Ugo Cappellacci non ha proprio tutti i torti quando afferma che “la Giunta dei professori non produce niente di originale, ma copia e incolla le nostre azioni”: effettivamente sul San Raffaele l’esecutivo di centrosinistra e sovranista guidato da Francesco Pigliaru non avrebbe potuto soddisfare meglio le attese del centrodestra. Certo, ci sono battaglie che per loro natura uniscono gli schieramenti, ma chi come me inizia ad avere qualche capello bianco non può dimenticare la storica avversione al progetto dell’ospedale privato di don Verzè (ora fatto proprio da Qatar e Vaticano) da parte del centrosinistra sardo.
In realtà l’operazione San Raffaele fu sdoganata da Renato Soru (e non fu l’unica battaglia della destra che nel 2004 il presidente del centrosinistra fece propria, un’altra fu l’affossamento del parco del Gennargentu) anche se sotto il vigile controllo dell’assessore Nerina Dirindin, fedele paladina della sanità pubblica, che mise dei paletti molto chiari all’operazione. In parte quei paletti hanno orientato in questi mesi l’azione di Francesco Pigliaru, molto accorto nel pretendere che il via libera alla strana coppia Qatar-Vaticano potesse arrivare solo dopo le opportune deroghe concesse del governo (praticamente ciò che fin dall’inizio faceva osservare l’ex viceministro Paolo Fadda…).
La questione San Raffaele sarebbe però rimasta ai margini della politica sarda se a riproporla con forza non fosse stato il governo nazionale. Il fallimento dell’impero di don Verzè ha infatti determinato l’impegno di ben tre tre presidenti del Consiglio (Monti, Letta e ora Renzi), tutti assolutamente risoluti nella volontà di risolvere il disastro provocato da un crack tanto miliardario quanto imbarazzante per la politica italiana. Renzi ha dunque proseguito nella linea dei predecessori, trovando in Francesco Pigliaru un sollecito esecutore delle volontà romane.
Con questo non voglio dire che il presidente sardo abbia subìto il capo del governo: proprio per niente. “Per la prima volta il Governo, in perfetto accordo con la Regione, modifica alcune norme per aprire la Sardegna a investimenti esteri qualificati che contribuiscano a farla uscire dalla crisi” si legge nel “comunicato della vittoria”. In questa frase s’intravvede chiaramente il progetto di Francesco Pigliaru per la Sardegna: totale aderenza al progetto Renzi e richiamo di investimenti “qualificati” (nel caso del San Raffaele, esteri).
Quella di Pigliaru è dunque una Sardegna che conta di uscire dalla crisi in due modi. Innanzitutto agganciandosi alla locomotiva Renzi, anche a costo di assecondare le decisioni di questo governo che evidentemente penalizzano l’isola, come ad esempio quella di abolire l’autorità portuale del nord Sardegna. Invece che protestare energicamente, Pigliaru ha preferito affermare che “nessun territorio verrà penalizzato, anzi adesso faremo in modo che questa semplificazione sia un’occasione per il loro rilancio e per sottrarli a cieche logiche di campanile”. Se la sede dell’autorità portuale fosse stata Sassari e non Olbia probabilmente Pigliaru avrebbe reagito diversamente (e insieme a lui il presidente del Consiglio regionale Ganau e il segretario del Pd Silvio Lai).
La promessa poi che verrà impedita “qualunque forma di centralismo amministrativo cagliaritano” fa tremare le vene ai polsi: avremo presto un sassarese anche a governare i porti della Sardegna? In ogni caso l’argomento riguardante le “cieche logiche di campanile” può essere riutilizzato nel caso in cui il governo dovesse abolire la Corte d’Appello a Sassari (ipotesi che sta già facendo impazzire il Pd turritano).
In Sardegna senza autonomia non c’è democrazia, e il governo Renzi (anche con decisioni come questa che accentra le competenze dei porti un una sola autorità) indebolisce il sistema politico isolano. Ma a Pigliaru sta bene così perché Renzi non si discute: esattamente come non si discute il ministro della Difesa quando manca di rispetto all’istituzione regionale (e il presidente è stato lesto a sconfessare l’incazzatura del suo vicepresidente) e non si discute il ministro dell’ambiente quando prefigura per l’isola un futuro da “showroom per le rinnovabili” (e su questo ci torneremo).
In questo modo però l’aderenza alla politica renziana (di cui Pigliaru è stato fin da subito un convinto sostenitore) rischia però di trasformarsi in fedeltà. Se c’è invece qualcosa di cui la Sardegna ha bisogno è proprio di un rapporto costantemente dialettico con lo Stato (e che cos’è se non anche questo, il famoso “sovranismo”?). Sul San Raffaele il governo ha fissato il risultato finale e i tempi in cui raggiungerlo, lasciando alla Regione il compito di sbrogliare la matassa: tutto qui, perché il finale era già scritto fin dall’inizio e non poteva essere altrimenti visto che Renzi oltre tre mesi fa aveva perfino costretto Pigliaru a salire sul primo aereo per Roma per firmare davanti ai flash l’accordo con il Qatar…
Chiusa la partita San Raffaele, ora si arriverà al dunque con le servitù militari e con la vertenza entrate: questa Regione sovranista e di centrosinistra continuerà ad essere accondiscendente nei confronti del governo Renzi?
