Bisogna andarci piano con le parole. Perché alle parole devono seguire i fatti; e in questi anni berlusconiani troppo spesso invece alle parole non è seguito nulla. In questo modo si sono indebolite non solo le istituzioni ma soprattutto le opposizioni, divenute berlusconiane anch’esse nel dire troppo spesso una cosa e farne un’altra.
Se c’è oggi una dittatura in Italia, questa è dunque la dittatura della menzogna. Ci siamo abituati alle bugie, al ribaltamento della realtà. “Forse occorre penetrare nel significato profondo della menzogna, come peccato originario, vero cancro delle comunità e della società”, aveva scritto nel giugno scorso il cardinal Martini.
Oggi la parte sana di questo paese è prostrata, sfinita dall’uso improprio che si fa delle parole: “pace” per dire “guerra, “festa” per dire “orgia”, “libertà” per dire “schiavitù”. La crisi economica avanza e in tanti parlano di paese in declino. Ma in questo modo l’Italia, prima di scomparire dal novero delle nazioni che contano, semplicemente impazzisce. E noi con essa.
Non si sa più cosa pensare e, dunque, cosa fare. È in giorni come questi, in cui le milizie berlusconiane fanno girare una mail in cui accusano il presidente Napolitano di non punire i magistrati che indagano Berlusconi e così facendo venire meno al suo essere garante della Costituzione, che si perde anche fiducia nel potere della parola: dunque nella democrazia.
Perché tra le tante cose, la democrazia è appunto anche la possibilità di fermare le iniquità e gli abusi del potere solo e solamente con la legge (parola scritta) e l’opinione pubblica (parola detta in pubblico).
Ma se le leggi vengono cambiate e i magistrati costantemente messi sotto pressione, e se l’opinione pubblica è in parte controllata militarmente, la democrazia rischia di non esserci più. Semplicemente.
E’ difficile dunque in giorni come questi mantenere una fiducia incrollabile nel potere della parola. Sentiamo che non basta più, che serve altro. Ma cosa poi? La democrazia non ci lascia altre strade se non questa.
Franco Fortini, nella sua ultima lettera nel novembre del 1994 lo aveva previsto (segno che tutto era chiaro fin dall’inizio): “Anni fa scrissi, enfaticamente, che il luogo del prossimo scontro sarebbero state le redazioni. Quel momento è venuto, il luogo è questo. Lo scontro sarà nelle redazioni”. E così infatti è.
Come l’imprendibile Bin Laden, Berlusconi si manifesta con dei videomessaggi. Ma è una premura eccessiva, visto che tantissimi giornalisti davanti a lui si limiterebbero a stare zitti. Non si abitua alla libertà un animale chiuso allo zoo per tanti anni: spesso se lasciato libero muore. Infatti, nel nostro paese il giornalismo sta morendo.
Che tipo di valore può avere l’intervista a Ruby fatta da un fedelissimo di Berlusconi sulla rete di Berlusconi? Evidentemente nessuno: erano le due facce della stessa medaglia. Anzi, tra Ruby e Alfonso Signorini, a me fa più ribrezzo quest’ultimo. Ma se l’Istat ci dice che questo è un paese in cui il 46 per cento dei cittadini tra i 25 e i 64 anni ha al massimo la terza media (media Ue al 27), che appena il 47 per cento legge almeno un libro all’anno e che solo il 55 per cento legge un quotidiano una volta alla settimana, allora le cose cambiano. Allora tutto è possibile.
Alla fine della sua parabola (perché, durasse ancora dieci anni, Berlusconi è ormai alla fine), si comprende chi è l’homo berlusconianus. E’ l’uomo e la donna in vendita, alla ricerca costante di una via facile e semplice da percorrere. La famosa “via del successo”.
