È tornato il Vecchio Giornalista! Lo troverete ancora su questo blog ma sappiate che il Vecchio Giornalista ha un nome e un cognome (Carla Mura) e si è aperto un suo blog: http://www.latredicesimafataquellastronza.it. In bocca al lupo!
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Era da un po’ di tempo che non mi capitava di venire catapultato nel mio rocambolesco passato da qualche esponente della nostra meravigliosa politica regionale ma è bastato un discorso dai toni epici e confusi di uno dei nostri assessori più creativi e… zac! In un nano secondo mi sono ritrovato al mio pranzo di nozze.
Quando proposi a Doloretta (così chiameremo la mia ex moglie) di sposarmi, ero pazzo di lei e il mio unico pensiero era di farla mia per sempre. Ma non appena l’anello di fidanzamento terminò la corsa lungo l’anulare della mano sinistra della mia futura moglie, cominciò un delirio di preparativi lungo sei mesi. La mia dolce fidanzata era stata improvvisamente posseduta dal sacro fuoco dell’organizzazione. Per me poteva dare liberamente sfogo alla sua sfrenata mania di grandezza, anche perché (diciamocela tutta) ad accollarsi l’intera spesa del banchetto era la sua famiglia.
A pochi giorni dalle nozze venni convocato da Doloretta che per conferire più solennità al momento, si fece accompagnare dalle sue inseparabili amiche Gisella (che io chiamavo amabilmente “Gisegua”) e Patrizia (indigna come poche), che col tempo mi abituai a chiamare “Patrigna”.
La mia fidanzata temeva che qualcuno della mia famiglia facesse fare una figuraccia alla sua, di cui facevano parte anche parenti “continentali” e importanti uomini d’affari, e così impose una serie di divieti: guai a presentare il famoso pane a forma di prerogativa maschile; divieto assoluto di cantare “E gi dd’as fatta bella a ti coiai”; nessuna cravatta sarebbe stata maltrattata e soprattutto, mai, mai e poi mai qualcuno avrebbe fatto un discorso. Accettai di buon grado: del resto neanche a me piacevano queste tradizioni.
E venne il giorno del matrimonio. Tutto si era svolto secondo i piani: nessuna sbavatura, nessuna défaillance. Doloretta era bellissima e al settimo cielo. Tutti mangiavano e soprattutto bevevano di gusto.
Ma nel brusio sommesso delle chiacchiere si udì un tintinnio inopportuno, come di qualcuno che batte una posata sul bicchiere per attirare l’attenzione dei commensali. Mi si gelò il sangue. Cercai di mettere a fuoco convulsamente, di capire chi aveva deciso di mettermi nei guai proprio quel giorno… Ma con grande sollievo e un pizzico di soddisfazione notai che era stato uno zio di Doloretta, un politico in disarmo, ad alzarsi in piedi.
Lo zio si schiarì la voce e urbis et orbis cominciò a farfugliare frasi sconnesse:
«Questa è la Sardegna che vorrei, questi sono i sardi. Noi dobbiamo ricominciare da chi eravamo e chi siamo, dalle nostre tradizioni, dai nostri costumi, questa è la Sardegna vera, gente semplice, onesta, ospitale, piena di tradizione e cultura, dei canti a tenores, della launeddas, la nostra storia millenaria».
Gli invitati si guardavano confusi, si chiedevano perché mai a un evento così glamour ed esclusivo si dovessero rispolverare per l’ennesima volta argomenti così beceri, stantii, triti e ritriti. «Ma “semplici” a chi?!».
Doloretta, furiosa, fece cenno alle sue fidate sorelle di zittire questo imbarazzante zio che intanto continuava:
«Noi promuoviamo unicità ma la Sardegna, se dev’essere un orgoglio dei sardi, per chi non è sardo, dev’essere anche un orgoglio, dev’essere un’isola tutto italiana, la Sardegna è di tutti, quindi venite a visitarla. Oggi siamo qua a promuovere unicità, archeologia, turismo archeologico, l’artigianato, enogastronomia, la Sardegna è l’isola dei centenari, da noi si vive più a lungo».
Evidentemente lo zio aveva un po’ alzato il gomito (ma forse anche no, mischino) e farfugliava concetti sconclusionati. Grazia e Graziella, le mie cognate, lo presero sotto braccio e lo trascinarono fuori nello sgomento generale. Poi la festa proseguì senza intoppi.
