Portovesme (e in quella spiaggia d’estate c’è pure gente che ci fa il bagno, giuro)
Me lo ricordavo quell’articolo, e probabilmente lo ho anche conservato da qualche parte. Sì, quell’articolo in cui il professor Pigliaru dalle colonne della Nuova Sardegna diceva che, insomma, era venuto il momento di dire basta alle industrie decotte nel Sulcis e che sarebbe stato “più saggio lasciare le imprese al loro destino e occuparsi invece dei lavoratori”. Era il 31 agosto 2012: anche per effetto di dichiarazioni del genere Pigliaru ha avuto il mio voto e quello di tanti altri sardi.
Quattro anni e mezzo dopo il professore, diventato presidente della Regione, fa invece esattamente il contrario di quello che allora teorizzava e prova a salvare l’Eurallumina che, come ho avuto modo di scrivere, prima chiude definitivamente, meglio è (“Io sto con i lavoratori ma non con l’Eurallumina: che prima chiude, meglio è per tutti”).
A ricordare le parole di Pigliaru ci ha pensato Italia Nostra con un documento inviato ieri a tutte le testate ma che i nostri quotidiani hanno pensato al momento di ignorare. Io ve lo propongo integralmente perché a mio avviso contiene degli spunti di riflessione interessanti.
L’altra notizia che voglio condividere con voi è la seguente: sta girando voce che la questione Eurallumina sarà avocata dal Ministero: ovvero, il Soprintendente ai Beni paesaggistici di Cagliari ed Oristano Fausto Martino, che coraggiosamente si è opposto all’ampliamento del bacino dei fanghi rossi perché in contrasto con il ppr, potrebbe vedersi sfilare la pratica, e questo su sollecitazione della Regione che conta così di avere il via libera direttamente da Roma. Nelle prossime ore sapremo se si tratta solo di una voce. Nel frattempo, buona lettura.
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Ancora assistenzialismo e nuovo inquinamento per il Sulcis
I giorni scorsi è stata rinviata la Conferenza di Servizi che avrebbe dovuto decidere la riapertura dell’Eurallumina, la raffineria di bauxite di Portovesme. Motivo del rinvio il parere contrario del Ministero dei Beni Culturali per incompatibilità con il Piano Paesaggistico Regionale.
Desta quanto meno stupore il fatto che l’unica criticità rilevata, nell’ambito del procedimento autorizzativo per la rimessa in funzione dell’impianto, da parte degli Organi decisori, sia di esclusiva natura paesaggistica. Eppure si tratta di un impianto a forte impatto ambientale perché, per poter riprendere l’attività, si dovrà sollevare di 10 metri (fino a 46 metri di altezza totale) l’attuale bacino, che sarà riempito con fanghi inquinanti e pericolosi, contribuendo in tal modo a rendere irreversibile il processo di degrado ambientale del Sulcis, un Sin tra i più inquinati d’Italia. Nell’ambito di un tale “revamping” industriale dovrà per di più essere realizzata una nuova centrale a carbone, in una regione dove il 78% dell’energia prodotta proviene dall’uso di combustibili fossili, di cui il 25% circa ottenuta dalla combustione del carbone.
Nuovi e inquinanti progetti per rilanciare uno stabilimento i cui dirigenti sono attualmente sotto processo per danno ambientale, disastro ambientale consumato e traffico illegale di rifiuti.
Le motivazioni contrarie alla costruzione della nuova centrale a carbone a Portovesme sono state esposte ed adeguatamente argomentate nelle Osservazioni al PEARS del 2016 da parte di Italia Nostra, WWF e LIPU. È appena il caso di ricordare che la centrale risulta in aperto contrasto con gli enunciati di sostenibilità contenuti negli indirizzi e negli obiettivi del PEARS e la scelta, dettata esclusivamente da motivazioni economiche connesse al basso costo del carbone, risulta essere in perfetta antitesi con i contenuti della Road Map 2050 e i trattati COP21 e COP22, che impongono un percorso ispirato alla decarbonizzazione, riduzione delle emissioni di CO2, risanamento ambientale.
Attualmente il sistema elettrico sardo produce una quantità di CO2 per Kilowattora di energia superiore di oltre l’80% rispetto alla media italiana, con una quantità di circa 700 grammi di CO2 per unità di energia rispetto ai 400 grammi prodotti nella penisola.
