Politica / Sardegna

L’ho già detto ma lo ridico: come per il nucleare, ora serve un referendum contro le servitù militari in Sardegna

Questo articolo è stato pubblicato oggi sul Sardegna Quotidiano con il titolo “Spazziamo via le servitù con un nuovo referendum”.

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L’ordine del giorno approvato ieri dal Consiglio regionale può segnare una decisa svolta sul tema delle servitù militari. Perché il documento (presentato dai sardisti e approvato con la benevola astensione dell’opposizione del centrosinistra) invita adesso la Giunta Cappellacci ad aprire un confronto con il Governo per “procedere alla dismissione definitiva di tutte le servitù militari nell’isola”. Un obiettivo che non era mai stato dichiarato in maniera così netta, peraltro da uno schieramento politico (il centrodestra) che sul tema si è sempre contraddistinto per le ambiguità (ricordiamoci che il sottosegretario Cossiga quando sente parlare di “servitù militari” storce il naso: chissà come vorrebbe che fossero definite).

L’ordine del giorno però non basta. E ha fatto bene il centrosinistra a presentare una mozione urgente che costringerà il Consiglio ad aprire il dibattito sulle servitù militari entro dieci giorni. Ma se si vuole veramente arrivare almeno alla dismissione dei grandi poligoni (Quirra, Teulada e Capo Frasca) e ad una loro riconversione, la volontà politica da sola non basta. È necessario che i sardi dicano la loro: serve un referendum.

Una consultazione popolare (sull’esempio di quella recente sul nucleare) farebbe esprimere i sardi su un tema centrale per il loro futuro, costringerebbe la politica a mettere da parte tutte le ambiguità e darebbe più forza alla Regione nel suo confronto con lo Stato. Perché da sempre la politica nazionale è compatta nel far finta di non vedere il problema. E infatti da dieci anni, anche se cambiano i governi, al ministero della Difesa c’è sempre un sardo: tra il 2001 e il 2006 il sottosegretario Cicu nei governi Berlusconi, poi il ministro Parisi nella parentesi del governo Prodi, poi il sottosegretario Cossiga nell’attuale esecutivo. Come se la situazione dovesse essere sempre tenuta sotto controllo per impedire ogni fuga in avanti.

Un referendum spezzerebbe questa logica perversa. E un quesito ben posto difficilmente potrebbe essere bocciato dalla Corte Costituzionale (come accadde per quelli proposti nel 1988 e nel 2004), anche perché stavolta il referendum non interesserebbe la presenza nell’isola di basi straniere ma solo di quelle italiane.

Le servitù militari in Sardegna sono ormai antistoriche, non hanno prodotto alcun tipo di sviluppo, anzi lo hanno bloccato. Forse adesso inizia a capirlo anche il centrodestra. Ma serve lo slancio popolare per raggiungere lo storico risultato di chiudere le basi. Diamo la parola ai sardi, perché non è più tempo di servitù. Ora serve un referendum.

 

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31 Comments

  1. Antonio says:

    La votazione del documento proposto dai sardisti non era assolutamente necessaria, almeno nel punto in cui si chiede alla Giunta Cappellacci di iniziare il confronto con lo stato per dismettere le servitù. Questo stava già scritto in un accordo di coalizione per le regionali del 2009, fino ad ora disatteso, ma il psd’az è ancora in maggioranza. Allora che famo?

