Sì, forse i tempi sono maturi, forse ora si può fare. D’altro canto, chi l’avrebbe detto qualche anno fa, quando Sardigna Natzione iniziò a raccogliere le firme, che il 60 per cento dei sardi un giorno si sarebbe espresso contro il nucleare nella nostra isola? Per cui rilancio immediatamente l’idea che l’amico Efis Pilleri (già Segretario nazionale sardista e fondatore della Costituente Sardista) ha postato su questo blog: “Organizzare un nuovo referendum consultivo per la graduale dismissione di tutte le servitù militari della Sardegna”.
Il tema è sempre più di attualità, non solo per via dell’inchiesta del procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, sul Poligono di Quirra. Perché le basi non portano niente alle comunità locali (a Teulada la terrificante cementificazione di Tuerredda viene giustificata proprio con la necessità di combattere la disoccupazione, segno che la base in quarant’anni non ha risolto nulla), lo Stato gira due lire ai comuni, peraltro con enormi ritardi. Come se non bastasse, le servitù hanno inquinato importanti porzioni di territorio. E tutto questo senza nemmeno affrontare l’ingiusta ripartizione sul territorio nazionale di queste servitù (“La Sardegna conta il 2 e mezzo per cento della popolazione italiana ma qui lo Stato fa esplodere l’80 per cento delle bombe” ha sempre felicemente sintetizzato Renato Soru).
Ora poi bisogna sostenere la posizione del Comipa, il Comitato Paritetico che, non riunendosi, sta di fatto bloccando la ripresa delle esercitazioni da settembre nei poligoni sardi, e sta subendo fortissime pressioni da parte del centrodestra (presidente Cappellacci in primis).
Negli anni ’80 la Consulta bloccò un referendum contro la base di La Maddalena, eccependo che sulla politica estera i sardi non potessero esprimersi. Ora la situazione è cambiata e la coscienza civile dei sardi è cresciuta. Negli anni passati le battaglie contro le servitù erano intrise di ideologia, ora invece sono diventate patrimonio comune.
Allora? Ajò, chi è che inizia a raccogliere le firme?
Anch’io firmo!
http://www.youtube.com/watch?v=XFxGSirDfVM&feature=share
ecco il nostro contributo
La Nuova Atlantide
una buona occasione per irs o progres per coordinare i volontari .io ci sono
Non sono mai stato uno che “ghetat sa perda e cuat sa manu” e mi sento quindi stimolato dalle discussioni che sono iniziate su questo blog a partire dalla considerazione della rinnovata forza rivoluzionaria che hanno acquisito i referendum popolari.
Ritengo, sulla base delle mie esperienze politiche e conoscenze giuridiche, che un referendum sulla persistenza o meno in Sardegna dei gravami militari e/o su chi debbano ricadere da un lato le conseguenze negative per ambiente e salute dei cittadini e dall’altro gli enormi profitti che l’industria della sperimentazione bellica genera, sia pienamente ammissibile. Come ha di recente osservato Andrea Pubusa nel suo blog il referendum consultivo, lungi dal rappresentare un limite rispetto a quello abrogativo, costituisce piuttosto una opportunità ulteriore.
Si tratta evidentemente di verificare come tecnicamente bisogna procedere, interpellando prima di tutto chi già ha operato sul campo come, ad esempio, Bustianu Cumpostu e Giacomo Meloni con le rispettive organizzazioni ed alcuni tra i tanti giuristi democratici che hanno già dato o possono dare un contributo concreto. Il primo passo è, evidentemente, la costituzione di un comitato referendario.
Ehm… se la mia memoria non è appassita, le norme che impongono vincoli di natura militare non sono costituzionalmente assoggettabili a referendum… o sbaglio?
Sbagli, “non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.” Art. 75, comma 2 della Costituzione.
Ok, meglio così. Allora… dove si firma? 😉
hai ragione Massimo, l’art 75 recita esattamente così, ma ahimè credo che la Corte Costituzionale possa estendere l’inamissibilità valutando il caso concreto, come in realtà ha fatto con il referendum consuntivo per La Maddalena. Poi credo che la proposta verrebbe valutata anche in relazione ai rapporti tra Stato – Regioni, e la difesa del territorio spetta alla Stato…dunque non so…boh?..
