Come forse sapete, sono direttore di Radio Press, e per via di questo ruolo ricevo da anni in media quattro-cinque curricula al mese per richieste di tirocinio, collaborazione, più le proposte per fare il famoso “Master & Back” nella nostra emittente. A tutti cerco di dare risposta; con molti fisso anche un appuntamento, anche se so in partenza che spesso l’esito dell’incontro non sarà quello da loro sperato. Aggiungo, per completezza dell’informazione, che nel mio settore vanto un precariato lungo diciassette anni: giusto per capirci.
Sono rimasto molto colpito dalla lettera scritta da un giovane, Carlo Usai, dal titolo “Cara Sardegna” e pubblicata sul sito di Sardegna Democratica. Perché è uno sfogo terribile di un ragazzo di 26 anni che dopo aver fatto il Master non riesce a fare il Back e si interroga sul senso della sua esperienza e sulle possibilità di poter contribuire alla sviluppo della propria isola.
Storie così ne ho purtroppo sentite tante e a questi ragazzi non so mai cosa rispondere se non elencare le evidenti difficoltà nelle quali si dibattono le imprese oggi in Sardegna. E dico anche quanto sia difficile per chi ha un posto che non sia nella pubblica amministrazione (e a tempo indeterminato), tenerselo stretto.
Se ne vanno delusi, sconfortati, senza sapere esattamente con chi prendersela.
Perché oggi in Sardegna, a parte i raccomandati (che ci sono ed esistono) siamo tutti nella stessa barca, con o senza Master & Back.
Questo i ragazzi che che hanno fatto un’esperienza importante all’estero dovrebbero provare a capirlo. Nessuno ce l’ha con loro: semplicemente, c’è la crisi. Oppure, molto più banalmente, i loro profili professionali sono di un livello talmente alto che le microimprese sarde non sono nella condizione di potersene giovare. E d’altra parte, dopo aver fatto un’esperienza straordinaria dall’altra parte del mondo, è difficile accettare di lavorare in un’impresa piccola, traballante, e alle prese con problemi di sopravvivenza.
E non è vero che questi ragazzi sono pronti ad accettare tutto: non è vero. Loro si aspettano il giusto riconoscimento e poi, alla fine, l’assunzione. E, dal loro punto di vista hanno anche ragione. Ma forse non hanno ben inteso in quale situazione versa l’economia sarda.
Lo so bene che sto per impelagarmi in un argomento scivolosissimo, e che le mie argomentazioni rischiano di essere mal espresse, fraintese e strumentalizzate. Ma io ci provo lo stesso.
Io penso che che il Master & Back sia una delle peggiori catastrofi culturali generate dalla politica isolana negli ultimi anni. Perché ha fatto credere ai nostri giovani che, al termine di un periodo formativo nelle migliori università del mondo, sarebbero stati accolti in Sardegna da eroi. Che la Sardegna, da terreno arido qual è, che è necessario spietrare ogni giorno per poterci piantare qualcosa, grazie al loro contributo si sarebbe trasformata improvvisamente nella terra promessa. Non è così, non può essere così. Purtroppo.
Quando incontro i ragazzi che del M&B mi ricordo della frustrazione dei reduci della Brigata Sassari, costretti a tornare alle loro misere occupazioni dopo essersi coperti di gloria nelle trincee del Carso. Ma per i giovani di un secolo fa non c’era alternativa al ritorno.
Partiti per fare un’esperienza nel segno della globalizzazione, per ironia della sorte questi ragazzi dopo poco tempo sentono invece una voglia di tornare in Sardegna che manco un emigrato degli anni ’20 in Australia. Anzi, di più: manco Ulisse dopo dieci anni di guerra: ma almeno Ulisse era un re e aveva Penelope che lo aspettava a casa. Qui c’è al massimo un posticino nella Pubblica Amministrazione, l’unico soggetto che, di fatto, riesce ad attivare i Back.
Così, partiti pieni di entusiasmo, questi giovani tornano più frustrati di prima. La verità è che molti di loro in Sardegna non ci dovrebbero proprio tornare. Perché il loro posto è nel mondo, le loro grandi capacità spesso possono essere esaltate solo da società ed economie più sviluppate della nostra. Possibile che non se ne rendano conto? Che idea si sono fatti della Sardegna?
Chi è che li ha illusi così?
Tenete duro, ragazzi. Nel mio piccolo, io sono con voi.
La penso esattamente come Lei… siamo figli di illusioni. E’ inutile dare opportunità così importanti se prima non si costruisce il terreno fertile per accoglierne i risultati. Esattamente come coloro che prima di aver dato inizio alle fondamenta della casa, hanno già iniziato i lavori per un imponente cancello d’ingresso.
LA discussione su questo post ha animato una cena fra sardi expat proprio ieri, e vorrei replicare puntualmente a questo commento, perchè esprime esattamente un atteggiamento che non condivido.
1) Secondo me dare ai meritevoli (e sottolineo ai meritevoli, perchè non sempre il m&b ha saputo distinguerli) un’opportunità di alta formazione è SEMPRE utile, non solo perchè potrebbe avere una ricaduta immediata sul territorio (il meritevole torna e migliora la qualità della classe dirigente/dell’impresa), ma anche perchè chi non torna potrebbe dare un contributo positivo a lungo termine in termini economici (includere la sardegna in progetti con base all’estero/ imparare a fare lobby) o anche solo di immagine collettiva.
Sapere che esiste una prospettiva di alta formazione e riuscita professionale basata sul merito e non su mio-babbo-mi-paga-il-master-a-milano-e-il-tuo-no è utilissimo soprattutto per gli universitari brillanti, incoraggiati a investire su se stessi e non a vivacchiare per il massimo risultato con il minimo sforzo, “tanto domani sarò disoccupato”.
2) A mio parere la responsabilità di “creare il terreno fertile per accoglierne i risultati” non è della Regione e non è di mio babbo: è mia. Mi spiego: una delle regioni più depresse d’Europa mi finanzia perchè mi formi nelle migliori università e aziende; è evidente che, al mio ritorno, la situazione economica/sociale/culturale sarà più o meno quella di prima. Quello che fa, e deve fare la differenza, sono io e sono quelli che, come me, hanno condiviso la stessa esperienza.
Per quanto mi riguarda è stato finora abbastanza frustrante, ma mai avrei pensato che sarebbe stato diverso, che “sarei stata accolta in Sardegna da eroe”, per citare Vito.
Con questo non voglio giustificare la gestione del programma, soprattutto del back, che è stata approssimativa e spesso fallimentare. Mi sembra, però, che, anzichè lamentarci perchè al nostro ritorno non abbiamo trovato il pranzo in tavola (e spesso neppure la tavola), sia più produttivo metterci a cucinare, oppure riuscire e andare a fare la spesa, oppure riemigrare e lavorare per trovare i soldi per fare la spesa.
Insomma, vorrei rivendicare il fatto che non sono una “figlia di illusioni”, ma la solita banale sarda testarda.
PS. Ho fatto una predica e me ne scuso. Per spiegare “da che pulpito” viene, aggiungo che il mio tentativo di rientro lavorativo in Sardegna (non con il back) è al momento arenato in un contenzioso fra me che ho consegnato il lavoro e l’ente che l’ha commissionato che -ops!- non mi ha mai pagato. Intanto ho accettato un altro contratto all’estero e aspetto di essere più “forte” per costruirmi un’altra opportunità.
le cose di cui parli sono tue ipotesi, aspettative su quello che speri che potrebbe essere, fantasiose riflessioni…appena rientri per il back e ti trovi di fronte la realtà, facci a sapere (a me e a tantissimi altri che hanno avuto la stessa esperienza) quanto tempo duri prima di rifare le valigie per emigrare di nuovo – sarai la benvenuta nel club “master and back, and go away for the second time”
Mi riesce difficile pensare che il suo sia un punto di vista, una considerazione seria. Preferisco credere che abbia voluto lanciare una provocazione, innescare una reazione. Perché definire la possibilità di vivere un’esperienza all’estero in un ambiente professionalmente formativo come “una delle peggiori catastrofi culturali generate dalla politica isolana negli ultimi anni” sarebbe una pazzia.
Se diversamente da quanto credo lei ha invece espresso un suo punto di vista, una sua riflessione, allora lei è profondamente ignorante. Di quella ignoranza che è tra le prime cause del disastro economico che vive la Sardegna. La causa della povertà va ricercata nell’ignoranza, non nell’istruzione e nella conoscenza. Mai.
Caro Vito, anche se la mia “esperienza”, sulla quale mi baso, può valere poco davanti alle convinzioni altrui, il tuo commento (legittimo) è comunque scarsamente equilibrato. Fare il M&B non significa solo “andare all’estero” (cito alcune repliche al tuo post) ma confrontarsi con le caratteristiche del mercato del lavoro al di fuori dell’isola. Com’è quel mercato? Con un progetto come quello del M&B puoi andare a vederlo di persona, puoi farne una (parzialissima) esperienza. Il tuo risentimento, lo ribadisco ancora, è legittimo: alle spalle hai anni di precariato e ti ritrovi adesso, pardossalmente, a fare i conti con le illusioni dei giovani stagisti (dico per farla breve, sempre che io abbia interpretato correttamente la tua posizione, che se anche non condivido pienamente, comunque, comprendo bene).
Il tirocinio, però, dato che sostanzialmente fai riferimento a questo, esiste dovunque in Italia dal 1995. Nel nord (il “mitico nord” dove spesso, anacronisticamente, si invita ad emigrare) per molti aspetti la situazione non è differente da quella della Sardegna. Ci sono aziende che usufruiscono dei tirocinanti per evitare di assumere, e stagisti che arrivano in quelle aziende con le stesse speranze e le stesse illusioni di cui parli. Il tirocinio in sé, così come è concepito, casomai, è la piaga, ma non il M&B: il percorso di andata ti permette invece di fare un’esperienza altamente formativa, dignitosamente, e finalmente prende il tirocinio per quello che è. Formazione/lavoro, e anche per questo il finanziamenteo pubblico non è per nulla fuori luogo. Ha permesso a molti sardi di fare un’esperienza lavorativa “gratuita” anche quando non se la sarebbero potuta permettere. Bisognerebbe prendere le cose per quello che sono. Per il resto, c’è chi è rimasto “fuori” e chi è tornato. Com’è giusto e normale che sia. Hai mai pagato un affitto in una città del nord? La Sardegna è il mondo, caro Vito, e se è sbagliato il mito dell’isola “del ritorno”, è assolutamente squilibrato anche quello del “dovunque è sempre meglio”.
E’ vero: bisogna vedere la realtà così com’è. Ma se tutti, un passo per volta, iniziassimo a sostenere, ad apprezzare, a far conoscere, a far girare le cose buone e belle, qualcosa cambierebbe.
Ciao, hai un bel blog.
Signor Biolchini, per il solo fatto di definire il M/B una catastrofe culturale, significa -per me- che Lei non era in giornata. L’arricchimento del bagaglio di conoscenze di qualsiasi cittadino è tutto il contrario di una catastrofe. Sempre e comunque. Con stima
Io posso portare l’esperienza sul M&B fatta da mio fratello, ricercatore di ingegneria chimica, con un curriculum di pubblicazioni scientifiche da far paura
Master di un anno e mezzo in Finlandia, back a Cagliari di un altro anno e mezzo con retribuzione da miseria, arrotondando con ripetizioni e supplenze alle superiori
accortosi che le vie della carriera universitaria erano impossibili ora dopo aver ricevuto afferte da tutta europa è volato in Danimarca, per motivi di privacy non vi dico la retribuzione, solo che è il triplo quella dell’università di Cagliari, mi ha già confessato che difficilmente ci sarà un secondo back
Peccato per la sardegna, ma non certo per lui!
Io porto la mia esperienza personale. Ho 29 anni, laurea a Cagliari in economia, esperienza imprenditoriale e 3 importanti periodi passati all’estero. Non ho usufruito del M&B, ho seguito un MBA internazionale a mie spese (35k non della famiglia) tramite un prestito che dovrò pagare per i prossimi 7 anni. Un rischio lo ammetto ma ne è valsa la pena. Ora sto a milano in una società di consulenza con contratto a tempo indeterminato (mosca bianca o solo merito riconosciuto?). Chi ha ricevuto la borsa di studio dovrebbe già ringraziare di averla ricevuta visto il bando 2010/2011, il back è un plus.
Io a differenza di Biolchini penso che sia stata una gran cosa ma i ragazzi che non trovano impiego da dipendente dovrebbero pensare all’attività in proprio, unica, innovativa e di valore aggiunto. Forse quello che manca in Sardegna non sono le menti brillanti ma lo spirito imprenditoriale.
quoto in pieno!! Bisogna pensare che chi fa il back deve creare un valore aggiunto quando torna nella nostra isola, e non è quindi obbligatorio lavorare nel pubblico impiego. Alcuni discorsi andrebbero fatti anche per la scelta dei percorsi, non sempre in linea con le richieste e gli sbocchi professionali.
non tutte le professioni possono seguire il mercato o le sue implicazioni. Ad esempio se uno – evidentemente poco disposto a fare imprenditoria – vuole esprimere la propria professione attraverso un lavoro di aiuto (medico, assistente sociale, psicologo o altro) o attraverso la ricerca (che serve alla collettività) immagina che questo venga realizzato in regime di servizio pubblico, quindi nel PUBBLICO.
Poi chi è intelligente e si adegua fa pure il libero professionista o il consulente ma forse non fa il lavoro che vorrebbe.
Salutos
Quanti ragazzi/e che fanno il back sono stati inseriti in aziende in posizioni che non c’entrano niente con il Master fatto?
E’ probabile che comunque siano un pò più “usciti”
Ohibò, che commento originale questo del Biolchini! Scrivo da ex-datore di lavoro, poi beneficiario del Master & Back (finito male, per problemi con l’ente ospitante, che si potrebbe ben rispecchiare nelle critiche esposte dell’articolo). Dico solo questo: se durante la mia esperienza di datore di lavoro avessi ricevuto 4-5 CV al giorno con candidature per il Back avrei fatto salti di gioia: avere a disposizione collaboratori quasi a costo zero, qualificati, in grado di incrementare gli affari…MANNA PIOVUTA DAL CIELO!!! Purtroppo all’epoca lavoravo a Roma e la regione Lazio non offriva alcun master and back, cosicchè ci accontentammo di assumere anostre spese una giovane svizzera poliglotta e una modenese volenterosa, offrendo inoltre uno stage ad una bella australiana. Datori di lavoro sardi, non ci sono alibi che tengano! Vi offrono forza lavoro gratis, e voi vi trincerate in argomentazioni così futili? Queste sono occasioni da prendere al volo…ma forse qui si entra più nel settore della psicologia. Clinica.
Sì, in effetti il tuo commento mi conferma che bisognerebbe informarsi se qualcuno ha fatto il M&B in psichiatria perché ce n’è tanto bisogno.
Sergei ha proprio colto nel segno. Per l’imprenditoria sarda i beneficiari del M&B, così come quelli di altre borse per l’alta formazione, sono stati solo la “manna piovuta dal cielo”, manodopera gratuita, ovviamente da tenere per i 2-3 anni di finanziamento e da buttare poi sulla strada alla scadenza. Tanto con il prossimo bando se ne prendono altri due o tre freschi freschi. La verità è che strumenti come il M&B hanno creato tanti ricercatori “usa e getta”, filosofia che si può benissimo estendere al campo universitario e della ricerca in generale.