  2. Mauro Peppino Succiabrebei says:

    Peccato che un tema interessante come questo sia valutato assai meno rilevante della pretesa “censura” ai danni di un gruppo teatrale (che differenza nel numero dei commenti!).
    A coloro che hanno gentilmente commentato la mia breve riflessione, faccio notare che nessuno di loro ha contestato un fatto: che Frasca sia stato protetto dalla servitù e San Marco no (ma ci potrebbero essere mille altri esempi di pessima gestione del territorio).
    Il che conduce alla seguente considerazione: siamo sicuri che ottenere la dismissione delle servitù militari, atto ideologicamente auspicabile, porti ad un bene per la comunità? O non è forse vero che la classe dirigente isolana (tutta), votata da noi sardi, ha bellamente ignorato il problema della salvaguardia del territorio?
    E non è forse vero che la classe dirigente (tutta), votata da noi, ha interpretato correttamente il desiderio dei sardi di poter costruire la propria casetta in riva al mare (o in collina, insomma dove cavolo gli piace)? Non è vero che i peggiori danni li hanno fatti i comportamenti individuali che sommandosi sono diventati comportamenti collettivi? Vogliamo dimenticare tutte le case che sono state costruite al solo scopo di essere arredate sommariamente ed affittate (in nero!) ad una torma di vacanzieri stagionali che in Sardegna non contribuiranno mai ad uno straccio di sviluppo?
    A questo non risponde nessuno, salvo i soliti slogan e le battute di spirito (peraltro banali).
    Per cui, premesso che come slogan l’abolizione delle servitù va benissimo – e non è un caso se i balentes indipendentisti se ne riempiono spesso la bocca, tanto non hanno di meglio da fare – mi piacerebbe sapere cosa abbiamo intenzione di fare delle aree dismesse: facciamo fare a Frasca la stessa fine di San Marco?
    Controproposta: prima del referendum, scendiamo in piazza per una legge rigorosa (e seria) sulla tutela delle coste e delle aree di interesse paesaggistico, lo ricordo perché che nessuno pare intenzionato a indossare l’eskimo in luglio per protestare contro le manovre di Cappellacci&C indirizzate a continuare la cementificazione delle coste. Potremmo anche accorgerci che in tal modo otterremmo risultati ben più eclatanti che non dismettere le aree soggette a vincolo.
    Se siamo capaci di questo, non saremo pochi a indossare l’eskimo a ferragosto per chiedere che i militari si levino dalle scatole (detto da un antimilitarista convinto).

    • Mauro Peppino Succiabrebei says:

      “lo ricordo perché CHE nessuno pare intenzionato”

      gentile Biolchini… so di essere irritante, ma mi userebbe la cortesia di levare di mezzo quel “CHE”?
      Le prometto di prestare maggiore attenzione in futuro e, nel frattempo, mi inginocchio per dieci minuti sul sale (fino… ho passato l’età di quello grosso).

      Grazie e saluti

    • Concordo, molte zone sono state salvate dalle Servitù miltari,ma prima delle battaglie per la dismissione dobbiamo sapere come saranno utilizzate successivamente con quali scopi e da chi e con quale finalità i politici “tutti” che si sono alternati possono citare un solo esempio di riconversione che abbia prodotto dei risultati utili ai fini dell’occupazione…..putroppo nessuno …le stesse associazione ambientaliste che spesso lanciano degli alarmi per la salute hanno mai fatto una proposta.. boh…faccio un esempio per tutti l’ex deposito dell’aeronautica di monte urpinu dopo 4 anni dalla sua chiusura cade a pezzi con costi per la custodia di oltre 250.000 euro annui…si parla di bonifica la regione ha gli strumenti per verificare lo stato di inquinamento l’ARPAS lo ha fatto monitorare sicuramente nò……anche perchè sono sicuro d non vi è inquinamento e di questo ne sono più che certo e con questa scusa ………possono prendono per il naso i cittadini ….e temporeggiare …..

    • Neo Anderthal says:

      Mi pare, Mauro P., che nel replicare al “fuoco amico” tu aggiusti il tiro.
      E infatti noti bene, nessuno ha obiettato sul fatto che l’occupazione militare abbia avuto, come prodotto di scarto, una ricaduta sulla (quasi) assenza di costruzioni.
      Guardiamo avanti: che ne dici di proporre di conserva -esattamente- alla dismissione delle attività militari la contemporanea trasformazione in aree parco degli attuali poligoni ai fini di una perpetua tutela e salvaguardia?
      L’eskimo l’ho portato poco, ma per un Kway sono disponibile.

    • Soviet says:

      Sarò sintetico, per quanto mi riguarda, non è vero!

  3. Anonimo says:

    sono d’accordo su tutto quello che si può fare per far andare via l’italia dalla nostra terra, ma credo sia piu facile diventare indipendenti, e con questo risolvere ogni nostra disputa con l’italia, fargli pagare tutti i danni che hanno causato al territorio e alla popolazione,

  4. Efis Pilleri says:

    Assolutamente regolare e coerente. I Restauratori (dell’Ordine Giolittiano) hanno al primo punto del loro programma la realizzazione di 20 nuove Servitù Golfistiche in Sardegna!

