Foto Olliera (e non aggiungo altro)
Ieri sera alla Manifattura Tabacchi di Cagliari, nella sua ennesima uscita da assessore regionale ad interim alla Cultura (ma ce ne sono tanti di interim non dichiarati in questa giunta Pigliaru), l’assessore al Bilancio Raffaele Paci ha toccato con mano la complessità del settore di cui ora si sta occupando. Complessità che la delibera dello scorso 8 aprile (che affida per tre anni la gestione dell’enorme ex complesso industriale in pieno centro cittadino a Sardegna Ricerche) di fatto esaspera, giacché, per stessa ammissione di Paci, “Sardegna Ricerche non sarà né capocondomino della Manifattura né direttore artistico”. E quindi?
In attesa di capire quale sarà il vero ruolo in questa partita di Sardegna Ricerche (oggi silente), una cosa è chiara: non si è capito chi e con quali motivazioni ha ritenuto superato il progetto della Fabbrica della Creatività così come immaginato da Renato Soru e confermato da Ugo Cappellacci. A questa domanda, rivolta all’assessore Paci da me e da Enrica Anedda di Cinemecum, l’assessore Paci non ha risposto.
Non chiedetevi dunque chi ha deciso che nel progetto della Fabbrica della Creatività si doveva inserire, fino ad assumere un ruolo preponderante, l’idea di uno spazio, hub, che colleghi le diverse realtà, pubbliche e private, organizzate e spontanee, che ormai operano nel settore (FabLabs, spazi di Coworking, Contamination Labs). Non si sa.
Non chiedetevi chi ha deciso che il progetto soriano non andava più bene. Mistero. Così è stato deciso. E basta.
Quello che invece ieri sera si è capito benissimo è che gli operatori culturali (chi più chi meno) hanno tutti espresso delle evidenti perplessità in merito all’operazione Manifattura/Sardegna Ricerche (proprio tutti), mentre i rappresentanti del mondo digitale (pubblici e privati) hanno invece intonato i loro peana a favore di Paci. E ci mancherebbe pure, visto che la delibera è evidentemente costruita ad hoc per loro.
L’idea di come coinvolgere le imprese digitali è dunque chiarissima, cosa far fare alle imprese culturali e di spettacolo invece no. Paci è stato molto vago a proposito, mentre il direttore del Centro Regionale di Programmazione Gianluca Cadeddu ha sollevato l’asticella della sfida ad altezze inimmaginabili per la realtà delle imprese culturali sarde, sottocapitalizzate e stremate da anni di cattiva politica e cattiva amministrazione, segno evidente che talvolta la Sardegna di chi vive nei palazzi regionali è immaginaria, totalmente slegata dalla realtà.
Quindi la difficoltà della Regione ora è evidente: deve riuscire a infilare in qualche modo dentro la Manifattura quelle imprese culturali e di spettacolo che invece dalla delibera dell’8 aprile sono di fatto messe ai margini e per le quali la Regione non ha alcun tipo di progetto. E non sarà facile.
Tutti gli operatori di spettacolo intervenuti (anche se i big sono rimasti silenti, mai opporsi frontalmente a chi tiene i cordoni della borsa) hanno infatti fatto notare l’assoluta e perdurante inaffidabilità della Regione in tema di politiche culturali. Una inaffidabilità fatta di teatri costruiti con fondi europei poi lasciati vuoti e senza piano di gestione, di bandi fatti male e intrepretati peggio (come quelli per il cinema o del progetto Iscola), di crescenti tagli al comparto. La critica a questa giunta stasera è stata pacata ma al contempo durissima, quasi senza appello. Fallimento totale.
Straordinaria la testimonianza di Ilaria Nina Zedda la quale, con la sua compagnia Kyberteatro, da tempo porta avanti una rassegna che coniuga scena e tecnologia. Peccato che, come lei ha amaramente dichiarato, al suo gruppo la Regione ha tagliato i fondi e che “Sardegna Ricerche ha mostrato in questi anni di non avere al suo interno una sensibilità culturale in grado di supportarci”. Alla faccia della delibera!
Da qui la richiesta avanzata da alcuni di affiancare a Sardegna Ricerche, che entro ottobre dovrà abbozzare un piano di gestione della Manifattura, un soggetto in grado di comprendere la complessità e la specificità del fare culturale. A questa proposta l’assessore Paci però non ha dato risposta.
In merito all’assenza al tavolo del comune di Cagliari, Paci ha invece tenuto a rassicurare tutti, affermando che il sindaco Massimo Zedda condivide totalmente il progetto in corso. Il senso della mia domanda però era un altro, e voleva indurre la Regione a far sì che il comune di Cagliari facesse parte dell’Unità di progetto istituita dalla delibera (e di cui faranno parte “un componente designato rispettivamente dai Direttori generali dei Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport e degli Enti Locali, e Finanze e da un componente designato dalla Presidenza della Regione”) e che dovrà decidere le sorti della Manifattura.
