’ o’ Campus, e spostarì! (cit.)
Grazie dell’intelligente contributo.
tra tutti i monumenti cagliaritani forse è il più identitario; non sarebbe male cercare finanziamenti europei per una campagna di scavo collegando il sito all’ex orto dei cappuccini e destinarlo alla sua fruizione naturale: quella di sito archeologico fruibile 365 giorni all’anno;
con la grotta della vipera, la casa di tigellio, su mueseu di marina e i sarcofagi romani sotto la prefettura potrebbero essere un itinerario archeologico di tutto rispetto
dopo, sull’esempio del colosseo di roma e di altri siti archeologici, ben vengano usi a forte valenza culturale, è un luogo magico, basta caravanserragli di ogni genere ; da architetto dovrebbe sapere che il genius loci va rispettato
Quanto a questo, c’è anche S.Agostino e dintorni…, e Bonaria, etc…
Il problema é: chi, e quando?
Se non avessi partecipato a innumerevoli riunioni su questo tema, proponendo che si facesse in prima battuta – per poi operare in modo trasparente e consapevole – almeno un rilievo sistematico e “attuale” dell’oggetto (parlo di georeferenziare una nuvola di punti e di fare tutte le possibili prospezioni non distruttive), con esito prossimo allo zero assoluto e ritardo tendente all’infinito, potrei pensare che il ritorno alla magia del genius loci sia vicino.
Purtroppo, invece, tutto sembra ancora da pensare.
Ricordo di averci visto abitare gli sfollati, in quei siti e in quelle cavità: credo che anche il ricordo di quei tempi durissimi debba essere mantenuto. Il genio di quei luoghi ha vita lunga e fattezze complesse: per rispettarlo, bisogna anche conoscerlo.
finalmente; come cittadino e come componente di quel comitato che si batté contro Delogu&soci per non far mettere le mutande di legno all’anfiteatro romano…
…ma ho un dubbio: visto che quel progetto riguardava un’opera provvisoria non avrebbe dovuto provvedere la giunta Delogu ad accantonare il costo del suo smantellamento? questo, se non sbaglio è quanto dispone la legge Merloni…
…se così fosse, si anticipino pure i fondi per liberare l’anfiteatro e destinarlo alle sue funzioni nel pieno rispetto del genius loci; ma se i soldi non fossero stati accantonati, si chieda il conto all’ex sindaco Delogu e ai suoi…compagni di giunta.