  5. Efis Pilleri says:

    Premetto che le mie opinioni in questa materia non sono disinteressate. Un eventuale referendum (consultivo) sardo sulla presenza militare in Sardegna (basi, poligoni, servitù vere e proprie) sarebbe infatti, necessariamente, l’ultimo prima di quello sull’indipendenza tout court e quindi, per me, della realizzazione del sogno di una vita. Sono quindi un tifoso accanito ma non ragiono come tale, essendomi spesso cimentato, con successo, nella ricerca di soluzioni tecnico-giuridiche a problemi amministrativi e/o politici.
    In questo caso si tratta, a mio parere, di mettere attorno ad un tavolo una serie di persone che hanno esperienze, competenze e volontà, poichè si tratta, come sempre, di un gioco di squadra.
    I primi nomi che mi vengono in testa: Bustianu Cumpostu, Andrea Pubusa, Carlo Dore, Paolo Maninchedda, Giacomo Meloni….sicuramente ce ne sono tanti altri/altre altrettanto capaci e più giovani che non conosco per motivi prevalentemente anagrafici. Astenersi infiltrati ed esibizionisti…

  6. le servitù militari,la continuità territoriale,la zona franca,la flotta sarda(quella propinataci dalla regione è farlocca),ed altro ancora…….ma i sardisti che sono al governo di cosa parlano?Che nostalgia di quando il mio partito era un movimento di lotta,quando venivamo schedati per le nostre idee portate nelle piazze;mi sa che da quando lo sciagurato Trincas ha dato la nostra bandiera e la nostra isola in cambio di due cocci di vetro(due poltrone) al novello Colombo (BERLUSCONI) la noia del consiglio regionale ha ridotto il partito al ruolo di semplice badante(immigrato in casa propria)!

  7. Franco Marras says:

    Temo che il referendum non lo renderebbero ammissibile, non si tratta di formulare correttamente il quesito (ero tra i sei che proposero il referendum per la Maddalena ed il quesito fu scritto da fini giuristi), come credo non sia sufficente un ordine del giorno del consiglio regionale. Nel 1988 ci fu l’esplicito sostegno di Mario Melis presidente della Giunta Regionale e addiritura la Democrazia Cristiana (allora Beppe Pisanu era sottosegretario alla difesa un’altro sardo) non si schierò contro ma lasciò libertà di voto ai suoi elettori. Nonostante tutto questo il governo impugnò il quesito e la Consulta impedì la consultazione.
    Certo da allora sono trascorsi molti anni e anche le situazioni internazionali sono profondamente differenti, ma credo sia molto difficile che lo stato italiano possa rinunciare a prediare il Mediterraneo dalla piattaforma logistica rappresentata dalla Sardegna. Le recenti vicende del conflitto con la Libia ritengo abbiano confermato per il governo questo convincimento.

    • Efis Pilleri says:

      Se ben ricordo fu dichiarato inamissibile proprio perchè riguardava una materia (accordi internazionali con altri stati) sottratta dalla Costituzione alla possibilità di essere sottoposta a referendum.

  8. ZunkBuster says:

    Ma come mai quando si è votato l’OdG sulle servitù in Consiglio regionale, gli unici a mettersi l’elmetto sono stati i Conservatori Sardi, che si fanno chiamare Riformatori?

    • Neo Anderthal says:

      Esatto!
      Ma è tutto regolare, d’altra parte i Riformatori, da ragazzi erano “galeras po piccioccusu”, e l’obbedienza ce l’hanno nel sangue.

  9. nuraghe@tin.it says:

    Errata corrige. La colonia penale di Mamone si estende per 2300 e non per 5000 ettari .
    E’ comunque una bella servitù che ha pesato non poco sulle possibiltà di sviluppo di quello che secondo il CENSIS, nel 1984, é stato indicato come il paese più povero dell’isola.
    http://www.comune.onani.nu.it/comune/index.asp

  10. Insider says:

    D’accordo per il referendum sulle servitu’ militari, ma ne aggiungerei un altro sulle servitu’ carcerarie e mi riferisco alle colonie penali di Is Arenas, Isili e Mamone. Senza nulla togliere alle finalita’, sacrosante di queste strutture, la loro superfice é francamente eccessiva piu’ simile a quella delle fazende sudamericane che a delle moderne aziende agropastorali. Mamone per citarne una ha una superficie di oltre 5000 ettari per circa 100 detenuti. Francamente troppo a meno che non ci si riferisca ad eventuali utilizzi
    venatori di tali estensioni…ma allora é un altro discorso che fa il paio con le
    vacanze dell’allora ministro Castelli in quel di Is Arenas, tutte cose di cui ci sfugge la pubblica utilita’.

