Sì, il discorso di Renato Soru mi è piaciuto. Vibrante, coinvolgente. Capace di toccare i punti cruciali della questione sarda, del nostro deficit di sviluppo, della nostra difficoltà ad uscire da una condizione di subalternità. Lucido nel definire i limiti dei partiti, coraggioso nell’annunciare la nascita di un nuovo soggetto politico capace di fare esclusivamente gli interessi della Sardegna, senza compromissioni romane. Tutto vero, tutto giusto, tutto straordinariamente entusiasmante. Sono andato a sentirlo in un salone enorme e austero, quasi sovietico, dove in un clima di frenetica mobilitazione il fondatore di Tiscali ha lanciato ufficialmente la sua candidatura alle prossime elezioni regionali: quelle del 2004.
(pausa)
(pausa)
(silenzio)
Sono passati vent’anni tondi tondi e ieri Renato Soru, in una sala meno sobria di quella scelta nel novembre del 2003 (siamo passati dal salone della Compagnia Portuale al lussuoso Teatro Doglio) ha replicato il suo intervento di allora. Come se nulla fosse successo. Come se non fosse mai stato il presidente della Regione. Poi di nuovo candidato alla presidenza. Poi consigliere regionale. Poi segretario regionale del Pd. Poi europarlamentare. Ha parlato come se in questi ultimi vent’anni non avesse mai avuto incarichi di responsabilità. Come se lo sfascio attuale del centrosinistra in Sardegna non fosse anche, in quota da stabilire, da imputare a lui.
Soru ieri ha parlato, dandosi nuovi obiettivi e un nuovo orizzonte politico. Ma cosa gli ha impedito in questi ultimi vent’anni di fare quello che ha annunciato di voler fare ieri?
Ieri l’ex presidente-consigliere-segretario-europarlamentare si è scagliato contro la politica sarda che è succube delle decisioni romane e ha annunciato la nascita di un nuovo soggetto politico. E mi chiedo: sarà come Progetto Sardegna? Ovvero, anche questo lo scioglierà all’improvviso contro la volontà dei suoi iscritti per portarlo in dote ad un partito italiano con l’unico obiettivo di fare carriera? Perché non dobbiamo dimenticarci che Soru vent’anni fa godeva di un credito straordinario, al punto tale che il centrosinistra tutto pensava a lui quale possibile candidato alla presidenza del Consiglio dei ministri. E Progetto Sardegna, confluendo nel nascente Pd, fu sacrificato anche sull’altare di questa ambizione.
Ma questo è Renato Soru. Uno che, ipse dixit, sparisce dalla scena politica per sette anni (mai lapsus fu più rivelatore, e alla fine ne parleremo) e poi, come se niente fosse, torna e pretende che il suo partito lo proponga come candidato presidente, che poi imponga le primarie e tutto questo per consentirgli di tornare a governare la Regione? E va pure a Roma per chiederlo alla segretaria Schlein? E questa sarebbe la sua “Rivoluzione gentile” e non la solita arroganza, la solita mancanza di rispetto delle regole (in questo caso, del suo – non mio – partito)?
Soru ieri ha attaccato il Pd. Ma era forse diverso il Partito Democratico in Sardegna quando è stato guidato da lui? Mi verrebbe da chiederlo anche a Romina Mura, che ieri da Palazzo Doglio ha detto cose sensate e condivisibili: ma forse le logiche di oggi non sono le stesse che le hanno consentito di andare in parlamento? E con quali meccanismi l’attuale moglie di Soru, Dolores Lai, attuale componente della direzione regionale del partito, attenta regista dell’iniziativa di ieri (e forse anche di questa candidatura), ha fatto la sua carriera politica? Con le logiche della partecipazione o con quelle dell’appartenenza e della cooptazione? Cosa aspettano Lai e Mura, insieme a Soru, a dimettersi immediatamente dal Pd?
La situazione è disastrosa. Ma se tra i compiti di una classe dirigente c’è anche quello di creare una classe dirigente, qual è la classe dirigente che in vent’anni di attività politica Soru ha creato? Che carriere ha favorito? Di che collaboratori si è avvalso a Bruxelles? Mi sembra di ricordare di una sua la cugina nominata assessora regionale e poi anche di una figlia piazzata in consiglio comunale a Cagliari. Ma la classe dirigente che in vent’anni avrebbe dovuto creare, dov’è?