Per Pigliaru però la Sardegna esce dalla anche attraendo capitali. Il che non è di per sé né giusto né sbagliato (siamo pur sempre in un sistema economico chiamato “capitalismo”): si tratta di capire di che razza di capitali stiamo parlando.
Pigliaru li vuole “qualificati”. Cioè? Le multinazionali e i fondi sovrani? Il Qatar è un investitore scomodo perché fuori scala rispetto alla nostra capacità di contenerlo (già padrone della Costa Smeralda, ora di un mega ospedale e presto anche di Meridiana, come ci ha avvisato ieri la Nuova Sardegna). Però quella con gli emiri per Pigliaru è stata una sorta di operazione pilota.
Il progetto della Regione inizia dunque a delinearsi: il Qatar serve a risollevare la Gallura, l’Eni e il progetto della chimica verde per rilanciare il Sassarese, Enel e Glencore per risuscitare il Sulcis con l’industria che inquina e addirittura il carbone, probabilmente Finmeccanica e Vitrocisiet per il sud Sardegna (e i suoi poligoni di Teulada e Perdasdefogu), chissà chi per trasformare l’isola in quello straordinario “showroom per le rinnovabili” vagheggiato dal ministro dell’ambiente.
Un progetto economico calato dall’alto, non condiviso, non partecipato, che ha bisogno di silenzio e di discrezione (al giornalista dell’Unione Sarda che sul caso Alcoa chiede al presidente “con chi trattate?” lui risponde “Non posso dirlo, non è il momento”) e fatto di capitali che sono in grado di esercitare un un potere difficilmente contrastabile dalle nostre fragili istituzioni autonomistiche. La lezione di Rovelli non è servita?
Altro che sviluppo dal basso, con l’idea di un nuovo modello partecipato e sostenibile (dal punto di vista ecologico e anche da quello democratico). Fedeltà al governo romano e tappeti rossi per i poteri forti del capitalismo internazionale: che sia questo il nuovo modello di sviluppo per la Sardegna a cui il presidente Pigliaru (opportunamente sostenuto dalla sua maggioranza di centrosinistra e sovranista) sta pensando?
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Il tutto senza dimenticare, anche se l’argomento non e’ in nesso con il post di Biolchini, che hanno fatto un gran tromboneggiare sui vitaliizi ma, passata la festa, gabbato lo santo…
lo stesso Sale che tanto ha tentennato la momento di firamre la fedelta’ allp stato italiano (un po’ meno per la verita’ quando ha cominciato a intascare lo stipendio) e’ sparito completamente..
La domanda che mi pongo è: ma alle truppe “sovraniste” presenti in maggioranza è bastato sedersi al desco per ritenersi sazie e abbandonare il confronto con lo stato centrale? Non una voce si alza dalla maggioranza versante sardista, partito dei sardi e irs (il minuscolo è assolutamente voluto…) Un paio di assessorati sono stati sufficienti a placare i sedicenti campioni delle vertenze con Roma? Non una voce si alza in maggioranza contro le trivellazioni, l’assalto alle campagne, l’eolico e il solare di matrice speculativa, la vertenza entrate che sembra una grande fregatura, la arrogante reiterazione dell’imposizione di esercitazioni militari e di servitù anacronistiche… Capisco i partiti “nazionali” i cui rappresentanti ragionano chiaramente in una logica di carriera nazionale e non intendono andare contro il Conducator di Firenze, arbitro delle loro future, ipotetiche carriere, ma gli altri? Quelli che si dicono depositari del verbo “sovranista” e indipendentista? Va bene l’alleanza per fini elettoralistici e di alchimie dettate dalla infausta legge elettorale, ma poi? Appiattimento totale sulla linea del non disturbare il manovratore che siede a Roma. Vito, ti riconosco il fatto che tu stia iniziando a prendere le distanze dalla giunta Pigliaru, ma tu questa gente l’hai appoggiata pesantemente in campagna elettorale, non dovresti iniziare anche tu, lo dico con simpatia, a recitare un piccolo mea-culpa ?
Li ho votati, li ho sostenuti e la penso esattamente come te (come peraltro ho avuto modo di scrivere in queste settimane). Erano più indipendenti dalla giunta Cappellacci i sardisti che non i sovranisti dalla giunta Pigliaru. E i risultati si vedono e li hai ben espressi tu.
Io non li ho votati, ma speravo che sovranisti e Irs, sarebbero stati bravi almeno a “fare la guardia” al tentativo della giunta di portare avanti le solite politiche di sudditanza e servilismo. Dopo 6 mesi sono più che delusa, perchè pur non votandoli, pensavo che non ci fosse nulla di peggio della giunta Cappellacci. Le premesse sono davvero sconfortanti. Qualcuno del PD, Comandini, sta iniziando a esprimersi favorevolmente verso il progetto Saras. Continuano, al pari dei predecessori, ad avallare queste politiche di sottosviluppo per costruire nuove clientele con la promessa di nuovi posti di lavoro e che potenzialmente possono compromettere un’efficiente realtà produttiva. Per ultimo, l’atteggiamento di giunta e assessore nei confronti del caso Goinsardinia, ne vogliamo parlare?