Perché riaprire uno stabilimento, come quello dell’Eurallumina, che copre una fase intermedia nel ciclo dell’alluminio, con una produzione slegata completamente da un territorio ridotto alla fame, e per questo costretto ad accogliere qualsiasi impianto ad alto tasso di inquinamento in cambio di qualche posto di lavoro?
NOI non esitiamo a dire che è necessario fermarsi e riflettere, perché è folle perseverare nell’errore di tenere in vita industrie senza futuro per il territorio, insostenibili sotto l’aspetto ambientale ed economico, che per paradosso drenano risorse pubbliche.
“Il fatto è che di fronte a emergenze di occupazione e di reddito, l’istinto italiano, sbagliato, è di esercitare un vero e proprio accanimento terapeutico a favore dell’impresa in crisi, anche quando le prospettive di mercato sono improbabili o nulle. Sono interventi che bruciano risorse pubbliche preziose e, creando false aspettative, consumano futuro. Quasi sempre sarebbe più saggio lasciare le imprese al loro destino e occuparsi invece dei lavoratori, sostenendo il loro reddito e accompagnandoli con servizi di qualità (orientamento e formazione, in primo luogo) verso una nuova occupazione”, scriveva il prof. Francesco Pigliaru il 31 agosto del 2012 sulla Nuova Sardegna.
Nel rammentare al prof. Pigliaru, attuale Governatore della Regione Sardegna, queste sue non lontane dichiarazioni, chiediamo con forza l’effettiva applicazione di quei sani e condivisi principi che da un lato garantiscano ai lavoratori del Sulcis il diritto al lavoro e dall’altro tutelino la salute dei Sulcitani che vivono all’interno del SIN, sotto l’incubo di varie e gravi patologie che presentano percentuali di incidenza sulla popolazione che non si possono continuare a ignorare. Il Rapporto SENTIERI ha evidenziato gli elevatissimi rischi per la salute mettendo in relazione la presenza delle industrie, la pregressa attività mineraria e la produzione energetica da combustibili fossili con l’eccesso di mortalità per le malattie dell’apparato respiratorio e del tumore della pleura.
Riportando ancora le parole scritte dal prof. Pigliaru nel 2012 ricordiamo che nel “Sulcis non mancano proposte ragionevoli e di buon senso … in grado di creare occupazione diffusa e sostenibile: la straordinaria dotazione di bellezze naturali e la ricchezza della storia mineraria. In più, c’è un agro-alimentare di qualità… Bisogna però capire questo: che la vera emergenza per il Sulcis non è una fabbrica che va via o una miniera che chiude. È invece una qualità delle istituzioni che oggi non dà garanzie sufficienti a coloro che devono affrontare le profonde e anche dolorose (socialmente ed economicamente) trasformazioni necessarie per raggiungere una nuova sicurezza economica. Chi li accompagnerà in quel percorso? … Chi è in grado di sbloccare le bonifiche per rendere credibile la prospettiva di un decente e sostenibile sviluppo basato sulla bellezza paesaggistica del territorio?”.
La risposta a queste domande, non può e non deve essere l’installazione di un ulteriore impianto industriale a Portovesme – in contrasto con lo stesso strumento urbanistico comunale – che continuerà a impedire le produzioni agroalimentari, la pastorizia e l’agricoltura, la pesca e il turismo, settori capaci di garantire migliaia di posti di lavoro produttivi a costi di gran lunga contenuti rispetto a quelli delle attività industriali.
Rispetto ad un quadro ambientale, sanitario e paesaggistico così degradato, si resta attoniti nel constatare che l’unico parere negativo sul nuovo disastro ambientale annunciato provenga con isolato coraggio dagli uffici periferici del Ministero dei Beni Culturali, con le cui riserve ed eccezioni non possiamo che pienamente concordare in quanto rivendicano semplicemente l’applicazione delle regole paesaggistiche che la stessa regione Sardegna si è data. Di contro Enti, Ministeri e Assessorati preposti alla tutela dell’ambiente e della salute non solo non fanno udire le inoppugnabili ragioni del dissenso, ma si accodano con supina acquiescenza e subalterna connivenza, alle posizioni demagogiche di quei tanti politici che con le loro scelte passate e presenti hanno contribuito a creare nel Sulcis il più grande disastro ambientale, sanitario ed economico dell’Europa intera.
