La vertenza aperta dal Movimento Pastori Sardi è entrata in una terra di nessuno. Il rifiuto a lasciare il Consiglio regionale, il no alla piattaforma proposta dalla maggioranza di centrodestra, l’annuncio di una nuova grande manifestazione a Cagliari, la reiterata pretesa di vedere esaudita la richiesta di indennizzi milionari e l’appoggio sostanziale dato dall’opposizione di centrosinistra alle richieste del Movimento, hanno condotto ad una situazione di stallo.
Impossibile sapere cosa succederà adesso, quali saranno le prossime mosse, quali obiettivi si potranno ragionevolmente raggiungere. Il presidente Cappellacci ha spostato alla settimana prossima il vertice con tutte le sigle del mondo agricolo e per sabato ha convocato la sua maggioranza per capire cosa fare.
Le posizioni sono molto distanti. Per i pastori la soluzione del problema coincide con il reperimento delle risorse per gli indennizzi (220 milioni solo per quest’anno, più o meno altrettanti per i prossimi due), per la Giunta la soluzione invece prescinde dalla quantità di risorse a disposizione e passa attraverso una serie di provvedimenti strutturali da attuare anche a costi minori. Per il centrosinistra i soldi si devono trovare, anche a costo di sforare il patto di stabilità, ma per la giunta questa ultima richiesta è improponibile perché avrebbe effetti peggiori dei benefici che dovrebbe apportare.
Il passaggio è delicato: al di la di tutto, la vertenza del Movimento Pastori Sardi sta pericolosamente diventando il prototipo di tutte le vertenze possibili oggi in Sardegna, sia per la modalità adottata che per le richieste avanzate. Questa rischia di essere percepita come la “madre di tutte le proteste” per il lavoro, il modello da seguire. E se non si trova una onorevole conclusione per tutti (politica e pastori), i rischi sono enormi.
I pastori stanno puntando tutto su manifestazioni che implicano lo stop di servizi essenziali collettivi (blocco della 131, occupazione di porti e aeroporti), in grado anche di dare una grande visibilità mediatica. La presenza massiccia su giornali e tv ha infatti consentito ai pastori di riaprire una vertenza che sembrava anestetizzata dalla logora ritualità dei “tavoli” e dei “vertici”. Il messaggio dunque è chiaro: perché la politica si occupi di un problema non basta fare clamore e fare notizia, serve coinvolgere (anche se in maniera impropria) la collettività e cercare lo scontro frontale con le istituzioni (elemento che garantisce di questi tempi un pressoché incondizionato appoggio da parte dell’opinione pubblica). E infatti, a poche ore dall’occupazione del Consiglio, a poche centinaia di metri dall’aula di via Roma, i lavoratori della Geas occupavano la terrazza della stazione. Immagino che i sindacati stiano seguendo con particolare apprensione questa situazione, perché il rischio emulazione è fortissimo e i lavoratori delle imprese oggi in crisi potrebbero essere tentati dal fare il “gesto esemplare”.
Ma la protesta del Movimento Pastori Sardi si impone come esemplare anche per le richieste che vengono avanzate. Laddove la politica propone un ventaglio (seppur discutibile o forse anche inutile, non è questo il punto) di soluzioni, i pastori chiedono una sola cosa: soldi. E pure tanti. Ergo: se tutte le vertenze sarde dovessero avere come unica richiesta il soddisfacimento delle pretese economiche, la situazione sarebbe ingestibile.
La debolezza della politica esaspera questa impostazione. Perché i lavoratori dovrebbero fidarsi della parola di un assessore o di un politico? Meglio chiedere tutto e subito che perdere l’occasione buona per risolvere in un attimo problemi che magari si trascinano da anni. L’esasperazione della crisi sta portando molti a ritenere che problemi gravi e complessi possano essere risolti nel giro di pochi giorni: purtroppo le cose non funzionano così.
Ma a farlo credere è stata la politica stessa, lo stesso centrodestra che ora governa e che già dagli anni di Soru aveva promesso alla Sardegna che avrebbe risolto in un attimo le situazioni più difficili, quasi che bastasse liberarsi di Soru per risolvere tutti i problemi, che il resto sarebbe venuto da sé. Ve li ricordate i Diana, i Liori, gli Artizzu, i Sanjust, i Vargiu, quando quotidianamente giocavano a demolire non solo l’esperienza innovativa della presidenza Soru ma anche l’idea che la politica non fosse un faticoso e doloroso processo di cambiamento e di mediazioni ma soltanto una visita a Villa Certosa e una telefonata a Putin?
Ora tutti questi apprendisti stregoni raccolgono i frutti amari delle promesse a vuoto fatte per anni. Sono loro che hanno illuso i lavoratori che tutto si sarebbe risolto con un comunicato stampa pompato dal giornale amico o mandando a casa l’assessore piemontese.
Cosa succederà adesso? Difficile dirlo, impossibile fare previsioni. La Sardegna però è adagiata su un vulcano. Ieri a Cagliari hanno manifestato i pastori, i lavoratori della sanità, i lavoratori della Geas, gli studenti, mentre gli agricoltori occupavano l’assessorato. Se tutte le proteste dovessero trovare un momento di unità la situazione diventerebbe esplosiva.
Rischi? Solo rischi? Siamo sicuri che questa vertenza rappresenti solo un rischio? No. C’è anche una opportunità: che da una protesta così decisa il presidente Cappellacci, la sua giunta e la sua maggioranza capiscano che il tempi dei giochetti è finito e che bisogna mettersi a lavorare. Sul serio, però. Lo capiranno?