Non c’è. E la sua autocandidatura, fuori dal tempo e dalla storia, ne è la prova più eclatante.
(silenzio)
Tra un ammiccamento e l’altro, ieri Massimo Zedda ha avuto il coraggio della verità. Ha detto: “Se alle prossime regionali andiamo divisi, perdiamo”. Soru gli ha risposto, testualmente: “Non lo so se divisi si perde”. Certo, se l’unico obiettivo è quello di far perdere il centrosinistra che ha scelto come candidata Alessandra Todde, no, la vittoria (della destra) è certamente a portata di mano. E Zedda lo sa; ma non può certo cavarsi dall’impaccio con la battuta delle uova da rompere per fare una buona frittata. Per questo ritengo che alla fine i Progressisti torneranno indietro.
Alessandra Todde ha il nemico in casa. Ma se ha scelto di accettare la candidatura, è anche perché pensa di poter essere più forte di Soru e del candidato del centrodestra messi assieme.
Ieri però ho pensato: che straordinario apporto avrebbe potuto dare oggi Renato Soru, libero da ogni impegno istituzionale, alla Sardegna e alla politica in generale. Senza nulla pretendere in cambio, con il solo obiettivo di far crescere il dibattito, di portare la sua esperienza al servizio della società isolana. Invece ora, senza alcuna generosità, occupa la scena politica con una candidatura senza senso e senza futuro. Con nessuno scopo se non quello di prendersi una ottusa rivalsa che sarebbe potuta arrivare nel segno della generosità. Invece no. Allunga la sua vita politica in maniera fittizia, con una scelta che getta l’ennesima ombra sulla sua carriera, partita in maniera fulgida, poi rimasta impantanata tra giochi di potere, processi vari (occhio che uno è ancora in corso), pulsioni familistiche, assenteismi, contraddizioni.
Fatti che Soru vorrebbe che si dimenticassero, invocando un diritto all’oblio che non c’è e non ci può essere: noi ricordiamo. E ricordiamo bene.
Non stavo certo aspettando la serata di ieri per capire che su di lui c’è stato un grande fraintendimento e che per me lui è stato, come scrissi tempo fa, “the great pretender”. Ma è chiaro che questa ultima fiammata dà una ulteriore chiave di interpretazione del suo percorso politico dal 2003 ad oggi.
Il dramma politico si intreccia col percorso umano. Soru non si accorge che il tempo del protagonismo è passato, che il tempo dei comizi è finito. Sono passati vent’anni, un ciclo si è chiuso e non si può riaprire: non lo ha capito. Poteva lasciare generosamente il campo ad altri, lasciandoli liberi di fare gli stessi errori che ha fatto lui. Ma come sperare che adesso improvvisamente Soru diventasse politicamente generoso quando la sua carriera racconta bene che non lo è mai stato?
Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia alla realtà. Soru ha un unico obiettivo: far perdere il centrosinistra. Potrebbe farcela.
Un’ultima cosa. Ieri Soru quasi si è scusato per essere stato lontano dalla politica “per sette anni”. Sette anni? Forse Soru dimentica (e ne avrebbe motivo) che fino al luglio del 2019 (ovvero, appena quattro anni fa) è stato europarlamentare. Ma di quella esperienza cosa possiamo ricordare, se non le ripetute assenze e un imbarazzante propensione al lobbismo? Ecco, forse mai lapsus fu più veritiero.
Dai Renato, fai un passo indietro, che la tua ambiziosa quanto ingrata figliola scalpita per un posto.
Soru avrebbe dovuto lasciare e non raddoppiare. Si sa, tu lo conosci come me: é superbo, crede di avere sempre ragione. Superbo, del resto, lo è stato anche da imprenditore. Perché lui ritiene di essere sempre dalla parte della ragione. Ha sempre avvilito, o comunque tentato, di avvilire tutti, utilizzando un concetto che ti è noto: tu chi sei? Se anche esisti non ti conosco. Sarebbe potuto essere il padre nobile della Sinistra Sarda, invece la ricatta. Peccato.
