Probabilmente lo scorso 14 novembre il professor Francesco Pigliaru neanche immaginava che da lì a poco sarebbe diventato il candidato del centrosinistra alla guida della Regione Sardegna e poi, tre mesi dopo, addirittura presidente.
Chissà se quel giorno ebbe modo di leggere sull’Unione Sarda la presa di posizione del segretario regionale della Cgil Michele Carrus che invitava la vincitrice delle primarie Francesca Barracciu a chiarire subito la sua posizione riguardo la vicenda dei fondi ai gruppi. Carrus fu chiaro nel far comprendere che una candidata indagata non era sostenibile dal sindacato, e quell’intervista (che molti oggi non ricordano più) fu lo spartiacque tra la contraddittoria candidatura emersa dalle primarie e quella poi trovata dal centrosinistra, rivelatasi vincente.
Le antenne del sindacato avevano captato tra i sardi segnali importanti, per fortuna poi tradotti in azioni politiche conseguenti.
Oggi i giornali non hanno dato lo stesso rilievo alle considerazioni di Michele Carrus che sulla giunta Pigliaru ha detto delle cose molto chiare, e per me anche assai condivisibili.
In questi primi mesi di governo abbiamo registrato positivamente una dichiarata apertura al dialogo, che però stenta a realizzarsi nei modi più appropriati e produttivi. Pur riconoscendo le difficoltà dovute alla necessaria ricognizione delle risorse e alla ricerca di svariati ripari su molte urgenze, resta il fatto che il confronto auspicato non c’è stato e che, invece, abbiamo assistito a molte iniziative politiche e assessoriali delle quali stentiamo a vedere il filo conduttore, con l’apertura di tavoli e audizioni caratterizzati da troppe incertezze d’interlocuzione con differenti soggetti sociali, ritrovandoci chiamati a svolgere una sintesi che, così, diventa molto più difficile.
E ancora:
Ci sono scelte, poi – come lo spostamento di risorse da una destinazione ad un’altra (per esempio, i fondi del Piano lavoro verso l’edilizia scolastica) oppure la nuova impostazione dei rapporti finanziari con lo Stato che modificano il Patto di stabilità – che anche quando apprezzabili non possono essere poste davanti agli occhi di tutti come un fatto compiuto, perché hanno effetti duraturi sulle politiche di bilancio e producono ricadute sociali rilevanti che meriterebbero, invece, un’ampia condivisione politica e sociale, dal momento che condizionano l’ambito d’azione, presente e futura, dell’una e dell’altra rappresentanza.
Infine:
Gli interessi generali dei sardi non stanno dentro un’utilitaria a due posti (la Giunta e la maggioranza politica che la esprime), ma piuttosto dentro un autobus almeno a due piani, i cui passeggeri hanno diritto e dovere di concorrere alla scelta della destinazione e di suggerire il percorso migliore per raggiungerla, non solo di cambiare autista quando bisogna farlo. Si chiama democrazia liberale, anche se di questi tempi sembra non andar molto di moda.
In sintesi, per la Cgil l’azione della giunta Pigliaru è discontinua e anche un po’ confusionaria, il presidente va avanti dal solo senza coinvolgere nessuno su temi importanti come la vertenza entrate, le forze sociali che insieme a questa maggioranza si sono spese in campagna elettorale per favorire il cambiamento non vengono minimamente tenute in considerazione, anzi vengono volontariamente escluse da ogni coinvolgimento.
Le antenne del sindacato hanno già funzionato una volta, e Pigliaru dovrebbe ricordarselo. Se è presidente della Regione un buon merito è della Cgil e di pochi altri soggetti sociali e politici che, sfidando l’arroganza dei partiti (soprattutto del Pd), hanno creato le condizioni per la sua candidatura e la sua conseguente vittoria.
Ma forse oggi Pigliaru di che cosa è successo in Sardegna prima della sua nomina non ha un ricordo vivo.
Ma i sovranisti dove li lasciamo?
Pingback: in giro con la lampada di aladin… | Aladin Pensiero
Io credo che sia in atto una sorta di pressione dei partiti su Pigliaru d’altronde, se pensiamo a all’attualità sulle nomine dirigenziali delle asl…….Personalmente sono dell’idea che debba distaccarsi dalle mire delle varie formazioni politiche e puntare ad un rinnovamento soprattutto metodologico dialogando con le sigle sindacali (senza subirne eventuali pressioni). Il tutto, fatto alla luce del sole metterebbe con le spalle al muro coloro che vorrebbero profittare della calura estiva, che porta alla distrazione di massa, per mettere i propri nomi nei luoghi che contano.