La scomparsa di Roberto Coroneo (preside della facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari e docente di storia dell’Arte) ha suscitato una fortissima emozione in città e nel mondo degli intellettuali. Si tratta di una perdita enorme per la comunità scientifica e per l’ateneo cittadino. Ecco un ricordo di Valentina Serra (una sua ex allieva), che propone anche di intitolare il Terrapieno Endrich al professore. I funerali di Roberto Coroneo verranno celebrati oggi alle 15.30 a Sarroch.
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Di certo non vorrei trovarmi qui ora, rovistando fra i miei ricordi più belli come una vecchia Nonna che cerca di ricordare chi era e cosa faceva a vent’anni, quando le giornate erano fatte unicamente di libri, appelli e lavori saltuari. Mi piacerebbe di sicuro rincontrare tutti i miei amici-colleghi che la vita e il Master and Back ha mandato in giro per il mondo e sapere, con un sorriso, cosa fanno e dove andranno in futuro.
Ma so già che il prossimo incontro con molti di loro sarà velato da lacrime e tristissima emozione.
Eppure è così, il nostro Maestro non c’è più.
Da un giorno all’altro, in punta di piedi, Roberto Coroneo ci ha lasciati.
In queste poche ore ho realizzato quanto fosse prezioso il suo lavoro in Presidenza e rassicurante la certezza dell’appuntamento settimanale del giovedì in Cittadella, anche per me che dopo la Laurea ho fatto altre scelte.
Così, in quel luogo, ho trascorso gli anni migliori della mia carriera universitaria, non senza momenti di rabbia e scetticismo dovuti ai limiti che uno studente sardo deve affrontare sempre e comunque stando nella sua bellissima terra.
Ma se c’è una cosa che Roberto Coroneo ha saputo insegnare ai suoi allievi è stato proprio l’amore per questa isola raccontato per immagini ed edifici sacri. Una sinfonia fatta di retabli decorati con l’immancabile foglia oro anche nel Quattrocento, autori il cui nome era ignoto salvo il ritrovamento di qualche prezioso documento che ne attestasse la firma, opere da datare preferibilmente per quarti di secolo ed edifici realizzati in “cantoni bicromi di stereometria irregolare”.
Ci ha insegnato a vedere la ricchezza culturale e storica nella diversità architettonica della nostra isola e del suo Romanico fatto di basalto, trachite, granito e calcare.
E che a Coroneo piacesse condividere il suo sapere con addetti ai lavori e non era cosa risaputa: prova ne sono le conferenze, i numerosissimi viaggi e le escursioni con gli studenti in giro per l’isola e non solo; oltre che la stima nutrita dai colleghi provenienti da varie zone d’Europa.
In viaggio sapevamo sempre l’ora della partenza ma mai quella del rientro. Erano lezioni all’aria aperta sotto il sole primaverile, vicino al mare o sperduti nel centro isolano; in mezzo a campi incolti ad ammirare la maestosità della Basilica di Sant’Antioco di Bisarcio.
Era la teoria che diventava pratica, le immagini dei libri finalmente davanti ai nostri occhi soddisfatti per la scoperta fatta insieme al Maestro.
Così i sorrisi nelle fotografie scattate e le firme nei libri presenza delle Chiese, con la dicitura Coroneo’s sons, i Figli di Coroneo, erano l’allegria di chi aveva la certezza che quella gioia sarebbe durata a lungo, tutta una vita.
E credo che Roberto Coroneo fosse felice di avere intorno quella manica di figli-studenti un po’ matti e tremendamente innamorati dell’Arte, che lo ascoltavano in silenzio religioso mentre svelava dei segreti mai sentiti prima in quel modo. Ed erano storie affascinanti, di Ordini Religiosi, maestranze e Ingegneri di inizio Novecento, raccontate con vero Stile…
E in cuor mio spero che quel pezzo di città che abbraccia il quartiere di Villanova e che porta dal Bastione di San Remy alla Cittadella, in un futuro non troppo lontano, porti il nome di un Uomo che ha realmente dato amore e lustro a Cagliari e a tutta l’isola: Roberto Coroneo.
Valentina Serra
Forse, con la scomparsa del Prof. Coroneo, la Sardegna perde un uomo che con i suoi studi e l’esempio della sua vita accademica (soprattutto tra gli studenti, nelle mitiche lezioni dell’Aula rossa in cittadella), si candida a diventare una guida didattica fondamentale per il lungo cammino di una sardità moderna e raccontata. Al pari di giganti come l’archeologo Giovanni Lilliu, lo storico Antonio Simon Mossa, la psichiatra Nereide Rudas, i cantautori Maria Carta, Andrea Parodi, il poeta Benvenuto Lobina, gli scrittori Sergio Atzeni e Giuseppe Dessì, il regista Mario Faticoni. Alcuni andati via. Altri ancora tra noi. La domanda resta sempre la stessa: quando tutti questi giganti pian piano scompariranno chi seguirà le loro tracce, chi parlerà con questa stessa dedizione della nostra Isola, chi prenderà il loro posto? Sapremo mai colmare questi vuoti?
Una cosa ancora voglio dire sulla morte di Roberto e sulle reazioni che ha suscitato, così “vere” e legate alla sua competenza, alla sua passione, alla sua voglia di innovare. Come mai ce ne accorgiamo solo ora?