STEFANO LAI Bravo Vito, concordo su quasi tutto. Nel senso che quello che ha aggiunto Romina è pertinente. Se non ci fossero state le parlamentarie lei in Parlamento non ci sarebbe mai arrivata. Ma proprio per questo motivo non capisco la sua posizione: ora che il Pd non piazza nessuno dei suoi big, ma accetta con entusiasmo la candidatura di una donna, peraltro del nuovo m5stelle progressista( che si definisce orgogliosamente progressista) quindi finalmente con l’accordo tra le due maggiori forze politiche del campo progressista, Romina esce dal gruppo come Jack Frusciante? A me spiace perché la stimo e perché tra i progetti politici messi in campo quello deciso dalla coalizione, che peraltro ha anche accettato le primarie per Cagliari e Sassari, mi sembra il più convincente se tutti appassionatamente remassero verso la stessa direzione. Quella poi della decisione presa a Roma mi fa ridere. È proprio arrampicarsi sugli specchi. C’è infine una voce insistente che vorrebbe il passo indietro di Soru per candidare Milia, che il 7 dicembre presenterà il Piano di Rinascita per la Sardegna, senza colore politico da quel che ho capito. Ecco questo, nonostante amicizia e stima mi legano a Graziano, mi dispiacerebbe. Perché mi ricorda Di Maio che diceva sempre noi non siamo né di destra né di sinistra. Vorrei tanto che vincesse un candidato e una coalizione che a testa bassa lavori solo per la Sardegna, ma non a discapito di valori e ideali, in politica, quella vera, fondamentali.
Mi pare che l’offerta politica sia tutta incentrata e concentrata a presentare accordi, leadership, alleanze, numerologia degli schieramenti, voto utile, nascita di nuovi soggetti politici. Sembra che lo scopo di vincere le elezioni sia solo finalizzato a “vincere” la lotteria che da il diritto di occupare i posti apicali di comando e spartire tra gli amici il “potere”, per altro ormai molto residuale… Per fare che cosa non sembra interessare proprio a nessuno! E, a parte i soliti slogan, neanche se ne parla! Non si sente una parola nel merito!
Gentile Biolchini,
da lei ci si aspetterebbe delle analisi politiche un po’ più profonde. Gli ultimi due articoli sono incentrati sul fatto che Soru avrebbe l’obiettivo di far perdere il centrosinistra. Il suo pezzo sembra il post di una fidanzata lasciata, di fronte alla nuova fiamma del proprio ex. Non si capisce per quale motivo Soru, o chiunque altro, debba guardare passivamente che altri stipulino accordi sottobanco da prendere o lasciare, magari in cambio di altre regioni in ambito nazionale. L’azione di Soru verrà giudicata dagli elettori. Chi la approverà la sosterrà; chi non la approverà, non la sosterrà, e sceglierà Todde o il candidato del centrodestra. Se l’azione di Soru è così sciagurata e priva di consenso, come lei fa intendere, in che modo potrà danneggiare la Todde? Se, invece, avrà consenso, vorrà semplicemente dire che gli elettori non gradiscono la proposta del centrosinistra. Non ci vuole tanto a capirlo. Si chiama democrazia. Come mai Comandini e gli altri non si sono impegnati per la modifica di questa legge elettorale? O è stata lasciata in piedi per ricattare politicamente chi vuole proporre linee diverse?
E ancora: non era stato lei, in un articolo di qualche mese fa, a dire che solo le primarie ci avrebbero salvato dai giochi di potere del centrosinistra? Come mai ha cambiato idea?
Lei afferma: “che straordinario apporto avrebbe dato Soru libero da ogni impegno istituzionale”. Soru, da tempo, riempiva le sale della Sardegna e parlava con i cittadini, mentre in stanze chiuse si spartivano addirittura gli assessorati. Lei vuole questo tipo di politica? Non si pone il problema che l’alternativa proposta da Soru, col coinvolgimento della sinistra e degli indipendentisti, è ciò che molti sardi attendono da tempo?
Lei chiede: “cosa gli ha impedito in questi vent’anni di fare quello che ha annunciato di voler fare ieri?”; le rispondo: ad esempio, il fuoco amico del PD del 2009, o forse ha dimenticato che molti fecero votare, di nascosto, per Cappellacci? Oppure due inchieste giudiziarie finite con l’assoluzione? O il fatto che quando si tennero le primarie a cui lui partecipò, si portarono pullman di stranieri per votare contro di lui? E potrei continuare.
