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Cagliari lancia la sfida a Massimo Zedda: essere, finalmente, un sindaco di sinistra

Massimo Zedda, 2024 edition

In un’Italia che resta a destra, Cagliari e la Sardegna infliggono una lezione durissima a Giorgia Meloni. Anche nell’isola Fratelli d’Italia raggiunge sì percentuali rilevanti, ma il centrosinistra allargato al Movimento Cinquestelle nel capoluogo umilia il centrodestra in un modo che la scialba campagna elettorale non aveva lasciato minimamente supporre. Certo, in tanti ci speravano: ma a colpire è la controtendenza, il divario (enorme) tra lo schieramento che ha sostenuto Massimo Zedda e quello che ha creduto in Alessandra Zedda.

Sia chiaro: a mio avviso entrambi erano e restano due candidati sbagliati, arrivati alla nomination solo per effetto di accordi che riguardavano soprattutto la spartizione di potere regionale. 

Già prima del 25 febbraio la Lega aveva infatti dichiarato ai quattro venti che il candidato sindaco di Cagliari sarebbe spettato a loro, e così è stato. Nessuno però avrebbe immaginato che Alessandra Zedda, ormai volto storico di Forza Italia, avrebbe accettato di transitare dall’ala più moderata del centrodestra a quella più estremista. Per lei, che a lungo ha pensato di essere una risorsa sottovalutata del centrodestra, è una sconfitta bruciante e totale. E meritata.

L’acrobatico percorso di Massimo Zedda è stato invece più leggibile, più nel segno del potere che non della politica. 

Abbandonata cinque anni fa la poltrona di sindaco per tentare l’avventura regionale, dopo la batosta si è addormentato tra i banchi del consiglio, sognando fin da subito il ritorno a Palazzo Bacaredda. Tutti i movimenti dei Progressisti si sono così da subito orientati con l’obiettivo di far rieleggere l’ex sindaco. 

Da qui la telenovela della loro partecipazione al tavolo del centrosinistra. Quando la candidatura a Cagliari sembrava tramontata a causa dei veti del Pd, i Progressisti hanno abbracciato la causa di Soru. Pochi mesi di dichiarazioni improvvide e spacconesche e poi, una volta resisi conto del bluff del sanlurese, il ritorno all’ovile. Il capo si è cosparso di cenere, ma la candidatura per Zedda era cosa fatta 

Una candidatura, sia chiaro, mal digerita dalla classe dirigente cittadina del centrosinistra, secondo cui era necessario un vero rinnovamento e non una semplice “minestra riscaldata” (come giustamente l’aveva definita qualcuno). Alla fine però i vertici del Pd hanno fatto i loro calcoli e hanno puntato su Massimo.

Mossa elettoralmente vincente. Perché Zedda ha convinto non solo gli elettori di centrosinistra ma soprattutto quelli di centrodestra, che di lui avevano comunque un buon ricordo e che dunque hanno abbandonato al loro destino sia l’omonima che Giuseppe Farris, la vera sorpresa (ma in negativo) di questa tornata elettorale.

La città ha quindi incoronato Massimo Zedda, che torna a Palazzo Bacaredda dopo esserci stato tra il 2011 e il 2019. Per lui è una sfida non da poco. Ma alla soglia dei cinquant’anni, e con un orizzonte temporale di dieci anni di amministrazione possibile davanti, senza più l’assillo di doversi ogni volta reinventare, può finalmente lasciare un segno.

Certo, dovrà inventarsi un programma vero, perché quello che ha presentato non aggredisce le emergenze ma ha rassicurato tutti, e questo è bastato.

Dovrà imparare ad ascoltare la città, che in questi cinque anni è cambiata tanto. E non potrà dire di non conoscere né la macchina amministrativa né i problemi che angustiano i cagliaritani.

Non solo: dovrà governare una città che ha dato ai tre partiti di sinistra che si sono presentati nel suo schieramento (Progressisti, Alleanza Verdi Sinistra e Sinistra Futura) quasi il venticinque per cento dei voti!

In definitiva, sarà questa la vera sfida che attende Massimo Zedda: dopo tante ambiguità, compromessi, sotterfugi, battaglie simulate o battaglie di retroguardia spacciate per eventi epocali, ora finalmente ha i numeri per governare la città da vero sindaco di sinistra. Chissà se ce la farà. Perché ricordare Matteotti e Berlinguer va bene: ma (scusando la rima) non basterà. 

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2 Comments

  1. Marius says:

    Con gli stessi voti ottenuti in questa tornata elettorale, nel 2011 Zedda, che ha sempre comunque mantenuto una solida base, sarebbe dovuto comunque andare al ballottaggio. Questo rende l’idea di come il trionfo zeddiano, che forse sarebbe comunque sfociato in una rotonda elezione al primo turno, sia stato di proporzioni inattese a causa del dilagante astensionismo. Probabilmente chi nel 2019 aveva votato Truzzu turandosi il naso e chiedendo scusa alla memoria del nonno antifascista soprattutto per impedire l’elezione di Francesca Ghirra, stavolta ha disertato alla grande le urne.
    Per il resto non stupiscono né la debacle di un centrodestra inconsistente e incapace di autocritica soprattutto nella componente dei “Fardelli d’Itaglia”, di cui è stata la spia la ricandidatura del contestatissimo assessore alla viabilità Alessio Mereu, meritatamente lasciato a casa dagli elettori, né la disfatta di Farris, che evidentemente non si è mai reso conto di quanto sia trasversalmente detestato.
    Dalla nuova sindacatura Zedda credo che dovremo attenderci un profilo abbastanza basso, molto mirato sul concreto. L’esperienza deve aver insegnato a Massimeddu che a voler fare gli splendidi ci si caccia in un sacco di guai, tipo finire in mezzo a procedimenti penali, magari su spinta di chi, dall’interno del centrosinistra, prima lo combatteva senza quartiere e poi gli ha leccato spudoratamente il deretano.
    Mi auguro però che si sbrighi a spostare qualche dirigente a suo tempo coperto da Truzzu in settori in cui possa fare meno danni.

  2. Tutto condivisibile con un unico appunto. Zedda scelse di lasciare il palazzo Bacaredda e candidarsi alla presidenza della regione per salvare dal disastro un intera coalizione.

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