Politica

Alleanza col Pd o voto anticipato? Il doppio errore di Di Maio che rischia di costare caro al Movimento 5 Stelle

Il fidanzato di Virginia Saba

Un po’ per scaramanzia e un po’ no, continuo a puntare il mio mezzo euro sull’ipotesi delle elezioni anticipate. Ciò che vedo è infatti un Movimento 5 Stelle in preda alle sue stesse contraddizioni, incapace di sfruttare l’occasione di una crisi di governo così profonda per affrontare il nodo vero della sua esistenza: la propria organizzazione. Che oggi è a dir poco embrionale, di sicuro inadeguata a supportare il peso di un enorme consenso che però in pochi mesi (in occasioni di elezioni diverse, sia chiaro) sembra si stia volatilizzando.

Era febbraio quando Luigi Di Maio, dopo la tremenda batosta alle regionali abruzzesi (consultazione su cui i 5 Stelle puntavano molto, anche per dimostrare di essere in grado di vincere nel territorio e rispondere così alla Lega) annunciarono la riorganizzazione del Movimento. Non arrivò. Arrivarono invece le regionali sarde (batosta), insieme alle altre amministrative (batosta) e alle europee (ennesima batosta). A quel punto Di Maio si è deciso e ha proposto, tra luglio ed agosto, una nuova ipotesi organizzativa che sui giornali ha fatto notizia solo per l’ormai famoso “mandato zero” ma che invece è più articolata e (a mio avviso) abbastanza cervellotica, di sicuro per nulla adeguata a rispondere alle esigenze dei territori e soprattutto di un’isola come la Sardegna.

La crisi di governo aperta dalla Lega ha impedito il completamento di questo processo riformatore, e così il Movimento 5 Stelle ha dovuto affrontare questo passaggio agostano in preda a convulsioni interne e incapace di confrontarsi con gli altri partiti, le cui divisioni sono nulla rispetto al marasma che oggi regna in casa grillina.

Errore di Di Maio numero uno: sei mesi per provare a risolvere un problema centrale della propria organizzazione sono decisamente troppi e questa resistenza mostrata in mesi nei quali si sperava che le cose si potessero aggiustare da sole per non cambiare nulla, ora si paga.

Ma c’è un altro errore che a mio avviso sta condannando ora il Movimento, in queste ore cruciali per il destino politico futuro dell’Italia, un errore che il capo politico del Movimento ha condiviso con Matteo Salvini.

La politica ha delle regole fondamentali. Quella che ha contravvenuto il leader della Lega è stata quella di non aver aperto la crisi immediatamente dopo le europee. Nessuno avrebbe avuto niente da ridire se, davanti ad un risultato così eclatante che dopo appena un anno ribaltava clamorosamente i rapporti di forza con il “contraente”, la Lega avesse invocato il ritorno alle urne. Invece Salvini ha esitato, e così facendo si è infilato nel tunnel che lo ha portato a provocare questa incredibile crisi.

E Di Maio cosa c’entra? Dopo le elezioni europee avrebbe dovuto dimettersi. Sono le regole delle organizzazioni politiche: chi è responsabile di una sconfitta così evidente deve fare un passo indietro. Sarebbe stata una mossa salutare e che avrebbe rilanciato l’azione del Movimento anche a livello governativo. Invece Di Maio ha scelto la strada plebiscitaria della consultazione su Rousseau, ingessando i 5 Stelle e appiattendoli su una posizione inedita: quella della assoluta immedesimazione con il proprio capo politico. 

Infatti oggi chi tocca Di Maio, muore. E se cade Di Maio, rischia di sfracellarsi tutto il Movimento. Perché i 5 Stelle non hanno regole interne di selezione e oggi, davanti ad uno scenario sempre più complesso, pur di non cambiare la loro organizzazione e i rapporti di forza e di potere che li tengono uniti, preferiscono andare alle elezioni anticipate e rischiare di prendere percentuali “sarde”, piuttosto che affrontare la sfida della politica e tornare al governo con il Pd, non più con un improbabile contratto ma con un progetto condiviso vero.

Ma la deriva autocentrica dei 5 Stelle sembra inarrestabile e sarà certificata dall’ennesimo e folle ricorso alla piattaforma Rousseau, che affosserà non solo l’alleanza con il Pd (discutibile, ma non più di quella con la Lega) ma la speranza stessa di avere una formazione politica matura e non in perenne crisi di crescita adolescenziale.  

Così si andrà alle elezioni, i 5 Stelle prenderanno meno del 20 per cento, torneranno all’opposizione, saranno marginali in un’Italia di nuovo bipolare, e davanti a questa débâcle si vanteranno pure della loro presunta purezza e coerenza. Ma sarebbe solo l’ennesimo gioco di parole per mascherare una inadeguatezza sotto gli occhi di tutti.