Sergei, non tutti la pensano come Vito e ad avercene di 4-5 CV con candidature Master & Back.
Leggi questa mia replica al riguardo:
http://www.prossimaimpronta.it/masterback-strumento-essenziale-se.html
Perdonatemi, ma non ho mai scritto che ricevo quattro o cinque CV per il M&B al mese, leggete bene prima di scrivere. E poi ogni settore ha le sue specificità, così come ogni impresa. Va bene tutto, ma non fatemi dire cose che non ho mai detto. Grazie.
Analisi lucida e spietata, com’e’, purtroppo, la realtà dei fatti.
Col permesso di Vito, cerco di dare un contributo infimo alla causa:
http://www.subito.it/offerte-lavoro/esperto-marketing-e-comunicazione-carbonia-iglesias-27538329.htm
Il M&B mi ha permesso di portare a termine un dottorato in sociologia del lavoro a Parigi. Nonostante la carriera accademica sia irta di ostacoli e in questo momento non dispongo di alcuna risorsa economica se non l’aiuto della mia famiglia, voglio essere fiducioso.
Il futuro è incerto. Ma la società cambia e il motore del cambiamento sono i cittadini, a condizione che agiscano collettivamente (partiti, movimenti, associazioni, sindacati, manifestazioni, etc). I “dominati” in relazione alla subordinazione politica, economica e culturale (e noi sardi siamo la periferia della periferia) tendono spesso al vittimismo e si abbandonano al fatalismo accettando la propria condizione di subalterni. Tuttavia, i giovani sono al centro delle rivolte del mondo arabo, i giovani marciano da Madrid a Barcellona e sono “indignados”…
Vengo al punto, io penso che il M&B non abbia procurato una catastrofe culturale, al contrario, si tratta di uno strumento straordinario che ci ha permesso di acquisire coscienza della nostra posizione nel mondo e per quel che mi concerne mi trasmette una grandissima fiducia nell’avvenire. Senza la cultura e la coscienza di quello che siamo socialmente non esistiamo, ci limitiamo a reagire agli stimoli del sistema come fa lei con il suo articoletto disfattista. L’ “intellettuale” che strizza l’occhio agli istinti popolari per un po di visibilità mediatica!
Ma…
Io e i miei colleghi studenti che hanno usufruito del M&B stiamo sperimentando la precarietà, questo è vero, ma sono sicuro che a partire dalle nostre esperienze di studio e di vita troveremo la forza per costruire un futuro migliore.
Chi se non giovani e meno giovani, come lei dice “frustrati, preparati e incattiviti” può trovare la forza, il coraggio, l’intelligenza, per mobilizzare le risorse e le competenze acquisite nel corso di lunghi e difficili percorsi di formazione e opporsi con vigore e intelligenza a un sistema traballante? Perché la Sardegna deve vivere solo di turismo e micro imprese? Lei è sicuro che il destino della Sardegna sia stato definito ab aeterno o dipenda esclusivamente dalla pietà del Continente?
“Ma de ghe stamo a parlà”…dicono a Roma.
Io sono oramai un quasi ex-giovane (36 anni) e vivo in continente dai tempi dell’università. Nel frattempo, prima di fare il lavoro per cui ho studiato e studio ancora, per campare e pagarmi gli studi, ho fatto il cameriere, bracciante agricolo, promoter nell’editoria, manovale metalmeccanico, addetto sicurezza nei locali, coordinatore soggiorni estivi per ragazzi e disabili, editor di libri scientifici, fotografo, ballerino, insegnante, baby sitter di alto bordo, etc. Poi è arrivato il M&B e dopo 12 anni continentali c’era stata la possibilità di rientrare in Sardegna e senza muovere il potere della mia famiglia (padre impiegato PA e madre casalinga) di lavorare una PA. E allora rientro in Sardegna; la mia terra. Dopo due anni di back mi hanno fatto patire una piccola consulenza che è stata subito chiusa per via del fatto che il mio cognome non si sovrapponeva bene con quello di dirigenti e politici. Per la cronaca: per il lavoro che ho fatto in questi due anni e oltre, vengo ancora contattato da altre PA che hanno conosciuto il lavoro in alcuni convegni e workshop.
Ora, dopo tre anni di delusioni, mi sono dimesso da Sardo e sono rientrato in continente dove lavoro come libero professionista anche se mio padre non mi raccomanda.
Ma il mio è solo un caso isolato. Del resto non capita a tutti di avere come sindaco del proprio paese il figlio di un importante uomo politico, e neanche di avere come responsabile al lavoro (PA) il figlio di uno di quei politici di cui ancora si scrive, tanta era la sua influenza in Sardegna. E neanche di essere scalzato nelle consulenze dal figlio di un importante dirigente dell’azienda che nonostante l’assenza di titoli fa pure il lavoro per cui noi abbiamo studiato per più di dieci anni.
PS: ad agosto andrò in puglia. Tra casello e benzina al massimo spenderò circa 100 €
Non credo che Vito con questo articolo stia andando contro il M&B, ma piuttosto va contro quello che chi fa il M&B ritrova qui in Sardegna… Questo articolo, a mio parere, non è una discussione sul M&B ma bensì su una Regione (e su una nazione) che non da speranze per le persone giovani (e ormai meno giovani) che con titoli e curriculum di qualità, non riescono a realizzare la propria vita…
Io non ho fatto il M&B ma, se avete piacere, vi racconto la mia esperienza che è simile a quella di molti miei coetanei ed è simile a quella di molti miei amici che hanno fatto il M&B:
Ho 36 anni, da 12 Lavoro con contratti o a tempo determinato o a tempo indeterminato, da 17 se considero anche i cococo/pro. Ho una laurea in ing. elettronica (da quasi 10 anni) ottenuta dopo anni di sacrifici da parte dei miei genitori (che per anni hanno vissuto poco sopra le soglie di povertà che ogni tanto si leggono sui giornali) che hanno fatto studiare me e mia sorella nella speranza che avessimo una vita migliore della loro.
Ho prima lavorato nella formazione professionale e poi da Tiscali dove ho avuto modo di crearmi una professionalità molto specifica nel campo delle telecomunicazioni. Nonostante avessi un contratto a tempo indeterminato vivevo una condizione di forte disagio in Tiscali (non con i colleghi, perchè a mio giudizio in tiscali c’è un ambiente umano splendido… escludendo i vertici…) inquanto ero fortemente sottopagato. Gli stipendi in Tiscali sono bassi ed il mio era ancora più basso di quello degli altri. Dato che ero bravo nel mio lavoro l’azienda mi ha fatto crescere professionalmente con continue promozioni a cui non corrispondeva ALCUNA integrazione economica (“sei stato promosso, cosa chiedi anche soldi? siamo in crisi… riprova tra 6 mesi)…
ossiessionato ed esasperato da una vita che non “decollava” (alcuni miei amici che facevano i camerieri guadagnavano più di me, per capirci…) decisi di abbandonare tiscali e l’italia, sperando di avere maturato un curriculum spendibile… così inviai il mio CV all’estero.
Ed evidentemente il mio CV era spendibile. Ho iniziato a ricevere 3, 4 telefonate alla settimana di azienda Inglesi che mi proponevano colloqui e offerte di lavoro.
Alla fine venni assunto dalla Ericsson (in Inghilterra) che mi assunse dopo semplicemente due colloqui telefonici. Il contratto era precario (rinnovi annuali) ma a differenza del precariato italiano, in inghilterra il precario è “tutelato” da salari molto alti… in sostanza il mio stipendio era più di 3 volte quello sardo per un lavoro con meno della metà delle responsabilità e molto più semplice di quello che svolgevo in Sardegna… (“si ma la vita all’estero è più cara”… non è vero e anche se lo fosse, non è così tanto più cara…)…
Ho passato li un anno e mezzo ed ho capito molte cose; quando sono arrivato loro si definivano “in piena crisi” ed erano disperati… io sorridevo a pensare che quella situazione per loro fosse “crisi brutta”, perchè comunque anche i casi peggiori non erano disperati quanto i casi “normali” che si verificano nel sud italia; ho capito molte cose riguardanti l’integrazione e la convivenza di culture diverse (anche se in quel periodo, proprio per colpa della crisi, nell’inghilterra del nord c’erano manifestazioni contro gli italiani che “rubavano il lavoro”)…ed ho capito quanto certe parole come “crisi”, “difficoltà economiche” ecc ecc siano spesso solo strumentalizzazioni… mi sono chiesto come fosse possibile che l’economia inglese in piena crisi, potesse permettersi salari così alti (mi sono confrontato con i colleghi e con amici che facevano lavori diversi tra loro, tutti guadagnavano dal 50% al 350% in più rispetto a quello che avrebbero avuto in italia)… l’impressione che ho avuto è che in italia ci sia qualcosa che non va… come se la ricchezza economica si “fermasse” a qualche livello dalla catena…
mi sembra che il sistema italiano sia strutturato in modo che le persone normali non possano riuscire a costruirsi qualcosa; avete mai provato ad aprire una attività vostra ed a valutare il rapporto costi/ricavi..? costi altissimi… molto meglio fare lo schiavo sottopagato per qualche azienda…
per motivi personali sono tornato in Sardegna… con la speranza che il mio CV arricchito dall’esperienza all’estero mi permettesse finalmente di avere qualcosina di più… qualcosina che mi permettesse di vivere senza “strozzarmi”, di vivere “meglio dei miei genitori”…
ho trovato lavoro subito e questa è stata una fortuna…
contratto a tempo determinato che da poco mi è stato rinnovato per altri 2 anni…
nel CCNL per il mio livello di inquadramento c’è scritto “Cassiere comune, Commesso alla vendita al pubblico, Banconiere di macelleria; in realtà configuro server Linux e router Cisco e, ci tengo a precisarlo, le mie competenze sono ben più ampie dopo gli anni in Tiscali e in UK… e ovviamente sono sottopagato (guadagno sempre meno del mio amico cameriere)…
Oggi mi sento frustrato, depresso, incazzato… ho quasi 40 anni e i miei studi e il mi CV non sono serviti a nulla… i miei amici, che alle spalle hanno una famiglia più fortunata della mia, riescono a sopravvivere, io no… io sono ambizioso e voglio vivere meglio di così… sto lottando per vivere meglio di così… ma quello che si ritrova un “giovane” che da fuori torna in Sardegna è un mondo senza speranza, un mondo in cui tutti dicono sempre “mi spiace, c’è la crisi non possiamo fare di più” e poi si chiudono dentro le loro macchine da 50000 euro o comprano case da 4000 euro a mq (se qualcuno le costruisce, vuol dire che c’è qualcuno che le compra)… è questo che mi schifa… che secondo me è tutto una menzogna… noi non possiamo realizzarci per l’egoismo di pochi ed una menzogna ben riuscita…
ed ora, sempre incazzato, l’unica idea che mi viene in mente è di riprendere quella dannata valigia…
ps: mi scuso se sono forse uscito un po fuori tema…
Saluti
Come ti capisco!!
quella dannata valigia è la tua libertà. Sarà pure frustrante muoversi e cercare di essere riconosciuti altrove, ma questa è la sorte che tocca a chi non ha natali privilegiati e a chi, soprattutto, non rimane in un luogo per 20 anni aspettando con pretesa che venga il proprio turno.
l’impressione che ho avuto è che in italia ci sia qualcosa che non va… come se la ricchezza economica si “fermasse” a qualche livello dalla catena…
Ecco, questo è un punto rispetto al quale sarebbe necessario un bel approfondimento…
Non capisco il motivo delle critiche aspre all’articolo. Non ha senso denigrare il sistema isolano solo perchè non si trova un lavoro corrispondente ai proprio percorso formativo.
Bisognerebbe fare chiarezza su come vengono spese le risorse destinate all’occupazione da parte delle amministrazioni pubbliche.
Beh.. la reazione all’articolo di Vito dimostra che il programma M&B ha colto nel segno.. perchè un dibattito di questo genere evidenzia che il problema è sentito ..e molto.. mi sentirei di dire, però, che M&B era un pezzo di una strategia che prevedeva di creare le condizioni migliori per i back.. purtroppo quella strategia fu abbandonata quasi subito.. sarebbe il caso di riprenderla al più presto.. e chissà che questa volta non si riesca a smuovere le acque.. fermo restando che, anche senza il back, questa è già una politica innovativa e straordinaria di cui i miei coetanei (classe 64) non hanno potuto fruire..
Esatto, la borsa di studio regionale di cui potevamo disporre noi era quella ex L.R. 28 con risorse infinitamente minori rispetto a quelle stanziate dal M&B e senza nessuna risorsa per l’inserimento lavorativo.
Se c’è un appunto da muovere al Programma, soprattutto nei primi bandi, è che con uno studio più attento dell’esperienza già fatta alcuni problemi si sarebbero potuti risolvere prima. Inoltre, resta incomprensibile (diciamo così…) l’affidamento iniziale della parte di master all’Agenzia regionale per il lavoro e la parte di Back al Consorzio 21…quando l’esperienza maturata dalle due strutture andava in direzione esattamente opposta, o almeno, l’Agenzia aveva già un’esperienza consolidata nei tirocini formativi e quindi facilmente “riconvertibile” nel back. Questo però avveniva con la giunta Soru.
aldilà di questi errori (almeno secondo me) mentre Soru mantaneva una visione di M&B quale forma di infrastrutturazione immateriale (i numeri relativi alla scolarizzazione della Sardegna sono terribili, altro che non studiare!), per Cappellacci – credo che sul portale della regione si possa ancora leggere qualcosa a proposito – diventava una sorta di ammortizzatore sociale per disoccupati intellettuali.
Per spezzare una lancia nei confornti delle strutture che se ne occupano, è neccesario verificare quante altre strutture regionali (non solo sarde…) riescono a rispondere in tempi simili nella gestione di un programma oggettivamente complesso.
Credo che la verità stia nel mezzo e che i masterbackiani non siano assolutamente migliori
di chi invece in Sardegna è rimasto ed è anche vero che chi è rimasto non è migliore dei masterbackiani.
Io faccio parte di alcune centinaia di sardi che lavorano all’estero all’università e ho visto nella mia università masterbackiani di post-dottorato che venivano in istituto 3 volte al mese anziché 3-4 volte alla settimana come prescrive la normativa del master and back ma che insistevano ogni fine mese affinché il professore firmasse il fogliettino e loro lo mandassero in regione per ricevere i soldini.
E poi dopo 6-12 mesi sono spariti con il titoletto in mano.
Alcuni sono tornati in Sardegna e adesso questo titolo ha fruttato loro incarichi importanti grazie anche a raccomandazioni.
Vi sembra giusto?
ps: Naturalmente non faccio nomi per non rovinare carriere di backiani e last but not least non trovo l’articolo di Biolchini fuori luogo, tutt’altro! I conservatori sono altri…
Accidenti che analisi scientifica: io ho visto, mia zia mi ha detto, mio cugino sostiene. Di sicuro saranno migliori di lei, caro collega anonimo, i giovani che vanno in Istituto quel che basta.