li, 5 febbraio 2017
Il Consiglio Regionale di Italia Nostra Sardegna
Il sulcis é avvelenato dalle industrie, da politici mediocri, da sindacalisti osceni e da una popolazione che vive di assistenza e spesso vuole vivere di assistenza. Credo sia senza speranza. Carbonia, Iglesias e Portoscuso credo siano i posti più tristi e deprimenti che abbia mai visto
Assotziu Consumadoris Sardigna Organizatzioni No po’ Lucrai de Utilidade Sotziali Associazione Consumatori Sardegna Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale Via Roma, 72 – 09123 Cagliari – Tel. 0706848403 – Fax 0706848403 – Fax 0708642818 – 3477255895 C.F. 92138760928 e-mail consumatorisardegna@tiscali.it –Posta Certificata consumatorisardegna@pec.it Sito web http://www.consumatorisardegna.it Associazione iscritta dal 14/09/2005 al n°1475 del Registro Regionale del Volontariato Settore Diritti Civili – Sezione tutela dei Diritti del Consumatore (L.R. n°39 del 13/09/1993)
COMUNICATO STAMPA SUL PROGETTO EURALLUMINA
Finalmente la politica sarda interviene in merito al progetto di ammodernamento dello stabilimento di Eurallumina. Assessori, vice presidente, consiglieri regionali concordano che non si può bloccare quel progetto e ciascuno si attiva per portare avanti la politica industriale che impone che i profitti dell’iniziativa siano dei privati e che i costi e i danni siano a carico della collettività. Infatti nessun politico, assessore, vice presidente, sono mai intervenuti in merito al disastro, nessuno di loro ha mai portato una parola di conforto ai tanti che si sono ammalati e che continuano ad ammalarsi, nessuno di questi ha mai avuto parole di solidarietà nei confronti dei familiari che hanno perso i propri cari a causa dell’inquinamento causato anche dall’ attività della società Eurallumina. Nessuno si è sentito in dovere di costituirsi parte civile a livello regionale nel procedimento penale che vede coinvolti i massimi dirigenti di quella società e della stessa sotto processo per disastro ambientale Il tutto è stato lasciato all’impegno delle associazioni, Assotziu Consumadoris Sardigna – Onlus, alla Confederazione Sindacale Sarda, a Sardegna Pulita, al Wwf e a nove cittadini del Sulcis, in parte agricoltori e cittadini ammalati di tumore. Chiunque esprima dubbi su tale progetto viene criticato, vedi il caso ultimo del Soprintendente ai Beni paesaggistici di Cagliari ed Oristano, viene messo alla gogna. Appare stravagante leggere o sentire che il tutto deriva dalla chiusura dell’impianto nel 2009 senza parlare del perchè fu fermato lo stabilimento. Detto così appare una cosa normale c’era la crisi…., mancava l’energia…… Perchè non dire la verità? Eurallumina è stata costretta ad interrompere la produzione a causa di un problema nato e contestato dalla autorià giudiziaria che ha messo sotto sequestro il Bacino Fanghi Rossi, semplicemente per aver riversato assieme ai fanghi rossi materiali inquinanti, il tutto scoperto causalmente per la rottura di una tubazione. Nel marzo 2010, sulla base della campagna di monitoraggio sono stati rilevati, in concentrazione superiori ai limiti di legge i seguenti inquinanti: ALLUMINIO, ARSENICO, SELENIO, CLORURI, AZOTO AMMONIACALE, SOLFATI, SOLFITI, BORO, FERROLI, CADMIO, MANGANESE, FERRO, RAME, MERCURIO, PIOMBO, CROMO TOTALE, CROMO VI. IDROCARBURI TOTALI, TENSIOATIVI, che non dovevano trovarsi nella falda sotto il bacino dei fanghi rossi e ne negli scarti di lavorazione dell’allumina. Motivo per il quale dal 2009 il bacino BFR è sotto sequestro giudiziario, (stando al perito nominato dal tribunale di Cagliari Prof. Ing. Manassero per bonificare quel sito ci vorrano non meno di trecento anni), finalmente la politica entra in scena e lo fa esprimendo solidarietà, non a quanti si sono impegnati e che continuano a impegnarsi per far pagare agli inquinatori e far valere il principio “chi ha inquinato deve pagare”, o a quanti in questi anni si sono ammalati.