“Con quali meccanismi l’attuale moglie di Soru ha fatto la sua carriera politica?”. Qui dimostra di non conoscere tanto bene i fatti, dato che Dolores Lai era stata eletta consigliere comunale a Sassari (e poi assessore) ben prima di diventare la compagna di Soru. Quanto alla figlia “piazzata in consiglio comunale”, mi risulta che – a differenza di qualche altro/a, eletto/a al Parlamento in liste bloccate, magari in continente – Camilla Soru sia consigliere comunale in quanto ha ricevuto più preferenze di altri alle elezioni. Per cui, se proprio dobbiamo parlare di persone “piazzate”, ha sbagliato esempio.
Un’ultima cosa. Soru ha lasciato alla Sardegna leggi epocali che non sto qui a ricordare. Gli esponenti del centrosinistra che lei ritiene si debbano appoggiare con “generosità”, per cosa possono essere ricordati? Saluti.
@Antonio condivido anche le virgole
Un giocatore. E un azzardo. Che poi l’azzardo ha sempre fatto parte del suo Dna. Spiego. Se restiamo ai numeri – fondamentali – occorre ricordare che alle ultime regionali ben il 47% degli elettori è rimasto a casa. Se questa percentuale dovesse ripetersi e se il Cdx si presenterà unito al voto, la candidatura di Soru, mi pare quasi certo, regalerà altri 5 anni al Cdx. A meno che qualche pazzo possa pensare che l’elettorato del Cdx si butti su Soru. Perchè mai dovrebbe farlo? Non esiste. Allora, Soru è forse a conoscenza del fatto che il Cdx non si presenterà unito? Oppure ha già stretto un accordo col fronte centrista di recente costituzione? Ma in questo caso, chi, dell’elettorato progressista che lo segue, sarebbe disposto a votare per un’aggregazione che contenga la fronda centrista (Peru e dintorni, tanto per dirne una possibile…). No, non funziona. E quindi l’azzardo? A me pare semplice, l’unica spiegazione che trovo è che Soru pensi di recuperare una buona parte di astensionismo, quel 47% di elettori che non sono andati a votare nel 2019, nè per il Csx e nè per il Cdx. Un azzardo, appunto.
Eh già.
A meno che non voglia tirare così tanto la corda al punto da fare ritirare la Todde, ritirandosi poi lui stesso, in cambio del suo appoggio al CSX d al tempo stesso influendo sul prossimo candidato.
Milia?
Ovviamente senza primarie….
Senza Progressisti, che hanno tirato fin troppo la corda, la sua sarebbe ancora di più una candidatura velleitaria, tanto per rompere,come quella di Pili nel 2014.
Lui vuole tornare almeno in Consiglio e non gli andrebbe bene fare il front-man a perdere.
Il candidato presidente entra in Consiglio regionale solo se la sua lista o coalizione arriva prima o seconda.
Gli conviene candidarsi nelle liste provinciali magari scontrandosi
con la figlia a Cagliari…..
Molto difficile, hai ragione, un azzardo.
Senza pudore né vergogna come se nulla fosse. Niente da aggiungere…
Condivido ogni sua parola, non avrebbe potuto riassumere in modo così esaustivo…Soru tornerebbe ad essere quello degli inizi se si mettesse a disposizione della politica partecipando con le sue idee con totale generosità
I candidati alla presidenza regionale saranno tre:
Todde, Soru, Solinas (o Truzzu).
Non altri.
O non altri credibili in termini di idee e di possibilità di raccogliere voti.
Sinceramente fra le tre alternative preferisco Soru, con tutti i difetti e il già conosciuto e visto.
Se la Sardegna in tutti questi anni non è riuscita a esprimere altro, questa è la situazione e non può al momento essere diversa. A me interessa l’immediato, cioè quello che potrà succedere fra tre mesi.
Vincerà chi prenderà un voto più degli altri e, con questi avversari, anche un Soru 2.0 può giocarsela tranquillamente.