  11. Uno dei primi da cui sentii l’argomento è stato l’attuale sindaco di Cagliari Max “troppotronco” Zedda. Si parla di più di dieci anni fa, ma Massimo aveva condotto una bella campagna da responsabile della Sinistra Giovanile. Chissà che leggendo il tuo pezzo non si rimembri i bei tempi andati di lotta e non dia una mano a questo referendum. Basterebbe soltanto che ci mettesse la faccia… troppotronca 😉

  12. Matteo A. says:

    L’idea del referendum è suggestiva. E certamente chiedere l’opinione ai sardi sulla presenza militare sarebbe un importante esercizio di democrazia. Tuttavia, pur non essendo un giurista, mi domando se sia possibile a livello giuridico porre un quesito sulla presenza militare in Sardegna. Sia perché ogni base, poligono o servitù si basa su differenti accordi, leggi e quant’altro, sia perché sarebbe comunque una semplice consultazione su un tema troppo “generalizzato”. E’ difficile accomunare esperienze e funzioni estremamente diverse l’una dall’altra: Teulada non è il PISQ, e il PISQ non è Decimomannu. Ogni presenza militare ha impatti diversi (a livello economico, ambientale e sociale).

    Insomma, ci sarebbe da dibattere seriamente sul tema, magari con un briciolo di conoscenza in più, sapendo esattamente di cosa si sta parlando. E’ necessario andare oltre il dibattito in consiglio come auspica Vito.

    Per quanto mi riguarda, non so perché Cossiga storce il naso, ma quando sento parlare di servitù militari anche lo faccio. Le servitù militari c’entrano ben poco con il problema delle basi militari e dei poligoni. Le servitù militari, secondo la legge italiana, sono una cosa ben precisa. Una servitù militare è simile ad una normale servitù pubblica. E’ quindi un diritto reale (un peso, o una limitazione) imposto su un bene privato in favore di opere militari, nell’interesse pubblico che nel caso della servitù militare si fonda sulla difesa nazionale. Ad esempio: la base di Decimomannu non è una servitù militare… La servitù militare riguarda l’agricoltore di Decimomannu o di Villasor che non può utilizzare alcune piantagioni perché si trova nei pressi della base (almeno secondo la legge italiana). Noi non dobbiamo parlare di servitù militari: è una sineddoche, una parte per il tutto. Dobbiamo parlare di PRESENZA MILITARE!

  13. Massimo says:

    Caro Vito, dimentichi almeno un altro sottosegretario: Emidio Casula, appartenente a qualcuno dei partiti socialisti che esistono ora. Non che abbia lasciato traccia di se, ma solo per rimarcare il fatto che, per coinvolgerci in questo affare che serviva a Roma ma poco a noi, il contentino ci è sempre stato dato. Non ricordo, invece, un sardo sottosegretario alle Infrastrutture o al Welfare.

  14. Mauro Peppino Succiabrebei says:

    Quaranta anni fa, avrei indossato l’eskimo (indossavamo l’eskimo anche a luglio) e sarei sceso in piazza per chiedere l’abolizione delle servitù militari (in realtà l’abbiamo fatto, però nessuno se ne ricorda più; forse per fortuna).
    Quaranta anni fa, partivo da San Giovanni di Sinis e andavo a piedi fino a Maimoni senza trovare neppure una casa.
    Quaranta anni fa, a Frasca c’era un poligono di tiro aria-terra; le coste di Frasca erano intatte e c’erano le pernici che svolazzavano tra i cespugli di lentisco.
    Oggi, le coste di Frasca sono come quelle di quaranta anni fa: intatte. C’è ancora un poligono di tiro e le pernici svolazzano ancora, come allora.
    Oggi, se cammino da San Giovanni di Sinis a Maimoni, trovo una colata di cemento (a Funtana Meiga) che farebbe vergognare un boss della mafia di Palermo. Tutto fatto da noi sardi, crabarissi, una notte di fine mandato con una delibera che farebbe gridare allo scandalo anche Giuda.
    Oggi, prima di indossare l’eskimo a luglio e scendere in piazza a protestare ci penso un po’…
    Sarà l’età… oppure il fatto che con gli anni ci si abitua a riflettere, magari perché ci si ricorda della Sardegna di quarant’anni fa.
    Quarant’anni fa, se mi avessero detto che ci avrei pensato prima di indossare l’eskimo e scendere in piazza a protestare, avrei riso.
    Quarant’anni fa, c’era qualcuno che mi diceva le stesse cose che dico io oggi… e mi mettevo a ridere.
    Probabilmente, oggi c’è un sacco di gente che ride di quello che dico. Non me ne può fregar di meno e comunque a luglio l’eskimo fa sudare.
    Il dato di fatto è che Frasca è stato protetto dalla servitù militare, Funtana Meiga no.
    Non so bene come, però bisognerebbe rifletterci, soprattutto in un posto come il nostro, dove i muratori con e senza grembiulino la fanno da padroni.

