“Nessuno slogan”. Lo confesso: la comunicazione di Paolo Truzzu la trovo intrigante. Ma d’altra parte, che cosa può dire il candidato della destra, chiamato a sostituire in corsa il presidente uscente Christian Solinas, da tutti ritenuto artefice di un disastro senza pari? Niente, Truzzu non può dire niente. Solo provare a far dimenticare che pure il suo partito, Fratelli d’Italia, in questi ultimi cinque anni di governo regionale ha dato il suo contributo allo sfacelo.
Il punto è che uno slogan così ardito funziona se, al contrario, si hanno molti slogan, ovvero molti argomenti da giocare in una campagna elettorale così breve. Il rischio è invece che questa sfrontatezza si trasformi in una drammatica ammissione di pochezza: da “nessuno slogan” a “nessun programma” il passo e breve; e a questo punto, qualcuno potrebbe arrivare perfino a dire: “nessuno slogan, nessun programma, nessun candidato”.
Già, che candidato è Paolo Truzzu? Me lo chiedono tanti amici non cagliaritani che non sanno prendere le misure al sindaco del capoluogo, e dunque offro al dibattito la mia riflessione.
Nonostante l’età (ha 52 anni), possiamo definire Paolo Truzzu un politico d’altri tempi. Perché è un uomo di partito, fedele all’organizzazione come lo poteva essere un dirigente del Pci negli anni ’50. È entrato giovanissimo in una famiglia politica dove era difficile fare carriera e lì coerentemente ha fatto tutta la sua strada, senza alcun cedimento: di destra era quando il suo partito era ai minimi termini, di destra è oggi che rischia di diventare presidente della Regione.
Attenzione, però: Truzzu non è, come è stato scritto, “il pupillo di Giorgia Meloni”. Anzi, come lui stesso ha ammesso in una recente intervista all’Unione Sarda, il suo rapporto con la presidente del Consiglio, seppur di lunga data, non è mai stato eccessivamente cordiale.
Il suo impegno politico è iniziato all’Università, poi è proseguito in circoscrizione (di cui è stato presidente), poi il salto alla Regione in qualità di consigliere, poi cinque anni fa l’elezione a sindaco di Cagliari.
Su questa sua esperienza i giudizi si dividono. E il motivo secondo me è semplice.
In città, la destra più estrema lo ha da subito criticato perché non ha cavalcato le parole d’ordine che hanno fatto la fortuna del partito. Per certi aspetti, Truzzu ha infatti agito in continuità con l’amministrazione Zedda (e infatti, per irriderlo, lo chiamavano “Massimo Truzzu”). Le tanto odiate piste ciclabili, ad esempio, non solo non le ha smantellate ma le ha perfino potenziate.
Ma soprattutto di Truzzu non troverete mai dichiarazioni deliranti o anche solo sopra le righe su temi sensibili come quelli dei migranti o degli omosessuali. In questo senso, è un Fratello d’Italia atipico, non c’è che dire.
Dopodiché, come ha governato la città negli ultimi cinque anni? Sinceramente, non mi sento di buttargli addosso alcuna croce. Anche lui come i suoi predecessori ha puntato tutto sui lavori pubblici, riempiendo di cantieri la città. Il resto, lo ha lasciato così come lo ha trovato, provando anche, dove poteva, a peggiorare la situazione (penso, ad esempio, alla cultura).
Ma d’altra parte, Cagliari ha una classe dirigente mediocre di cui il consiglio comunale e la giunta sono specchio fedele. Non penso che la sua amministrazione abbia fatto peggio della seconda giunta Zedda (quella dove, giusto per ricordarci, uno degli assessori era Gianni Chessa), ma siamo sempre in una dimensione di evidente inadeguatezza.
Inoltre, in quanto politico d’altri tempi, bisogna dare atto a Truzzu di non aver alimentato voci e pettegolezzi sul suo conto di nessun genere. Alzi la mano chi ha mai sentito in questi ultimi venticinque anni una chiacchiera (pubblica o privata) su di lui: io, mai.
Allora, perché questa diffusa insoddisfazione nei suoi confronti? Bastano i cantieri che hanno intasato il traffico? Troppo poco.