Sono uno dei 600 che sono andato ad applaudire il rientro di Renato Soru in politica. L’ho fatto con convinzione come
la maggior parte dei partecipanti. Siamo rimasti attenti a ciò che diceva perché quel discorso ridava una carica di vibrante entusiasmo ! Dovrebbe essere contento anche lei sig Biolchini ha l’occasione di riaccendersi con le sue vibranti polemiche nei confronti di Soru. Nel parlare così puntutamente lo leggo solo contro di lui come se avesse un regolamento di conti da pareggiare come se avesse qualcosa di personale contro l’ex Presidente! Solo con lui riesce ad essere così tagliente e pungolante altrimenti i suoi articoli risulterebbero sbiaditi e annacquati. Giustamente lei scrive che non ha fatto nulla nel periodo successivo alla sua presidenza ma non vedo manco altri che abbiamo raggiunto traguardi mirabolanti nel benessere dei sardi. Concludo sig Biolchini, gioisca con me me e con noi della discesa in campo di Soru, noi ritroveremo un leader e lei ritroverà una aggressività di penna che forse in questo vent’anni ha ammorbidito.Nino Diana
Solo con lui? Sicuro?
Saluti
Vito
Sarebbe interessante costituire un Comitato per il ritiro della candidatura di RS, avendo a cuore di non dimenticare il vecchio detto partenopeo:” uè state accorti, perché lavar la testa all’asino si perde acqua, tempo e sapone.
Allora non è vero che RenatoSoru non ha fatto un beneamato piffero quando diceva che faceva l’europarlamentare.
Il piffero l’ha fatto. Eccome.
E suona anche bene, questo Piffero, dato sappiamo già che ci sono i “600 del Doglio”, e che sono anche ben “carichi di vibrante entusiasmo”.
La Rivoluzione del Piffero Gentile.
Al di là dell’uomo politico, è finito il tempo dei feudatari nominati, dei “babbei” che prendono ordini perché riconoscenti della candidatura.
Cesa, questi giorni, ha commissariato il coordinatore dell’udc Biancareddu e quello zitto, non ha nemmeno protestato.
Cesa, un politico di terz’ordine.
Senza pudore … con una grande faccia di bronzo.
Del resto lo maneggiamo molto bene, il bronzo, qui in Sardegna.
Biolchini, finalmente mi associo al 100%, con quello che scrive.
La rivoluzione gentile, che coraggio e … che pena,
Le primarie non sono il problema e non sono la soluzione, sono uno dei tanti strumenti della democrazia, peraltro mai usato in Sardegna per i candidati presidenti (salvo che per Barracciu).
Il problema è lo spessore della sinistra, vale per una parte e vale per l’altra degli attuali contendenti.
Il problema è la mancanza di dialogo, anzi di ascolto, sono i personalismi, è la voglia di primeggiare dei singoli e delle loro parrocchiette, è la totale mancanza di consapevolezza e di visione d’insieme, è il “dopo di me il diluvio” e il “muoiano con me tutti i filistei”, è il totale disinteresse per i problemi dei sardi, della sanità, dei trasporti, del lavoro che non c’è, dei nostri figli (i miei per primi) che sono costretti ad emigrare per trovare gli spazi che qui non possono trovare, della scuola e dell’ università, delle sacche di povertà assoluta e di anziani abbandonati a se stessi, è la mancanza di cultura, che ha consentito a qualcuno, che dopo vent’anni di ruoli apicali nella politica regionale e non solo, oggi si presenti come una vergine a illustrare una bella storia di valorizzazione identitaria e dei nostri saperi, in qualità di profeta della rivoluzione gentile.
Non abbiamo mica dimenticato chi è che ha distrutto, anziché rianimarla e riformarla, la formazione professionale e la filiera che avrebbe potuto creare posti di lavoro e riqualificare quelli esistenti.
Non abbiamo mica dimenticato chi ha smantellato e distrutto l’artigianato artistico tipico e tradizionale, in funzione di una fissazione tutta personale, di voler ridisegnare il comparto, alienando tutte le strutture di sostegno e di formazione e financo quelle fisiche come il Padiglione di Sassari, la sala Figari della fiera di Cagliari, decine di centri pilota in tutta la Sardegna e showroom in Sardegna e fuori, come se i saperi e le tradizioni che ci arrivano dalla cultura ed il lavoro di secoli non avessero alcun valore culturale e comunitario, ma meritassero solo di essere cestinati.