No prof. Mongili, quelli sono peggiori, molto peggiori di me, lo ripeto, non faccio nomi per salvarli, e per salvare anche lei. Sa cosa sono le raccomandazioni? Beh! glielo spiego un’altra volta. Saluti. Piercarlo.
Bisognerebbe reintrodurre il credito imposta per i neoassunti. Senza esperienza i datori di lavoro non assumono anche se hai una laurea e un master. Non vogliono pagare un lavoratore che inizialmente produce poco.
Il back ti paga tutto lo stipendio…
mi scuso per il “cialtroni” non intendo offendere nessuno. una reazione scomposta ad un’affermazione che mi è sembrata assurda.
saluti
Sono di Cagliari, ho 38 anni, ho studiato lingue straniere e vissuto un po’ a Londra e per 7 anni in Germania. Insomma, ho esperienza diretta del mondo “là fuori”.
Non sono per niente d’accordo con questo articolo e vorrei entrare nel merito di alcune considerazioni.
Cito: “Nessuno ce l’ha con loro: semplicemente, c’è la crisi.”
La crisi si innesta su una situazione di degrado pre-esistente e VOLUTO, in quanto creato da individui e lobby che alimentano il proprio potere attuando meccanismi clientelari invece che dare spazio al merito.
Cito: “Che la Sardegna, da terreno arido qual è, che è necessario spietrare ogni giorno per poterci piantare qualcosa, grazie al loro contributo si sarebbe trasformata improvvisamente nella terra promessa. Non è così, non può essere così.”
La Sardegna non è, economicamente, arida per natura, ma perché vittima dell’egoismo e della corruttela di chi la tiene sotto per mantenere in piedi i propri privilegi. Potrebbe essere molti diversa e migliore, altroché.
Cito: “Chi è che li ha illusi così?”
Non è un’illusione, ma un legittimo desiderio di riconoscimento personale e di voglia di contribuire al riscatto della nostra terra. “Condannata” non dalla natura ma dall’egoismo delle cricche che la dominano.
Dall’articolo sembra che i giovani abbiano strane idee (illusioni) in testa, mentre in realtà vedono chiaramente ciò che è sotto gli occhi di tutti: e cioè che la Sardegna è nella m**** non per cause naturali, ma per colpa delle lobby e delle caste che la tengono sotto, refrattarie a ogni cambiamento e quindi nemiche di chi, carico di esperienze, competenze e titoli, potrebbe buttarle giù. Si tratta di cambiare meccanismi, o di continuare a stare sempre peggio QUASI tutti (tranne i furbi).
E’ possibile che non tutti i ragazzi riescano a fare il back , aggiungo è possibile che la Sardegna sia talmente mal presa che non è nelle condizioni di accogliere i ragazzi che hanno fatto il master. mi sembra esagerato fuorviante e anche superficiale dire che il Master and Back sia stata la catastrofe peggiore per la Sardegna, per capirci questa affermazione è da veri cialtroni.
In periodo di crisi bisogna investire in tecnologia e conoscenza, questo devono fare le aziende e i ragazzi. preparasi per la Sardegna per le future generazioni e per se stessi. Quando e se l’economia si riprenderà (dovrà avvenire per forza) non possiamo farci trovare ancora impreparati e senza risorse umane e imprenditoriali? Il futuro si costruisce nessuno ce lo regala
L’ingenuo commento di Biolchini contiene nella sua brutalità l’essenza del conservatorismo presente in Sardegna (e l’essenza dell’opposizione all’esperienza di governo di Soru). Non un passo indietro: è questo lo slogan dei gruppi che si sono formati all’ombra dei “grandi” locali (in genere figure professionalmente marginali) di fronte all’esigenza di confrontarsi con professionalità al livello europeo. E’ uno slogan che unisce le trascurabili élite sarde terrorizzate dal confronto. Noi non cederemo mai – dicono, pensano – all’idea che in Sardegna si comanda perché si è sviluppato un network locale, spesso a forti connotazioni familistiche, che ci garantisce carriere, considerazione, qualche briciola dei soldi che vi transitano. Questi network vanno protetti soprattutto da una loro eccessiva estensione verso elementi non controllabili. I membri di questi network si fanno rappresentanti del “progresso” in Sardegna, assumendo verso i Sardi un’attitudine pedagogisticheggiante, e garantendosi il monopolio della rappresentanza in loco della cultura alta, che loro imitano e alla cui evoluzione non partecipano minimamente.
Questi gruppi sono il contrario dell’innovazione e, se la Sardegna vuole uscire dalla sua condizione di arretratezza, prima o poi dovremmo liberarcene in qualche modo, magari facendo rete fra chi si è formato all’estero perché qui non ha trovato nessuna apertura all’interno del sistema familistico-clientelare che domina ovunque. Il problema non sono i ragazzi del Master and Back, ma le élite locali drammaticamente inadeguate, ignoranti, provinciali. La situazione si fa rivoluzionaria e io spero di tutto cuore che le élite sarde, incapaci di ibridarsi con le nuove competenze e terrorizzate dal confronto, paghino per il male che stanno compiendo alla Sardegna e, a questo punto, che vengano completamente sostituite e cacciate dai luoghi in cui comandano senza nessuna autorità e competenza.
E’ ridicolo individuare nel Master and Back la causa di un movimento profondo che tende a modificare le élite in Sardegna. Io stesso ho fatto un Master and Back prima che esistesse, ovunque è pieno di sardi che studiano e creano competenze per se stessi, in avversione ai circuiti tradizionali di riproduzione delle élite per via familistica, di appartenenza politica, ecc. Il Master and back, per fortuna, per una volta, ha sostenuto una tendenza profonda della nostra società che non è la Sardegna immobile e condannata all’arretratezza che traspare dalle parole di Biolchini.
Dottor Mongili, mi pare che lei sia incorso in un abbaglio.
O abbiamo letto due post diversi, ma scritti curiosamente con le stesse parole, o io non ho capito una pizza. Dove sarebbe l’ingenuità nelle amare constatazioni di Biolchini, che mi pare invece sottintendano in larga parte le stesse conclusioni da cui lei invece parte?
Non mi pare che Biolchini attacchi il Master & Back, e neppure che provi ad attribuire la colpa del fallimento obiettivo del secondo dei termini (il Back, appunto) al Totem Soru, unico demiurgo del Nuovo, del Vero e del Giusto azzoppato dai network dei mediocri esponenti delle risibili élites sarde (di cui lei, manco a dirlo, non fa parte, o ne fa parte per censo e ruolo ma disprezzando i “pari”, ovviamente scarsissimi da ogni punto di vista).
Descrive un amaro stato presente.
Ho sbagliato io, oppure è lei ad aver scambiato fischi per fiaschi?
Ha sbagliato lei, signor Pr
No, io sono un po’ presbite, ma lei è sicuramente miope. Così, le deve essere sfuggito il titolo, in cui si parla di “catastrofi culturali”.
Dottor Mongili, a me la definizione di “castrofe culturale” è sembrato una specie di paradosso, e in ogni caso il ragionamento/commento di Biolchini non mi pareva tanto “ingenuo”, ma piuttosto provocatorio.
Evidentemente a lei no.
In questo senso la critica/attacco al M&B mi pare condotto sugli effetti dell’operazione, per colpa di quella che lei chiama “Sardegna immobile e condannata all’arretratezza” e non sulla operazione in sé.
Infatti l’invito finale ai ragazzi M&B
(“molti di loro in Sardegna non ci dovrebbero proprio tornare”)
è quello di (rassegnarsi a?) non tornare proprio, ma trovare un posto nel mondo dove le loro capacità possano essere meglio apprezzate.
Scusi, il titolo dell’articolo, e in questo caso non credo ci sia la possibilità che il titolo sia fatto da persone diverse rispetto all’articolo, parla di “Catastrofi culturali della Sardegna contemporanea. Master and back… ovvero…”. Scendendo e leggendo l’articolo, dopo un prologo che finiva con “so che l’argomento è scivoloso”, si da l’incipit al ragionamnto: “Io penso che che il Master & Back sia una delle peggiori catastrofi culturali generate dalla politica isolana negli ultimi anni. ”
Direi che se le parole hanno un senso, il senso è inequivocabile.
@Alfonso: Certo, e la “modesta proposta” di Swift intendeva realmente suggerire l’uso dei bambini irlandesi poveri come cibo per la mensa degli abbienti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Una_modesta_proposta
In ogni caso: a me pare che ci possano essere catastrofi dall’esito positivo, come per la scomparsa dei dinosauri. In special modo auspico la catastrofe culturale che riesca a impostare nuovi rapporti tra produzione e lavoro, a fare emergere i talenti migliori, spazzi via gli immeritevoli ma garantisca a tutti -bravissimi e meno bravi- una opportunità per essere parte attiva della società. In mancanza di meglio lo chiamerei socialismo, da inventare su basi nuove, e per questo servirebbero catastrofi politiche, oltre che culturali.
“Tenete duro, ragazzi. Nel mio piccolo, io sono con voi.”
Vito, sono tornato ieri dalla Corsica. Dopo il Dottorato, i contratti post dottorato, le collaborazioni in Italia e Spagna, ulteriori anni di precariato universitario, la mia città ancora oggi letteralmente fa finta che io non esista e sono stati i corsi a offrirmi la possibilità di continuare la mia ricerca scientifica. Questo per dire in quale palude si trova a muoversi chi si è formato con un curriculum internazionale.
Io ho famiglia qui a Cagliari, non posso viaggiare con i ritmi di un ragazzino, però a un 25enne suggerirei davvero, se ha grandi ambizioni, di non avere paura di lasciare l’isola, se il suo tipo di studi e di lavoro non riguarda strettamente la Sardegna. Quindi non sto dicendo che tutti i ragazzi che hanno svolto il M&B debbano andare via per sempre: alcuni dovrebbero farlo, altri dovrebbero stare via a lungo, altri ancora tornare e prepararsi a una lunga e amara gavetta, portando pazienza se solo una piccola parte dei loro progetti potrà realizzarsi. Purtroppo la Sardegna non la cambi in pochi mesi e molti di noi saranno la “carne da macello” necessaria perché i nostri figli si trovino a vivere in una Sardegna con più preparazione e più possibilità di futuro.
Triste ma mi pare l’unica possibilità percorribile nel 2011.
In parte sono d´accordo con te, Vito. È vero che mentre alcuni giovani vanno all´estero e fanno una bella esperienza formativa grazie alle borse M&B, altri, meno audaci e a volte meno capaci, alcuni sicuramente più furbi e ben ammanigliati, stanno a casa e qualcuno trova loro qualcosa da fare, magari un bel posto di lavoro e un bel contratto. Così accade che quando i primi tornano con il loro bel ricco curriculum, con una migliore competenza in una qualche lingua straniera, con una nuova idea del mondo, con tanta voglia di fare, non c´è più spazio! In parte si potrebbe tamponare con le borse di rientro, la parte Back del progetto, in parte no.
Sta di fatto però che la Sardegna avrà investito nella formazione, e questo è di per sé una gran cosa.
Ora vengo alla mia esperienza personale. Grazie al progetto M&B io ho potuto avere un finanziamento per compiere un progetto di formazione nel campo della ricerca e didattica presso la Copenhagen Business School, lavorando fianco a fianco con un importante linguista. Tale esperienza nel mio curriculum figura come post-doc.
Dopo di che sono rientrato e ho potuto lavorare per altri due anni all´Università di Cagliari pagato con una borsa di rientro, facendo anche qui una bella esperienza.
Tale periodo figura nel mio curriculum con la dicitura ricercatore a tempo determinato.
Grazie a queste due voci, che appunto si sono sommate alle altre, vale a dire laurea, dottorato, partecipazione a vari progetti di ricerca nazionali e internazionali, a convegni, pubblicazioni scientifiche, contratti di docenza ecc… ho potuto partecipare ad un concorso per professore indetto da una università straniera e vincere.
Sono un cosiddetto cervello in fuga, un emigrato avrebbero detto anni fa, ma non per colpa del M&B. Il M&B, anzi, mi ha consentito di perfezionare la mia formazione, di crescere e raggiungere, almeno in parte, il mio obiettivo: essere chiamato cervello in fuga, appunto, e non emigrato 🙂
Certo che quando poi vedi che il consiglio regionale della Sardegna (con placet di una certa parte dell’opposizione) ha deciso per la stabilizzazione di precari -sentite bene- che hanno lavorato per almeno 30 mesi dal 2002 ti viene lo schifo. Persone magari senza professionalità che entrano a spese nostre con la gente fuori plurilaureata e in cerca di un lavoro stabile da anni. Ma che messaggio si vuol dare alla gente? La verità è che sono in pochi a sapere e comprendere questi giochi sennó la gente scenderebbe in piazza – metaforicamente parlando- coi forconi. Insomma per restare in linea con l’argomento del post, mamma regione ha regalato un bel BACK a questi precari; quelli che invece il BACK ( traducete pure dall’inglese come “mazzo”) rimango ad aspettare…Sarebbe poi interessante sapere chi siano questi precari da stabilizzare.Si dice che siano “figli e parenti di…”, persone entratre più per conoscenze che altro. Ci sarebbe da approfondire…
Concordo con l’atteggiamento critico rispetto ai giovani masterizzati, ma non con il bilancio negativo del programma. Quello che necessita la sardegna e’ di maggiore imprenditorialita’ dall’interno, ed una generazione di giovani laureati e super-martirizzati che ancora guarda al contratto a tempo indeterminato come all’unica soluzione dei loro problemi e’ indice di una totale scissione dalla realtà sarda e quella mondiale. In qualunque professione e’ necessaria una fase di formazione, ma la sardegna non e’ capace di formare, e il m&b e’ li strumento che sopperisce a quella capacita’. La sardegna e’ una terra tutta da costruire a livello politico, sociale, economico, infrastrutturale ed architettonico, ed e’ l’imprenditorialità l’unica via da percorrere per poter raggiungere quella crescita. Il m&b e’ importante, fondamentale, se su capisce che il fine non e’ quello di dare un lavoro a chi lo fa, ma bensì, quello di far si che chi e’ supermasterizzato torni in sardegna con lo know-how per poter creare lavoro per chi non ha avuto la possibilità del m&b. E questo non si crea con l’aiuto politico, ma si crea con le idee.se il mastere’ stato valido, dovrebbe essere rigenerativo, ed autoremuneratore, deve poter creare valore, valore non solo curricolare, ma anche economico. (attuale super-masterizzanda Gsapp, CU)
Ciao ragazzi, ci sono tante cose da dire e tante sono state dette ma, in fondo, la verità è una: c’è preoccupazione e sfiducia, verso il futuro, verso la ns isola, verso il nostro paese, verso l’europa e probabilmente, verso qualsiasi cosa che ci circonda.
E come potrebbe non essere così?
Viviamo un presente incerto, senza punti di riferimento, con l’angoscia che qualsiasi cosa facciamo possa essere spazzato via al prossimo soffio di vento. Quindi vediamo negative anche le cose che invece sono positive.
Chi non è cosi?
Studenti, laureati, imprenditori, impiegati… probabilmente lo sono anche i politici, se non per loro almeno per i loro figli.