Io penso che Paolo Truzzu paghi soprattutto la sua “ordinarietà”: guardando ai suoi predecessori, non ha il carisma di Mariano Delogu, né il potere di Emilio Floris, né la guasconeria di Massimo Zedda. È una persona normale. Normali anche le sue passioni: è un sincero tifoso del Cagliari, me lo ricordo da giovane in Curva Nord, poi è passato in Distinti, settore in cui è rimasto anche da sindaco, rifuggendo gli onori della tribuna.
Nella sua vita professionale, ha fatto la carriera da impiegato comunale: niente di più e niente di meno. Ma questo però è stato ed è, banalmente, il suo limite. Il limite di chi ha difficoltà a volare alto e che, soprattutto, segue sempre e comunque la linea del partito.
Da sindaco, il peggio di sé lo ha infatti dato quando non è riuscito a difendere le ragioni della città su temi che andavano oltre l’ordinaria amministrazione, evitando di contrapporsi con la giunta regionale guidata dal centrodestra, e cito solo tre esempi.
Il primo riguarda la sanità: nei mesi del Covid, mentre la giunta Solinas si mostrava assolutamente inadeguata (e infatti nel resto dell’isola tutti i primi cittadini scendevano in piazza per difendere gli ospedali e i servizi essenziali), Paolo Truzzu ha preferito far finta di nulla anche quando il pronto soccorso del Santissima Trinità è rimasto chiuso per ben sei mesi.
Poi l’area metropolitana: quando alla Regione si è deciso che i confini dovevano allargarsi, snaturando di fatto un ente che stava iniziando a lavorare bene, lui si è sì opposto, ma poi si è fatto dettare la linea dal sindaco di Barrali (1103 abitanti), in quel momento capogruppo in consiglio regionale di Fratelli d’Italia.
Terzo episodio: le regate dell’America’s Cup. Sarebbero state un appuntamento eccezionale per la città e sono saltate per uno sgarro del presidente Solinas allo stesso Truzzu, il cui nome stava già circolando quale possibile candidato alla presidenza della Regione. Un altro sindaco si sarebbe fatto sentire in maniera energica. Truzzu no: solo un flebile dissenso, poi le ragioni della città sono state messe da parte.
È dunque questo il vero limite di Paolo Truzzu. Non andate alla ricerca di scandali, scandaletti, post compromettenti, finti tatuaggi: non è questo il punto. Truzzu non è un condottiero che spinge il suo esercito alla battaglia, non sa volare alto. Lui tace e acconsente. Perché è solo un uomo di partito che non farà mai niente contro il suo partito. Neanche, credo, il bene della Sardegna.
In realtà Truzzu non nasce istruttore amministrativo, qualifica che riveste dopo aver vinto un concorso nello stesso comune di cui è sindaco nel 2010. In precedenza lavorava nel settore del marketing, ma evidentemente senza grossi risultati. Effettivamente è il perfetto Medioman, perché non può neanche definirsi neofascista o postfascista. Pare che, almeno un tempo, facesse parte della corrente dei “Gabbiani” di Fabio Rampelli, che, non si sa se per convinzione o per vendicarsi dell’emarginazione subita da “Io sono Giorgia”, ultimamente sta prendendo posizioni decisamente antifasciste. Truzzu comunque, se lo si dovesse definire, è piuttosto un cattolico conservatore. Se venisse eletto, il che non è da escludersi, non trasformerebbe il consiglio regionale nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Più probabilmente, come tu, Vito, dicesti un tempo di Pigliaru, interpreterebbe il suo ruolo come quello di un “rappresentante dell’Italia in Sardegna”, piuttosto che di un presidente della Sardegna, e darebbe vita a un’amministrazione di sbadiglievole mediocrità. Qualcuno magari penserà meglio questo delle faville promesse da Soru o del ritorno di una sinistra che sembra studiarle proprio tutte per scontentare i suoi elettori. De gustibus non disputandum. Resta il fatto che se il buon Truzzu non è un fascista, neofascista e postfascista, certi metodi in uso nel suo partito lasciano quanto meno perplessi. Vedasi la vicenda, tutta da chiarire, dell’estromissione di Enrica Anedda, al cui riguardo non è un segreto che una certa linea di “fedelissimi” consideri lei, il defunto padre Gianfranco e addirittura il nonno ex podestà fascista troppo “atipici” per essere destra pura, forse perché di remote origini sardiste e, per quanto riguarda Enrica, troppo convinte di cose considerate “de sinistra”. Come per esempio la libertà di stampa.