La politica non parla di giustizia, non si preoccupa del danno che si sta facendo a quanti stanno cercando di accertare le responsabilità del disastro dell’inquinamento dell’ambiente, della fauna e della nostra vita. No si schierano a favore di una minoranza, si schierano con chi ha già creato danni, con chi ha violato le norme. Noi siamo dalla parte dei lavoratori, che difendono il loro posto di lavoro, ma non con l’ azienda, Eurallumina prima chiude e meglio è per tutti noi, per la nostra salute, per l’ambiente, per la fauna, per la flora, per il panorama e per l’economia locale. Ma parliamo del nuovo progetto di ammodernamento dell’impianto, che prevede la costruzione di una centrale elettrica a cogenerazione che sarà alimentata con il carbone della potenza di 285 MW; portera al raddoppio del Bacino Fanghi Rossi con un innalzamento della discarica di altri 20 metri. Il tutto da realizzarsi su terre vincolate da uso civico, su una discarica sotto sequestro giudiziario, il tutto viene detto a “norma”. Centrale a carbone che viene chiamata confidenzialmente o scaldabagno o caldaia che immetterà in atmosfera circa un milione di tonnelate di CO2, per il piombo possiamo stimare emissioni aggiuntive pari a 790 kg/anno di piombo emesso (stima consumo di carbone anno pari a 359.161 t/a ovvero 41 t/h) (Ore anno 8760). Gli impatti sulla salute e sull’ambiente degli inquinanti atmosferici pericolosi, presenti nelle emissione delle centrali che portano combustione carbone e i danni alla salute che provocano, sono i seguenti: L’ACIDO CLORIDRICO E FLUORIDRICO sono acidi fortemente corrosivi; gli impianti termo-elettrici a carbone ne sono le maggiori fonti antropogeniche di emissione atmosferica. Per la loro solubilità in acqua, i vapori acidi si depositano nelle prime vie aeree respiratorie, ma riescono a raggiungere anche gli alveoli polmonari. LE DIOSSINE sono una famiglia di composti organo clorurati tra cui i più aggressivi sono le policloro-dibenzo-diossine e i policloro-dibenzo furani. Anche queste sostanze sono tra i maggiori inquinati provenienti dagli impianti di combustione, particolarmente a carbone. Sono spesso associate a piccole particelle che possono residuare per oltre dieci anni e che spesso si depositano al suolo e nelle acque, dove tendono ad accumularsi in sedimenti ove rimangono per molti anni. La loro penetrazione nell’organismo umano avviene non solo per via aerea, ma anche attraverso il cibo e l’acqua. Una volta entrate nell’organismo, la 2,3,7,8-TCDD può persistere al suo interno per 7- 10 anni; in popolazioni esposte, grazie alla sua lipofilia, è stata ritrovata anche nel latte delle donne in allattamento. Questi inquinanti, oltre a determinare cloracne da esposizione acuta, fungono anche da interferente endocrini (azione particolarmente grave nei bambini) e possono causare numerosi tipi di tumore in vari organi e apparati. Anche altri Composti Organici Volatili (VOC) quali il benzene, il benzopirene, gli idrocarburi policiclici aromatici – IPA, il toluene etc. sono riconosciuti dalla IARC come cancerogeni di gruppo IA. IL MERCURIO è stato identificato come uno degli inquinati più pericolosi emessi dalle centrali a carbone in atmosfera, da dove ritorna alla terra con la pioggia e la neve. Molti studi dimostrano come la combustione del carbone sia una delle fonti più importanti della presenza del mercurio nell’ambiente (fino al 70%). Una volta precipitato al suolo e nelle acque è convertito ad opera di micro-organismi in metil-mercurio. Questa sua forma, altamente tossica, penetrata nella catena alimentare, dopo bio-magnificazione sviluppa la sua tossicità nei confronti del sistema nervoso (neuro-tossicità). Questa azione è particolarmente importante nell’embrione e nel feto durante la vita intra-uterina (il mercurio passa la barriera placentare), nel bambino e nell’adolescente durante la crescita. Nelle persone adulte il mercurio è stato messo in relazione anche con patologie cardio-vascolari. GLI ALTRI METALLI, diversi dal mercurio, includono l’arsenico, il berillio, il cadmio, il cromo, il piombo, il manganese, il nichel. La presenza di questi metalli nelle emissioni delle centrali a carbone sono riferite prevalentemente al particolato primario (PM 2,5), che va distinto da quello secondario che si forma in atmosfera per riaggregazione da reazione chimica delle vari componenti emissive. Sono alla base di azione carcinogenetica non solo nell’apparato respiratorio ma anche in alti apparati; inducono patologie cardio e cerebro-vascolari e patologie degenerative sistemiche e di organo.