Perché lo slogan “continuare per cambiare” ora andrebbe ribaltato in “cambiare per continuare”. Avranno la forza e il coraggio per farlo?

Conclusione: per il Movimento 5 Stelle è inutile andare al governo con il Pd se non è pronto a mettersi in gioco profondamente e radicalmente, non avendo paura di intaccare rendite di posizione interne e senza confondere gli attivisti con gli elettori. 

Ecco perché, un po’ per scaramanzia e un po’ no, io continuo a dire elezioni anticipate e questo è il mio mezzo euro.

Stasera secondo voi come andrà a finire?

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8 Comments

  1. Gianni says:

    All’uscita dal colloquio col Presidente Mattarella Di Maio ha criticato l’attenzione sulla sua persona, e ha preso la cosa talmente sul serio parlandosi addosso per tutto il tempo, elencando le varie occasioni e incarichi ai quali avrebbe potuto aspirare. Interessante il trasporto col quale ha ringraziato e ri-ringraziato la lega per le offerte di premierato. Un vero leader. Ma mi faccia il piacere!!!!!!

  2. Sandrodemelas says:

    Non capisco come l’opinione su Salvini da parte anche di commentatori attenti sia mutata in così poco tempo. Se era -come era, il massimo animale politico fino a un mese fa, perché non dovrebbe esserlo ancora oggi, tantopiù che gode di un consenso pressoché intatto? Che Salvini abbia fatto un errore, è tutto da vedere. Intanto, ha lasciato il governo giusto in tempo per non intestarsi una manovra finanziaria che farà perdere consenso a chiunque. Intanto, chiede elezioni adesso perché sa che gli altri non gliele daranno (e, se si andasse comunque a elezioni ora, vincerebbe, ma non in maniera plebiscitaria). Intanto è pure disposto a dare una stampella ai M5S, (Piano B: ripetere la stessa crisi quando il governo avrà la manovra tra le mani). Intanto, si prepara per le elezioni che seguiranno, dove davvero raccoglierà tutta la posta in gioco a mani basse. Chi parla di Lega ridimensionata, non ha capito qual è lo scenario a cui sta lavorando Salvini. Purtroppo M5S e PD non hanno il fegato di andare a elezioni subito perchè sì, i parlamentari perderebbero le loro poltrone. Eppure, sarebbe la loro unica speranza di sopravvivenza, specie per Il M5S che, oggi, può ancora contare su una base. Domani, non so.

  3. Aggiornamento delle 11.30.
    Direi che Di Maio sta provando a creare le condizioni per un ritorno in extremis alla Lega “desalvinizzata”. Ci riuscirà? Non ci riuscirà? Di sicuro avrà contro parte del gruppo parlamentare del Senato, che di Salvini non ne vuole più sentore parlare. E poi, perché per fare il governo col il Pd Conte è imprescindibile, mentre non lo è per tornare con la Lega?

    • Gianni Campus says:

      Il PD (etc) accetterebbe DiMaio come Presidente del Consiglio?
      Se NO, ecco le ragioni dell’attestarsi su Conte; se SI, complimenti: una cosa veramente di sinistra. Ovviamente, a Zingaretti le due opzioni poste sul tavolo dagli “altri” giocatori piacciono poco: significano fare la respirazione bocca a bocca a tutti i suoi avversari naturali, esterni e – soprattutto – interni.

  4. Gianni Campus says:

    Trovo sconcertante il fatto che l’intera Sinistra del Paese possa formare un governo politico senza definire espliciti obiettivi e strategie che marchino un cambiamento d’orizzonte.
    Tanto mi sembra dovuto agli Italiani, che fino a ieri sembravano ben altrimenti orientati: se un progetto politico di sinistra non è possibile, lo si dica chiaramente, e si vada a nuove elezioni.
    Spariranno Conte, Renzi e Di Maio, Zingaretti dovrà decidere fra Stato e Regione, e conteremo i vivi e i morti.
    Amen

  5. Silvia Lidia Fancello says:

    Sono d’accordo con questa lettura. Aggiungo che in un’ottica tutta sarda, una Lega all’opposizione in parlamento, ci regalerebbe una Lega ridimensionata, almeno nell’arroganza, nella RAS.
    E la cosa non mi dispiacerebbe affatto

  6. maria fabiola says:

    … si farà un governo

  7. Vincenzo Di Dino says:

    Questa volta sono d’accordo ma non scommetto e scaramanticamente sono curioso intellettualmente di vedere un governo M5S-PD(LeU)

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