Per effetto dei trattati internazionali mi risulta che Cagliari, nonostante gli attuali due referendum contro il nucleare, sia un porto nuclearizzato.
E cioè che, imbarcazioni straniere a propulsione e armamenti nucleari, possano attraccare o sostare in rada
Alcuni anni fa venne fatta un’interrogazione parlamentare per chiarire la situazione in proposito (sulla rete si trovano ancora le informazioni del caso) soprattutto per dare informazioni certe e reali alla popolazione, che, in base al decreto Ronchi del 95 (se non ricordo male) dev’essere informata sui rischi per la salute in esposizione radiologica e sui piani di protezione civile in essere. Nonostante ciò i cagliaritani non sanno molto sullo stato degli eventuali traffici nel porto e sui piani di sicurezza ed evacuazione.
Oltre al porto Cagliari paga un altissimo tributo alle servitù militari, ben evidenziato da un libro-censimento pubblicato qualche anno fa da Claudio Cugusi.
La presa di coscienza dei Sardi rispetto a questo grave problema è comunque e sicuramente il primo passo importante da compiere. Dobbiamo impegnarci tutti; raccogliere le firme per il referendum, comunque vada, è una grande occasione per discuttere e trovare finalmente quella coesione che sola può restituirci la nostra Terra.
Ma non è che queste aree le togliamo ai militari e le consegnamo ai Marcegaglia o ai Zunk di turno?
Pensiamoci bene!
a me va bene. basta che loro si occupino preventivamente della bonifica… 😉
Firmo subito
dove firmo?
Un altro SI contro le servitù militari.
Tanto ormai per dire no in un referendum si deve votare SI
Come funziona la raccolta firme? AJO’
A La Maddalena, si raccoglierebbero ben poche firme e molte pappine.
I poligoni militari sono necessari per le Forze Armate e l’industria delle armi.
Prima di chiuderli si potrebbe pretendere un aumento degli indennizzi per tali servitù, sapendo per certo che alzando troppo il prezzo se ne andrebbero loro: posti dove tirare bombe non è difficile trovarne.
Continuo a ritenere prioritario lo smantellamento degli insediamenti industriali, tutti in perdita, la bonifica delle aree e la loro riconversione a fini turistici (no seconde case).
Pure le miniere abbandonate devono essere messe in sicurezza: Furtei è una bomba ecologica pronta ad esplodere, Baccu Locci è la maggior fonte di inquinamento di Quirra, altro che il PISQ.
Dopo aver bonificato la Sardegna da industrie inquinanti e fallite nonché da miniere abbandonate non resterebbe che eliminare le servitù militari per dedicarci al turismo e alla produzione agroalimentare, quando questi saranno in grado di sostituirne l’indotto.
Oggi chiudere le basi militari sarebbe un disastro per l’economia sarda come lo è stato per La Maddalena.
“nato condannato dalla NATO”
po nci ddi bogai basis militaris e radar sono assolutamente in prima linea. se è con un Referendum, va benissimo.
vorrei però avere maggiori dettagli sul referendum: sardo, quindi consultivo, o italiano, quindi abrogativo?
mi par di capire sardo, consultivo.
Efis e Vito, dettagliate la proposta. E poi iniziamo a raccogliere firme.
Oh ma manco due giorni di vacanza? Boh boh! Comunque Zorro sempre pronto a firmare ed a raccogliere firme! Aspetto un vostro fischio e si parte!!!
Hasta la vista a luego e cominciamo a mobilitarci!
Già che siamo in tema di referendum ne farei anche uno sull’obbligo delle primarie per la scelta dei componenti della giunta comunale … certi nomi che girano fanno venire il voltastomaco …
ANCHE IO FIRMO SUBITO
Prima di smantellare Quirra ne dovrebbero far sparire di cose …
Iniziamo subito, io firmo!!!
Ajò a raccogliere
Io firmo subito!
la abbiniamo alla raccolta delle firme per il referendum sulla legge elettorale?