    • Soviet says:

      Quindi la proposta è quella di autorizzare altre servitù militari per proteggere l’ambiente in Sardegna? Perché non è ben chiaro dove vuole andare a parare. Poi, il fatto che si nasca incendiari e si muoia pompieri è modo di dire che spesso funziona.

    • matteo murgia says:

      beh si, anche capo teulada non ha case sul mare..forzisi carant’annus faidi fiasta prus arzillu.. immoi sesi imbeccendi..

    • ZunkBuster says:

      A me sembra che l’esigenza rappresentata si tuteli con qualche sana regola fatta rispettare, piuttosto che con le servitù militari. La salvaguardia dell’ambiente nelle zone costiere fu uno dei punti più alti della giunta Soru, peccato che l’eccessiva rigidità nell’applicazione di principi sacrosanti abbia finito per fornire argomenti agli speculatori, passando per chi più legittimamente cercava di coniugare ambiente ed economia, lo sviluppo ecosostenibile appunto. Ma sostenere che è meglio che rimangano le servitù militari per evitare che certe aree cadano in mano alla speculazione è come sostenere, alla Asor Rosa, che per cacciare Berlusconi ci vogliono i Carabinieri. Il fine giustifica i mezzi, ma poi non sai dove vai a finire affidandoti a forze che non puoi controllare, come le vicende egiziane e, restando a casa nostra, le vicende di Quirra dimostrano ampiamente.

      • Neo Anderthal says:

        Certo, le servitù militari tutelano il paesaggio -a parte capitozzare Capo Teulada, inquinare qui e lì…-
        Pensiamoci….

        … ci ho pensato. Mi sembra comunque una soluzione un pochino radicale, come quella di Origene di Alessandria. Preferirei evitare, che è meglio di evirare.

    • Howard says:

      Chissà perchè la costa verde è rimasta sostanzialmente intatta pur non avendo basi militari.
      Preferisco millevolte essere libero di sbagliare, piuttosto che costretto a vivere gli sbagli degli altri. Funtanameiga farà pure schifo, ma capofrasca infinitamente di piu’.

    • Alessandra says:

      si, mi ricordo che questo era un argomento utilizzato anche per lo stupendo scenario della Sella del Diavolo, che “se non fosse per i militari oggi sarebbe tutta costruita”.
      E’ chiaro che se un posto viene utilizzato per esercitazioni, piovono proiettili dappertutto e tutto è recintato con filo spinato elettrificato è assai difficile che venga sottoposto ad antropizzazione selvaggia. Viene da riflettere, si.
      Viene da domandarsi se non stiamo confondendo gli effetti con le cause. La protezione delle coste non era certo nelle corde delle alte gerarchie militari che hanno utilizzato vaste aree della nostra isola sottraendola a qualsiasi utilizzo da parte degli abitanti e non solo.
      Viene altresì da domandarsi cosa avrebbe potuto guadagnare la nostra isola da governanti che invece avessero avuto a cuore davvero la salvaguardia del nostro patrimonio naturale e avessero fatto in modo che ne potessero usufruire anche gli abitanti per cui governavano. Una bellezza gratis inutilizzata, un mare che continua ad attirare, nonostante tutto, turisti da ogni paese. C’è da riflettere sicuramente.

  15. Neo Anderthal says:

    Sono d’accordo. Basta con le basi militari, abbiamo già dato anche troppo. Mi pare interessante e utile la sottolineatura dello strumento referendario come leva per ottenere il risultato, forse questo è il momento favorevole.
    Spero che questo argomento sia anche il cuneo che spezzi le ambiguità residue e spinga anche i sardisti -anche senza Christian S., che stia comodo dov’è- fuori dalla maggioranza che sostiene il nullista Cappellacci.
    Mettere da parte i patriottismi di schieramento e di partito e rifondare un movimento sardo plurale, caratterizzato dalla sinistra e orientato in senso fortemente federalista -se non confederalista, che sarebbe anche meglio- sarebbe un esito allora possibile per il futuro della Sardegna.
    P.S. segnalo la posizione ferreamente militarista dei Riformatori anche sul caso Quirra. Si conferma la natura quantomeno arrendevole con le esigenze dello Stato Centrale del gruppo dei Fantoliani.

  16. Micaela says:

    Sono d’accordo. Qualcuno mi puo’ rinfrescare la memoria: si potrebbero raccogliere le firme per proporre il referendum sulle servitu’ militari solo per la Sardegna? No perche’ se aspettiamo il governo, campa cavallo…

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