Politica / Sardegna

“Energia in Sardegna, sei punti per iniziare a fare chiarezza” di Fernando Codonesu

La posa del cavo SAPEI

Tra gli animatori a Cagliari della Scuola di cultura politica Francesco Cocco, Fernando Codonesu è l’autore di uno dei libri per me più interessanti sulle servitù miliari: “Servitù militari: modello di sviluppo e sovranità in Sardegna” (Cuec, 2013). Ma allora perché adesso parla di energia? Perché è laureato in Fisica alla Statale di Milano e in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico e da decenni si occupa di ambiente, energia rinnovabile e sviluppo sostenibile. Una voce da ascoltare.

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A oggi l’articolo del 13 agosto “Informazione in Sardegna: Zuncheddu e Pili sulle orme di Grauso e Liori” ha ricevuto 65 commenti e già questo sta ad indicare che gli argomenti sollevati godono di tanto interesse tra i lettori del blog, lettori che mi permetto di dire sono costituiti da persone con diverse posizioni politiche. E meno male!

Personalmente l’ho apprezzato molto, sia nella parte che riguarda l’informazione motivatamente concentrata sul gruppo editoriale Unione Sarda che sull’argomento base ad esso sotteso: la speculazione energetica che ha portato al più che noto abnorme numero di progetti da fonte rinnovabile, limitatamente al foto(agri)voltaico e eolico (on shore e principalmente offshore) e relative istanze di allacciamento alla rete di trasporto nazionale (principalmente Terna e come secondo livello Enel) e di distribuzione, appunto Enel Distribuzione.

Acquisito che si tratta di un’invasione di tipo coloniale (e su questo ritornerò successivamente), proviamo però a chiarire un concetto di fondo: quando si parla di energia, con qualunque livello di argomentazione, si parla di politica, anzi di grande politica, giacché l’energia tocca tutti gli aspetti della vita organizzata, a qualunque latitudine del pianeta.

E, ovviamente, bisognerebbe parlare di “politiche energetiche” e questo coinvolge i livelli locali, regionali, nazionali e sovranazionali. Un bel problema, quindi, che richiede maggiore informazione, rigore metodologico, conoscenza approfondita dei temi trattati.

Dal mio punto di vista, proprio perché si tratta di ragionare sul tema dell’energia (elettrica, termica, della mobilità pubblica e privata, del freddo, etc.) ci vorrebbe almeno un’infarinatura di alcuni principi e nozioni tecniche di base, che so, qualche conoscenza di termodinamica, o di impianti energetici o di reti elettriche a vari livelli (trasporto e distribuzione). 

Per esempio, sapere che tra un impianto fotovoltaico casalingo da 3 Kw che funziona e produce per 1350 ore all’anno e una centrale elettrica che produce per 8760 ore all’anno al lordo del periodo di manutenzione (da quattro a otto settimane al massimo a seconda del combustibile) c’è una grande differenza e si tratta di impianti con problematiche totalmente differenti.

Provo dunque ad elencare alcuni punti fermi che dovrebbero valere per tutti.

Statuto ed energia
Intanto, la Sardegna non ha mai avuto alcuna competenza sul trasporto dell’energia: lo Statuto di Autonomia indica la competenza primaria sulla “produzione e distribuzione”, la parola trasporto non è mai esistita.
Naturalmente c’è una spiegazione piuttosto semplice che non fa onore né a noi né allo Stato centrale. Chi conosce la genesi dello Statuto sardo non ha alcuna difficoltà a riconoscere che in termini di testo molto si deve allo statuto della Regione Sicilia che sul punto riportava esattamente la competenza sulla produzione e distribuzione, ma traslato sulla Sardegna il punto è totalmente deficitario.
Nel caso della Sicilia, infatti, si stavano già predisponendo i piloni per il collegamento tra le due sponde dello stretto e trattandosi di appena 3 km di distanza non si poneva proprio alcun problema rispetto alla problematica del trasporto dell’energia. Nel nostro caso, e questo adesso lo capisce qualunque persona di buon senso, il trasporto è fondamentale a meno che non si volesse procrastinare in eterno la condizione di “sistema elettrico isolato” come è stata la Sardegna fino all’entrata i funzione del cavo SAPEI, l’unico che ci ha permesso di ragionare in termini di rete magliata e fare al meno di quella riserva che tra “riserva calda e riserva fredda” era pari all’85 per cento anche se nominalmente superava pure il 100 per cento.
Quindi, poche chiacchiere: la Sardegna non ha mai avuto, statutariamente parlando la competenza su tutto il processo energetico: produzione, distribuzione e trasporto.