Allora possiamo fare due cose: piangerci sopra o darci da fare.
Io sono dell’idea che, nonostante tutto, quello che vogliamo LO POSSIAMO fare. Certo, non possiamo non considerare il contesto in cui operiamo, che oggi è diverso da ieri e domani sarà diverso ancora, ma NON viviamo in una terra morta. C’è da zappare un terreno un po più duro che da altre parti, c’è forse da scavare più in fondo per trovare
l’acqua ma …qualcosa cresce.
Bisogna avere la consapevolezza che oggi, la terra che vogliamo arare, è quella che è, e se la vogliamo più fertile ci dobbiamo lavorare sopra e dobbiamo farlo noi.
Quindi Vito, non condivido il tuo pensiero mentre sono d’accordo con Alessandro Alfonso, che stimo perchè ci ha voluto provare, e mi accodo al suo invito. TORNATE RAGAZZI PERCHE’ C’E’ BISOGNO DI VOI, ma fatelo con la giusta consapevolezza.
Il M&B non è La Soluzione, ma è una opportunità per i ragazzi e per le imprese.
Non porta dentro la certezza di un matrimonio eterno ovvero di un lavoro, ma porta dentro la certezza di un esperienza. Quindi sicuramente qualcosa lascia.
Poi ci sono matrimoni che durano e altri che finiscono… ma questo è intrinseco nel gioco della vita, non solo in quello del M&B.
E quasi sempre è una questione legata alle proprie scelte.
10 anni fà io e i miei soci non abbiamo fatto il Master ma abbiamo fatto il Back.
Siamo stati vittima di quel richiamo viscerale che attanaglia parecchi sardi quando sono fuori, quindi le nostre esperienze “estere” sono terminate nel momento in cui abbiamo deciso di PROVARE a investire nella nostra terra.
Avevamo 27 anni,non avevamo soldi ma solo voglia di provarci. Non ci ha obbligato nessuno, è stata una scelta. Non ci ha aiutato nessuno, ma lo abbiamo voluto fare lo stesso, e anche questa è stata una scelta. Abbiamo avuto un casino di difficoltà ma anche quì abbiamo fatto delle scelte e abbiamo deciso di tenere duro.
Operiamo nel turismo, proponiamo la Sardegna via internet da quano internet era ancora una scommessa, siamo fra le aziende in vetrina per il M&B e ho parlato con venti ragazzi ma nessuno ha voluto fare l’esperienza presso di noi perchè siamo a Nuoro. Hanno tutti optato per i CNR o altre soluzioni vicino a casa loro. Sempre una questione di scelte, tutte rispettabili.
Ci siamo organizzati diversamente e abbiamo trovato altre persone senza il bollino del M&B che, dopo un tirocinio, abbiamo assunto a tempo indeterminato.
Oggi questa azienda campa le nostre famiglie e quella di altre persone, non abbiamo certezze per il futuro e non possiamo offrirne a nessuno, possiamo contare solo sul fatto che abbiamo ancora parecchio entusiasmo da investire e vogliamo continuare a crescere, e siamo consapevoli che per crescere abbiamo bisogno anche di persone che vogliano spendere nell’isola le loro esperienze estere ma che SOPRATTUTTO siano disposte a mettersi in gioco, condividere un progetto e investire su se stessi. Non c’è spazio, oggi, per chi cerca solo certezze.
Quindi il problema non sta nel Master & Back, che è una porta aperta, ma nella volontà di entrare in quella porta con la determinazione necessaria a far fruttare al massimo quel momento di collaborazione con un azienda per poi investire i frutti in attività future che non necessariamente devono essere legate a quella stessa azienda ma possono essere la base di scommesse personali.
E’ più facile lamentarsi ma vi assicuro, ragazzi, che c’è molta più soddisfazione nel volerci provare.
Caro Vito, mi pare che l’aspetto importante non sia stato colto.
M&B con tutti i suoi limiti dà la possibilità ai giovani di andare a specializzarsi nei centri di eccellenza mondiali, a questa è la parte “master”: che si vuole di più ? se non migliorarlo come procedure, scelta delle scuole, ecc. Ai miei tempi (ormai 25 anni fa) per poter fare un master ho dovuto vincere un concorso nazionale per una borsa di studio, e nemmeno a copertura totale. Ma già allora, dopo il master, mi sono fatto tre anni a Milano per imparare a lavorare. Già allora per il “back” c’erano problemi … Ho fatto la mia esperienza milanese precaria con passione convinto che li stessi imparando molto più che durante il Master. Poi ho vinto un concorso in Sardegna e sono tornato e dopo 7 anni ho lasciato il contratto a tempo indeterminato con la p.a. per andare a dirigere un gruppo aziendale privato.
Ora quindi vedo il discorso dall’altra parte e come dici tu mi arrivano i cv per il “back”, neanche tanti a dire il vero … eppure già a due persone ho dato la possibilità di farlo e una è ancora oggi una nostra ottima collaboratrice.
Il problema è sempre il “back” perchè il tessuto economico sardo è quello che conosciamo ma anche perchè non è detto che una persona che fa un master sia automaticamente una risorsa utile per un’azienda senza che abbia fatto esperienze lavorative, anche precarie come abbiamo fatto tutti, ma fondamentali per imparare il mestiere. Purtroppo chi crea false aspettative sono le scuole che vendono i “master” non il programma M&B.
Personalmente ritengo che un migliore programma sarebbe “Master,Work&Back” dando la possibilità di un rientro agevolato in aziende locali entro 5 anni dal Master in modo che possano fare oltre il master anche delle esperienze lavorative prima di pensare al rientro.
E’ comprensibile che chi gestisce un’azienda e deve fare i conti con i costi, trovi vantaggiosa la possibilità di avere un lavoratore giovane, per giunta qualificato, con minori costi.
Però un uso indiscriminato di questa “convenienza” può creare distorsioni: per i back inseriti in aziende e pubbliche amministrazioni, non ci sono spesso anche altri che magari da anni collaborano con contratti precari con quelle stesse aziende e pubbliche amministrazioni. Di loro che ne facciamo?
Il back rimane sbilanciato, perché non impone comportamenti virtuosi a chi usufruisce dei back.
Nella mia esperienza personale queste distorsioni non le ho riscontrate … ma potrebbe pure essere una obiezione realistica in altre situazioni.
Francamente “imporre” alle aziende dei comportamenti virtuosi lo troverei controproducente … sceglierei una strada di maggior e più attenta selezione delle aziende “back” sia da parte dell’Agenzia che da parte dei ragazzi.
Il succo del tuo discorso è: “la Sardegna e i sardi sono quella che sono è son sempre stati, non è concepibilepensabile alcuno sviluppo e alcun miglioramento. Perché illudersi. Lo so, perché nel mio piccolo occupo uno di quei posti. Lo satus quo non è bello ma non si può cambiare e in fondo va bene così.”
Biolchini stai dicendo che sostanzialmente la Sardegna è abitata da pecoroni ed è giusto immigrare, che se baronimassonicomelisivuolchiamare occupano posti e gestiscono le cose come fanno alla fin fine non c’è niente di strano, è naturale e sti cazzi che vada così, perché pensare che le cose cambino.
L’atteggiamento e l’umore di questo tuo discorso non va un tantinello in contraddizione per esempio… che ne so… con la campagna elettorale di Zedda ad esempio? In generale con l’orientamento culturale tipico della sinistra? O quel “ora tocca a noi” era per dire che semplicemente toccava a qualche altra famiglia?
Sostanzialmente affermi (nonostante tutte le mani che puoi mettere avanti), che la colpa non è tanto delle capre che non danno opportunità e che non provano a sviluppare la propria azienda oltre l’ambito della famiglia e dell’assistenzialismo regionale, ma di chi illude quelli del M&B che le cose possano e debbano andare diversamente.
Dovresti vergognarti per quello che dici e per tutti i M&B che rifiuti personalmente, perché tra quelli che rifiuti ci sono anche le risorse per far sviluppare quella tua piccola radio che invece continuerà a guardare l’ombelico di Cagliari, la bidda più grande tra le bidde, L’unico orizzonte della Sardegna è il bixinau e tu trovi normale e giusto che le cose rimangano così. Complimenti.
Hai scritto questa fesseria per aumentare i numeri di contatti al tuo blog?
L’ultima che hai detto. Comunque, sei sprecato in Sardegna.
perda scetti perda come dice elio?
però è la mia perda!
Troppe riflessioni… ho risposto con un post tutto mio:
http://www.prossimaimpronta.it/masterback-strumento-essenziale-se.html
Cito dal tuo articolo: “Chi è incattivito, davvero, va e si prende il suo futuro, anche se costasse il rischio di non dormire la notte.”. Bravo, anzi bravissimo. La penso esattamente come te. Forse e’ proprio questo quello che manca a chi parte.
Grazie Micaela.
Se c’è una cosa che non sopporto è proprio questa forma di deresponsabilizzazione. Come se nessuno di noi sia chiamato a provare a cambiarla questa situazione.
Comunque c’è di buono che Vito con questo articolo ha scatenato una bella discussione 😉
ma chi l’ha detto che tutti vogliono tornare?
Pingback: Master&Back – strumento essenziale se…
Non concordo Vito. Solo partendo dal presupposto che il master and back equivalga alla certezza di un posto di lavoro si può arrivare alla conclusione che sia stata una catastrofe.
Ma tale presupposto è utopico, slegato dalla realtà.
Pensiamo all’Università. Un tempo si riteneva che anch’essa garantisse un lavoro. Poi si è visto che così non è, ma non per questo dobbiamo ritenerla una catastrofe.
Il M&B è un’opportunità, un’opportunità in più (aggiungo), un’idea intelligente che merita tanto rispetto. Basta che solo una persona sia riuscita a formarsi e a trovar lavoro grazie ad esso (e sono tante di più) per poter dire che è stata una scelta utile.
Poi Vito, ti chiedi perchè tutti vogliono tornare qui? Noi che ci stiamo spesso non ci rendiamo conto del motivo… chiedilo ad una persona che per un pò di tempo ha vissuto altrove e vedrai cosa ti risponderà.
La Sardegna, e Cagliari in special modo, è un posto fantastico dove vivere, e pur di rimanerci vale la pena di faticare, darsi da fare per cercare lavoro, accettare impieghi temporanei e sottopogati.
Altrove hanno le economie, le posizioni di lavoro perfette… ma la vita non è fatta solo di lavoro, e per tutto il resto, beh, ben pochi posti sono meglio di questo.
Concordo invece su tutto con Vito. Tanto studiare per poi tornare in una terra bellissima ma miserabile che non lascia spazio e opportunità. Vorrei essere ottimista e pensare anche io che il mercato poi premia i migliori, ma la meritocrazia è il trucco con quale ce l’hannno messa in culo (vedi p3, p4, parentopoli varie). Noi a sgobbare e qualcuno che premia il merito della Minetti. Altra considerazione: master, specializzazioni, dottorati, bla bla e 40 annusu manco 5 minuti di lavoro!!!! E poi come, dice qualcuno, si torna in Sardegna e si trova posto nei Call Center. Ma al Call Center serve uno un po’ più burricco, ma che ha magari ha avuto esperienza nel mondo del lavoro. Studiate! Formatevi! ma lavorate dove trovate riscontro del vs lavoro.
Di solito leggo con passione i tuoi articoli ma stavolta lascio un commento perché non condivido assolutamente, sono una ragazza che lavora oramai da più di un anno a Cagliari grazie al Master and Back, senza di questo ora sarei frustrata o probabilmente emigrata di nuovo in un’altra città con il desiderio irrefrenabile di riuscire a rientrare nella mia amata isola in un modo o nell’altro.
In Italia la situazione lavorativa giovanile è a dir poco disperata, pensiamo a regioni come la Campania, la Calabria, dove la situazione è più immobile della nostra.
Credo che il progetto Master and Back sia stato a dir poco innovativo, è partito in maniera eccellente, ha rispettato almeno inizialmente e nel mio caso tutto, poi ci son stati dei rallentamenti, dovuti a cambi di giunta regionali, forse a ritardi nella pubblicazione di bandi e ad accavallamenti tra nuovi e vecchi bandi….questo si sa! E i problemi del rientro in Sardegna son dati dalla mancanza di informazione e comunicazione alle società sarde, tra PIP, tirocini orientativi, back …non si capisce più nulla e le aziende sarde hanno paura di doverti assumere una volta terminato il finanziamento regionale, la colpa più che del back e di questa Italia e delle spese di gestione che ha un dipendente….Ad ogni modo io ho trovato la società ospitante non senza difficoltà…ho sostenuto decine di colloqui…. e ho passato anche io la notte al freddo nella tenda dell’agenzia del lavoro per aspettare di protocollare la mia domanda tra le prime, ma adesso ad un anno di distanza posso ritenermi soddisfatta del percorso intrapreso.., probabilmente son stata fortunata? Non lo so, e ad ogni modo se poi la società allo scadere della borsa non mi terrà, cercherò di non farne una tragedia e cambierò di nuovo, partirò…ma non posso dire certo di non aver maturato esperienza in questi anni, ringrazio me stessa e il master and back che me ne ha dato la possibilità….al contrario di altre persone che si lamentano che non trovano perché non cercano.
Non si può cambiare il mondo stando fermi…il master and Back ti da grandi possibilità…poi dipende da te…ma così è la vita…credo.
Dimenticavo…sono una storica dell’arte..che per adesso lavora in questa città… mica un ingegnere o dentista…!
La posizione di Vito sul Master&Back è per certi versi incontestabile, ma la prendo come una provocazione. E proprio per questo motivo non la condivido, perché le provocazioni devono servire a reagire intellettualmente. Come in letteratura, in cui le visioni apocalittiche, estremizzate, “distòpiche” (per usare una definizione ben nota agli appassionati di letteratura) sono funzionali ad una migliore comprensione della realtà.
Voglio parlare della mia esperienza in modo paradigmatico, sapendo che ce ne sono molti altri simili al mio, in Sardegna.
Non ho fatto il Master&Back ufficiale, ma posso dire di aver fatto tanti Master&Back inventati da me: un anno di Erasmus in Inghilterra, un master a Bologna in progettazione europea, uno stage lavorativo a Roma a scrivere progetti, un altro stage a Bruxelles a seguire la parte di relazioni con la Commissione Europea.
Ogni volta che partivo pensavo di non tornare, di trovare opportunità di lavoro e di vita migliori e più consone al tipo di professionalità che mi stavo costruendo, e le avrei trovate senz’altro, se le avessi cercate.
E invece ogni volta finivo per voler ritornare, perché spesso le cose non vanno come le hai programmate, i percorsi a volte sono circolari e ci sono dei fili invisibili che ti riportano indietro, nonostante tutto, “in direzione ostinata e contraria”.
E quindi ho cercato di inventarmi una professionalità in modo creativo, mettendo a frutto le mie competenze in Sardegna come free lance: molti userebbero la parola “precaria”, io non l’ho mai usata per definirmi. Anzi, l’ho sempre evitata come la peste. Ho sempre usato i termini “libero professionista”, “lavoratore autonomo”, “consulente”. La mia è stata una presa di posizione anche semantica, perché quello che sei dipende da come ti vedi e dalle parole che usi per definirti. Le parole sono importanti, diceva il buon Nanni.
