Ormai non passa giorno che la politica sarda non provi (riuscendoci) a dare il peggio di sé.
Quella dell’elezione del presidente dell’Anci regionale è stata una vicenda nata male, proseguita peggio e conclusasi nel segno della farsa, con una elezione per acclamazione da parte di una evidente minoranza di primi cittadini che ha portato alla nomina di una presidenza priva di una qualsiasi rappresentatività reale, per tacere poi dell’autorevolezza; dote, questa, sconosciuta ad entrambi i contendenti che, una volta registrato lo stallo nel quale avevano condotto il confronto, avrebbero dovuto farsi da parte e favorire l’emergere di una candidatura terza.
Così invece non è stato, e la situazione è degenerata fino alla conclusione, degna dei tempi cupi che viviamo. Ma d’altra parte, proviamoci a metterci nei panni di chi oggi all’interno del Pd vuole fare carriera politica: se non gode già di qualche rendita di posizione, l’unica strada è quella di provare ad occupare una poltroncina, anche piccola che sia e costi quel che costi, e sperare poi che la ruota giri nel verso giusto. E così l’Anci, che si picca di voler essere il luogo dove trovano sintesi le richieste delle amministrazioni locali e dei territori, è stata trattata alla stregua di un qualsiasi posto di sottogoverno (roba da cda dell’Ente Minerario Sardo, se esiste ancora). E tanti auguri al nuovo presidente Emiliano Deiana, che adesso porterà la sua esperienza di sindaco di Bortigiadas (767 abitanti) ai massimi livelli istituzionali sardi e italiani.
A fronte di tanta sfrontatezza, fa sorridere la posizione di chi vagheggia un “partito dei sindaci”, come se non fosse evidente che il male che affligge la politica sarda (cioè un mix letale di sfrenato carrierismo e conclamata incompetenza) non sia lo stesso a Fonni o a Desulo (due paesi a caso) come in via Roma.
Oggi poi si è assistito allo sconcertante spettacolo dell’assessora regionale alla Pubblica Istruzione Claudia Firino, sfiduciata da tre consiglieri regionali del suo stesso (ex) partito (Sel), e subito dopo difesa da un altro consigliere (evidentemente dissidente), oltreché dal senatore di riferimento.
Da questa vicenda escono tutti sconfitti: i tre consiglieri che solo per motivi strumentali hanno sfiduciato il loro assessore (anche perché magari si augurano di succedergli, ma speriamo anche no: visti i risultati ottenuti, è venuto il momento di tenere la sinistra lontana dalla cultura e dalla pubblica istruzione); i difensori dell’assessore (che non ha certo lasciato il segno e che meritava serenamente di tornare alle sue occupazioni dopo il primo anno di legislatura), e l’assessore stesso, che a fronte di una sfiducia così plateale avrebbe dovuto dimettersi in tempo reale.
Oggi poi c’è stata la manifestazione della Coldiretti: a ricevere i manifestanti non c’erano né l’assessore all’Agricoltura né il presidente della Regione ma l’assessore alla Programmazione Raffaele Paci, che tiene l’interim sia dell’assessorato che, di fatto, della presidenza.
Ora, c’è da essere contenti che dopo quasi un mese il presidente Francesco Pigliaru abbia lasciato l’ospedale e ora sia a “ricoverato” in casa, ma questa situazione sinceramente quanto ancora può continuare? Per quanto tempo la Sardegna può fare a meno di un presidente in grado di governare nella pienezza dei suoi poteri, che non sono solo di firma ma che si esercitano anche stando quotidianamente sul campo e rappresentando l’istituzione ogni qual volta questo sia necessario?
Nessuno ne parla, nessuno ne vuole parlare.
La cosa stupefacente è che questo processo di dissoluzione della politica isolana sta avvenendo in assenza di quella forza che a livello italiano si sta ponendo come seria alterativa al Pd e a Forza Italia, cioè il Movimento Cinquestelle. I grillini invece in Sardegna sono praticamente assenti da ogni dibattito e sono privi di qualunque progettualità.
La caduta libera dunque può continuare. Quando ci fermeremo?
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Caro Vito, hai ragione. Hai ragione sul “partito dei sindaci”, ideuzza vecchia e che si ripete: ci giochicchia anche la sinistra, da Massimo Zedda al neo eletto (per acclamazione di una minoranza) presidente dell’Anci. Ma non ha consistenza, non è una sana idea di rinnovamento del ceto politico, anzi.
Sarebbe interessante studiare le dinamiche del potere locale nel rapporto fra centri e periferie, in questa stagione in Sardegna; la ritornante retorica del rurale contrapposto all’urbano, il tentativo di saltare sul carro dell’anti-casta di chi è già stato casta nel piccolo, o aspira a diventarlo nell’ambito dello stesso paradigmadel potere, come tu scrivi.