Come i difensori dufficio che davanti all’evidente carenza di elementi difensivi non possono che rimettersi alla clemenza della Corte.
Spero che la satira si scateni sul web, in stile “Pensati Povera”. Bravo Vito, con “Nessun Candidato” si parte bene! Pro caridade…
Mi associo alla considerazione di Supresidenti!
Truzzu è perfetto per garantire la continuità a tutto il sottogoverno della giunta Solinas che, operando dietro le quinte, non solo distribuisce mancette elettorali con leggi omnibus ma ha occupato, con fedelissimi vecchi e nuovi (reclutati in lungo e in largo su scala regionale) poltrone, sedie, seggiole e sgabelli! Un esercito di yesman&woman che garantirà il successo elettorale per chissà quanti anni!
Non bisogna preoccuparsi del valore del presidente e dei consiglieri ma di come arginare lo strapotere dei manovratori occulti! E’ una vecchia storia italiana, e quindi che cosa ti aspetti dai conservatori?
Oltre all’immobilismo sui grandi temi. vorrei anche ricordare la totale assenza di politiche relative al traffico, ai parcheggi e al commercio. Le condizioni cui versano i mercati civici, con la probabile prossima soppressione di quello di San Benedetto per far spazio ad un supermercato nelle aree dell’ex mobilificio Cao. La totale assenza nella gestione della vita notturna dei quartieri storici, il degrado di quelli popolari. A livello metropolitano non ha mosso un dito rispetto all’isolamento di Capoterra, Sarroch e Pula, pianificando invece un’inutile metropolitana per portare i cagliaritani al Poetto. Tagliato fuori il raccordo metropolitano fra Cagliari e le città dell’hinterland, Monserrato, Selargius, Quarucciu, Quartu e il quartiere di Quaetello, in ragione di una insensata linea diretta Cagliari-Quartu.
Il confronto, più che con Floris o Zedda, va fatto con un De Magistris, che intendeva Cagliari come un ristretto perimetro articolato fra via Roma e via piazza Jenne.
Elogio della mediocrità
Devo dire che finora questo approccio “Medioman” ha pagato: non si è fatto attrarre dalle sirene di Fini, ha resistito alla tentazione del parricidio politico, ha atteso con pazienza che il suo mentore Liori uscisse di scena per candidarsi in Regione con parte dei suoi voti, è stato bravo a candidarsi Sindaco di Cagliari al momento giusto ed è stato fortunato ad avere di fronte una candidata debole. Adesso prova a fare il salto a Villa Devoto, lasciando le macerie a Palazzo Baccaredda (e non solo) e sfruttando il vento della Meloni. Sarà stato ancora mediamente bravo e fortunato? O troppa grazia Sant’Antonio?
Ho partecipato a troppe riunioni di Giunta e Consiglio Comunale per non dissentire sulla immagine di Floris come uomo di potere.
Floris ha avuto allora – e sempre – due grandi doti, intimamente e coerentemente legate: la capacità di ascolto e la pazienza, tradotte in equilibrio politico.
Sono due doti che ho trovato anche in Paolo Truzzu, sinceramente.
Fra l’altro, avvalendosi di collaborazioni e confronti molto trasversali e di decisioni amministrativamente non facili ma chiare e coerenti.
Come ho goduto e apprezzato il lavoro e la pazienza di Floris – due attitudini e linee che riuscivo a seguire solo in parte, essendo io impaziente – sarei portato ad affermare che questa regola personale sia ciò che esprime la vera continuità fra i due ultimi Sindaci di Centro Destra.
Emilio – sempre a mio giudizio – sarebbe stato un eccellente Presidente, con le sue doti e i suoi indirizzi di largo respiro. Si è speso in Senato, in tempi difficili.
Credo che Paolo possa spendersi bene a definire più accuratamente (e finalmente) il rapporto politico fra Sardegna, Italia ed Europa.
Non solo amministrazione, ma – forse soprattutto – politica.
Finalmente
Bravu s’amigu. Analisi impeccabile.