Joao Pigliaru (in bocca al lupo presidente)
Sulla Sardegna spira il vento gelido delle elezioni regionali anticipate. Con due anni di anticipo, in questo 2017 i sardi rischiano seriamente di andare alle urne per scegliere nuovamente presidente e consiglieri, e l’instabilità politica che è seguita alla débâcle referendaria c’entra poco. Francesco Pigliaru è ricoverato in ospedale da quasi tre settimane e mentre i comunicati di viale Trento minimizzano, tutte le fonti invece mostrano grande preoccupazione e non fanno mistero di ritenere probabili le imminenti le dimissioni del presidente della Regione, debilitato da una malattia autoimmune che gli impedisce di affrontare tutti i pesanti impegni istituzionali a cui è chiamato.
Personalmente mi auguro di cuore che Francesco Pigliaru torni nel più breve tempo possibile ad una vita serena e ad una operatività piena; però da giornalista non posso non registrare le preoccupazioni che in queste ultime settimane attraversano il mondo politico e i movimenti, chiaramente pre-elettorali, che fanno capire che sono gli stessi partiti a prepararsi al ritorno alle urne nei prossimi mesi.
I segnali sono infatti inequivocabili.
Il coordinatore regionale di Forza Italia Ugo Cappellacci nei giorni scorsi ha lanciato una iniziativa che attraverserà dal prossimo 20 gennaio decine e decine di comuni: uno spreco di tempo e di energie, se non ci fossero le elezioni alle porte; i consiglieri regionali delle forze minori si stanno ricollocando (significativo il passaggio del rappresentante di Rifondazione Unali nel gruppo del Partito dei Sardi); il presidente del Consiglio Ganau ha annunciato una sua proposta per modificare la legge elettorale (che oggi impone uno sbarramento al 10 per cento e che non rispetta la parità di genere), altri consiglieri del Pd ne hanno presentato una loro.
Se dovessi scommettere un euro, direi però che si andrà alle urne con la stessa norma che nel 2014 vide prevalere Pigliaru. Gli ultimi mesi di questa legislatura ricordano infatti da vicino quelli che videro nel 2003 la giunta del presidente Italo Masala e la sua scalcagnata maggioranza di centrodestra provare a dotarsi di una legge elettorale presidenziale che non fosse il calco di quella approvata a livello italiano. L’operazione fallì; e sinceramente non capisco come oggi il Pd (partito a cui spetta indubbiamente l’onere dell’iniziativa legislativa), privo di qualunque guida politica a livello italiano e ancor più isolano, possa riuscire in una impresa così politicamente impegnativa.
Se si andasse alle urne con l’attuale legge, entrerebbero in Consiglio solo i rappresentanti degli schieramenti formati da partiti in grado tutti assieme di superare il dieci per cento dei consensi, mentre alle liste che dovessero scegliere di presentarsi da sole basterebbe invece il cinque per cento (comunque una enormità). Dei candidati presidente, solo i primi due entrerebbero in Consiglio.
Questa legge, scritta ad uso e consumo di un bipolarismo italiota che si articolava lungo l’asse centrodestra-centrosinistra con l’obiettivo di escludere i Cinquestelle (che poi si esclusero da soli, non presentandosi alla competizione), alla fine invece ha danneggiato Michela Murgia e Mauro Pili.
Quindi se la legge non dovesse cambiare (posto che i Cinquestelle non fanno accordi con nessuno e centrodestra e centrosinistra superano agevolmente lo sbarramento al 10 per cento), a farne le spese potrebbe essere il polo dell’autodeterminazione, anche perché in questo fronte si continua a perdere tempo e non si prende il toro per le corna: come mettere assieme sotto lo stesso progetto un mondo variegato, per non dire frastagliato e frammentato? Come scegliere una leadership credibile (dato che su piazza non ci sono leader riconosciuti da tutti)?
Il dibattito è in corso da mesi ma non mi sembra che abbia fatto significativi passi in avanti e soprattutto si continua a non tenere conto della fallimentare esperienza (in termini oggettivi) di Michela Murgia e di Sardegna Possibile: una vera e propria macchina da guerra che poi non ha portato a casa neanche un consigliere regionale.
Perché continuare a fare gli stessi errori?
Anthony Muroni si professa “osservatore” ma si comporta da candidato: niente di male. Ma organizzare nel territorio incontri più o meno partecipati, in attesa che il quadro si chiarisca (ma anche col rischio che tutto precipiti), non cambia però i termini della questione.
Proprio perché il fronte dell’autodeterminazione è molto frastagliato in decine di sigle (che dovrebbero stare con la loro autonomia all’interno di un progetto condiviso), questo ha bisogno di un momento di ampia legittimazione.
Non si vogliono fare le primarie perché si teme che qualche forza maggiormente organizzata prevalga? Obiezione bizzarra: perché bisognerebbe temere una forza che si è voluto inserire nel progetto comune?
E in ogni caso, se anche nello schieramento dell’autodeterminazione ci fossero solo sigle e siglette incapaci di esercitare una qualsiasi egemonia, questo non cambierebbe di una virgola i termini del ragionamento: come si sceglie la leadership? Attraverso una legittimazione popolare o attraverso un accordo tra sedicenti micro capi bastone? Io sono per la legittimazione popolare.
La parola primarie non piace? Allora se ne trovi un’altra e si consenta alle persone di scegliere il proprio leader.
Altro che parlare di programma: di metodo bisogna discutere. E le regole per la selezione della leadership vanno fissate subito, anche per evitare ambiguità e posizionamenti tattici che non porteranno da nessuna parte: se non ad un nuovo, inevitabile fallimento.
Voterò ancora PD? de chessa!
