Sono molto curioso di vedere chi sarà il primo statista del Pd sardo ad intestarsi la vittoria in Emilia Romagna. Come se ci fosse una qualche correlazione tra la insufficiente (eufemismo) azione di opposizione condotta finora dal centrosinistra nell’isola e i cinque anni di buongoverno che hanno portato alla riconferma del presidente Stefano Bonaccini.
Inoltre, in Emilia Romagna Lega e Pd almeno su qualcosa si sono divisi. In Sardegna invece centrodestra e centrosinistra condividono la stessa visione sul metano (sì alla dorsale), sulle servitù militari (il presidente della regione Solinas che chiede l’attivazione negli accordi stipulati dal suo predecessore Pigliaru) e financo sull’urbanistica, con lo sciagurato progetto di Pigliaru ed Erriu di ampliamento degli alberghi nella fascia del 300 metri ora ripreso e potenziato dal duo Solinas–Sanna.
Progetti sovrapponibili, nella migliore delle tradizioni. A dimostrazione che, almeno sotto questo aspetto, Sardigna non est Italia e che da noi la politica segue altre traiettorie.
Poi certo, la giunta Solinas continua a metterci del suo, con le figuracce sparse a livello europeo su lotta alla peste suina e i trasporti, dove alla fine il centrodestra sarà costretto a rimangiarsi quanto promesso in campagna elettorale e, nella migliore delle ipotesi, tornare a quanto contrattato con l’Unione europea lo scorso anno dal centrosinistra.
Ma sul modello di sviluppo (lo abbiamo detto tante volte ma non ci stancheremo mai di ripeterlo) esiste in Sardegna un blocco unico formato da uno schieramento composito, opportunamente sostenuto dalla stampa e che va dal Pd a Forza Italia, passando per la Lega, i sardisti, Confindustria e i tre sindacati confederali.
Tutti insieme appassionatamente, con lo sguardo costantemente e ostinatamente rivolto al passato.
Ecco perché il voto di ieri di fatto non cambia una virgola la situazione in Sardegna: perché i temi della politica italiana non sono quelli della politica sarda, e non bisogna essere indipendentisti per rendersene conto.
Tutto come prima, dunque: ma le cose potrebbero sempre peggiorare.
Come? Dopo il voto di ieri, la comprensibile pretesa del Pd italiano di determinare maggiormente le scelte del governo Conte potrebbe portare il Pd sardo a spingere perché la linea dei 5 Stelle contro la dorsale e la legge urbanistica venisse smantellata. Magari cercando di fare fuori elegantemente la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde, ormai eletta a nemica giurata dal blocco di potere di cui sopra.
Fantapolitica?
Una cosa è certa: in Sardegna, incredibile a credersi, l’unica formazione politica che si sta opponendo ad un’idea veteroautonomista portata avanti dal blocco unico centrodestra-centrosinistra-Confindustria-sindacati, è il Movimento 5 Stelle.
Ecco perché il Pd sardo potrebbe provare ad approfittare della debolezza del Movimento a livello italiano per regolare qualche conto nell’isola.
E fare un favore alla giunta Solinas, mica alla Sardine.
Più che insufficiente l’opposizione è sterile e sopravvive di slogan. Dovrebbe essere un valore aggiunto che propone alternative valide e invece è il nulla sottovuoto! Niente idee quindi niente proposte!