I cavi 
I collegamenti della rete elettrica sarda sono costituiti dal cavo SACOI (Sardegna Corsica Italia) per un totale di 350 Mw di potenza, di cui 50 dedicati alla Corsica; dal cavo SAPEI per un totale di 1000 Mw; e dal Thyrrenian Link in via di costruzione per altri 1000 Mw. Questi cavi, come tutti i cavi di trasporto dell’energia elettrica, sono bidirezionali, il che significa che possono importare ed esportare energia.
Consideriamo che il SACOI può essere ritenuto ormai “in pensione”, anche se continuerà comunque a garantire la sua funzionalità, ovviamente con minore efficienza, ancora per due decenni circa. Immaginiamo che i due cavi siano in grado di funzionare con il massimo dell’efficienza per l’80/90 per cento della capacità di trasporto: un semplice calcolo aritmetico ci permette di dire che possono essere trasportati ad oggi 9.460.000 Mwh annui, ovvero circa 9.5 Twh di energia elettrica che equivalgono al fabbisogno complessivo certificato dal GSE per l’intera Sardegna.

Il ruolo di Terna
Terna non è una multinazionale come dice qualche dirigente o esponente dei comitati del No: è una società pubblica al cento per cento nata a seguito del decreto Bersani del 1999 che ha determinato il processo di liberalizzazione del settore elettrico italiano. Il monopolio Enel nato nel 1962 venne diviso in tre parti. la produzione che venne in parte venduta con la procedura relativa alle cosiddette GenCos (società di generazione), la distribuzione mantenuta come Enel Distribuzione, in parte in alta tensione e soprattutto media e bassa tensione, e il trasporto fortunatamente rimasto in mano allo Stato con la società Terna (alta e altissima tensione).

Il progetto Galsi
Durante la presidenza Pili (nel 1999 e tra il 2001 e il 2003), uno dei principi ispiratori del Piano energetico regionale era “la Sardegna piattaforma energetica del Mediterraneo” grazie al Galsi (Gasdotto Algeria Italia) e ai nascenti progetti di impianti eolici (poi fotovoltaici). Quello stesso presidente della Regione oggi scrive tutti quegli articoli fotocopia sull’Unione Sarda di Sergio Zuncheddu contro le rinnovabili e non solo. Secondo la stampa di allora e il ruolo di quella presidenza, lo stesso Galsi era nato da una ispirazione e/o idea nata in viale Trento 69, non nell’Europa della Commissione Prodi (1999-2004): guarda un po’ cosa si doveva sentire!

La follia della dorsale del metano
Per la Sardegna la dorsale del metano è una follia: la ritengo antistorica, inutile e dannosa. E a poco vale la considerazione che le emissioni di CO2 del Gnl o del metano sono circa la metà di quelle del carbone: sempre di combustibili fossili si tratta!
Se l’avessero realizzata in concomitanza con l’industrializzazione degli anni ’60/70, quella dei poli industriali, ancorché inaccettabile l’avrei capita: oggi va respinta al mittente con forza. Per il colmo della storia, quella che per cinquant’anni è stata una carenza infrastrutturale, un grave problema per lo sviluppo, oggi va vista come la nostra salvezza e c’è chi ci vuole far tornare velocemente nel passato dell’energia.
Equivale alla condanna definitiva della Sardegna alla fine di tutto e di ogni possibile forma di transizione. Chi porta avanti un simile disegno, comunque mascherato (e dispiace che la stessa Cgil ne sia un alfiere), è contro la transizione ecologica e contro la transizione energetica.