Se è vero che quando ci si separa, ci sono sicuramente colpe da ambo le parti ed il dialogo serio e trasparente sarebbe, invece, la soluzione, è anche vero che credere di ritrovare la strada maestra accodandosi a coloro che hanno già fallito non mi sembra un’ideona.
Siamo ormai al paradosso, e ci sarebbe da ridere se, il vedere riconsegnare la guida della Regione a questa destra cialtrona, non ci facesse piangere di disperazione.
Mai Solinas e c. avrebbero saputo organizzare una campagna così facile per loro, senza l’appoggio di questa “sinistra” sinistra.
Il dibattito sembra interessante: Todde vs Solinas (a rappresentare i delegati dei partiti i Italiani) e Soru vs Zuncheddu ( a rappresentare la battaglia Sardista egocentrica).
Siamo alla solita bagarre pre-elezioni che si concluderà con un posto in consiglio per tutti…. e vai!
Dov’é l’alternativa? Chi rappresenta i giovani Sardi, le speranze di un territorio appeso a un filo e depresso in tutti i suoi stati sociali?
“Che bell’inganno sei anima mia
E che grande il mio tempo che bella compagnia
Mi sono spiato illudermi e fallire
Abortire i figli come i sogni”
De André , Anime Salve
legittime le sue considerazioni, sempre puntuale signor Biolchini.
Ma non sbaglia Renato Soru quando afferma che divisi non é detto che si perda.
Basta vedere le sale che riempie, ovunque in Sardegna, e ancora meglio basterebbe fare la somma sui social network dei like sia del candidato Soru che dei segretari delle organizzazioni che han deciso di unirsi in un progetto pensato in Sardegna, che abbia a cuore la Sardegna, capace di affrontare le emergenze di oggi e dare l’avvio alla vera rinascita della Sardegna.
Ed è palese che Soru non si sbaglia. I numeri già lo dicono.
In effetti è vero, sono andata a fare un giro sul web e scopro gente che viaggia alla media di duecento likes a post. Sommandoli, sono sicuramente migliaia di voti per quel candidato . Su questo le do assolutamente ragione. Quello che le chiedo è: tutti voti da spendere sull’altare di una battaglia persa come quella con l’ex governatore?
Una battaglia persa? ma lei da cosa lo dedurrebbe che sarebbe una battaglia persa? Da quali dati o considerazioni?
Soru non può essere sotto il 25%, sarebbe assurdo (o in malafede) pensare il contrario, Zedda lo darei almeno al 15%, considerando che mezza Cagliari e hinterland (dove abitano un terzo degli abitanti della regione) lo sosterranno sicuramente, e Devias, che viaggia ad una media di duecento likes a post da anni, come fanno notare qui sopra, e che pesca i suoi voti soprattutto nel centro Sardegna, non può essere sotto il 5%. E non sto contando +Europa. Faccia lei i conti, è molto semplice: con il 45% delle preferenze dov’é la partita persa? Parliamo semmai di grande occasione per la nostra Regione.
La sinistra italiana, per vincere, deve smettere di essere succube della sindrome di Tafazzi. Ecco perché si perde.
Anche il circo piace molto. Vada a leggersi la meravigliosa descrizione dello spettacolo circense in “Huckleberry Finn” di Twain. LIKES? come nel caso del famoso panettone?
E, secondariamente, il vibrante argomento della limba non tira più?
Europarlamentare dal maggio 2014 a maggio 2019 un fantasma lontano dai problemi Sardi
Vito biolchini sei un mito!
Todde 5 stalle? Mai!
Grande ed indiscutibile analisi come sempre OD Vito!
Caro Vito, leggo sempre con attenzione le tue riflessioni e non mi lasciano indifferente. Vorrei però aggiungere rispetto a quanto hai scritto, che nel 2013 andai in Parlamento perché vinsi le primarie. Non con gli stessi meccanismi di oggi. Non ho difficoltà a pensare, che senza le parlamentarie volute da Bersani, la mia carriera romana non sarebbe mai iniziata.