Il Vecchio Giornalista ha colpito ancora! E vi ricordo che tutti i suoi pezzi li potete trovare nel blog di Carla Mura (è lei il Vecchio Giornalista) www.latredicesimafataquellastronza.it
Era da un po’ che la cronaca politica (ma, ahimè, anche la giudiziaria nostrana) non mi riportava indietro, stabilendo un incredibile parallelo tra la strettissima attualità e il mio passato.
Era il 1990, l’anno dei mondiali da noi. Ero in redazione, era il 9 giugno. Io ero di turno e la cosa non mi dispiaceva affatto. Tra i corridoi deserti, si disputava Italia-Austria. Subito dopo il gol di Schillaci, decido di andare in bagno. Ma uno strano movimento nell’ufficio della segretaria attira il mio sguardo. Il mio caposervizio, vestito da elettrauto, sta fingendo di aggiustare un auto e dice alla segretaria che il lavoro è molto costoso e visto che lei non ha soldi, dovrà pagarlo in natura. Da lui non mi sarei aspettato un giochino erotico simile, ma solidale e discreto mi ritiro in buon ordine.
Vedere le partite in santa pace era un piacere. Così anche il 19 giugno per Italia-Cecoslovacchia mi faccio mettere in turno: tv gigante e condizionatori a palla. Siamo sull’uno a zero, gol di Totò Schillaci e poi arriva quell’azione pazzesca di Baggio. Ma non sono il solo ad esultare. Tendo le orecchie, mi faccio guidare dai rumori…
Ma allora è vizio! Il mio caposervizio e una mia giovane collega sono nello stanzino delle scope. Questa volta lui indossa la toga e purtroppo nient’altro, e lei lo supplica: “La prego vostro onore, farò tutto quello che vuole!”. Beato lui, penso, e torno alla partita.
Qualche giorno dopo, Mùlcera, il contabile del giornale, uno molto pettegolo che si arrabbiava per tutto, polemico e litigioso (di cognome faceva Mura, da lì il soprannome), durante una pausa caffè ci chiese se avessimo idea del perché uno come il caposervizio facesse dei bonifici alla scuola Radio Elettra, e al Cepu. Io un sospetto lo avevo ma era così folle che lo abbandonai.
Allora vivevo un periodo di riavvicinamento alla mia ex moglie Doloretta (nome di fantasia ma molto eloquente) perché dopo un’abbuffata di avventure post divorzio m’era venuto il coccolone di nostalgia.
Ma una sera lei, scortata dalla sua amica Gisella (che mi odiava e che io per dispetto chiamavo Gisegua) si presentò infuriata: la moglie del caposervizio, amica loro, aveva trovato al marito tutta l’attrezzatura da chirurgo in ufficio e lui, non sapendo come giustificarsi, le disse che era mia e lei aveva pensato bene di mettere in guardia Doloretta dalle “mie” perversioni.
Qualche giorno dopo, per ristabilire verità e onore, decido di affrontare il caposervizio e mi dirigo nel suo ufficio. La porta è leggermente socchiusa. Alla scrivania siede un pezzo grosso, uno che ha a che fare con l’università di un paese dei Balcani, ma non ricordo quale. Colgo brandelli di conversazione, parlano di una laurea, mi pare di sentire honoris causa, incarichi, cattedre, lezioni. Non capisco.
Aspetto che il tizio vada via ed entro nell’ufficio come una furia. Gli chiedo cosa mai gli sia venuto in mente di coinvolgermi nei suoi murighi. Lui mi fa sedere e serafico mi spiega che lui non ci riesce a fingersi semplicemente un professionista, che ha bisogno dei titoli accademici altrimenti non riesce ad immedesimarsi e che purtroppo la sua ultima conquista vuole giocare al dottore. “Abbi pazienza, il gioco mi sta sfuggendo di mano. Ma tu mi capisci, vero?”.
Certo che capivo, come no. Il tradimento è una debolezza e io non ne ero esente. Però non avevo mai raggiunto certi limiti, non capivo quelle persone come i mio caposervizio che a tutti i costi vogliono sembrare quello che non sono. Anche a costo di rendersi ridicole.
Poi al mio caposervizio arrivò una vera pergamena di laurea ad honorem (falsa), in medicina. La appendeva ben incorniciata quando non era impegnato a fare l’elettrauto o l’avvocato.
Ma tutta questa storia che quasi avevo scordato mi ha sempre lasciato con un grande interrogativo: ma uno che ottiene una cattedra con una laurea honoris causa in Medicina, contemporaneamente può fare anche l’elettrauto? O il presidente della Regione?
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