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ciao Andrea, però io mi chiedo se il San Raffaele, non sarà anch’esso una fucina di nuove clientele….
Ciao Giulia, non ne dubito! Proprio giorni fa ho parlato con un amico di vecchia data, un giordano, che mi ha confidato di aver preso contatti diretti con la Qatar Foundation in vista di una prossima assunzione presso l’ospedale. Il fatto è che non credo che questa operazione abbia intaccato la nostra sovranità in quanto essa era già appannaggio dei segretari dei partiti.
Catoblepa ha ragione, l’idea di Pigliaru della Sardegna era questa anche in campagna elettorale. Io mi chiedo che cosa ci sta a fare Maninchedda in quella congrega. Abbia, Maninchedda, il buon senso di dire che si è sbagliato ancora una volta e umilmente chieda scusa. Lo sappiamo che è senza dubbio il miglior assessore e di sicuro il miglior politico e la migliore intelligenza di quel governo ma mi permetta di dirgli che con quella congrega non c’entra proprio niente. Paolo, ti prego, mandali a quel paese. Un amico sincero.
Si che è questa, ma non l’ha mai nascosta, nemmeno in campagna elettorale. Non capisco lo stupore
Pigliaru è solo un nome (pessimo tra l’altro, per chi ne conosce il lavoro in rettorato) che è servito al centrosinistra sardo per pulirsi il “viso”. Un nome semisconosciuto ai più sul quale ricamare lodi e false speranze che nel breve periodo (elettorale) non sarebbero state confutabili. Le “mani” sono rimaste quelle che erano, sporche tanto quanto quelle del centrodestra e ancor più grave della sovranità tanto decantata c’è ben poco se non nulla, dato che il presidente si è dimostrato a più riprese servile nei confronti di Roma e come tutto l’esecutivo assolutamente invisibile ai suoi occhi (vedasi visite dei ministri). Cappellacci, come ha dimostrato, molto probabilmente non sarebbe stato meglio (ma forse neanche peggio, dato che l’immobilità e la passività del centrosinistra provoca comunque ingenti danni), ma sarebbe ora di riconoscere che Pigliaru e tutto il suo codazzo sono solo l’altra faccia della stessa medaglia.
Capisco l’intento di Vito che, d’altronde, rispetta in pieno la sua idea di governo regionale. Ed in parte ne condivido alcuni passaggi, specie in tema di servitù militari o di parco del Gennargentu. Meno invece, ma lo spiegherò, in tema di sanità. Parlare di sovranismo (sovranità?) e quindi di cessione di una grossa parte di essa, in tema sanitario, con l’apertura del San Raffaele di Olbia da parte della Qatar Foundation, rischia di far dimenticare, non a Vito che è attento osservatore, la realtà che viviamo in Sardegna. La realtà che viviamo quotidianamente nelle corsie dei vari ospedali ci riporta a quella brutta prassi, chiamata lottizzazione, a noi tutti tristemente nota. Artefici di tutto ciò i partiti, ivi comprese le formazioni che al sovranismo si richiamano, che a quella torta non vogliono ne possono rinunciare. Ed allora, rimosso il velo dell’ipocrisia, ci accorgiamo che la Corte dei Conti sottolinea i bilanci in rosso delle Asl e spuntano (ed ancora emergeranno) connivenze negli appalti tra le dirigenze ospedaliere e le realtà politiche locali, nei vari territori. Una presenza, nella sanità, puntualmente asfissiante, quella della politica che ritrovi quando (come me) ti trovi ad affrontare (senza padrini/padroni) i concorsi. Una presenza, in questo caso anche pericolosa, quando ti accorgi che nei vari reparti non brillano le eccellenze, che spesso fuggono all’estero, ma le raccomandazioni politiche con grave pregiudizio del popolo sovrano (?) ancora intento a varcare i confini regionali, all’occorrenza. Te ne accorgi, e questo sa di ridicolo, quando i progetti di ricerca vengono finanziati a singhiozzo, a seconda di chi guida la regione in un dato momento, mentre altri soggetti ricevono denari pubblici a prescindere (larghe intese?).
Ed è allora ti rendi conto che, quantomeno in tema sanitario, parlare di sovranismo (sovranità, governo del/per il popolo) risulta difficile. Se a governare la più grossa fetta del bilancio regionale si sono alternati pochi esponenti dei partiti che sulla stessa hanno costruito le proprie fortune elettorali, di quale sovranismo parliamo? Pochi segretari politici, per di più appiattiti sulle scelte delle segreterie romane, hanno lucrato per anni sulla pelle dei malati sardi ed ora si sentono in pericolo perché rischiano di veder ridimensionato (non a caso il dibattito sui posti letto) il loro potere ricattatorio nei confronti dell’elettorato di riferimento. Sistemata quella faccenda, i paladini della sanità sarda, sono andati in vacanza. D’altronde era estate.
Pienamente d’accordo!