Non sono mai stata disoccupata un solo giorno: ho collaborato con molti enti nella ideazione, redazione e gestione di progetti, di cui molti proposti da me, ho fatto formazione, animazione, assistenza tecnica e contribuito nel mio piccolo, insieme ad altre persone che in parte conosco, alla diffusione di una cultura della cooperazione internazionale in Sardegna.
Poi 5 anni fa ho vinto un concorso in Regione per esperti di politiche comunitarie: non era un mio obiettivo entrare nella P.A., ma è capitato: all’inizio ero addirittura scontenta, rimpiangevo la mia libertà professionale, ma poi ho deciso di sperimentare questa esperienza e oggi continuo a occuparmi di cooperazione, in modo diverso, con una stabilità economica ed una continuità che non avevo mai avuto prima. Ma non lo considero né come un punto di arrivo né tantomeno come una “conquista”, piuttosto come uno dei punti di approdo e ripartenza.
Sfruttare le competenze acquisite altrove per portare nuove energie e creatività all’interno del sistema pubblico o privato, in modo da rinnovarlo dal di dentro, oppure inventarsi nuove professioni, creare nuove imprese, sfruttare sinergie tra economia, cultura e ambiente, innescare effetti-moltiplicatore. A questo servono le esperienze come il Master&Back.
Poi, se volete continuare a pensare la Sardegna come un campo da spietrare, sarà sempre così. Ma non è così che io la vedo e la voglio definire. E, tornando al concetto di prima, “le parole sono importanti”.
eia, d’appu nau deu puru al direttore di banca per un mutuo chi seu “frilens”. Stari ancora arriendi!!!!
Io vorrei capire se in un’isola di 1.500.000 abitanti ci sia spazio per diventare tutti dirigenti, ricercatori e professionisti con guadagni a 5 zeri, e che allo stesso tempo facciano dell’isola l’Atlantide del duemilaventi, in cui tutti i sardi saranno alti, biondi dotati di superintelligenza.
A proposito, quello di Elisabetta Canalis può considerarsi un master & back?
Non ho usufruito del M&B, ho fatto il dottorato in Germania e sto facendo il post-dottorato in Francia pagato con i soldi degli istituti che mi hanno assunto. Non sono partito con l’illusione di poter tornare in Sardegna a lavorare, ma per formarmi professionalmente e umanamente, magari per tornare poi fra qualche anno senza dover elemosinare un posto di lavoro a qualche “benefattore” che assumendomi riterrà di comprare me e non il mio lavoro. All’estero ho imparato e sto imparando tante cose, ad esempio che il fatalismo sardo secondo cui le cose sono così e non possono cambiare è una solenne idiozia, anche se è comprensibile pensarla così se si considera naturale che i propri destini vengano in gran parte decisi dall’altra parte del mare.
Ho imparato che l’articolo “la repubblica italiana è fondata sul lavoro” è un’idiozia strabordante retorica che può fare al massimo ridere. Le nazioni civili, che pure non sono fondate sul lavoro, il lavoro lo rispettano molto di più.
E il problema non è tanto delle persone (come sostengono molti lasciandosi andare a vere e proprie sparate razziste in cui tirano fuori genetica e antropologia senza avere alcuna competenza scientifica in merito, ma tanto per riempirsi la bocca di termini letti da altre parti), ma strutturale.
Poi, vabbé, non mi metterò ancora a ribadire i concetti, concettualmente semplici, dell’indipendenza, che poi ai razzisti che tirano in ballo genetica e antropologia (tipo che i sardi non sono capaci e robe del genere) gli viene un colpo.
P.S. Sveglia, la crisi nel mondo civile è praticamente passata… solo che italia e Sardegna non se ne accorgono perché sono perennemente in crisi da decenni. Capisco che faccia comodo avere la scusa e che il benaltrismo sia lo sport nazionale italiano, ma provate ad accorgervi della realtà strutturale in cui vivete.
Caro Daniele, non so dove vivi e da dove trai le tue informazioni, ma ti faccio notare che la crisi economica mondiale è tutt’altro che finita. O forse la situazione di Grecia, Spagna e Portogallo e Irlanda non conta? E che dire della Germania, che possiede gran parte del debito interno europeo e sarebbe fortemente danneggiata dalla bancarotta dei paesi più in difficoltà? Oppure vogliamo parlare del rischio di default degli stessi Stati Uniti, che hanno una disoccupazione crescente, e per non finire gambe all’aria quasi sicuramente rinvieranno (per la prima volta nella storia) il pagamento dei titoli di stato in scadenza?
È vero che Sardegna e Italia sono “strutturalmente” messe peggio di altri paesi, ma invito anche te a provare ad accorgerti della realtà strutturale in cui vivi.
Guarda, con crisi intendo la perdita improvvisa di posti di lavoro, stagnazione dei mercati, calo di crescita del PIL etc… non significa mica che ora non vi siano più pericoli di una nuova crisi, magari anche peggiore. Tra il 2007 e il 2009, per fare l’esempio della Germania, la crisi si sentiva perché le aziende assumevano oramai pochissimo e dove possibile riducevano il personale. Ora hanno riiniziato ad assumere e pure tanto, tant’è che il PIL è tornato a crescere a sprin battuto. Anche nella tanto amata irlanda (amata perché i benaltristi italiani la descrivono come uno stato povero, mentre gli indicatori economici dicono che i suoi cittadini stanno molto meglio degli italiani… potenza dei media dffusori di menzogne e dei cittadini che si sentono sollevati dal sapere che da qualche parte c’è qualcuno messo peggio di loro, poco importa se sia vero o meno). Continuare a giustificare i propri fallimenti a oltre due anni da quando è stato universalmente riconosciuto che i mercati, almeno per il momento, si sono stabilizzati, è quanto meno penoso.
Beh caro Daniele, è vero che “i mercati si sono stabilizzati”, ma è proprio questo il problema: l’emorragia di fallimenti e perdite di posti di lavoro si è ridotta rispetto a 1/2 anni fa, ma questo non basta. MILIONI di persone che hanno perso il lavoro nei paesi occidentali durante la fase acuta della crisi sono ancora a spasso, o hanno trovato impieghi instabili e mal pagati. Questo riduce il mercato in tutti i settori, crea difficoltà alle aziende ancora in vita, che in mancanza di commesse e clienti si vedono costrette a licenziare o chiudere. Questo aumenta ancora la disoccupazione, e la spirale della crisi continua.
Il PIL può anche aumentare (e dopo essere colato a picco, questo è inevitabile), ma per recuperare lo sfacelo e l’arretramento precedente non basta un timido segno positivo. Se un paese cresce del 3% all’anno, e poi un anno crolla allo 0%, e poi torna al 3,1%, impiegherà 30 anni per recuperare la mancata crescita.
È vero che alcuni stati hanno saputo approfittare meglio della riduzione della concorrenza negli altri paesi, e la Germania è un esempio in tal senso. Ma per quanto può durare? Se altre aziende o interi stati comprano dall’industria tedesca accollandosi debiti che non possono ripagare, che si fa?
E in questa situazione, che speranze hanno le industrie e le aziende italiane e sarde, affette da un nanismo patologico e storicamente prive di un piano industriale dello stato?
Conosco varie persone che dicono che all’estero le cose sono sempre più belle e più grandi, senza riuscire a notare i tratti comuni e i limiti “strutturali” che ostacolano lo sviluppo della propria terra. Di solito sono persone molto provinciali.
Guarda, l’unico limite strutturale è dato dalle leggi italiane che purtroppo sono valide anche in Sardegna… devono essere state partorite da qualche cerebroleso evidentemente, ma la cosa preoccupante è che vengano accettate come dati di fato incontestabili, ritenendo inconcepibile contestarle nel merito. Le aziende straniere che hanno filiali in Italia guardano con un misto tra la pena e lo stupore i colleghi (italiani) di quelle filiali che per fare quello che fanno loro sono costretti o a una lunga e assurda trafila, oppure a ricorrere a degli espedienti per aggirare leggi che francamente non si capiscono.
Il limite strutturale della Sardegna è ritenere giusto e normale che a deciderne i destini, avendo l’ultima parola, sia lo stato italiano.
Altro limite strutturale che ho visto viaggiando in Europa è che di solito nei paesi civili, quando c’è la crisi si dice “c’è la crisi, facciamo qualcosa per superarla” e iniziano celermente ad agire; in Italia si dice “cè la crisi, ma anche negli altri stati, quindi non possiamo fare nulla” e via a riportare notizie su quanto stiano soffrendo da altre parti. A me il provincialismo sembra questo.
Alessandro: con grande stima per il tuo percorso (che un pò conosco, è vero, e, ripeto, stimo), non tutti ce la fanno. E’ colpa loro? cioè, è una colpa (un demerito, uno svantaggio, chiamiamolo come vogliamo) non trovare l’idea giusta, o anche solo quella che in un determinato momento funziona,o non trovare il socio giusto, o essere spossati dopo anni di tentativi? non invoco certo assistenzialismo o ammortizzatori sociali per tutti, perchè tra l’altro, in molti casi, il M&B è proprio questo: un modo per sfangarla in attesa di qualcos’altro (posto che rimane una straordinaria opportunità personale, più che finalizzata all’inserimento lavorativo corrispondente o anche solo opportuno). Ma cosa fare di loro, e per loro, cioè per tutta la società?
Vito, nel suo articolo, considera la faccenda dal punto di vista di chi vede le proprie aspettative brutalmente deluse. ma questi ragazzi possono comunque scegliere, che è la cosa più importante: tornare, ripartire, con qualche strumento in più. Mi preoccuperei di più degli altri, quelli dell’età di mezzo (leggiti i numeri dell’inchiesta di Repubblica sui 35 enni, che magari in qualche caso erano i M&B di ieri), che, ripeto, sono spesso tagliati fuori da qualsiasi ambiente lavorativo e non si pongono proprio il problema del “lavoro giusto” (giusto per ognuno di noi, come hai fatto giustamente tu a un certo punto, mi pare di capire) piuttosto che del “quieto vivere”, che sia con stipendio, stipendietto o ammortizzatore sociale. Semplicemente, non sanno più dove girarsi perchè non hanno nè l’uno nè l’altro e non vedono prospettive.
L’ho un pò tirata per le lunghe, chiedo venia, ma gli argomenti mi sembrano correlati, e molto interessanti.
Saluti 🙂
@Regina. Hai ragione. Ecco un argomento molto importante: e chi non è eccellente -e se si fa una gara UNO vince e dal secondo in poi hanno tutti perso- cosa deve/dovrebbe fare?
Per gli stra-migliori, perfetti e sicuri di sé, che parlano 6 lingue e traducono il sanscrito in greco antico e/o “ne sanno troppo” di fisica quantistica o di quello che vi pare probabilmente qualche posto si trova sempre. Ma allestire percorsi di formazione come il M&B solo per i super-eccellenti mi sembra assurdo, è giusto che il campo delle opportunità sia riservato a chi ha titolo, ma è giusto che sia ampio.
E poi, oltre i campionissimi, c’è il problema del resto dell’umanità, quella semplicemente media ma anche quella fragile e magari mediocre, timida, confusa, per loro/noi cosa si fa?
Pensare a politiche che predano una tendenza al “pieno impiego”, con retribuzioni dignitose per tutti quelli che lavorano mi pare che sia uno degli obiettivi sanciti nella costituzione. Cosa sarebbe mai, se non fosse questo, il “diritto al lavoro”?
E non sono utopie. Sono stato in paesi scandinavi, e lì chi lavora in qualsiasi ruolo sta, utilizzando i nostri parametri, molto bene e non deve pietire o pregare (e chi prega è precario, letteralmente) per condurre una esistenza regolare, mettere su famiglia etc.etc.
“politiche che preVEdano una tendenza la “pieni impiego”…
ERRORE 2!!
Correggo:
“politiche che preVEdano una tendenza al “pieno impiego”…
Il punto è che bisogna anche avere la sensatezza di non iper-specializzarsi in materie eccessivamente di nicchia.
Un esperto di Semiotica Sumera o dei più intimi epistolari tra Wagner e Nietzche, o finemente preparato sulle meccaniche economiche tra i paesi sub-tailandesi, non venga a fare lo stizzito perché non può fare il back in Sardegna. Tanto di cappello per lo sforzo, lo studio e i traguardi però lo studio è un investimento e c’è *moltissima gente* che fa investimenti sbagliati.
Senza contare fantomatici indirizzi di studio, senza andare lontano, presenti già nella nostra città che condannano i laureati a un sotto-impiego (esempio: chimica e tecnologie farmaceutiche > farmacisti ai servizi della casta dei padroni di farmacie) o all’inevitabile partenza.
concordo sulla iperspecializzazione ma facciamo dei distinguo. un conto è fare il vulcanologo in sardegna, un conto è portare competenze nuove. sono laureata in semiotica ma specializzata in comunicazione non profit (1 corso) e aziendale (2 corso) e ora ulteriormente in organizzazione eventi (3) e progettazione (4). Quando sono tornata in sardegna nel 2007 c’era una grande conspevolezza dell’importanza della comunicazione pubblica (sia nel senso istituzionale che sociale), che poi è andata scemando perchè si è intuito il potenziale strategico che riveste e la si è vestita da propaganda e data in mano ai tuttologi col capo chino. La funzione comunicazione non viene inserita negli enti (l’87% dei comuni non ha un URP (http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_5_20110426141636.pdf), non vengono banditi concorsi o vengono annullati/ nascosti, è difficile tenere alta la deontologia perchè non c’è un albo di riferimento (per il mancato riconoscimento professionale da parte del governo, dal 2000) e nessuna politica di valutazione della programmazione. Sono iperspecializzata in una materia che nel resto del mondo è prassi quotidiana e costituisce diritto civico: sono tornata in sardegna per ricordare che anche la sardegna fa parte del mondo e che i diritti civici esistono anche qui (ma non i vulcani ;P
Forse sarò fuori dal coro…..ma non riesco proprio a capire tutta questa “voglia” di tornare in Sardegna…
Caro Vito,
non condivido il tuo punto di vista realtivo al Master and Back per una serie di ragioni.
Prima di tutto il M&B è uno strumento di opportunità per i ragazzi non indifferente. Io personalmente ho sognato una opportunità del genere nel periodo in cui mi sono laureato. La mia famiglia non si poteva permettere assolutamente di avere un figlio che studiasse fuori e così mi son dovuto rimboccare le maniche, fare la gavetta con il tirocinio professionale completamente gratuito.
Seconda ragione ancora più evidente è che il M&B ti permette di vivere in un contesto diverso, capire meglio il mondo, imparare lingue, imparare a relazionarti e soprattutto apprendere in istituti universitari specialistici.
Dove è il limite di tutto ciò? Quando si rientra si deve pensare prima di tutto di costruire qualcosa per la nostra terra, creare, mettere a frutto in maniera imprenditoriale ciò che si è acquisito per dare un reale maggior valore all’opportunità avuta!!!
