Salutiamo con entusiasmo il ritorno del Vecchio Giornalista! E vi ricordo che tutti i suoi pezzi li potete trovare nel blog di Carla Mura (è lei il Vecchio Giornalista) www.latredicesimafataquellastronza.it
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Vi ho mai raccontato di quando Doloretta volle organizzare una festa di benvenuto per i parenti milanesi? Un disastro annunciato: la catastrofe, l’apocalisse, un incidente diplomatico senza precedenti.
Doloretta, nome di fantasia attribuito non a caso (omen nomen) alla mia ex moglie, aveva un ramo della famiglia di origini lombarde che di lì a qualche giorno sarebbe venuto in Sardegna. Il suo sogno era una festa di benvenuto in grande stile, per far conoscere agli altolocati e benestanti cugini un po’ della nostra cultura, prima che andassero al mare a trascorrere le loro vacanze.
Doloretta però, con la sua prode amica Gisella, che io ribattezzai Gisegua (per chi ancora non lo sa, per la sua nota leggerezza), avevano un’idea quanto meno discutibile su cosa si dovesse raccontare della Sardegna ai parenti milanesi. Questi, che quando ci telefonavano ci chiedevano se avevamo la televisione (parliamo degli anni ’70) o il tram, a me non stavano particolarmente simpatici e non vedevo l’ora che arrivassero per far capire loro che avevamo smesso di abitare nei nuraghe già da qualche anno e sapevamo fare bene un sacco di altre cose, oltre naturalmente a ballare su ballu tundu e arrostire porchetto.
Quindi, anziché portarli subito nella casa al mare e rimpinzarli di cibo, osai proporre di accompagnarli un po’ in giro per la città, per far vedere loro i musei, la nostra splendida via Roma, per far capire che noi avevamo anche tanta altra cultura che ci rappresenta e che per i pranzi sardi avrebbero avuto tempo. Secondo l’insindacabile parere di Gisegua invece, i milanesi dovevano assolutamente conoscere il nostro cibo, che era quello che ci rappresentava meglio di tutto, e così fu deciso. E io che non capisco mai quando è il momento di tacere, offeso dal fatto che avesse vinto l’odiosa vipera, chiesi che venissero invitati anche i miei genitori. Mai l’avessi fatto.
Il menù faraonico prevedeva tutte le specialità tipiche di terra e di mare e si sarebbe concluso coi dolci sardi. Ora, la mia povera mamma, abilissima a preparare i dolci sardi propose di portarli lei, fatti con le sue mani e io sentii puzza di disastro, perché anche mia suocera era abilissima a fare i dolci. Avevo scatenato un inutile guerra tra due bravissime cuoche. Nessuna delle due volle tirarsi indietro.
Arrivò il fatidico giorno del pranzo con il fatidico momento dei dolci. C’era aria di duello. Mi sembrava di sentire: “Quando una donna con l’amaretto incontra una donna con la pardula, quella con l’amaretto è una donna morta”.
Le due consuocere osservavano in silenzio gli ospiti, che sembravano gradire entrambi i dolci. La mia povera mamma, che quando si arrabbiava era tutto fuorché povera, allungò la mano e assaggiò un amaretto di mia suocera, la quale prese una pardula di mia mamma. Calò il gelo. Mia mamma sentenzio: “Perda”, guardando dritta negli occhi mia suocera. E lei rispose assaggiando la pardula: “Siccara”.
Mia suocera, chiamò mia madre in disparte in cucina. Noi potemmo solo udire urla soffocate, e rumori sordi. Quando raggiunsi la cucina le vidi lanciarsi dolci sardi, con mia madre che urlava sottovoce di ringraziare che erano i suoi, se avesse lasciato quelli fatti da lei, le avrebbe spaccato la testa. Furiosa, prese mio babbo per un braccio e senza lasciargli il tempo di bere il mirto lo trascinò via. Da allora non parlarono mai più.
Ora non vorrei sembrare monotono ma, come spesso capita, la recentissima esternazione del nostro assessore su ciò che sia o non sia cultura sarda mi ha riportato alla mente questo episodio e la mia povera mamma.
Scatenare rivalità tra manifestazioni culturali, sminuire aspetti della cultura sarda a vantaggio di altri, dare interpretazioni discutibili su cosa realmente rappresenti la Sardegna, è un po’ come lanciarsi amaretti duri come “perdas”: si possono fare tanti danni.
E come sempre non posso che ricordavi che io alla fine ho divorziato, ma se avessi saputo non mi sarei sposato. Per cui, vedete voi come comportarvi quando andate a votare la prossima volta, perché quelle sono unioni che durano la bellezza di cinque anni. Un inferno.
esilarante
bravo
Ho lavorato molto tempo fa in un famoso bar pasticceria di Is Mirrionis e pure giocato a calcio nell’omonima squadra, il povero Chessa mi ricorda alcuni dei miei compagni di squadra, vero folclore cagliaritano, cresciuti tra il bar summenzionato ed il Saint Tropez poco distante, ricordo tutti con affetto sincero ma a nessuno di loro potrei mai affidare alcunché…attru chi fai s’assessori…