Gasdotti e idrogenodotti
I gasdotti attuali non sono adatti al trasporto dell’idrogeno, almeno non del solo idrogeno. Tutti i gasdotti attuali possono trasportare solo idrogeno miscelato con altro gas. Per il trasporto dell’idrogeno bisogna pensare a tecnologie innovative che modifichino le attuali specifiche tecniche degli acciai e altri materiali compositi utilizzati per la costruzione e posa in opera di tutti i gasdotti esistenti.
In effetti, si pensa di poter costruire nuove reti di idrogenodotti. I processi più efficienti per ottenere l’idrogeno si basano sull’elettrolisi e il rendimento di tale processo è piuttosto basso essendo nel rapporto di 4 a1, ovvero circa il 25 per cento, max 30 per cento.
Insomma, si parla e straparla di idrogeno come se fosse a portata di mano, ma per ora è di là da venire.

Fernando Codonesu

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17 Comments

  1. Apprezzo molto questi chiarimenti e ringrazio.
    Mi esprimo solo su un dubbio personale. Dubito sul fatto “che si tratta di un’invasione di tipo coloniale”. Mi pare che ogni tanto sarebbe doveroso ammettere che quelli che ci invadono e che chiamiamo “poteri forti” a volte sono semplicemente persone e organizzazioni di persone che sono state più attente, che hanno investito il proprio tempo per informarsi e per studiare i cambiamenti e i progressi tecnologici prima e più di noi e delle nostre organizzazioni. Per questo hanno potuto presentare progetti e beneficiare dei finanziamenti disponibili per l’innovazione. Finanziamenti disponibili per tutti, ma che in Sardegna ignoriamo. Bisogna capire perchè succede. I nostri mezzi d’informazione dovrebbero aiutarci in questo …
    Dobbiamo superare i nostri limiti dedicando tempo alla politica vera e alla ricerca del bene comune, studiando con gusto e consapevoli della nostra intelligenza. Chi riesce a fare meglio queste cose vince, chi pensa che ci siano inevitabilmente poteri più forti ha già perso

  2. Andrea says:

    Sulla storia dell’energia elettrica in Sardegna consiglio due letture:
    – “Storia dell’elettrificazione della Sardegna” di Fabrizio Benincasa
    http://eprints.bice.rm.cnr.it/13144/2/StoriaElettrificazioneSardegna_CNR.pdf
    – “La rivoluzione dell’illuminazione elettrica in Sardegna: 1915-2015” di Guido Pegna (2015) http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/6582

  3. Antonio says:

    Come si fa a dire che Terna è 100% pubblica?!? Mah… https://www.terna.it/it/investitori/azionariato-patti-parasociali

    • Questo grafico conferma proprio che tutti gli investitori di terna sono soggetti pubblici

    • Fernando Codonesu says:

      Antonio,

      sul punto, oggi, non posso che convenire con te.
      Nella mia esposizione, a differenza delle corbellerie che si raccontano su Terna, ci tenevo a ricordare i fondamenti del processo di liberalizzazione del mercato elettrico che ha visto esattamente la sequenza da me ricordata.
      Il monopolio Enel, nato nel 1962, venne diviso nelle tre attività costituenti il processo dell’energia elettrica: Generazione, Trasporto e Distribuzione, già verticalmente integrate.
      Alcune centrali (le GenCos) vennero messe sul mercato, diciamo che vennero subito privatizzate con un meccanismo di gara: su questo punto entrarono in gioco sia gruppi privati che multiutilities pubbliche. La parte relativa alla distribuzione è quella che conosciamo come “Enel distribuzione” a cui rimase in capo la gran parte della rete nazionale di distribuzione (BT, MT, AT), al netto delle parti già in capo ad altre multiutilities locali più rappresentative, soprattutto nel Nord e centro Italia, Lazio compreso (vedi Acea). Enel venne quotata in borsa abbastanza presto: ad oggi lo Stato ne detiene direttamente il 23,6%, gli Istituzionali hanno il 58,6% e gli investitori individuali il 17,6%.
      Per la parte del trasporto venne appunto costituita Terna SpA, inizialmente al 100% pubblica.
      Si volle evitare così il disastro della privatizzazione della telefonia (vedi Sip/Telecom) avvenuto pochi anni prima.
      Successivamente Terna è stata quotata in borsa e come in tutte le quotazioni una parte delle azioni è andata alla clientela retail (leggi risparmio delle famiglie o investitori individuali), una parte agli investitoti istituzionali (compresi quelli esteri, alcuni sono operatori di rete con reciprocità da parte di Terna) e la grossa parte rimane in mano allo Stato, con CDP e altri, che ne esercita il controllo anche al di là del potere del “golden power”.
      I siti istituzionali delle società quotate sono utilmente e pubblicamente consultabili per avere i dati in tempo reale.
      Come ben sai il processo di liberalizzazione del mercato può dirsi concluso questo anno, ovvero dopo 25 anni dal decreto n. 79 del 16 marzo 1999, noto come decreto Bersani.

  4. Salvatore says:

    Perché i politici non si avvalgono di pareri di esperti come Fernando Codonesu quando si tratta di decisioni di vitale importanza?

    • Mah, di nuovo opinioni con dati parziali e superati. I cavi saranno si 3 con il TLink da 1GW e così il Sacoi in fase avanzata per la sua sostituzione, mentre il Sapei i mille Mw se li sogna da un bel pò di tempo ed andrà a peggiorare continuamente per anzianità. In ogni caso al 2030 la capacità di esportazione sarà più o meno di 2.5GW e la richiesta nell’isola sempre meno di 1GW. La somma del trasportabile è quindi del producibile non può che essere la base tecnica (in politica si riesce a far fare 3 o 5 al 2+2…) sulla quale ragionare per fare i conti. Così come si deve ragionare sul significato dato dal termine transizione. Che ovviamente è “il passaggio da uno stato ad un altro” e non un punto di arrivo. Nella fattispecie l’esperto converrà che al momento sono la Fusione, per la quale si continua a spostare avanti di molti decenni, per volta, il suo arrivo, e l’idrogeno, molto più realisticamente a portata di mano. Ha detto giusto sui dati della producibilita ed anche sulla possibilità del trasporto dell’idrogeno, che però riguarda le condotte esistenti che in Sardegna non abbiamo. E non si capisce perchè la nostra possibile e giusta dorsale, con il gas nella transizione, non debba essere realizzata, prima nel Paese che dovrà investire allo scopo, per sostiture quelle esistenti, per il trasporto dell’idrogeno.

      • Andrea says:

        > In ogni caso al 2030 (…) la richiesta nell’isola sempre meno di 1GW
        Io credo invece che nel 2030 con un grande numero di auto elettriche la necessità di energia elettrica sarà molto più alta, non sono in grado di stimarla ma sicuramente più di 1GW (forse anche 4)…

        > la Fusione, per la quale si continua a spostare avanti di molti decenni
        esatto, in ogni caso quando la Fusione sarà disponibile sarà necessario un bel cavo per portare in Sardegna l’energia elettrica di cui si avrà bisogno

        > e l’idrogeno, molto più realisticamente a portata di mano
        come insegnano i luoghi (es. Norvegia) in cui hanno già auto a idrogeno (e possibilità di fare rifornimento in autostrada) dipende tutto da come si crea l’idrogeno: se si usa energia da fonte fossile (carbone o gas, metano compreso) siamo punto e a capo… quindi la domanda si sposta di poco: come ricaviamo l’energia elettrica per generare l’idrogeno?