Grazie Raf
Riprendendo quello che dice Alessandro Alfonso, forse il back potrebbe comprendere anche finanziamenti per una start-up, invece che solo un impiego.
credo infatti che la ras stia lavorando proprio ad un bando simile nei prossimi mesi… ma spero che non si tratti delle solite lungaggini burocratiche elefantiache… io aspetto una risposta da un anno (e nel frattempo la mia idea di impresa diventa vecchia).
Ci vorrebbe, pero’ mi auguro che non siano come il prestito d’onore, che presupponeva una famiglia ricca alle spalle dato che non copriva tutto.
Ciao Vito e grazie per gli spunti che dai alla riflessione.
Incontro giovani laureati tutti i giorni e con loro condivido la sofferenza e la delicatezza del momento che attraversano perchè non sanno cosa li aspetta nel loro futuro e hanno PAURA. E come dargli torto? I momenti di cambiamento sono impegnativi da attraversare. Sappiamo cosa abbiamo nel nostro presente ma non cosa ci aspetta nel nostro futuro.
E questo ci provoca ansia, malessere, incertezza.
E allora comprendo la tua frustrazione quando incontri persone alle quali ti sembra di non poter dare opportunità.
Ma sei veramente sicuro di non poterne dare?
Lo dico perchè ho ascoltato diverse volte la testimonianza del tuo percorso di sviluppo professionale. Ogni volta mi colpisce la tua determinazione, il tuo amore per il lavoro che fai e la gioia dei progressi che hai fatto in tutti questi anni.
Credo che il messaggio più importante contenuto nella tua testimonianza sia che se vogliamo realizzarci professionalmente dobbiamo scoprire cosa vogliamo per la nostra vita e poi darci da fare per ottenerlo.
Alcune cose saranno facili da ottenere, altre richiederanno un po di impegno supplementare. In ogni caso ne sarà valsa la pena perchè saremo stati bene anche nel percorso di costruzione della nostra realizzazione professionale e alla fine avremo ottenuto quello che volevamo.
Troppo facile?
Da un certo punto di vista si.
Da un altro no.
Incontro quotidianamente persone che dicono di non sapere cosa vogliono fare “da grandi”.
Altre che dicono di saperlo ma poi non fanno alcun passo per muoversi in quella direzione.
Cos’hanno in comune queste persone?
Il bisogno di crederci e la necessità di un supporto professionale che li aiuti a realizzare la vita che vogliono.
E per questo c’è una soluzione che passa anche attraverso le attività di orientamento al lavoro che faccio allo Sportello Placement di Ateneo e rivolte ai laureati.
Dai pure l’indirizzo dell’ufficio la prossima volta che incontri un laureato in cerca di supporto :-))
Buon lavoro!
Graziella
Personalmente ritengo il M&B un’espediente per rallentare l’ingresso alle nuove leve nei posti di lavoro che non ci sono, un po’ come per insegnare anni fa in cui bastava la licenza media, oggi se non hai una specifica scuola alle spalle non puoi insegnare (oltretutto chiusa da un pezzo).
Il problema non è il M&B, il problema è che non posso essere un vulcanologo in Sardegna.
Queste persone dovrebbero essere un po più imprenditori di se stessi o aspirare di meno al posto statale che non hai, se non sei nessuno ( vedi gli assessoi).
Sono le formule d’impiego sbagliate, sono i co.co.pro sbagliati adottati sia da quelli di destra che da quelli di sinistra. Sono i de minimis inutili a costringerti a inserire nel budget scrivanie e computer nuovi per aprire un nuova attività che chiude dopo un anno. Sono inutili i bandi regionali e comunali, mai per il cittadino e sempre per l’amico.
Per non parlare delle scuole di formazione per diventare direttore di musei, che non ci sono. L’albo ai giornalisti professionisti è sbagliato perché chiede 600 euro all’anno ma non ti tutela e non ti fa entrare se non hai un contratto che nessun giornale qui ti fa (la Gabbanelli non è iscritta) però dire che sei iscritto all’albo fa figo…
Insomma c’è una spasmodica ricerca e gara a fare Master ONline e farsi chiamare
” specialist ”
Il problema non è il M&B, ma chi si aspetta di tornare qui con dei titoli che dalle altre parti del mondo sono cosa comune , ma qui vogliono essere lette come chissà quale capacità e non so voi, ma il mio commercialista è onesto, lavora bene e ha un semplice diploma di ragioniere, sarà perché è mio padre, ma non so quanti di voi affiderebbero la propria contabilità a un giovane con tanti titoli e alcuna esperienza.
Aiutiamoli si, ma siamo i primi a non farlo. Il pomodoro dell’orto è sicuramente più buono di quello imbustato in una confezione invitante.
Vito non condivido il tuo ragionamento. Se fosse valido allora tanto vale farsi la doccia la mattina, tanto dopo mezzora uno gia suda e puzza. Invece essere preparati, formati, “studiati” fa di un bipede un cittadino consapevole e responsabile. Che la crisi sia feroce appare evidente ormai anche a chi l’ha negata per anni ma essere meno attrezzati non rappresenta la condizione migliore per farvi fronte.
ti quoto su tutto…
Però, però… Mentre lo studiato si forma e si riforma qui il diplomato o il licenziato medio entra timidamente nell’ente locale o in Abbanoa, ci sta qualche mese, diventa “IL PRECARIO”, interviene il Consiglio regionale, dice che magari bastano 30 mesi di lavoro nell’ultimo millennio per essere stabilizzati e la disoccupazione è fottuta… Intanto l’amico studiato continua a studiare….
P.S.: niente in contrario sulle stabilizzazioni, quando si stabilizza nella Pubblica Amministrazione chi ha fatto un concorso. Perché si possono fare anche per assumere a tempo indeterminato….
Naturalmente intendevo che si possono fare anche per assumere a tempo determinato.
Le questioni affrontate con una certa brutalità da Vito sono drammaticamente vere e complesse, tanto da richiedere che ne discutiamo senza reticenze e senza eccessive semplificazioni. Io ritengo che il M&B sia un’operazione a saldo positivo, comprendendo in questo risultato le contraddizioni che l’hanno segnata e i problemi che ha generato, soprattutto auspicando (con un ottimismo forse eccessivo) che si aprano nuove prospettive. Non è casuale che Vito abbia evocato la storia della Brigata Sassari. Quei reduci tornarono in Sardegna e dettero vita all’esperienza sardista, gloriosa ma andata male, nonostante disponessero di un grande condottiero come Emilio Lussu. Mi chiedo se questi giovani che hanno fatto M&B o esperienze analoghe possano essere considerati i nuovi reduci che si organizzano in Sardegna, imponendosi come nuova classe dirigente. Qualche segnale positivo lo possiamo rintracciare, per esempio anche nel nuovo protagonismo politico dei giovani che conquistano le amministrazioni municipali. C’è aria nuova, che fa intravedere persino un nuovo indipendentismo nell’alveo di un nuovo discorso europeista, che disegna un’Europa dei popoli, diversa da quella chiusa ed economicista imposta dalle destre al governo attualmente maggioritarie, che, seppure moderate ed antifasciste, sottostanno al ricatto dei rinati partiti e movimenti delle estreme destre xenofobe e razziste. Ma questo è un discorso che ci porta lontano. Tornando allo specifico del M&B, io credo che uno dei problemi maggiori è costituito dal fatto che non si riesca in Sardegna a fare grandi programmi condivisi, condivisi soprattutto dai diversi soggetti che hanno competenze e risorse. Per essere chiaro: un progetto come M&B avrebbe richiesto una governance di più soggetti: la Regione, in primis, ma poi le Università, le Associazioni di categoria, le Camere di Commercio. I ragazzi scelgono di studiare e specializzarsi prescindendo dalle esigenze del territorio e dell’economia in generale, magari indirizzati da professori fanatici delle loro ricerche ma assolutamente ignari degli sbocchi lavorativi. Nonostante i milioni di euro spesi per progetti di orientamento, la capacità di orientare davvero verso le necessità dell’impresa e del mondo del lavoro è rimasta scarsa, Ma anche in questa materia, che dire della pletora di enti che fanno orientamento senza alcun coordinamento e spesso senza adeguate competenze professionali? Faccio un elenco: la Regione, le Provincie, i Comuni, le Camere di Commercio, gli Ersu, le Scuole, le Università, etc. Se dovessi indicare alcuni dei problemi più seri non avrei dubbi nell’individuarli nella gracilità organizzativa e nella superficialità professionale di quanti (enti e persone) si occupano dei programmi (nelle diverse fasi della predisposizione, realizzazione, valutazione, correzione per la riprogrammazione). Occorre oggi una seria valutazione di quanto è accaduto e sta accadendo, da effettuarsi con serietà scientifica e impegno istituzionale, anche per indirizzare per quanto possibile le scelte future. Occorre poi una maggiore e diffusa conoscenza delle politiche e dei programmi europei, che per quanto, come ricordato, l’Unione Europea non sia oggi quello che avrebbero voluto i suoi padri fondatori, sono impostate seriamente. In Italia, sicuramente in Sardegna, c’è una certa disinvoltura su questo, spesso basata sull’ignoranza anche accompagnata da ridicola supponenza (che spesso si annida anche nelle gestioni accademiche delle Università, troppo insopportabilmente autoreferenziali). Sulla dissonanza rispetto alle impostazioni europee faccio una piccola riflessione: l’Unione Europea insiste molto sull’autoimprenditorialità e sulla giovane impresa legata all’innovazione, quindi legata alla ricerca universitaria… mi chiedo che legame ci sia con il M&B e perchè il Back coincida quasi del tutto con l’impiego nelle Pubbliche Amministrazioni, le quali come si sa non possono assorbire più di tanto personale. Ma, anche avuto riguardo alle necessità di “servizi pubblici”, perchè non impostare nuove (o vecchie) ipotesi di lavoro, come le cooperative o altre tipologie di impresa? Certo questi discorsi sono arabo per taluni decisori politici e amministrativi, ma, appunto per questo occorreva e occorre meno improvvisazione e più coinvolgimento dei soggetti che queste competenze e professionalità le posseggono.
Vito, con il cuore vorrei poter dire che non sono d’accordo.
Ma con la testa sottoscrivo da cima a fondo il tuo articolo.
Purtroppo hai perfettamente ragione. E sai che lo affermo a ragion veduta, e non in base a percezioni o intuizioni.
Molti secondo me confondono la realtà con quella che vorrebbero fosse la realtà, mischiano situazione reale e aspettattive… dispiace dirlo ma molte persone vivono in un mondo fantastico. Alimentato da chi? Difficile dirlo ma le colpe sono sparse a destra e sinistra, dalla tv che rimbambisce a certi romanzi (anche sardocentrici) che creano miti… difficile mantenere i piedi per terra in periodi difficili… e difficile essere critici senza esser presi per menagrami.
Non vorrei esser nei panni di chi governerà la Sardegna per i prossimi 5 anni.
Stridore di denti ci aspetta, altro che Back… restate all’estero o voi che potete!
Conosco diversi casi conclusi con successo al termine del M&B ma il problema non è questo. Compito del M&B è quello di contribuire alla crescita professionale dei giovani dando la possibilità di fare esperienze all’estero e creare le opportunità affinché queste esperienze possano essere sfruttate in Sardegna. Creare opportunità non significa dare certezza. Se uno si illude di questo se la deve prendere con se stesso, altrimenti con lo stesso ragionamento dovremo prendercela con chi ha creato l’Università, luogo di conoscenza o di illusioni? Io credo che al termine di un percorso di M&B ogni singolo ragazzo sia migliorato rispetto a come era prima e di questo ognuno di essi deve prenderne coscienza per affrontare con più convinzione le opportunità che il mondo del lavoro comunque gli offrirà o come dipendente o come promotore di nuove iniziative. Auguro a mio figlio, quando sarà grande, di avere la volontà di aumentare sempre, anno dopo anno, le proprie conoscenze e di non inseguire il posto fisso. Il mondo di oggi e quello di domani richiede capacità di adattamento ai rapidi cambiamenti e solo la “conoscenza” gli garantirà un futuro sereno.
Caro signor Biolchini, se mi consente. Se il suo ragionamento fosse logico, non si dovrebbe mai studiare o sacrificarsi per migliorare. Lei è la testimonianza vivente che, se uno ci crede, alla fine ce la fa. Lottare per cambiare, cambiare per vivere meglio e più felici. Questi giovani lottino per modificare la realtà, cambino la Sardegna. Si organizzino anche in gruppi…ci vuole coraggio, tenacia, autostima e amore per la propria terra. A proposito, amiamo la Sardegna la punto di soffrire pur di cambiarla? O in fondo ci autodenigriamo?
Io invece penso che il Master & Back sia il progetto più serio e lungimirante che si potesse ideare, e che l’Italia dovrebbe copiarlo. E ho un’esperienza positiva da raccontare: ho fatto il Percorso di rientro nella PA, e ora lavoro in un’azienda privata, ma in questa azienda privata (casa editrice Aìsara) ben due persone sono entrate grazie al Master & Back, e ci resteranno se – come speriamo e crediamo – l’azienda si affermerà sul mercato e crescerà.
Da addetto ai lavori libreschi credo che la Aìsara sia attualmente la casa editrice sarda che propone opere tra le più fresche e interessanti del panorama europeo e non solo. La riscoperta dell’opera di un grande autore dimenticato come André Helena, tanto per fare un esempio, o di alcuni protagonisti del polar francese come Fajardie in Italia passa attraverso il lungimirante lavoro della suddetta azienda e quindi delle persone che vi prestano servizio (compresi i ragazzi del Meb). Immagino dunque che farvi il percorso di rientro sia un’opportunità di non poco conto, specie per laureati e “masterizzati” con un iter di matrice umanistica.
nonostante sia d’accordo con il ragionamento di Alessandro Alfonso (anche io credo nella sete di sangue di chi si è fatto un mazzo e vuole emergere), disgraziatamente la realtà “media” è ben altra, assomiglia molto di più a quella descritta da Vito: e agli amici che emigrano magari per un breve periodo di “prova” io consiglio (con dispiacere) di restare all’estero.
Cara Regina Madry… Il concetto di “realtà media” prevede che non c’è nulla che rientri nelle nostre possibilità per cambiare le cose. Tu sai, credo, da quale realtà proveniamo sia io che il mio socio: una realtà tutta sarda, con proprietari non sardi, più che disgraziata, direi una truffa colossale ai danni della Sardegna, che mi ha mandato a letto per un mese in depressione.
Arrivavo da Milano, dove dopo l’università e il post laurea vivevo una realtà professionale incredibile, che si è dimostrata a dire il vero un pò drogata anche quella, la bolla della new economy del 2000/1, con uno stipendio pesantissimo (nessun nostro dipendente, ora, si avvicina al mio stipendio del 2001). Immaginati lo shock, passare da un clima iper competitivo, dove non esisteva orologio, scuse, sindacati, e dove l’unico fattore che contava era il risultato, ad una realtà in cui, con modalità aggiornate, si scavavano le buche e si ricoprivano le buche e passavi metà giornata ad ascoltare, in tavoli di marmo da 200 chili e con un sacco di persone importanti, quanto erano fighe quelle buche. Da vomitare. Da scappare.
Beh, neanche in quei momenti mi è mai venuto in mente di fare parte di una realtà media.
Ad un certo punto mi sono reso conto che il problema non era l’azienda nella quale lavoravo, il problema ero io. Che cazzo ci facevo li dentro?
