Avete letto i giornali di oggi? “Turismo in affanno: perso il 10 per cento delle prenotazioni e le mete concorrenti crescono”. L’amico Sandro Usai, capace come sempre di analizzare i dati per comprendere meglio le dinamiche turistiche, ci regala questa riflessione sulla partecipazione lo scorso anno delle imprese sarde alle Fiere internazionali. Un analisi che spiega come il turismo sardo sia malato di “albergocentrismo”. Grazie Sandro.
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Mi scuso in anticipo per la lunghezza del post ma il tema riguardante la partecipazione alle Fiere del turismo richiede un piccolo sforzo se vogliamo ricercare una via per lo sviluppo e la promozione della Sardegna.
Ecco alcune domande che dovremmo porci per affrontare il tema.
C’è un “Piano Fiere” della Regione Sardegna? E se c’è, come funziona?
Quanto ha speso l’Assessorato regionale al Turismo per le Fiere nel 2018?
Chi può partecipare alle Fiere?
Si conoscono i risultati delle attività fieristiche (contatti e volume d’affari)?
Anche su questo argomento il neo assessore regionale al Turismo Gianni Chessa ha voluto subito far sentire la sua voce: “Preferisco poche fiere ma organizzate meglio” (come? dovrebbe spiegarcelo!), “e con più risorse finanziarie affinché la Sardegna sia rappresentata con più enfasi”. E poi?
Basta questa affermazione per comprendere come saranno le Fiere del Turismo by Gianni Chessa? Certamente no!
Oggi le Fiere a cui partecipa l’assessorato al Turismo della Regione Sardegna, a mio avviso fanno poca promozione e ospitano al loro interno prevalentemente alberghi e (poche) strutture extra alberghiere. Gli enti locali e i territori non sono previsti e così per molte altre imprese turistiche o a rilevanza turistica come i wedding planner, sport dell’aria, etc.
Per gli enti locali peraltro le cose si sono complicate da quando è intervenuta la legge Madia che ha demolito quel modello di partenariato e partecipazione nei Consorzi turistici, costringendoli ad uscire dai sodalizi che erano l’unico modo per sviluppare sinergie di promozione territoriale.
Di fatto alle Fiere partecipano o possono partecipare solo una parte ristretta degli operatori che rientrano nelle attività produttive collegate alle filiere dei servizi di accoglienza e promozione turistica. Ma in questo modo rimangono escluse tantissime realtà che, pur operando a favore dell’immagine e promozione della Sardegna, non sono rappresentate negli spazi fieristici.
Quindi, nell’ultimo decennio le Fiere sono state più un’opportunità di partecipazione offerta dalla Regione a una limitata categoria di operatori del settore turistico professionale che un momento per promuovere i “turismi” praticabili in Sardegna.
Forse sarebbe meglio incominciare a rivedere i criteri di scelta delle Fiere e lo schema di partecipazione, coerentemente con le politiche per il turismo che dovrebbero combinare, in modo armonico, le azioni di sviluppo per tutti i territori, offrendo ai turisti i modi come organizzarsi e trascorrere la loro vacanza.
Se è vero che il turista, sempre di più, ricerca (su internet) una vacanza esperienziale, allora le Fiere dove partecipa la Regione Sardegna dovrebbero fornire anche le risposte a questo bisogno.
Dal quadro fornito dall’assessorato al Turismo (disponibile a questo link http://bit.ly/2F6Wn6S) appare chiaro che alle Fiere ci vanno soprattutto le strutture alberghiere e in parte le extra alberghiere. Con questa impostazione sorge spontanea la domanda: ma le strutture alberghiere ed extra alberghiere rappresentano la risposta per promuovere la Sardegna e per alimentare quei valori che migliorano la consapevolezza dei territori a candidarsi nel mercato del turismo nazionale e internazionale?
Io penso che non sia così, soprattutto perché quel comparto professionale dell’accoglienza è insidiato nei numeri dall’extra alberghiero e da forme di turismi che si stanno orientando su altre forme di ospitalità.
Esaminando i dati emerge anche un’altra domanda: la scelte delle Fiere è operata con la logica di promuovere la Sardegna oppure seguendo altre considerazioni più inclini al corporativismo? Il dubbio è lecito perché i Consorzi turistici, spesso, partecipano, pagandosi la loro promozione, ad altre Fiere, con mercati target differenti e più orientate ai territori.
Quindi direi che è meglio cambiare! Se vogliamo utilizzare al meglio i soldi pubblici investiti su queste iniziative – un milione 734 mila 753 euro e 58 centesimi nel 2018 – è necessario mostrare un’attenzione per ogni declinazione del bisogno del turista a cui la Sardegna deve rispondere efficacemente.
Dai dati emerge poi chiaramente che è il balneare a guidare la declinazione delle Fiere. D’altronde, con la maggioranza degli alberghi (stagionali) vicino al mare è naturale che l’azione strategica di sviluppo turistico della Regione Sardegna, per anni sia stata basata sulla logica del balneare, che risulta dai dati Sired anche il comparto capace di trainare presenze e ricavi.
In questa grafica è possibile raffrontare i dati degli esercizi alberghieri e extra alberghieri censiti sino al 2017 dalla Regione Sardegna https://tabsoft.co/2KhN4Fc.
Dallo scenario generale emerge che se vogliamo ampliare la capacità di attrattività della destinazione Sardegna è indispensabile prevedere una strategia di promozione e sviluppo che ampli il modello balneare a favore di una stagionalità più lunga.
È arrivato il momento di elaborare una nuova strategia capace di proiettare uno sviluppo coeso dei territori basato sul turismo. E le Fiere possono fare molto se cambieremo l’approccio integrando i tanti canali di cui si alimenta il turismo.