  5. Gabriele says:

    Concordo su tutto l articolo scritto dall’ ing .Codonesu,l unico appunto che mi sento di fare è sulla competenza legislativa della Regione Sardegna sull energia..da quello che mi risulta è una competenza concorrente con lo Stato e non primaria..per il resto ha spiegato benissimo la tematica..
    E certamente la dorsale del gas oggi sarebbe una follia!!!

  6. Premesso che per me la liberalizzazione della filiera dell’energia ha provocato solo danni e che in generale le condizioni precedenti erano migliori e che non sono contro le rinnovabili, continuo a ritenere convinto del fatto che un’isola con 1.600.000 abitanti non deve ritrovarsi il proprio territorio sfregiato e subire espropri per produrre energia per 60 milioni di abitanti producendo profitto per una manciata di speculatori senza scrupoli.

    Chiunque abbia l’intenzione di combattere la speculazione ed evitare che la sardegna sia trasformata in una selva di pale, avrà il mio plauso.

    • Pietro says:

      Mi sembra difficile alimentare 60 milioni di persone senza cavi di trasporto come ben spiegato nell’articolo. La prima cosa da fare per i sardi è smettere di seguire Mauro Pili e le sue inchieste farlocche

  7. Grazia says:

    Avrei quache domanda: Sacoi per il trasporto e successivamente TL quanta energia viene trasportata in Sardegna? È indispensabile per noi? Perché?

    • Efisio says:

      Perché un sistema elettrico è tanto più affidabile quanto è più interconnesso. Affidabilità di un sistema elettrico significa SVILUPPO, BENESSERE e RICCHEZZA.
      Ma in Sardegna firmano per sottosviluppo e disoccupazione.
      No alle pale eoliche, no al Tyrrenian link.
      Tutti a piantare mariuana, che rende, e con l’aumento delle temperature, la combustione o la contaminazione dei boschi avremo sì un fantastico paesaggio pieno di piantine di canapa.
      Non chiamatela Pratobello, però, quella era gente che voleva lavorare, non parassitare.

      • Amadeo says:

        Sono perfettamente d’accordo. La destra, sconfitta nelle elezioni regionali, pensa bene di rivalersi intestandosi, attraverso l’unione sarda, la leadership del malcontento paesaggistico anti speculazione eolica. Modificando sostanzialmente, con la colpevole e servile acquiescenza dei comitati territoriali, l’obbiettivo reale della protesta: dal no alla speculazione liberista al no alle energie rinnovabili.
        Sperando con questo di prendere due piccioni con una fava: far cadere la giunta e riproporre ìl gas algerino come un̈ica alternativa al fabbisogno energetico. E’ questo amore per la Sardegn̈a? A me sembra somigliare all’amore per l’Italia di Berĺusconi.
        La Storia però andrà avanti, tranne che per noi.

  8. Cristian says:

    Ormai i parei degli esperti devono arrivare dai blog (e poi ci si meraviglia della disaffezione dei lettori rispetto ai quotidiani)

  9. Umberto says:

    Credo che in tutto questo, manchi la prima parte della Storia della Sardegna,la cosiddetta isola dei laghi,il progetto della Società Elettrica Sarda e il suo confluire dell’Enel .
    Il palazzo Tirso a Cagliari era la sede della famosa Società.
    Vale la pensa ragionare e pensare alla politica energetica messa in campo agli inizi del 900,che doveva sostituire le centrali a carbone.
    Oggi serve buon senso da parte di tutti.
    Noto con grande dispiacere che tutti esprimono opinioni,ma non la verità sulla storia energetica sarda.
    Ricordiamo che lo statuto sardo del 1948 coincide stranamente con l’ assorbimento della società elettrica nell’ Enel.
    Ricordiamo la battaglia o meglio dire la guerra tra il consorzio di Oristano e Enel per aver riconosciuto i nostri diritti su di essa.
    La Storia insegna tanto se la si riporta con onestà e non faziosità.
    La Sardegna merita persone oneste che non usino,colonizzando questa Terra come è successo nei secoli .
    Buona Domenica.
    W i Sardi
    W La Sardegna.

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