“Zedda è d’accordo con me e anche la Firino è d’accordo con me” ha tagliato corto Paci. A questo punto l’unico esponente di Sel ad essere in disaccordo con Paci (e di conseguenza anche con Zedda e con la Firino) dovrebbe essere la presidente della commissione consiliare Cultura Francesca Ghirra, molto critica nei giorni scorsi nei confronti della delibera della giunta Pigliaru. Chi lo sa, magari nel frattempo anche lei ha cambiato idea. Io però continuo a ritenere che una presenza istituzionale del Comune sarebbe una garanzia per gli operatori culturali.
Insomma, se ieri sera Paci e Cadeddu si aspettavano reazioni entusiastiche al loro progetto sono rimasti sicuramente delusi. “Voi pensate alle professioni del futuro ma state attenti che se continuate con questa vostra politica culturale, noi fra poco saremo tutti morti” ha affermato Aurora Simeone. Ed è proprio così.
Perché oggi abbiamo assistito ad un paradosso: una Regione che non sa gestire la normale amministrazione in tema di cultura pretende di essere credibile quando afferma di voler mettere in piedi un progetto così ambizioso come quello della Manifattura. È chiaro che gli operatori hanno dubbi perché vedono riproporsi (come bene ha spiegato Enrica Anedda) le stesse dinamiche che da anni riguardano le politiche culturali: “Voi scegliete per noi e poi ci chiedete di collaborare. Ma perché non ci coinvolgete prima nel processo decisionale?”.
Già, bella domanda. Che apre però ad una amara considerazione: solo le imprese di cultura e di spettacolo sono state escluse da una consultazione preventiva riguardo la sorte della Manifattura, perché quelle digitali (pubbliche e private) evidentemente ben sapevano il regalo che la giunta Pigliaru stava facendo loro.
Un’altra domanda che mi sono permesso di fare all’assessore Paci è stata la seguente: “Ma per la Manifattura quanti soldi ci mettete? Perché è chiaro che va fatto un investimento importante”. Risposta: “Non è il momento di parlare di soldi”. Incredibile, vero?. “Una cosa è certa, ci dovrà essere una sostenibilità economica” ha spiegato l’assessore, “nel senso che nessuno avrà spazi gratis”. Eppure dovrebbe essere chiaro che i soldi con cui le imprese di spettacolo pagheranno per essere presenti alla Manifattura saranno quelli che la Regione darà loro attraverso l’articolo 56. È una banale partita di giro. Dunque perché non pensare, ad esempio, di dare spazi e servizi gratuitamente in cambio di una minore contribuzione?
No, così è troppo semplice. Questa Regione che taglia i fondi alla cultura, che non sa gestire bandi, che da anni è semplicemente disastrosa in tema di politiche culturali, ha un progetto più grande, più ambizioso, più europeo. Un progetto per pochi ma non per tutti. Un progetto tutto nella testa di Paci e Cadeddu ma che la stragrande maggioranza dei presenti all’incontro di ieri non ha capito. Tranne gli amici delle start up.
Per questo mi sono permesso di dire all’assessore Paci le seguenti parole: “A questo punto fate voi. Non vi servono i nostri consigli. Nessuno meglio di voi conosce le esigenze della cultura in Sardegna. Fateci vedere cosa siete capaci di fare”.
Infatti alla fine dell’incontro le posizioni dei rappresentanti della Regione non si erano spostate di un millimetro rispetto a quelle iniziali. Perché a questo serve la condivisione: a convincere gli altri di aver ragione.
Post scriptum
Io penso che sulla Manifattura si scarichino le difficoltà derivanti dalle inadeguatezze regionali ma anche cittadine. Se in questi cinque anni la giunta Zedda avesse messo mano ad un piano organico riguardante gli spazi culturali, per la Regione gestire la Manifattura sarebbe stato più semplice. L’assessore Paci ha ritenuto questa mia critica figlia della campagna elettorale. Strumentale insomma, e quindi di poco conto.
Quindi che sia chiaro a tutti: in questi giorni io sono in campagna elettorale, mentre l’assessore Paci (che a cinque giorni dalle elezioni ha avuto il coraggio di firmare un accordo di programma per Is Mirrionis già noto da un anno e di “inaugurare” lo scorso fine settimana la Manifattura) lui no. Lui non è in campagna elettorale.
Se la Manifattura diverrà anche centro Coworking, Paci verrà denunciato per concorrenza sleale nei confronti dei privati che hanno investito somme ingenti per creare i vari centri a Cagliari (da via Roma a Villanova, da Genneruxi a San Michele).
In altri tempi, neanche tanto lontani, la Manifattura sarebbe stata subito occupata e tappezzata di tatzebao e murales. Al momento, si potrebbe riconvertire la fabbrica della creatività in ARA PACI(S).
Ma con tutto quello spazio possibile che non riescano a farci stare senza problemi associazioni culturali e startup, come se le startup nel 2016 fossero produttrici di bulloni slegate dalla cultura
Zedda fotocopia in piccolo di renzi. ma renzi, almeno, si è laureato.
Arroganza renziana appaltata, o meglio concessa, con assegnazione diretta alla regione Serdegna. La stessa che ha avuto in questi 5 anni il sindaco di Cagliari, che poi di Renzi è la copia in piccolo.