È meglio cambiare: integrando. Ma questo avverrà se la Regione prenderà atto che l’esperienza di una vacanza in Sardegna non appartiene solo agli alberghi, anzi! L’esperienza di una vacanza che lasci il segno positivo appartiene al sistema complesso di come il territorio e gli operatori sono organizzati affinché questo avvenga e dove le strutture dell’ospitalità sono un tassello di sviluppo che accompagna il turista per fruire un luogo.
Allora dobbiamo chiederci con franchezza: la Sardegna da chi dev’essere rappresentata alle Fiere del Turismo organizzate dalla Regione? E gli stand pagati dalla Regione a quali operatori devono essere aperti? Sempre che questa sia la strada giusta, naturalmente.
La risposta ancora una volta passa dalle politiche per il turismo e dal relativo Piano Strategico sul Turismo approvato nel 2018 dalla precedente Giunta regionale.
Superati i confini geografici e territoriali, che sono più consoni al campanile e meno alla curiosità dei turisti, è indispensabile elaborare le giuste politiche per il turismo (secondo chi le promuove) che la (Regione) Sardegna individua come le migliori per garantire prosperità al comparto, senza svantaggiare il valore e il pregio naturalistico e culturale che ancora oggi rappresentano le motivazioni principali della scelta di una vacanza e che porterebbero giovamento e respiro anche alle aree non costiere.
Se è vero, come è vero, che la Sardegna ha un forte appeal perché contiene molte anime che la caratterizzano e la rappresentano e dove ogni turista può cogliere la sua parte di esperienza, allora l’assessorato guidato da Gianni Chessa dovrebbe sforzarsi di elaborare un Piano di comunicazione delle Fiere che includa tutta questa eco-diversità identitaria, naturalistica e culturale, favorendone la crescita secondo un processo di legittimazione costante e seguendo le migliori best practice per presentarle in Italia e in Europa.
Non di solo marketing vivono la Sardegna e i sardi!
Oggi trovare un guru che indichi la strada per migliorare la posizione della Sardegna nei mercati turistici internazionali, è abbastanza facile, anche se non è detto che raggiunga l’obiettivo.
Difficile è trovare una classe politica che manifesti le idee chiare su quale tipi di turismi deve puntare la Sardegna.
Da tempo vado affermando che i problemi non sono i mercati complessi o l’applicazione di tecniche di neuroscienza applicata alle dinamiche di persuasione dell’individuo stimolato dalle nostre campagne “promozionali”.
Il problema ritengo che sia più semplice e riconducibile alla confusione che appartiene alla sfera decisionale del ruolo politico regionale e locale.
Senza idee chiare e maturate attraverso il confronto sul “come” la Regione intende sviluppare il turismo in Sardegna, con “quali” modelli organizzativi e funzionali (Dmo?), con quali risorse finanziarie, con quali persone delegate alla guida di queste azioni, sarà molto difficile perseguire gli obiettivi e i sogni di trasformare il turismo in una possibilità di sviluppo coerente con le aspettative delle comunità, nel rispetto dei beni naturali che appartengono a tutti noi e senza ritenere con arroganza che li possiamo consumare sino a sciuparli.
Direi, quindi, che prima si devono affrontare queste questioni e dopo si può parlare di organismi, non occupati dalla politica, delegati a perseguire le strategie e gli obiettivi, monitorando efficacemente i risultati.
Il sole così bello e spontaneo che la nostra posizione geografica ci regala quasi ogni giorno dell’anno è un bene prezioso che valorizza tutto quello che ci circonda. Grazie al clima, la nostra isola gode di un vantaggio competitivo naturale che va però arricchito di servizi appropriati per soddisfare le aspettative dei turisti che, ricordiamocelo, non sono esenti dall’essere corteggiati da altre destinazioni e che, proprio perché non godono dei nostri vantaggi climatici, elaborano un livello di servizi che colmano e, molte volte, ci superano nelle risposte attese dai vacanzieri.
Allora se la politica, ascoltando gli operatori sardi e i non sardi (gestori strutture turistiche locali con sede fuori dall’isola) saprà coniugare una disciplina di sviluppo turistico a medio termine, anche le Fiere del Turismo diventeranno un elemento essenziale per valorizzare le connotazioni dei territori con la chiarezza di una strategia e valutando la correttezza degli investimenti.
Forse è arrivato il momento di separare gli operatori dagli stand di promozione della Sardegna, che riguarda di più la sfera istituzionale dell’assessorato e rappresenta davvero la nostra essenza!
Sandro Usai
In Brasile , secondo mercato long haul per la Sardegna , non si vede un ‘unica iniziativa della regione da 10 anni …e l’ ultima si limitò ad un incontro con la comunità (scarsissima) di oriundi !
A proposito di trasporti … un annoso ed irrisolto problema. CHESSArà x il futuro ?
https://www.facebook.com/notes/nuccio-monello/potenziamo-i-collegamenti-marittimi/2112483384712/
Correva l’anno 2011 (Nuccio Monello)
https://www.facebook.com/notes/nuccio-monello/unisola-accogliente-sport-ambiente-turismo-attivo/2466822842977/
I trasporti, bisogna curare prima di tutto. Le altre aree geografiche del mediterraneo, molto meno belle della Sardegna, ci stanno surclassando per via dei collegamenti. Qua invece è un continuo leggere di bisticci ad alta quota fra le compagnie aeree e paura di finanziare le stesse perché c’è lo spettro dell’infrazione per gli aiuti di Stato. Finché i voli non vengono incrementati e le navi sono praticamente monopolio di una persona (si spera solo fino all’estate prossima), non ne usciamo fuori neanche dopo dieci fiere