RADIO ISOTOPI. Nelle emissioni delle centrali a carbone sono presenti: U238, Th234 e Radio. In particolare per quest’ultimo elemento le emissioni da carbone sono la fonte maggiore di inquinamento in atmosfera. Alcuni studi dimostrano che le centrali a carbone sono fonti di emissione di radioattività 100 volte superiore a quella delle centrali nucleari. Fonte di preoccupazione sono le enormi quantità di CENERI che derivano dalla combustione del carbone e che devono essere smaltite, in quanto ne è stato dimostrato l’effetto genotossico e mutageno oltre ai danni alla salute delle popolazioni umane esposte e agli effetti avversi sulla vegetazione. Il problema della massa enorme di ceneri residue alla combustione ( 3-400.000 t su 1.000.000 t di carbone ) che un volta combuste contengono isotopi radioattivi (U238 e Th234) in concentrazione quasi doppia rispetto al prodotto di partenza; tali ceneri vengo spesso considerate inerti e, anche se esiste una precisa normativa a riguardo, avviate in discarica o verso la produzione di cemento, saranno invece miscelate con i residui della lavorazione della BAUXITE e scaricate nel Bacino Fanghi Rossi. Inquinanti già presenti nel territorio di Portoscuso Suolo composti organici e metalli pesanti (piombo, zinco, cadmio, arsenico, ferro, rame) Acque superficiali composti organici e metalli pesanti (piombo, zinco, cadmio, arsenico, ferro, rame) Acque di falda composti organici e metalli pesanti (piombo, zinco, cadmio, arsenico, ferro, rame) Sedimenti fluviali composti organici e metalli pesanti (piombo, zinco, cadmio, arsenico, ferro, rame) La nuova centrale a carbone di Portoscuso si inserisce in un territorio già compromesso classificato Sito di Interesse Nazionale Sulcis-Iglesiente-Guspinese dove ogni nuovo insediamento industriale si somma agli inquinanti di aria, terra e acqua, già causa dei danni ambientali, economici (mancato sviluppo), e della salute umana. “La collettività sarda e già sottoposta a elevati livelli di esposizione di inquinanti che sono produttive di rischi valutabili a medio e a lungo termine e conseguentemente costituiscono un pericolo per la salute che deve essere tutelata mediante l’adozione del principio di precauzione consistente nella realizzazione di una condizione di minimizzazione dei rischi.” Vi è la necessità di assumere il principio di cautela nella esposizione consistente nella necessità di escludere i rischi ragionevolmente evitabili. Ma i politici continuano a far finta di niente.
Cagliari, 04/02/2017 Il Presidente ACS-Onlus
Marco Mameli
P.S. L’ Assotziu ha presentato le osservazioni sia al vecchio progetto per la costruzione della centrale a carbone proponente Eurallumina sia per il nuovo Progetto di Ammodernamento della Raffineria di Produzione di Allumina ubicata nel Comune di Portoscuso proponente Eurallumina. L’Assotziu si è costituita parte civile nel procedimento penale (disastro ambientale) contro i dirigenti e la società.
http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2012/01/09/news/alcoa-chiude-lo-stabilimento-di-portovesme-resteranno-senza-lavoro-mille-persone-1.3634241
Se le attività militari avessero fatto l’1% dei disastri causati dalle “servitù industriali” sarebbe opportuna la smilitarizzazione immediata della Sardegna.
Così non è ma tanti farlocchi dedicano le loro energia per contestare la presenza militare mentre le industrie fallimentari continuano ad avvelenare la Sardegna, impoverendola ulteriormente.
Che dire poi di quelli che si sono mobilitati contro un progetto fasullo di centrale termodinamica, tra i Comuni di Decimoputzu e Villasor, ed hanno lasciato andare avanti il disastroso, e reale, progetto che prevede 409 chilometri di metanodotto?
I sardi sembrano in preda ad un incantesimo: alla perenne ricerca di una inesistente pagliuzza nel proprio occhio non si accorgono del trave che ne devasta la fine del tratto digerente.
La prova lampante (ennesima) che anche la più sana delle mele (la buona fede fino a prova contraria non si nega), messa nel cesto di quelle marce, fa una brutta fine.