Emergono in questi giorni ulteriori particolari di questa costante vendita dei corpi. Essa è certamente squallida: ma meno colpevole della vendita delle menti. La mia concittadina Barbara Faggioli al telefono spiega: “Per l’amor del cielo, ci si sta costruendo una carriera, però bisogna vedere se va in porto sta carriera… Se poi non va in porto? Rimango con la laurea e un calcio nel culo! Come tanti altri ragazzi”. Questa povera ragazza mi fa solo un’enorme pena. Ed è solo una delle tante che hanno cercato una scorciatoia.
Perché questo è un paese dove da anni si fa a gara a prostituirsi. Una intera classe dirigente, a tutti i livelli (dal più insignificante consigliere comunale al primo consigliere del capo) si è venduta in cambio di qualcosa. Ha ceduto un pezzo di verità in cambio di potere, sesso, denaro.
La parte è diventata il tutto. Berlusconi ha esteso a dismisura i limiti del modello capitalistico, che suggeriva di rendere merce ciò che poteva diventarlo. Ma c’erano dei beni indisponibili al mercato: ora non è più cosi. Tutto, veramente tutto, si può comprare ed essere venduto. Il modello (che non ha certo inventato il Cavaliere) si è diffuso in Italia ogni dove, capillarmente. E solo chi dispone di enormi ricchezze può permettersi di comprare tutto e tutto.
Molti hanno resistito, è evidente. Ma tra i dileggi e l’isolamento. L’esempio più lampante è quel 46 per cento di lavoratori di Mirafiori che, davanti al ricatto di perdere il proprio posto di lavoro, ha comunque votato no al referendum. Da qui lo sconcerto di molti intellettuali e politici: perché quei uomini e quelle donne, per difendere ciò che ritenevano un loro diritto, hanno rischiato di andare contro i loro stessi interessi. Eppure quei lavoratori oggi sono considerati il vero rischio per questo paese, la causa del nostro declino: non certo un presidente del Consiglio dai poteri illimitati e corruttore dei costumi.
Emerge dunque in tutta la sua chiarezza quale sia il modello berlusconiano: la prostituzione costante, continua, incessante. La prostituzione come unica possibilità per poter avere i mezzi per potersi realizzare.
In questo sta lo sconcerto per la mancata reazione della Chiesa. Che certo, come ha ricordato Messori con ferocia sul Corriere della Sera, ha sempre preferito un politico puttaniere ma che fa gli interessi del Vaticano, ad uno irreprensibile che non accontenta i vescovi.
Ma qui in gioco non c’è l’otto per mille: qui in gioco c’è un modello educativo. Altri politici, forse anche più discutibili di Berlusconi, pubblicamente incarnavano un modello gradito alla gerarchie. Come invece il modello berlusconiano possa essere ritenuto compatibile con l’idea che il Vaticano ha della società è veramente difficile da comprendere. Ma tant’è. La crisi di questi giorni ha il pregio di mostrare impietosamente la labilità di tante istituzioni, non solo di quella repubblicana.
Ecco perché alla fine, tutto torna a noi. Si tratta di capire che uomini e donne vogliamo essere, come vogliamo far crescere i nostri figli. Centrodestra e centrosinistra non c’entrano nulla: c’e entrano i valori in cui crediamo.
Non ho idea di cosa si possa fare tutti assieme per aiutare questo paese a risollevarsi. So però cosa posso fare io per conto mio. E forse lo sa ognuno di noi.
Ma il nostro paese è arrivato ad un punto di bassezza tale che affermare “i valori in cui crediamo” ci fa sentire ipocriti, bigotti o incredibilmente ridicoli. Poveri noi.
Mi sorprende, infatti, chi non nota nulla di paradossale nell’intervista fatta da un vassallo di Berlusconi alla ragazza che sta inguaiando (ma poi, chissà) Berlusconi. Non mi sorprende invece che a questo teatrino venga dato, da molti(tutti lettori di Chi e Tv sorrisi e Canzoni?)anche solo un minimo di credibilità: “ma lei si è difesa…ma lei ha detto che non è vero niente…ha fatto vedere una ferita in testa, poverina ha fatto una vita terribile”. E’ lo strapotere culturale del mezzo: “l’ha detto la televisione”, dunque “deve” essere vero. Detto questo, con la solita depressione per come siamo arretrati e bovini, parliamo d’altro: Berlusconi passerà, ma i suoi cloni e il suo modello educativo non so 🙁 , nel frattempo i problemi veri (innanzitutto, il lavoro) rimangono tutti.
