Clamoroso, incredibile, indimenticabile.
Nella storia dello sport cagliaritano e sardo entra di diritto l’impresa della Cagliari Dinamo Academy, capace di salvarsi all’ultima giornata di campionato di A2. Pensate: appena tre vittorie nelle prime quindici gare, ben otto belle successive quindici, di cui due nelle ultime due contro le squadre più forti del torneo! Salvezza diretta, senza passare per la lotteria dei playout: clamoroso.
Le mosse vincenti sono state il cambio di allenatore (apparso azzardato a dire il vero, ma l’esordiente Alessandro Iacozza è stato alla fine l’arma in più del gruppo) e due innesti felici come il lungo senegalese Ousmane Diop e il georgiano Giga Janelidze. Il primo ha consentito all’americano Justine Johnson di tornare così nel suo ruolo naturale di ala grande (devastante) e il secondo ha fatto sotto canestro quella differenza che l’impalpabile Ebeling non ha mai fatto in un anno e mezzo al Palapirastu. Aggiungeteci poi un super Anthony Miles e il solido Lorenzo Bucarelli (ormai è pronto per il salto in A1) e la squadra ha così iniziato a giocare e a vincere.
Chi lo avrebbe mai detto? Io no di sicuro. Perché a metà campionato i rossoblù sembravano essere destinati alla retrocessione diretta. Sarebbe stato uno smacco clamoroso per la società clone della Dinamo Sassari, nata come laboratorio sportivo e gestionale dei cugini del Capo di Sopra. La Academy è infatti un esperimento unico in Italia, i cui risultati (al netto del successo sportivo) però sono tutti da verificare.
Il Palazzetto in questi due campionati è infatti sempre stato desolatamente semivuoto. No, non me lo aspettavo. Soprattutto quest’anno, in cui pensavo che la società avrebbe apportato i necessari correttivi per far conoscere meglio la squadra ai cagliaritani. Invece nulla è cambiato: spalti vuoti, atmosfera dimessa, pochi giovani e troppi reduci della antica stagione del Brill.
Nessun prodotto oggi si vende da solo, neanche il basket. Quindi serviva (e servirà ancor di più in futuro) una campagna di comunicazione più aggressiva e coinvolgente per far conoscere la squadra ai cagliaritani: il marchio Dinamo non basta.
Il rischio è però che ora il presidente Stefano Sardara consideri l’esperimento fallito e “venda” la Academy ad altre piazze. Da mesi si parla di Genova e Firenze, ultimamente di Napoli. Anzi, a quanto pare il capo della Dinamo avrebbe già deciso di dare l’addio a Cagliari, per cui ricorderemo la bellissima vittoria contro la Fortitudo Bologna (neo promossa in A1) come l’ultima partita di grande basket in città.
Ma se un gruppo di imprenditori cagliaritani si facesse avanti, io penso che Sardara avrebbe tutto l’interesse a far sì che in Sardegna ci fosse ancora una squadra di A2.
Il basket a questi livelli genera economie interessanti, dappertutto lo sport sta diventando un business importante. Certo, non bisogna illudersi che il miracolo Dinamo Sassari sia replicabile (la squadra ha conquistato la A1 dopo ben vent’anni di A2, è bene ricordarlo), ma una grande piazza come Cagliari può dire la sua.
Anche perché la squadra c’è già e il miracolo l’ha fatto in campo. Ora però ne serve un altro: trovare imprenditori coraggiosi, intelligenti e anche un po’ matti che vogliano puntare sullo sport. A quel punto sono sicuro che i tifosi arriverebbero.
Riuscirà Cagliari a vincere questa sfida? L’economia della città ringrazierebbe. E noi tifosi pure.
L’identità non si compra, ricordo ancora le vere e proprie battaglie contro la Dinamo con la mia Esperia, e allora gli facevamo un mazzo tanto, io sono cagliaritano, ho ancora il Brill nel cuore, e chi veniva a giocare a Cagliari contro il Brill, sapeva di venire in un inferno, altro che Palaserradimigni. Detto questo, auguri alla Dinamo e buon campionato, Signor Sardara, lei parla di regno sardo/piemontese, a Cagliari i piemontesi li abbiamo presi a calci nel culo, e festeggiamo quel giorno con “Sa die de sa Sardinia”.
Ripeto, l’identità non si compra, ha fatto bene ad andare a Torino, io sono fiero di essere cagliaritano, amo la pallacanestro, e vorrei che la mia città torni ai fasti che merita, la mia città è Cagliari, non Sassari.
Con rispetto.
Talmente inferno che poi è sparita dalla circolazione. Non riesci ad accettare la realtà. La dinamo Sassari sta collezionando coppe su coppe. La brill non mi viene in mente nulla, il vuoto. Rosicone.
sono andato al palazzetto a vedere buon basket tutto l’anno. Chi parla di società locale, non mi pare che venisse a vedere l’esperia in serie C. Ajo al palazzetto, vah
ma c’è bisogno di comprare il titolo da Sardara? se ci fossero soldi sarebbe meglio costruire una nuova società locale dal basso… fondendo magari realtà del territorio…. e cercare poi di salire di categoria…. se anche facessero una squadra di A2 col titolo comprato da Sardara, non riuscirei a tifarla… che ci piaccia o no la passione sportiva vive di indentità. comunque tutto il mio rispetto alla Dinamo Sassari e a i suoi tifosi.
Il primo errore, malgrado la buona volontà di Sardara, è stato quello di chiamarla Dinamo Academy. Considerandola costola di Sassari è mancata fidelizzazione. Troppo corpo estraneo rispetto alla città di Cagliari. Poteva crearsi una simbiosi con il Cagliari. Bei tempi quando usciti dal Sant’Elia si entrava dritti a vedere Esperia al palazzetto. Magari Giulini potrebbe farci un pensierino…
Credo che il problema non sia la comunicazione, ma la mancanza di collegamento con la città, di un vivaio, di almeno un giocatore sardo in squadra.
Io, senza nessun interesse, penso che basterebbe affidare tutta la campagna di comunicazione, promozione e ufficio stampa a Vito Biolchini o Pietro Porcella e d’incanto il Palapirastu salirà fino a portare 3000 persone ad ogni partita.❤️
Eh, non lo so! 🙂 🙂
Comunque sempre forza Brill!