Hai ragione sul grillismo in Sardegna, a stupirti per quest’assenza di classe dirigente regionale e locale del M5S, nonostante una fortissima presa sull’opinione pubblica, che è nell’aria, e non solo nell’aria, ma in molte intenzioni di voto di persone vicine a noi, in cerca di rinnovamento e di radicalità.
Penso che il grillismo occupa in Sardegna se non tutti gran parte degli spazi del sovranismo a cui dedichi attenzione da tempo e molti articoli.
Era così anche alle elezioni regionali di tre anni fa, la lista di Michela Murgia pescava in quel mare. Che siamo d’accordo o no, forse andiamo verso una omologazione ulteriore con l’Italia, attraverso Grillo. Non è che può essere anche salutare?
Grazie, e buon lavo
Mi scusi Vito, le potrei consigliare di riunire un gruppo di 7-8 persone per mettere nero su bianco i principi costituzionali su cui si dovrebbe basare il futuro Stato di Sardegna o Repubblica di Sardegna come qualcuno vorrebbe? Guardi, io coinvolgerei anche gli ideatori di Canton Marittimo e quelli del circuito parallelo di moneta Sardex. Hanno avuto idee originali e come tali possono contribuire. Dopo di che chiamerei Michela Murgia che nel frattempo ha di sicuro imparato la lezione e ripartirei da quell’importantissimo 10%. Non dimentichi però che, come ho sottolineato in altre occasioni, ci vuole pecunia e se il progetto vale mi dia retta che la pecunia si trova, a patto che…. Non sarebbe male che uno dei principi costituzionali dicesse: “la Sardegna è un isola che fa dell’ambiente una risorsa strategica ecc. ecc.” tenga presente che io non sono un ambientalista ma della cura e della salvaguardia di certi territori ne capisco molto bene il valore intrinseco ed economico.
Proprio l’assenza dei grillini renderebbe in teoria più facile il compito (iniziale) di una formazione unitaria dell’area indipendentista-sovranista. Chissà se la si vedrà mai
Il nodo del problema è proprio questo. Dopo il referendum del 4/12, si sono determinate condizioni straordinariamente favorevoli ed irripetibili per compiere il primo vero passo verso l’indipendenza dall’Italia della Sardegna. Il governo dell’isola può essere agevolmente conquistato da una coalizione sovranista-sardista-indipendentista nelle elezioni del 2019. Gran parte dei sardi, ma soprattutto i giovani, sono infatti fortemente incazzati e comprendono sulla propria pelle che non si può ulteriormente tollerare lo sfruttamento coloniale cui siamo sottoposti in maniera crescente. L’indipendenza e la conseguente adesione all’UE, senza più l’intermediazione dell’Italia,costituisce il primo e determinante fattore di sviluppo economico sociale. Anche se lo sfascio aumenta ogni giorno, stavolta sono ottimista. L’indipendenza è veramente a portata di mano nel breve periodo (nonostante certi indipendentisti).
Io Ci credo da una vita nell’indipendenza (quella vera,quella condivisa e non calata dall’alto)……ma al momento,non esiste nell’isola una classe politica autorevole, un partito affidabile, in grado di reggere un passaggio storico cosi delicato. C’è questo ambiguo dualismo : Indipendentismo – Sovranismo, che confonde la gente comune.
L’indipendenza – principalmente economica e poi politica – richiede coraggio e molti sacrifici(vedi Catalogna,Irlanda,Scozia,Corsica etc.).
Ora la prima l’abbiamo svenduta (non abbiamo più neanche una banca) per la seconda non vedo in Sardegna quella determinazione e quel coinvolgimento che la situazione richiede.Vedo gente arroccata nel suo piccolo feudo,che “gioca” a fare l’indipendentista,argomentando con la solita, superata retorica. Si è perso fin troppo tempo.Qui c’è da convincere ,con i fatti, “tutto” un popolo, che più che incazzato a me sembra distaccato e rassegnato.
l’indipendenza è ancora tutta costruire.
Biolchini, non conosci Emiliano Deiana. Parla con lui di politica, di Sardegna, di come si amministra un comune. Almeno ti fai una botta di cultura politica, quella che ti manca
Solinas, grazie per questo intervento: perché è proprio di una diversa cultura politica stiamo parlando.
Caro Mirko,
il problema sull’ANCI, per quanto mi riguarda, è di metodo, e poi c’è una voragine che riguarda la sostanza. Il metodo è che si è eletto il presidente dell’ANCI con poco più di 110 sindaci che si sono espressi.
La sostanza è che in Sardegna o rimettiamo in discussione le coordinate economiche, sociali e culturali imposteci dai governi italiani ed europei, o non se ne esce. Il vettore di quelle coordinate è il Partito Democratico ed il “centrosinistra”, ed Emiliano Deiana ne fa parte.
Sono stato nell’ANCI per cinque anni, e continuo a seguirne le evoluzioni. Non è stata una organizzazione conseguente ai proclami, bensì è stata una organizzazione del PD, che ha incanalato un diffuso malcontento per non farlo sfogare in altro modo.