Povere ragazze?
Le povere ragazze, caro Vito, sono quelle che stritolano i propri sogni in un call center o dietro ad un bancone.
Le povere ragazze sono quelle che quotidianamente si arrabattano per mettere assieme il pranzo con la cena.
Le povere ragazze sono quelle che, dignitosamente, lavorano onestamente e, magari, mandano avanti una famiglia.
Quelle, la Faggioli, la Sorcinelli, sono coloro che hanno fatto del meretricio non professione ma diletto retribuito… in altre parole…
Bhè, ma è un bello scegliere tra il meretricio dilettuoso o il vano arrabattarsi!
Gran bel vivere! Gran bella società. Non trovi?
“Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.” (Concita De Gregorio)
E’ proprio così.
Parlando con certe persone di questi ultimi fatti, ma anche di quelli che li hanno preceduti e, più in generale, della deriva a cui stiamo assistendo, mi capita di aver paura di essere percepito come bigotto, ridicolo. Quando mi trovo davanti il muro di gomma che alcuni tirano su di fronte alle argomentazioni più stringenti e i toni si fanno un po’ più alti, ho paura di apparire ossessionato, quasi isterico. Eppure queste persone non si sono prostituite, non riesco a vedere il compenso per la prestazione. La cosa peggiore è che tutto questo è limitante per me. Perché a un certo punto sembra che la parola, il ragionamento, non bastino più. E allora mi censuro o divago. Ché con quelle persone, poi, ci devo comunque continuare a vivere, lavorare, ecc.
(ps: “durasse ancora dieci anni, Berlusconi è ormai alla fine” – ma stai scherzando? va bene enfatizzare il concetto, ma fare sprammare la gente…)
L’anomalia Berlusconi non ha consentito al sistema politico italiano di trovare un assetto fisiologico. Ma pure berlusconi passerà, ( credo prima che l’opposizione si sarà preparata ad affrontare il momento) e dalle ceneri dell’italia qualcosa di buono verrà fuori.
Centrosinistra e centrodestra pensino bene al dopo, che non è neppure tanto lontano.
Sulla vicenda Ruby la mia idea me la sono fatta. E penso che la magistratura invece di stare a rompere le palle all’Italia cercando di incastrarlo relativamente alle sue abitudini sessuali (quella squinzia sarà stata pure minorenne ma poco mi scandalizza,è più vissuta di una normale 30enne italiana), o a veniali reati di concussione, dovrebbe cercare qualche capo d’accusa che insista sulla pericolosità rispetto l’interesse pubblico dei suoi comportamenti e del suo stile di vita spregiudicato . Son tutti focalizzati sulla questione morale, ostentando spesso un moralismo finto e di circostanza, ma non si insiste abbastanza sulla inidoneità del presidente ad occupare quel ruolo per la sua palese, evidente e dimostrata ricattabilità. Oltrettutto è recidivo non ravveduto, quindi irrimediabilmente pericoloso.
Nel dire che la politica si fa nelle redazioni dici, o quanto meno riporti, una verità assoluta. Ormai nei dibattiti televisivi gli ospiti di turno non sono più, o non solamente, i politici (parola grossa politici, perchè affibiata a chi occupa i posti in parlamento al giorno d’oggi è quasi un eresia), bensì direttori dei quotidiani. Il caso dell’onnipresente Sallustri è emblematico. E nelle redazioni dei giornali e dei telegiornali si compie la trasformazione della notizia in una bugia.