Ci siamo chiusi in una stanza, insieme al mio socio (che era il mio capo), e abbiamo deciso che il problema eravamo noi, non l’azienda per la quale lavoravamo.
Abbiamo pensato che la Sardegna siamo noi, mica loro. Ma chi scappa? Abbiamo cambiato mestiere entrambi, letteralmente. Portandoci dietro le nostre capacità, ovvio. Ma abbiamo cambiato mestiere.
Mettersi in gioco non è una frase vuota di significato, mettersi in gioco è rifiutare la realtà media. Poi si può sbagliare e fare cazzate ed anche farsi male. Ma per definizione, sbaglia solo chi fa, chi non fa non sbaglia mai. E di solito si lamenta, per professione.
Il problema è l’inserimento nel mondo del lavoro. Bisognerebbe proporre sgravi contributivi per neoassunti così i datori di lavoro sono incentivati ad assumere. Le risorse si potrebbero ricavare dai finanziamenti di cantieri comunali o i de minimis che sono serviti a raccogliere voti clientelari.
Penso che quello che scrivi, anche se ne capisco la bontà di fondo, sia molto pericoloso.
Come sai ho fatto il Master and Back quando ancora non esisteva e oggi lavoro nella Pubblica Amministrazione: ma perchè, c’è da vergognarsi oggi a lavorare nella PA? Forse se usassimo il termine inglese corrispondente, civil servant, ne gusteremmo tutti meglio la dignità. Detto questo, certo ho molti più titoli di quanto richiesto dal mio ruolo, ma non è una ricchezza personale questa? Non è una ricchezza incalcolabile aver vissuto all’estero per due anni? Non lo cambierei con niente al mondo, neanche se adesso fossi disoccupata. L’amarezza di questi giovani la capisco fino a un certo punto: intanto, se proprio sono scontenti, possono sempre ripartire visto che almeno una lingua straniera l’avranno imparata nel frattempo. Poi, possono provare a fare i concorsi come tutti gli altri, se un posto nella PA non gli sta stretto ( e se è così, sono degli imbecilli). Infine possono far fruttare l’esperienza maturata creando qualcosa di nuovo. Ma buttare il bambino con l’acqua sporca, come ha detto qualcuno su, questo no. E infine, come già detto su: un’analisi seria prevede un monitoraggio serio del fenomeno, non ci si può basare su quattro chiacchere fatte qua e là. Studiare e formarsi con un’esperienza all’estero è sempre sempre sempre la soluzione migliore. Per chi crede nell’istruzione come strumento di libertà, intendo. Meglio tornare indietro, quando questi ragazzi non avevano la possibilità di partire? Piuttosto meglio spararsi un colpo alle tempie.
L’accorato intervento di alessandro alfonso rafforza in me una convinzione: il problema non è il m&b in sé. I veri danni li ha prodotti l’idea di finanziare con il m&b l’alta formazione tutta, senza scegliere né distinguere tra percorsi e settori. Fin da subito, invece, la politica avrebbe dovuto individuare e finanziare solo pochi percorsi – 3 o 4, non di più – strettamente legati a un’idea di sviluppo dell’Isola. Un esempio (e banalizzo): vogliamo puntare su turismo e rinnovabili? Facciamo una politica che li supporti e mandiamo gli studenti in giro per il mondo a rubare conoscenze sul turismo e l’energia. Vogliamo la chimica verde? Finanziamo i master nel settore, facendo sì che al rientro possano dare il loro contributo a Porto Torres o in qualunque altro posto. E invece la politica non sceglie e preferisce pagare il master dei sogni a tutti, ma proprio a tutti visti i requisiti previsti dai vari bandi. Come a dire: vai, togliti lo sfizio, tanto c’è mamma Regione. Peccato che poi, al risveglio, quei sogni facciano molto male. A chi li ha fatti e a chi li ha permessi.
Veramente il primo bando M&B, seppur finanziando “l’alta formazione tutta”, ha cercato di orientare e selezionare i percorsi formativi in maniera consona a quelle che erano le idee di sviluppo della giunta che lo ha disegnato: Nuove Tecnologie, Bioingegneria, Pianificazione Territoriale…
un’altra considerazione: a pagu con “tanto c’è mamma Regione” che paga! buona parte del finanziamento per il M&B viene dal Fondo Sociale Europeo per il miglioramento della formazione del capitale umano.
Conosco coetanei che hanno avuto il finanziamento per un master in Studi africani, altri sono partiti per studiare comunicazione ed etnoantropologia….che i fondi poi vengano in gran parte dall’Europa cambia poco: l’Ue apre il portafogli ma come spendere i soldi si decide in viale Trento.
etnoantropologia è un po’ cacofonico: o è etnografia o è antropologia. sia quel che sia, non mi sembra per niente una scelta deprecabile, visto anche che a Cagliari neanche esiste una Facoltà di Antropologia, seppur vengano antropologi da tutto il mondo a studiare la Sardegna, i Sardi e la loro cultura.
così pure finanziare studi sull’Africa o sulla comunicazione mi sembra una scelta necessaria per una Regione che vuole collocarsi competitivamente in un contesto di globalizzazione.
o credi che un processo di sviluppo possa essere portato avanti solo dagli Ingegnieri (e non mi riferisco a quelli con grambiulino e compasso…)?
il fatto che sia opportuno finanziare ANCHE questi studi, non significa che debbano essere finanziati SOLO questi studi. come ha già sottolineato Soviet, mi sembra che in generale, e tu nello specifico, si stia cadendo in una situazione di “inferenza aneddotica”: “Conosco coetanei che hanno avuto il finanziamento per..” non vuol dire una emerita mazza! io conosco gente che ha fatto dottorati in Econometria, tirocini sull’immigrazione italiana in Argentina, master sull’applicazione delle TIC all’Archeologia. cosa vuol dire? statisticamente non vuol dire niente.
parliamo di dati, dati veri! riguardati nel bando la ripartizione dei fondi e poi ne riparliamo.
verifica per finanziare che tipo di studi sono stati spesi i soldi in questi 6 anni.
poi ne riparliamo. poi
“l’Ue apre il portafogli ma come spendere i soldi si decide in viale Trento” un’affermazione un po’ qualunquista e molto ignorante. secondo te arriva Soru o Cappellacci a Bruxelles chiede 5 milioni per l’alta formazione e l’UE apre il portafoglio e gli dice “Tieni pure il resto”?! O Lorenzo, ayó…
1) il riferimento all’etno-antropologia (esiste eccome) e agli studi africani era in risposta alla tua seguente affermazione: “Veramente il primo bando M&B, seppur finanziando “l’alta formazione tutta”, ha cercato di orientare e selezionare i percorsi formativi in maniera consona a quelle che erano le idee di sviluppo della giunta che lo ha disegnato: Nuove Tecnologie, Bioingegneria, Pianificazione Territoriale…”. Io resto dell’idea che, finché si finanziano certi settori, poi è bene non lamentarsi dell’impossibilità di attivare nell’Isola validi percorsi di rientro. Tu non lo so, ma non sembri d’accordo con te stesso.
2) “conosco persone che…” non ha con tutta evidenza valore statistico: si tratta solo di esempi che ho citato per chiarire come non sia un caso che per molti il master sia un sogno e il back un incubo.
3) né Soru né Cappellacci chiedono i milioni all’Ue: i fondi sono stanziati nell’ambito di piani pluriennali dai quali si può attingere. Alla Regione tocca scrivere concretamente i bandi e quindi decidere come usare nel concreto i soldi. Più chiaro di così non saprei come dirlo.
Non buona parte, tutte il finanziamento M&B è a finanziamento comunitario.
Buona parte invece, perche’ l’UE cofinanzia, quindi la Regione deve comunque mettere qualcosa. L’UE ha finanziato il 50% (nel 2000-2006) e il 40% (2007-2013) delle borse, cioe’ per ciascuna borsa il finanziamento proveniva per il 50 o 40% dall’UE, un 10% dallo Stato e il resto dalla Regione. Se n’era parlato a proposito della tassazione.
il problema sollevato in questo articolo è imbarazzante per tutti noi … quando ho fatto i master fuori avevo in mente due strade: una quella di trasferirmi per sempre all’estero e vivere l’ebbrezza di “crearmi” un nuovo destino; l’altra quella di tornare sapendo di dovermi “ridimensionare”, ma avendo un “posto” sicuro. Ho scelto la seconda strada (potendolo fare) perchè l’ebbrezza spesso passa in fretta e le radici sono fondamentali nel nostro contesto socio-culturale. Mi rendo conto quindi che formare dei giovani e non potergli offrire la strada del ritorno, rischia veramente di aprire una ferita profonda nelle nuove generazioni. E le soluzioni non sono certo dietro l’angolo.
sono d’accordo con te giovanni, anche io ho scelto la strada del ritorno, ma nessuno me l’ha spianata nè tantomeno offerta….sudo ogni giorno per costruirla. e questo grazie anche alle mie esperienze fuori (dalla sardegna e dal M&B). ogni giorno penso che ne valga la pena.
nel mio commento “sintetico” ovviamente per “offerta” intendevo occasioni e possibilità ad ampio raggio, che spesso mancano. Per il resto suggerisco a tutti quelli che possono (e ne hanno le capacità) di fare un periodo di formazione fuori, specialmente all’estero, perchè è un occasione di crescita unica; i più “forti” emergeranno comunque e con maggiore competenza, anche nel contesto sardo. Ma dobbiamo pensare anche agli altri e ripensare (o migliorare) lo strumento del “back”.
Io sono un ragazzo di 21 anni che studia Giurisprudenza, e mi fa male leggere le parole di Vito. Sembrano le parole di chi non ha fiducia nel futuro, di chi si è arreso al dato di fatto, di chi si limita a fotografare la situazione senza proporre niente di alternativo per migliorare qui, ora e nel futuro. E’ vero che probabilmente andando all’estero le menti sarde più brillanti hanno maggiori possibilità di sviluppare le proprie capacità e di ricevere maggiori gratificazioni. Seguendo questo ragionamento e ampliando il discorso è anche vero che conviene a tutti i giovani Italiani andare altrove in cerca di miglior fortuna. Ma da parte delle istituzioni Sarde e da parte di quelle Italiane far passare questo messaggio sarebbe come darsi la zappa sui piedi da soli.
Io (probabilmente per il fatto che sono un ingenuo ventenne e non conosco il mondo) sono profondamente convinto che i giovani sardi abbiano il sacrosanto diritto di tornare in Sardegna dopo aver studiato nelle migliori università del mondo per cercare di trovare la propria dimensione di alto profilo nella terra che gli ha dato i natali. Bisogna crederci, essere disposti a mettersi in gioco, pronti a cambiamenti repentini nella propria vita; e sopratutto si deve almeno Provare. Non arrendersi in partenza. Le cose resteranno così come le ha descritte Vito fino a quando imprenditori e politici sardi non le cambieranno. Ma se i nostri ragazzi più promettenti continueranno ad emigrare, chi è che invertirà il senso di questo circolo vizioso?
Ringrazio Alessandro Alfonso per il suo racconto che ci offre una speranza credibile, un sogno realizzabile. E’ la testimonianza che si può nascere in Sardegna ed essere allo stesso tempo intelligenti, preparati e professionalmente soddisfatti anche lavorando nella propria Terra.
L’unico consiglio che mi sento di dare ai ragazzi della mia generazione è quello di fare maggiore attenzione agli sviluppi della Politica, sia a livello Regionale che Nazionale. Abbiamo l’impegnativo compito di selezionare e supportare una classe dirigente che creda realmente nelle nostre potenzialità, che intenda darci la possibilità di esprimere le nostre capacità QUI e non altrove e che ritenga che il nostro contributo sia fondamentale per la costruzione della Sardegna e dell’ Italia del futuro.
Son da sostenere quelle politiche che investono su Formazione Superiore, Ricerca e Tecnologia. Soltanto il fatto di avere un contributo regionale per studiare fuori crea delle esternalità (sia dal punto di vista sociale, che culturale, che produttivo) che non possiamo assolutamente sottovalutare.
Certo bisogna dire chiaramente che ora come ora fare un master fuori non garantisce automaticamente un buono stipendio al rientro in Sardegna; ma quello che è sicuro è che le persone c unhe fanno master fuori tornano in Sardegna con una ricchezza culturale unica, con una maggiore cognizione del divario tra la Sardegna e le altre regioni Europee e dunque con una maggiore consapevolezza da sfruttare nelle scelte politiche che si troveranno a dover effettuare . Tutte qualità che alla lunga porteranno più possibilità di sviluppo anche per noi.
Investire sul Master and Back significa avere la vista lunga.
E’ vero, siamo giovani, abbiamo laurea, master, esperienze all’estero e troppe aspettative di poter tornare in Sardegna e mettere a frutto ciò che abbiamo imparato. Lo sbaglio credo sia nel pretendere che dopo aver fatto un master, avere i finanziamenti per il back significhi trovare il posto di lavoro dei nostri sogni, in un’isola dove nella maggior parte dei casi non ci sono imprese che ci possano offrire le possibilità che ci aspettiamo.
Ma non credo che la soluzione sia andarsene per contribuire con le nostre competenze ad altre società con un’economia più fiorente. O, semmai dovessimo andarcene, dovrebbe essere per imparare un mestiere (che non si impara a suon di master) e riportare in Sardegna la professionalità acquisita.
I giovani che se ne vanno sono quelli che in futuro mancheranno alla Sardegna per costruire una società migliore. Se tutti andiamo via, sconfortati dalla situazione attuale, chi resterà qui a fare della Sardegna il posto che vorremo?
La Sardegna ha bisogno di rinnovamento, di competenze e di persone pronte a mettersi in gioco. Ormai sappiamo che nessuno ci darà la pappa pronta, ma credo che spetti a noi giovani inventarci nuove professioni e metterle a frutto nella nostra terra, magari creando, poco a poco, opportunità di lavoro anche per gli altri.
Forse questa è un’utopia, ma daltronte, a 28 anni penso di potermi ancora permettere di sognare e di provarci, di resistere, di tentare tutto affinchè le mie competenze siano a disposizione della mia terra.
Per quello che vale, sono perfettamente d’accordo con te e credo che a 28anni tu rappresenti una speranza per quest’isola di sassi in mezzo al Mediterraneo.
Vai Alice sei tutti noi.
Un bacino.
Quoto Alice, quoto Soviet e anche Radio Londra. 🙂 Grazie
Caro Vito, ad occhio c’è qualcosa che non mi convince nel tuo articolo. Io ho avuto sempre un rapporto critico col Master&Back, l’ho ritenuto un programma valido nell’ipotesi generale – intervenire per incrementare il capitale sociale presente in Sardegna, oggettivamente insufficiente – ma complicato nella sua realizzazione: come collocare qualche migliaio (più di 3mila giovani hanno fruito del programma) iperformati in un territorio economicamente arretrato come quello sardo? Infatti, se l’obiettivo è quello che dicevo, non basta dare alle ragazze e ai ragazzi l’opportunità di studiare nelle migliori università, ma devono rientrare perché altrimenti si usano risorse sarde per arricchire aree molto più sviluppate delle nostre.