E come, non lo sai? Solo dopo che uno muore ci si accorge quanto fosse importante la sua opera, il suo vissuto. Il decantar le lodi post-mortem? Malcostume italico ed anche sardico!
Chi lo conosceva, e in qualche modo, ci ha avuto a che fare da vicino, ha avuto tutte le possibilità in vita di riconoscere la propria stima nei confronti del prof, senza avere necessità di gridarlo in pubblica piazza.
Probabilmente è la commozione che porta a questo, ma non credo ci sia nulla di male, anzi. Non capisco perché farne una polemica
Perchè questo plurale? Chi lo conosceva, chi ha collaborato con lui, ma anche semplicemente chi si interessava ‘da profano’ alla storia dell’arte ne ha sempre riconosciuto il valore, e la sua carriera e la sua notorietà nel contesto isolano e non solo ne sono una prova. Non alimentiamo inutili polemiche, non mi sembra il caso…
E’ il destino dei grandi uomini, lasciarci in punta di piedi, in silenzio, ancora così giovani. E’ accaduto al mio povero papà, al mio amico Sergio Atzeni, ora al professore e chissà quante volte accadrà ancora. L’uomo è immortale nel ricordo che lascia, nelle sue opere, nei suoi scritti. I suoi studenti devono sentirsi veramente orgogliosi di avere avuto un così grande maestro, che fortemente amava la sua terra, la sua isola, la sua Sardegna. Muore la persona, ma non il suo pensiero, il suo insegnamento. Che la Terra sia lieve per lui, come il suo ricordo soave.
Purtroppo, essendo a Padova, non ho potuto partecipare al funerale di Roberto Coroneo. Non posso dire di averlo conosciuto molto. L’ho conosciuto solo tre anni fa, e di lui mi ricordo la fermezza e la gentilezza, come una strana alchimia. Un suo libro. La sua disponibilità estrema nei miei confronti e la sua curiosità per il mio lavoro (cosa rarissima fra colleghi). Quello che ha fatto per migliorare l’Università. Incontri casuali in Castello. Un caffè preso a casa mia. L’amore per la Sardegna. Ma anche per Istanbul. Entrambi comuni. La rabbia per la sua morte, che provo, come per ogni occasione perduta.
Coroneo era questo e molto altro ancora.
I miei sono i ricordi di anni felici passati con persone speciali che ancora riesco a sentire, nonostante tutto. Ma chi lo ha conosciuto meglio, porta con sé un bagaglio di umanità e simpatia, unito alla sua proverbiale eleganza che, credo, difficilmente saranno raggiunti.
Il più bel consiglio ad un esame me lo diede sempre lui, davanti alla mia incertezza su una scultura tardo medioevale: “Se proprio lo deve fare, faccia un errore intelligente…”
Un Uomo indimenticabile.
Hai tracciato perfettamente il ritratto di quell’uomo straordinario che era il Professor Coroneo; un uomo le cui lezioni duravano sempre troppo poco perché aveva l’innato potere di farti immergere in toto nell’arte medievale. Sono anche io una sua ex allieva e ringrazierò sempre di aver avuto lui come maestro. Sono sicura che noi che ci siamo formati con lui tenteremo nel nostro piccolo di rendere giustizia alla Cultura e all’arte.
Grazie Professore, anche se purtroppo il destino ha voluto che la sua vita, che ancora tanto poteva dare alla Cultura, fosse troppo breve.
Con grande commozione, sento e condivido tutte le parole di Valentina.
Giorgia
Avevo ancora tante cose da dirgli…
Ricordo ancora il mio secondo esame con lui : Storia dell’arte medioevale in Sardegna.
Preparai un fascicolo con le foto di tutte le chiese che avevo visitato, presenti nel suo libro.
Mi mise 30. Dopo aver sfogliato il book. Poi mi interrogò. E mi chiese: Perchè hai fatto queste foto? Risposi: perchè la prima cosa che mi ha insegnato è che l’amore per l’arte non si troverà mai sui libri. Ma negli occhi di chi la osserva.
Andai via felice..era una giornata di sole, come quella che lo ha visto andare via.
Ciao Prof. grazie di tutto.
Mi permetto di aggiungere la verve ironica (e soprattutto autoironica) di una persona serenamente conscia della propria levatura culturale.
Cito un breve (e curioso) intervento del professore a commento dell’abitudine inveterata alla ricerca di una storia/archeologia falsa, adattata alle istanze politiche del peggiore indipendentismo/autonomismo sardo.
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=robertu%20koroneu&source=web&cd=4&ved=0CDkQFjAD&url=http%3A%2F%2Fexxworks.wordpress.com%2Fpage%2F4%2F&ei=fusPT5T1D5G8-Qbkr4TSAg&usg=AFQjCNFTsoifNQ2nlm7aUEhV4RV3zr7PKw
Per quello che ricordo, lo scherzo bonario suscitò non poche rimostranze da parte dei novelli ’studiosi alla Kazzenger’ di cui l’Isola non riesce a privarsi (gli stessi che hanno difeso la presentazione del tristemente famoso progetto NUR-AT, fortunatamente abortito).
Roberto Coroneo ci mancherà.
E’ vero! Ricordavo questa “cosa”, l’ennesima prova, se ancora ve ne fosse bisogno, che il “sardo vero” non ha senso dell’umorismo, soprattutto quando sa di essere in torto…
Un uomo che è riuscito a seguire le proprie passioni e a trasmetterle a tantissime persone. Grazie.