Ma forse la cosa più triste è in noi, in chi ascolta le pseudo notizie. Perchè non siamo più in grado di ragionare con la nostra testa, e abbiamo bisogno di sentire le cose che vogliamo sentire. Così la notizia si è trasformata in una merce, niente di diverso rispetto ad un paio di scarpe che ci piacciono e che vogliamo acquistare. Non abbiamo bisogno di riflettere sugli avvenimenti, ascoltiamo e sentiamo le riflessioni già partorite dai giornalisti servi dei padroni. E’ tutto più semplice, ma terribilmente pericoloso e degradante.
Chi come me lavora con gli adolescenti ha la possibilità di toccare con mano gli effetti che questo “modello imposto” ha sulle nuove generazioni.
Parlo dei nuovi modelli di riferimento, dei personalissimi e soggettivi obiettivi personali per un qualunque futuro professionale ,o ancora di ambizioni di vita, e posso dire che sono lontanissimi dai danni che (l’allora neonata Mediaset) ha perpetrato sulla mia generazione.
Ho però la cosapevolezza che certi modelli possono essere contrastati, in primis in seno alle famiglie, e poi nelle altre agenzie educative, dalla scuola ad altri contesti.
La figura dell’adulto “pensante” è sempre più indispensabile, e al contempo, merce sempre più rara; il problema non sono le nuove gerazioni di per sè, ma chi le cresce, e questo ci chiama a responsabilità enormi.
So che è possibile essere buoni adulti, e so che può fare la differenza tra crescere una figlia pche pensa che Ruby sia una che ha capito tutto, oppure una povera ragazzina in mano ad un vecchio con un potere immenso.
Io me ne faccio carico personalmente, e forse come me tanti, ma evidentemente non abbastanza, altrimenti, il paese sarebbe stato in rivolta.
E’ così. Ho sentito ragazzini e ragazzine dire cose del tipo “Fabrizio Corona è il mio idolo”.
Una cosa orribile.
Se non c’è spirito critico, se non c’è Filosofia (nel più alto significato del termine, “amore per la conoscenza” – perché conoscere è fondamentale, soprattutto per agire), non c’è che la vuota Retorica. Ed è un questo che ormai stiamo impastati fin oltre il collo.
Si, in effetti l’intervista a Ruby era pietosa. Hanno trovato il modo di darle ulteriori soldi perchè chiuda la bocca. Non so se Berlusconi finirà per questo motivo, ma prima o poi, anche lui dovrà andarsene, volente o nolente. Ma tutti i danni che il suo modo di fare hanno portato a livello etico e morale rimarranno a lungo. Sarà sempre più difficile far comprendere l’utilità dello studio per tanti anni se per fare carriera politica o televisione basta offrire il proprio corpo al potente di turno.
Ho appena visto un servizio del TG3 dove si smonta, punto per punto, l’intervista rilasciata da Ruby a signorini ieri sera. A seguire un servizio, molto ben fatto, di Paolo Piras sullo stesso argomento. Non ci rimane che il TG3!
Vito, sottoscrivo TUTTO ciò che hai scritto.
«la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza». Ormai l’Italia è esattamente come il mondo descritto da Orwell nel romanzo “1984”.
Siamo a una specie di realizzazione sperimentale dell’incubo di Orwell.
La neolingua distorce il senso delle parole e il Ministero della Verità si incarica di diffondere il senso comune, riscrivendo la storia a piacimento -vedi “mani pulite”, sostenuta inizialmente sia dalla Lega che dalla nascente Forza Italia diventare il Male Assoluto quando le ingdagini toccano LUI-
La coercizione diretta non viene esercitata, ma al suo posto si coltiva la marginalizzazione del dissenso -e la sua criminalizzazione è solo una questione di tempo e opportunità-
D’altra parte è bene ricordarsi che l’Italia, e specificamente Milano è stata l’incubatrice di un modello largamente imitato nel secolo scorso -il fascismo-
Solo la coscienza e la testimonianza degli uomini liberi ci potrà indicare la strada per uscire da questa fogna.