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“Verso una società neo-oligarchica? (Quando Monti diceva “In Italia votano in troppi”)”, di Nicolò Migheli

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Le primarie del Pd per la candidatura alla presidenza della Regione Veneto confermano la tendenza all’allontanamento dall’esercizio del voto della maggioranza dei cittadini. Nelle elezioni dell’Emilia Romagna è successo che solo il 38% degli aventi diritto si siano recati alle urne. In una regione dove la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica è incredibilmente alta. Ilvo Diamanti in una analisi del dopo voto, scriveva che le regioni non vengono più sentite dai cittadini come luoghi essenziali dell’esercizio democratico. La causa? Molto sarebbe nel malcostume e negli scandali. La politica come luogo della soluzione dei problemi personali di chi vi è impegnato e dei gruppi di riferimento.

È indubbio che anche queste considerazioni abbiano il loro peso. Però il distacco dei cittadini dalle istituzioni e delle loro rappresentanze sembra avere ragioni più forti, aspetti della vita pubblica che si avviano a diventare strutturali.

Lo studio “Gini-Growing inequality impact” realizzato dalla Ue nell’ambito del VII Programma quadro, è esplicito: l’indice di ineguaglianza in Italia è secondo nell’Unione solo dopo la Gran Bretagna. L’Unione delle Banche Svizzere racconta che nel 2014, in Italia i miliardari sono cresciuti. Erano 29 nel 2013 con una ricchezza complessiva pari a 97 miliardi di euro, adesso sono 35; la ricchezza è cresciuta di 53 miliardi raggiungendo la somma di 150. Tutto questo mentre la disoccupazione ha raggiunto il 13% e tra i giovani il 43. L’indice di ineguaglianza che nel 1992 era di 0,27, in linea con i principali paesi europei, ora è di 0,34.

È interessante notare che tutto comincia con l’avvento delle privatizzazioni che si sono trasformate in monopoli di pochi gruppi finanziari. Non solo. Immediatamente sotto di loro, vi è una èlite che non ha sofferto della crisi, garantita com’è da rendite e privilegi. A questo è corrisposto un progressivo impoverimento dei ceti medi, l’affacciarsi di generazioni precarie dei contratti giornalieri, impediti a costruirsi un futuro decente.

Una atomizzazione dei rapporti di lavoro, una costrizione nel problema individuale che impedisce di pensare a se stessi come facenti parte di gruppi più vasti con diritti e rivendicazioni comuni. Ributtati in un Ottocento senza Società di Mutuo Soccorso, senza neanche il sogno della palingenesi socialista, uccisa prima che dal proprio limite, dalla vulgata del darwinismo sociale neo liberista. L’unica condizione possibile in una società del tutti contro tutti.

A questo poi si aggiunge che un governo soi disant di sinistra per bocca del ministro Alfano dichiari che il Jobs Act è politica di destra, confermando una sorta di intercambiabilità tra i poli nel perseguire le stesse riforme. La politica cessa di essere strumento del cambiamento. Destra e sinistra di governo seguono le indicazioni di gruppi minoritari legati alle istituzioni internazionali non elette come il Fondo Monetario Internazionale, soggette al potere ricattatorio del capitale finanziario che non conosce frontiere, che si sposta dove c’è la massima remunerazione a breve.

Le riforme costituzionali e quella elettorale diventano il quadro in cui incardinare il potere di gruppi che tendono a diventare inamovibili. Mario Monti in una riunione della finanza internazionale a Milwaukee negli Usa, nel settembre del 2013, ebbe a dichiarare: “Il vero problema dell’Italia consiste che si vota troppo spesso e sono ancora in troppi a votare”. Più che una profezia che si auto-avvera sembrerebbe la realizzazione di un lucido progetto.

Robert Michels sosteneva che il non votare è, in certe condizioni, l’unico modo per esprimere il dissenso, ma l’allontanamento dei cittadini dal voto finisce con il perseguire il disegno di quelle èlite. I partiti trasformati in comitati elettorali diventano la cinghia di trasmissione di decisioni prese altrove e le istituzioni delle mere esecutrici. Un disegno chiaro di neo oligarchia, a cui si accede in pochi, solo quelli che hanno rapporti con la finanza e le istituzioni sovranazionali, che potranno essere cooptati dove si decide.

Un progetto neo napoleonico che contempla gli ottimati, l’inclusione per censo o per appartenenza al gruppo. Una stratificazione sociale che per reggersi dovrà farsi autoritaria, avendo poco da distribuire.

In un quadro simile i movimenti xenofobi e neonazisti hanno davanti a sé spazi ampi di manovra nell’indicare i nuovi capri espiatori nei migranti e nei rom; creando ed alimentando sospetti e paure, diventando così funzionali al mantenimento dello statu quo. Chi è in difficoltà cerca le sicurezze, e una società autoritaria le offre.

Una prospettiva senza scampo? Per ora sembrerebbe di sì. In realtà molto si muove. In Spagna Podemos, raccogliendo le proteste degli Indignados di Puerta del Sol, viene dato vincente alle prossime elezioni di primavera. Podemos ha una piattaforma di democrazia partecipativa, riscopre la lotta di classe contro le nuove oligarchie.

In Italia invece nulla. La sinistra sembra incapace a reagire alla sconfitta che le ha inflitto il governo Renzi. Governo che, con il suo centralismo romano, apre possibilità politiche interessanti per chi rivendica il diritto di autodecisione in Sardegna. Per ora però poco si muove.

Dovremmo attendere che la riforma della Costituzione cancelli l’Autonomia? Se è così basterà attendere la primavera. Noi siamo specialisti nel chiudere la stalla quando i buoi sono già fuggiti.

Nicolò Migheli

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3 Comments

  1. piu’ che lucido piano per esautorare gli elettori direi un LURIDO complotto da oligarchi ne’ più’ ne’ meno corrotti e pericolosi per la stessa natura della democrazia Repubblicana di qualsiasi faccendiere della peggiore risma…questi personaggi devono essere ARRESTATI o tra non molti anni sprofonderemo in un o stato di totale sudditanza feudale.

  2. La fantascienza sociale e preveggente di cui parli ha previsto molte soluzioni. Il problema è che non sempre sono compatibili con un lieto fine per gli umani. Perché alla fine hanno ragione gli scrittori apocalittici. L’estinzione rimane l’unica vera soluzione. Consiglierei la lettura dei libri di John Christopher.

    Tornando a questo post, sempre a proposito di razze in estinzione, sono quasi sicuro che l’uso inutile e pretenzioso di francesismi o latinismi non sia il massimo per attrarre lettori sul web, di solito pronti a mettere facilmente mano alla pistola.
    Ma questo ignorare il contesto culturale reale per continuare a farsi delle seghe è il difetto di molti “sedicenti” intelletuali nostrani. Forse dovrei dire “moi-disantes” al posto di sedicenti ma io non sono un intellettuale, per fortuna… E alla pistola, se si continua così, comincio a farci un pensierino anche io.

  3. Paolo Bozzetti says:

    36 ore di pubblicazione: 0 commenti.
    Che tristezza.
    Forse perché il post è pienamente condivisibile?
    Può essere, ma non penso che sia la vera ragione.
    Credo che il processo di disarticolazione della società si stia compiendo pienamente, lasciandoci come ciottoli sparsi dopo la frana … tutti della stessa materia, ma oramai senza più legami e coesione.
    In questi giorni, cerco di ritrovare la vecchia collezione di Urania, dove gli scenari di oggi erano già stati illustrati da tanti autori di fantascienza,
    Cerco quei volumi per capire se erano state descritte anche le “vie d’uscita” da questa triste realtà.

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