Se tutto questo cambierà con la nuova presidenza saremo felici, ma le premesse non sono buone.
Nell’articolo di Vito ci sono poi tante altre questioni che descrivono e danno un giudizio sul quadro sardo e che, letti insieme agli altri, indicano una proposta.
Certo, l’arrivismo, il carrierismo, l’incompetenza sono mali tanto diffusi quanto antichi. Ma credo che questo sia solo il “sintomo” – e forse, per quanto rivoltante, nemmeno il più allarmante – di un problema di proporzioni sistemiche, e che non è una esclusiva della Sardegna e per giunta nemmeno recente. Il problema è, credo, la “politica, la sua “autonomia”, con le sue forme organizzate (i partiti), cioè l’aver perso coscienza del proprio rango ontologico smettendo di confrontarsi con le profonde trasformazioni in atto. E’ come se i cambiamenti l’avessero travolta, svuotandone dall’interno concetti e categorie, riducendone la funzione a vuote liturgie e a banali forme di gestione spettacolare di un consenso sempre più fasullo. Anch’essa oggetto di una ipertrofia del linguaggio, con conseguente sovvertimento della relazione tra mezzi e fini (restano i mezzi, i gesti, le liturgie “spettacolari”, ma del tutto sganciati da un loro fine), non ha proprio più nulla da dire. Assillata dalle scadenze elettorali (terreno propizio agli opportunismi di ogni risma), non le resta che reiterare confusi appelli ad un rinnovamento sempre più improbabile (oggi è la volta del “sovranismo”) la cui necessità è quotidianamente ribadita quasi fosse un mantra in grado di tramutare le superstizioni spettacolari in verità percorribili, proprio quando si è, al contrario, miseramente ridotta ad amministrare, per conto terzi, un esistente sempre più drammatico finendo così per certificare il proprio nulla (che per altro gli elettori ratificano disertando sempre di più spesso le urne). Una politica incapace di sguardi lunghi, di partorire un minimo di visione strategiche per l’avvenire, non può che boccheggiare praticando il tatticismo al fine di vedersi garantita la sopravvivenza e conservare una apparenza di “funzione direttiva”, con l’alternanza che ha preso il sopravvento sull’alternativa (che richiederebbe, appunto, un visione lunga, un orizzonte strategico e una idea di società). Ma, come ammonisce Sun Tzu, le tattiche senza una strategia sono il clamore prima della sconfitta. E non è, credo, solo una questione di questo o di quel nome, ché i singoli, da soli, non hanno mai fatto la storia e mai la faranno. Sono sempre le masse, o col loro attivismo o, al contrario, con la loro passività a dare una direzione alla storia.
Sapete bene che la parte del leone sarà del buon Maninchedda e della sua company di ex DC, ex PdL, ex PSdAz, ex Margherita, ex PD, ex CD, ex IRS, ex PS, ex PSI, ex PPI.
Insomma: una mai doma Balena!
Quel che mi chiedo io, sardista per DNA familiare, cresciuto con Titino Melis e Piero Sotgiu, diventato grande con Italo Ortu e Carlo Sanna, è non tanto la pocchezza e l’avventurismo dei muli zoppi e castrati della maggioranza di governo regionale ma dove stia il P.S.D’Azione che dovrebbe essere l’asse trainante delle lotte che il popolo aspetta. Mutismo assoluto di un segretario fantasma e fantotzu che non rappresenta assolutamente il mondo sardista, ma solo chi lo circonda. Adesso che è l’ora buona per far sentire la nostra voce siamo alla mercè di avventurieri che calano dall’oltre grande fiume per imporre quanto di loro gradimento. Ma non sarà tempo che noi sardi ci scrolliamo di dosso ogni e qualsiasi asservimento?
Non se ne esce!!
Siamo oltre i partiti,le correnti,le coalizioni,il bipartitismo,il maggioritario,il proporzionale….Ora che le segreterie romane hanno perso il controllo, nelle periferie “dell’impero” siamo tornati ai Clan,alla politica tribale…ma forse in fondo non siamo mai cambiati.
L’emergenza è culturale.
Bravo Vito
In ottica elettorale a me preoccupa proprio che i 5 stelle in Sardegna siano politicamente inesistenti, ma vedrete che in tutto sto casino alle elezioni Grillo o chi per lui prenderà dalle urne nomi a caso, che si portano dietro bacini elettorali contabili sulle dita di due mani ciascuno, e tutti li voteranno, solo perchè quel partito è un simbolo e non un insieme di ideali. Con la grande gioia di PD, “chiunquevuoimettereadestra” e All star di sovranisti e indipendentisti, che al massimo avranno il tempo di realizzare quello che è accaduto e fare le classiche analisi della sconfitta.
Li a quel punto sarà divertente, quasi stucchevole se i 5 stelle riusciranno a fare anche peggio della giunta Pigliaru o evidentemente siamo arrivati talmente al baratro che si può solo risalire…
Peggio della giunta Pigliaru? allora dobbiamo proprio scavare…