Il Vecchio Giornalista ha una botta creativa e ci regala il secondo post in tre giorni! E vi ricordo che tutti i suoi pezzi li potete trovare nel blog di Carla Mura (è lei il Vecchio Giornalista) www.latredicesimafataquellastronza.it
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Come vi dicevo, la giornata di avant’ieri è stata per me come salire a bordo della macchina del tempo. Neanche il tempo di realizzarlo che mi girano un secondo link, il discorso del nostro presidente Christian Solinas a Pontida. Io in un attimo vengo nuovamente catapultato nel 1978, dopo il disastro della festicciola di mia nipote, anno della mia separazione.
Ricordo benissimo come terminò quell’epico 24 settembre 1978. Intanto, il Cagliari vinse due a zero in casa contro la Pistoiese. Poi, quando gli ospiti della festa andarono via, sgomenti per la conclusione della festicciola organizzata per il compleanno della malefica nipote della mia non ancora ex moglie (qui il racconto), Doloretta entrò in camera, dove io disteso nel letto guardavo il soffitto pronto alla (legittima) sfuriata. Mi chiamò per nome e cognome, cosa che non faceva mai: allarmato mi sollevai immediatamente. Aveva gli occhi iniettati di sangue.
Aveva in mano una confezione di profilattici. Era mia. L’avevo dimenticata in macchina. Qualche giorno prima della famigerata festa, pensando di non dovervi partecipare e convinto che il resto della famiglia sarebbe stato lì, e dunque certo dell’impunità, mi ero programmato un bel pomeriggio tra partita e scappatella con una giovane e bella collega, che per la verità non ero affatto sicuro ci sarebbe stata, ma per ogni evenienza io mi ero attrezzato.
Doloretta agitava la scatoletta e mi chiedeva con tono forzatamente calmo cosa ci facessero dei profilattici nella mia macchina. “Porca vacca” pensai, e poi mi si annebbiarono i pensieri. Avevo cinque secondi per inventare una scusa plausibile ma era tale l’evidenza che davvero i miei neuroni si arresero. Così, partorii la risposta più idiota che mai un fedifrago potesse inventare: le dissi che li usavo per fare da solo. Ecco, l’avevo sparata davvero grossa.
Scese un silenzio irreale.
Poi, Doloretta abbozzò un impercettibile ghigno di disprezzo per la mia pochezza. A quel punto i miei neuroni in un moto di orgoglio si risvegliarono e come Solinas a Pontida sul fallimento della sanità in Sardegna, cominciarono a ripetermi in coro: “Dai le colpe a lei, dai le colpe a lei, dai le colpe a lei!”.
Scattai in piedi: “Certo! – urlai – la colpa e tua! Non vuoi mai concederti e io sono costretto a fare da solo, e con il tuo controllo asfissiante e la tua paranoia dell’igiene, li uso per non lasciare nessuna traccia, così tu non ti saresti accorta di nulla! Lo faccio da anni e aveva sempre funzionato, finché tu non hai deciso di frugare nella mia macchina!”.
Credibile come il Nostro al raduno della Lega quando accusa il governo del disastro ai danni della salute dei sardi, la guardai a testa alta, fiero della mia risposta. Lei voltandosi di spalle mi disse: “Domani fai le valigie e te ne vai”. L’indomani sarebbe stato il 25 settembre.
Per precisione e amore di verità, riporto qui le parole pronunciate dal presidente Christian Solinas che a Pontida ha parlato di “rigurgito di neocentralismo” per riflettere su come certe volte per coprire i propri tradimenti, anche elettorali, le persone si arrampicano sugli specchi, sottovalutando il potere di un onesto mea culpa.
Così ha affermato Solinas dal palco di Pontida:
“La sanità, per esempio: noi regioni stiamo affrontando errori di programmazione dello stato centrale che col numero programmato della facoltà di medicina non ha formato medici e professionisti che possono andare nei nostri ospedali, nelle nostre valli e nelle nostre zone interne e garantire a tutti gli stessi livelli di assistenza ecco, queste sciagure ereditate dal tempo noi governatori che siamo sul territorio ci troviamo ad affrontarle insieme ai cittadini… Votiamo Lega, crediamo in un programma chiaro crediamo in Matteo Salvini, ciao Pontida”.
Domenica ci sarà un altro 25 settembre. Io in quella data mi sono liberato di una catena. In un rigurgito di “menopeggismo” cerchiamo di non crearcene di nuove.
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