Imparentarmi con quello zio all’epoca non aveva destato in me nessuna preoccupazione. Pensare però che certi discorsi possono essere fatti davvero, in eventi ufficiali in cui verranno ascoltati da un pubblico ben più numeroso di quello di un pranzo di nozze, mi preoccupa molto di più. Anche perché io alla fine mi sono separato. La Sardegna da certi personaggi ancora no.
Stralcio non ufficiale dell’Intervento dell’assessore Cherchi:
Assessore :
“Ho Bachiseddu! attinde sa temezzana che cumbidiamo i nostri turisti! …movedinde cazzu!”
Vicesegretario:
“assessore, mi dia il tempo di trovare calici, vassoi e sono da lei!”
Assessore:
” Ma itta cazzu Bacchise… al bacio facciamo!
no simoso ischikki inoghe!
….e porta una salciccia.”
L’assessore continua nella presentazione dell’offerta turistica 2021/2022;
Assessore:
“A ci venite in Sardegna ehhh raiu!
Ci abbiamo mare con su pische,
il maialetto con cinghiali e le patate …che piantano a Gavoi!
Arrazze patattasa a Gavoi non ce n’è in nessuno posto patate grandi e saporite gasi!”
“Ummm! Poi….(itte cazzu b’ada?)
AHH!….le arselle, il foraggio, Santu Lussugiu dove ho preso i gambali, i bronzetti, i fenicotteri con su pellicanu, gli asparagi, i cormorani…le poiane!..eee eeeehh..
…cazzuuuu! ….gli amaretti!… le pesche a San Sperate, le tilicche di nonna, i biscotti Sardi!
… sempre 4 ne mangio a su manzanu, bene fanno lampu!”
Dopo una pausa e alcuni piccoli sospiri a bocca cerchiata, per eliminare un leggero gonfiore di stomaco e rilassare così lo sfintere esofageo superiore, l’assessore continua nell’arringa:
Assessore:
“ORGOGLIOSI SIAMO! della tradizione, dei costumi ma anche delle tilicche, dei cestini, del riso cu su tofforanu….
…arrazze tofforanu ci è a Milisi voi non lo sapete raiu, ma ora c’è lo dico io..”
L’assessore con lo staff ha preparato l’ intervento, coadiuvando le parole con la forza del linguaggio polisemico di musica e danza che ora, con decisione, invoca.
Assessore:
“Oh BACHISEDU ATTACCA SA LAUNEDDASA E FACHE ANDARE CUSTA CHITARRA….”
“(e bisatteroso ballade cazzuuu! Itta bi zuchidese mattasa de ruu intro de sol mocassinoso? Ballade cazzu! Ca’ no pago de badasa)”
Parte la musica e il Vicesegretario – melomane assatanato del lirico di Cagliari- con due bacchette dirige l’apparato musicale e coreografico.
Assessore:
“….Con le montagne, i traini, laghi, piscine eeee… bottiglioni….bottig…”
“Bacchi cazzu! Custa temezzana inoche non de bio… movedinde!
…A che dobbiamo cumbidare i turisti Milanesi che si nono in Sardegna non ci avvengono”
“… perché i nostri ristoranti i piatti li riempiono a cuccuru! a ponte, no a mindighinu come fate qui in Milano.
…PIATTI GRANDI! raiu chi bol coddede… grande portata grande mandigada, ….ca io lo so bene!”
Mentre il vicesegretario fa circolare una damigiana di vinello pericolosamente diluito con acqua di rubinetto (intervento doveroso causato da un prelievo di oltre la metà della bevanda ad opera d’ignoti)
L’assessore continua dispensando ora, consigli per una migliore fruizione del territorio isolano.
Assessore:
“mi! e non imboscatevi nel lentischio a scrabionare meloni dagli orti che tanto vi cassano e su pastore vi lancia i perdigoni….
…però s’algazzinu e su coccoide quello si,
lo potete prendere,
ca è tradizione da noi…
ORGOGLIOSI SIAMO delle tradizioni, de su coccoide, delle lumachine!
…. a Sassari da zia Furicca arrazze algazzinu cari mie ci fa! Voi non lo sapete ma ce lo dico mimmi… algazzinu vero;
nooo macché!….”
“ORGOGLIOSI SIAMOO….”
…il seguito lo trovate su tutti i canali social.
Brava vecchia giornalista
Urbi et orbi, anche Chessa lo sa…