Detto questo, i nostri giovani starebbero meglio senza Master&Back?
Francamente io credo di no, frustrazione o non frustrazione. Anzi la frustrazione di questi giovani potrebbe essere salutare se si trasformasse in volontà di cambiamento, piuttosto che attesa di qualcuno che risolva i problemi. Se questi ragazzi sono così bravi, e molti lo sono, perché non le creano loro le imprese, dando il contributo della maggior qualità? Chi dovrebbe farlo per loro?
Resta il fatto che moltissimi, magari bravissimi ma figli di lavoratori, senza il M&B non avrebbero mai avuto la possibilità di formarsi.
Resta il fatto che senza una valutazione seria del programma si corre il rischio di cadere in quella che molto brillantemente il mio amico statistico Mariano Porcu ha definito “inferenza aneddotica”: ovvero traggo informazioni di carattere generale dal fatto che conosco due persone a cui un fatto è accaduto (cioè generalizzo l’aneddoto).
Quindi io sarei per un’analisi attenta del programma e un suo adeguamento alle reali esigenze (anche se sono d’accordo con chi ha detto che la vita non si risolve tra l’essere consumatore o produttore, anche se ahimè il produttore conta sempre meno), evitando se possibile di buttare, come si dice, bambino e acqua sporca.
Condivido Vito
Quando nell’ambito del mio lavoro intervisto queste persone gli scongiuro di dimenticare il back. E’ triste ma e’ la realtà.
Penso che la frustrazione e la rabbia derivino anche dal fatto che sembra che al nostro Paese (non solo alla nostra Regione) non interessiamo come persone intelligenti e talentuose, ma solo come produttori/consumatori. Tutto viene deciso dall’economia e studiare, formarsi e crescere DEVE servire all’economia. Sperando di non fare un discorso che venga letto come troppo ideologico, voglio dire che tutto ciò che i giovani portano con sè da un’esperienza in altri paesi, può e deve essere utile non solo alle aziende che li assumono, ma a tutta la società.
Tutti abbiamo bisogno dei giovani e delle loro capacità non solo per crescere economicamente, ma anche per costruire una società migliore, più giusta e più attenta ai bisogni delle persone.
Come possono però sentirsi utili i giovani? come possono sentire che le loro qualità servono agli altri?
Il lavoro è fondamentale, ma essere disoccupati sarebbe meno frustrante se si avesse almeno la possibilità di essere utili per gli altri, di avere un qualche potere di incidere sulla società…. invece sembra che interessino solo i nostri soldi (come consumatori) o la capacità di produrli (come lavoratori).
Infine, una società plasmata dalla partecipazione di giovani talentuosi, probabilmente, avrebbe strumenti più efficaci anche per far fronte alle crisi economiche.
Per una volta non sono d’accordo con Vito.
La causa del fallimento del M&B non è la presunta povertà di mezzi e di opportunità di lavoro, ma l’immobilismo costitutivo che attanaglia quest’isola e porta a sprecare i mezzi che abbiamo e ad esercitare un controllo sociale sugli altri perché la situazione non cambi. Ci sono aziende in Italia e all’Estero che con pochissimi aiuti e con molto sacrificio riescono a fare miracoli perché alla base c’è l’idea di fare un percorso comune dove le competenze di uno sono necessarie per tutti gli altri. Purtroppo da noi vige il “no ti che coles” di cui ha parlato molto bene il sociologo Migheli, che porta a frenare ogni possibilità di crescita e di affermazione dei singoli e delle stesse aziende: c’è una concezione patologica del mondo come un deserto privo di risorse, dove le opportunità e le competenze di ciascuno si trasformano in disvalore e minaccia per gli altri, e l’invidia continua a produrre solitudini individuali. Così si continua a buttare soldi pubblici e a bruciare possibilità di sviluppo che quest’isola meriterebbe come ogni paese normale.
Un’altra cosa: la visione di un esercito di persone che col M&B si illude di tornare a vivere nella terra dei padri, di cui ha nostalgia, non mi sembra centrata. L’attuale generazione dei precari – tra cui anche io – viaggia per il mondo dove trova le possibilità di lavoro più convenienti e dove il costo della vita è meno caro, e non perché ammalato di saudade. Quando poi quelle possibilità finiscono, la gran parte emigra di nuovo, un po’ come gli uccelli. Poi, se qualcuno vuole fare una scommessa sul futuro per cambiare le cose, sceglie di restare, tirando la cinghia.
Caro Vito,
oggi vivere in Sardegna richiede qualche sacrificio. Questi ragazzi, che di sacrifici ne hanno forse già fatti (o ne hanno fatto fare alle loro famiglie) non devono farne altri.
Speriamo che arrivi presto il giorno in cui la Sardegna meriterà di vederli tornare solo per amore della loro terra, per arricchire anche gli altri sardi delle loro conoscenze e esperienze.
Ho sentito a Biddiolina che Zedda si è dimesso da Consigliere Regionale prima di acquisire il diritto alla pensioncina.
Ha fatto sicuramente la cosa migliore e bisogna dargliene atto, ma diciamocelo fra noi senza che esca da queste quattro mura, economicamente gli è convenuto?
A parte il fatto che un po è stato anche sfigato (bastava che le elezioni si fossero svolte un mese dopo o che quelle Regionali si fossero tenute un mese prima e nessuno avrebbe avuto niente da ridire sulla pensioncina) e tuttavia la domanda ci viene spontanea.
Siccome è risaputo che chi ha fortuna di fare il Consigliere Regionale e quella di acquisire il diritto alla paghetta permanente è un po come se abbia fatto una grossa vincita al totocalcio (quando vincere al totocalcio significava avere la propria vita cambiata) o abbia la disponibilità permanente del bancomat di Pippo Inzaghi, detta così sembra una cosetta da niente ma ci avete pensato bene di che razza di rinuncia si tratta?
Quanto prende il Sindaco di Cagliari?
Acquisisce il diritto alla pensione?
E se si dopo quando?
PS
Anche perchè, tra vedere e non vedere, l’allenatore in seconda della squadra del libro cuore, un certo Mr Farris, ha comunque detto che le anatre si possono azzoppare e che i cacciatori del Partito dell’Amore sono pronti a imbracciafre la carabina del TAR, con l’intenzione di farlo fuori fra un anno.
Risulterà sicuramente difficile azzoppare ancora la povera anatra che, nel frattempo, dopo una serie infinita di ricoveri ospedalieri e cure riabilitative dolorosissime, è diventata furba cumenti de MARGIANI, ma intanto il tentativo di ACCORRARE l’anatra sarà effettuato.
concordo su quasi tutto (specie con anonimo!) , tranne sul fatto che la sardegna sia e sarà sempre un mare di sassi sterili in secula seculorum. Io non ho fatto il M&B ma “solo” 10 anni fuori tra università e master e alla fine ho scelto sconsideratamente di tornare in sardegna. i brontosauri incollati alle poltrone ci sono ovunque e gli imprenditori -è vero- sono un pò all’antica e davvero in crisi. allora le scelte sono : emigrare, per seguire una giusta e meritata carriera, o restare. Ma restare NON per piangersi addosso, per incolpare sempre il sistema, che il sistema lo sappiamo non dà da mangiare. restare per costruire, ricostruire, innovare, sfidare i vecchiardi, che tanto il mondo sarà comunque nostro tra 20 anni. Abbiamo studiato ad alti livelli eppure sudiamo nei gironi della precarietà. Dobbiamo tirare fuori il coraggio e la follia che si hanno a 30- 35 anni, puntare su di noi, essere ponti tra quest’isola massacrata e le parti del mondo che abbiamo girato, creare imprese e sfide nuove. Se uno decide di tornare in Sardegna, questo è il suo compito. La tiritera del posto sicuro dopo il back (o dopo percorsi equivalenti) è davvero una baggianata ed era facile capirlo.
Ciao Vito, ti scrivo per raccontarti di un’esperienza totalmente diversa rispetto alla tua, e per dirti che non sono assolutamente d’accordo su quello che dici. O meglio: le considerazioni che fai sono vere, ma nessun imprenditore, e un po’ il direttore di una testata deve ragionare da imprenditore, può pensare o credere che la crisi va e viene come un processo naturale, e che nulla si può fare per migliorare, innovare, progredire ed aspirare ad una vita, anche professionale, felice ed appagante (anche economicamente, perchè no?).
Il nostro gruppo, come saprai ci occupiamo di turismo, vendiamo vacanze in Sardegna, Sicilia e Puglia (e abbiamo in progetto ulteriori sviluppi), siamo ormai quasi 30 persone, ha attinto a piene mani dal master and back, parliamo di 5 persone, 2 delle quali hanno già terminato il percorso di m&b, con soddisfazione. Parliamo di 5 contratti a tempo indeterminato, con persone che terminato il percorso di rientro saranno tutte confermate in organico.
Non sentiamo la crisi? Assolutamente falso. La sentiamo, eccome se la sentiamo.
Pensa a quest’anno, l’anno in cui la Sardegna con i casini nel nord Africa, con i casini in Grecia, doveva (non poteva: doveva!) fare il botto: beh, ce hanno fatta a farlo diventare l’anno di peggiore crisi del marcato turistico sardo da anni a questa parte. Ce l’hanno fatta le compagnie di navigazione, vergognose nei confronti della nostra regione; ce l’ha fatta una classe politica che persiste nel non pianificare e gestire da principio le situazioni delicate scegliendo di andare a traino dell’emergenza, inventandosi la compagnia di navigazione dei sardi. Due navi, che partono un giorno si e uno no, che rappresentano l’8% del totale dei posti disponibili per arrivare in Sardegna tramite traghetto, che come unico risultato, questo però nessuno l’ha detto, ha ottenuto di fare annullare dalla mattina alla sera un centinaio di tratte da parte delle compagnie private, che hanno accorpato partenze da Genova per Porto Torres con le partenze da Olbia. E viceversa. E nessuno dice che la Saremar ha riempito e sta riempendo i fine settimana, come era ovvio, ma che ha grossi problemi nell’infrasettimanale. Te lo dico perchè noi vendiamo molta Saremar. Ma non sta correndo come si dice, nonostante quei prezzi. Sta andando a rilento. Perche’? Perche’ a maggio i buoi erano già scappati dal recinto. I turisti sono persi, se ne sono andati da altre parti. Vuoi fare una compagnia di navigazione? Ok. E’ un bel segnale. A ottobre, non a maggio! E con 3000 passeggeri trasportati al giorno, da Genova, Livorno e Civitavecchia (anche verso Cagliari). Allora vedi che tutti gli armatori sarebbero tornati sui loro passi, avrebbero detto che stavano scherzando.
Il risultato, tornando a noi, lo vedremo, noi già lo sappiamo ma tutti lo vedranno, a ottobre. Il turismo ha un -25% dall’anno scorso (5-600.000.000 di euro complessivi in meno? Giù di li…), il risultato sarà di vedere migliaia di persone senza lavoro. Preparate i taccuini.
Tornando al master and back e all’azienda. Perchè nonostante queste difficoltà, che ci sono e sembrano insuperabili, guardiamo avanti e continuiamo a crescere? Per lo stesso motivo per cui per fare le selezioni del personale abbiamo richiesto 5 anni fa i database della facoltà di lingue (noi lavoriamo molto con l’estero), e facendo un match tra voto di laurea e lingue parlate abbiamo fatto le selezioni del personale. E oggi quelle persone che 5 anni fa non avevano mai lavorato, in quanto neolaureate, ricoprono ruoli di responsabilità e sono un punto di riferimento per tutti, datori di lavoro inclusi. Ah: siamo 23 donne e 7 uoimini (meglio della giunta Zedda!). Quindi? Quindi il motivo per cui è FONDAMENTALE avere laureati e specializzati è che queste persone ti aiutano a correre, a migliorare, a innovare, a dare supporto alle idee: il capitale umano si pesa, CHI lavora per te non è una delle opzioni, è il motivo per cui riesci o non riesci. Avere gente scarsa o non qualificata, ti genera onesti lavoratori esecutori di ordini in attesa delle ferie. Avere gente specializzata con il coltello tra i denti, ti genera crescita di mercato e di fatturato. Senza i BRAVI non si va da nessuna parte. Una classe dirigente di SCARSI è un disastro. E’ questo il motivo per cui al master and back andrebbero QUINTUPLICATI FONDI, ed io IMPEDIREI gli inserimenti se non a tempo indeterminato (nel senso: se tu azienda non assumi a tempo indeterminato non ti do i soldi. Zero inserimenti nel pubblico): perchè è con le persone laureate, specializzate, con il cervello che si è mosso insieme al corpo, e bada bene fare un’esperienza fuori dalla Sardegna ti aiuta anche ad emanciparti dalle milioni di cazzate legate ai nomi e cognomi, quello è parente e amico di quello, ai pettegolezzi che atrofizzano il cervello di un sacco di gente, che si riesce a migliorare il fatturato, a fare crescere l’azienda anche in periodi di crisi, a pensare e progettare nuove idee e trovare nuove opportunità. Con gli scarsi non si va da nessuna parte. Con quelli bravi, comunque te la giochi. E magari si va anche veloci. Stanchi eh… 🙂 Ma veloci.
Quindi, un appello.
RAGAZZI E RAGAZZE TORNATE IN SARDEGNA PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO DI VOI, MA MOOOOOLTO BISOGNO DI VOI. TROPPO. E METTETEVI IN TESTA CHE DOPO DUE TRE ANNI DI ESPERIENZA MAGARI POTETE APRIRVI UNA VOSTRA AZIENDA, CON VOSTRE IDEE, CON IL VOSTRO CORAGGIO E CON LA VOSTRA FORZA. TORNATE IN SARDEGNA PERCHE’ SIAMO NELLA MERDA E SENZA DI VOI NON CE LA FACCIAMO PERCHE’ E’ PIENO DI DEPRESSI E DI GENTE CHE VIVE DI RENDITE DI POSIZIONE E VI VUOLE FAR PERDERE LE SPERANZE PERCHE’ HA PAURA CHE GLI FACCIATE, PAURA ASSOLUTAMENTE GIUSTIFICATA, LE SCARPE!
sei un mito! Il tuo racconto mi ha davvero aperto il cuore. Per un neolaureato magistrale in materie umanistiche è una iniezione di fiducia non da poco 😉 grazie di cuore:)
L’articolo dice verità sacrosante. Io sono laureato con master ma alla fine le figure professionali richieste dalle aziende sarde sono sempre di livello medio basso (call center). Oltretutto nessuna azienda vuole avere tra i piedi persone con titoli ma con poca esperienza. Non sarebbe meglio reintrodurre i crediti d’imposta per i neoassunti come fece Prodi,
Io farei cosi, lascerei tornare i ragazzi (io sono uno di loro) e poi grazie alla flotta sarda farei un bel BACK all’incontrario e spedirei per il vasto mondo tutti quei mediocri, raccomandat e polpi vari (perché lui s’attacca a tutto come fa un polpo vivo e te lo mette dove sa un porno divo….) che hanno fatto il muschio sulle pietre sarde, parassiti delle nostre energie, delle nostre passioni, delle nostre idee migliori, con il loro fottuto sardopessimismo-sardoqualunquismo-sardovittimismo, requiescamus.