“…lo stesso centrodestra che ora governa e che già dagli anni di Soru aveva promesso alla Sardegna che avrebbe risolto in un attimo le situazioni più difficili”….verissimo. Ma ora il centrosinistra non fa lo stesso appoggiando la richiesta (praticamente impossibile da realizzare) di 15 mila euro (contributo de minimis) ad azienda? E soprattutto…a cosa servirebbe dare 15 mila euro ad azienda? Finiscono in fretta eh!
Io penso che i pastori stiano invece dando una lezione di unità e radicalità al movimento operaio e studentesco, il sistema capitalistico è fallito il prezzo di tale fallimento viene fatto pagare alle classi sociali più deboli, perchè dobbiamo pagare i buchi delle banche che ci affamano perchè dobbiamo continuare a regalare i soldi alle grandi aziende, perchè dobbiamo andare in pensione a 70 anni, perchè i ricchi vivono nel lusso e nella bambagia alle nostre spalle?Io sono un operaio cassintegrato, ho capito che la crisi è strutturale, la sovraproduzione è dovuta al fatto che le persone nn hanno i soldi per comprare neanche quello che producono, il fordismo è finito il liberismo è fallito, il keinesismo pure,
un unica soluzione il socialismo, il resto sono balbettii piccolo borghesi di cacasotto che hanno paura di perdere” niente, perchè loro stessi nn hanno niente ma solo sogni irrealizzabili”
nicola tradori operaio in cassintegrazione
A questo fallimento hanno contribuito, con diverse responsabilità, tutti gli attori del comparto. L’attuale momento di difficoltà è l’occasione per mettere in discussione tutto il sistema e affrontare con una nuova impostazione il futuro. E’ compito della Politica disegnare un nuovo sistema e individuare gli strumenti necessari alla sua realizzazione. Questa Giunta e questo assessore non lo faranno…
La situazione di oggi non arriva a sorpresa ma con un preavviso di qualche anno. Cappellacci con la riconferma di Prato ha sostanzialmente cristallizzato la crisi. Con un diverso assessore (magari politico) si sarebbero create le condizioni per instaurare un confronto nuovo smorzando i toni che hanno accompagnato la vertenza agropastorale durante tutta l’estate. La crisi è seria e merita interlocutori seri in tutte le componenti coinvolte; un nuovo Assessore anche per rompere la complicità, tropo volte esibita, con la principale organizzazione professionale di categoria e con organismi tipo il consorzio latte (pecorino romano): quest’ultimo privilegiato interlocutore dell’assessore nonché indicato da Prato quale organismo principale per la gestione della crisi.
E’ giunto il momento di interrogarsi sul ruolo dei consorzi, delle organizzazioni agricole, dell’organizzazione complessiva del sistema agricolo Sardo..
Il presidente del consorzio latte è anche presidente del consorzio per la tutela del Pecorino Romano : un consorzio che non è riuscito ad ampliare l’area di esportazione del Pecorino Romano e che tutti gli anni certifica la perdita di importanti quote di mercato nell’area di commercializzazione tradizionale. Quali meriti può vantare al fine di giustificare l’incarico per la gestione della cosiddetta “camera di compensazione”?
Un Assessore serio in un momento di crisi come questo si adopererebbe per modificare il sistema e studiare nuovi strumenti, diversi da quelli che hanno contribuito a questo fallimento.
Tutto quanto proposto dall’assessore non modifica di un millimetro all’attuale sistema, anzi per certi versi tende a rafforzarlo con tutti i suoi limiti.
La leggina approvata sotto dettatura della coldiretti e l’accordo per la cosi detta “Camera di compensazione” con il consorzio latte non sono la soluzione alla crisi che viene da lontano.
I problemi sono strutturali è necessitano per imboccare la strada della soluzione di sacrifici da parte di tutti, di meno chiacchiere e più fatti (norme).
Su questo aspetto del problema posso segnalarvi l’articolo di oggi dell’On. Maninchedda sul sito “Sardegna e Libertà”? Spiega cosa sono e come funzionano i notori(poco) “de minimis” e offre una lettura interessante del perchè la situazione sia in fase di stallo.
Scusate se non riesco a postare direttamente il link, ma in “cose di computer” sono ignorante bestia.
Il pensiero che ci sia da lavorare seriamente potrà pure sfiorarli. Il punto è: sono in grado di farlo? Dici bene quando scrivi della sindrome del “ghe pensi mi”, della telefonata magica che risolve tutto (se si hanno le conoscenze giuste). Ma una discreta parte dei cittadini al di sopra dei tre anni sa che non è così che funziona (un’altrettanto discreta parte ci ha creduto e ha votato di conseguenza. Al prossimo giro voteranno il mago Silvan, suppongo), e il fatto che chiedano soldi ne è un sintomo: se la politica fosse in grado di proporre soluzioni, soluzioni concrete, applicabili, soluzioni pensate e studiate come se a farlo fossero persone che sanno cosa significa lavorare duro, per anni e anni e anni, e rischiare di perdere tutto per un’ipoteca, forse – e sottolineo forse – potrebbero accontentarsi.
Tutto vero ma queste cose purtroppo le dovrebbero capire sopratutto i lavoratori e le famiglie dei lavoratori quando vanno alle urne. Troppo facile lamentarsi e poi quando si vota farsi lusingare dalle solite promesse degli amici degli amici….
Difficile trovare una soluzione veloce a tutti i problemi!!!
Anzi, una ci sarebbe, Capellacci potrebbe dimmettersi, gioverebbe parecchio alla sua immagine e miracolo dei miracoli, lascerebbe la patata bollente nelle mani dei suoi successori, certamente di centro sinistra.