Pingback: Post utili a inquadrare la politica in Sardegna: Biolchini, Muroni, Maninchedda – Roberto Carta
Pingback: Post utili a inquadrare il momento politico sardo: Biolchini, Muroni, Maninchedda – Roberto Carta
Pingback: Post importanti per inquadrare il futuro politico sardo: Biolchini, Muroni, Maninchedda – Roberto Carta
Pingback: …IL FRUTTO CHE AVRAI SARA’ PARI AL LAVORO CHE CI AVRAI MESSO… – BLOGMAR8
Da sardista per nascita mi chiedo dove sta il Partito Sardo D’Azione. A Cagliari si sono inchinati al putridume piddino e c’è da chiedersi se, dopo aver abbandonato il vero popolo sardista, i capi delle cadreghe, hanno ancora in programma di rifare accordi coi partiti italioti. O dobbiamo aspettare che arrivi un altro Mario Melis?
Non posso che condividere ciò che scrive Salvatorangelo.
Dove sono il Segretario e il Presidente?
Com’è possibile che gente palesemente NON SARDISTA come Gianni Chessa e Ferdinando Secchi abbiano corso sotto il simbolo PSdAz?
Sarà dura.Nella leadership del fronte dell’autodeterminazione pesa un passato di problemi personali, e nessuno si sogna di fare un passo indietro a favore di altri. Mai come in questo momento , siamo preparati ad un accettare l’idea di autodeterminazione.. Ma servono volti nuovi …..chi sarà disposto a fare un passo indietro?
La grande delusione per me sono Paolo Maninchedda ed il suo portaborse, Franciscu Sedda. Perché? Perché alla fine hanno dimostrato di essere solo dei buoni parlatori e basta.
uff … tanto vince il centrodestra con emilio presidente
L’area sovranista non esiste, esiste una galassia composta da micro partitini guidati da micro leader che hanno in comune solo l’avversione verso gli altri micro partitini.
Per vincere, una coalizione formata da Maninchedda, Muledda, Muroni, Solinas, Arbau, Sale e Pili avrebbe bisogno, più che di un programma condiviso, un bel viaggio a Lourdes con immersione in piscina di acqua benedetta.
Se questi sono i personaggi viva il centralismo, aboliamo le regioni e tutto il potere ai prefetti.
Io questa volta ci credo e ci credo piu’ di quanto ci abbia creduto con Soru prima e con Michela Murgia poi. Secondo me questa volta i sardi, la maggioranza dei sardi sono pronti a votare una coalizione e un leader autonomista che stacchi la spina da Roma e che avvii la formazione dello Stato Sardegna. Certo uno come Muroni. nuovo, fresco, preparato, motivato sarebbe l’ideale per mettere tutti ‘partiti dei sardi’ sotto un’unica berritta. E vincerebbe anche il voto popolare ( facciamole online anche noi queste prinarie). Prima dovrebbe vincere il derby e far la pace con Maninchedda con la. benedizione e la mediazione di Franciscu Sedda. Poi dovrebbe promettere a Mauro Pili di farlo Ministro degli Esteri o dell’Ambiente… e allora si che tutti seguirebbero con effetto domino.
Prof. Porcella mi sembra che lei non abbia compreso appieno la differenza fra autonomismo ed indipendentismo…
Se paolo maninchedda (minuscole non casuali) dovesse avere un ruolo….un qualsiasi ruolo….. Penso darei fuoco alla Tessera elettorale, altro che votare una (a quel punto) del tutto inattendibile, indigesta ed ementita “Coalizione”….
Cummenzendi cun is dolores de brenti?
Un altro metterà il veto su pili, un altro su devias etc. e ognuno andrà da solo;
Non impareremo mai !!!
Sono d’accordo con te Vito, tra l’altro questa questione del metodo per l’individuazione del leader, ma direi anche di tutti i candidati, è veramante improcrastinabile.
Vogliono modificare la legge elettrorale? Benissimo, inizino dalle primarie (o come le vogliono chiamare) per legge e per tutti i partiti.
Peccato che abbiano paura del popolo, e quindi di perdere la primazia da capi di micro-bastone… (con tutto quello che questo termine allegorico comporta! ;-)))
In bocca al lupo al Professor Pigliaru di pronta guarigione.
Primarie subito del fronte sovranista mi sembra un po’ troppo presto, visto che la scadenza naturale è nel 2019.
Il programma si, è necessario mettere subito in moto e stabilire gli obiettivi comuni tra TUTTI i sovranisti, senza esclusioni, ma con unica metodo di scelta le primarie future.
Subito no, ci mancherebbe altro!
Credo che non ci siano dubbi, ci siamo già espressi, la leadership spetta al P.S.d’Az. Lo abbiamo già annunciato. Forza paris Sardigna
E spetta in virtù di quale diritto? 🙂
Scherzi a parte, Vito, ti faccio una domanda quindi spinosa. Se ci fossero primarie domani, chi sarebbero i reali papabili a una leadership?
Pili, Maninchedda, Muroni (?), Devias, Sale? Altri?
Gradirei una short list di 3 persone (altrimenti è troppo facile dire “tutti quelli che sono leader sono papabili candidati”, includendo anche i leader di circoletti con 10 persone…)
Alessandro, io non posso candidare nessuno. Innanzitutto le forze che sono interessate a questo percorso devono fissare regole e punti programmatici comuni, dopodiché ognuno presenta il suo candidato. Senza una piattaforma e un accordo comune non ci può essere il passo successivo. Ma deve essere chiaro che le leadership si devono condividere il più possibile.
Sicuramente Muroni!
PRIMARIE SUBITO.
Magari Pigliaru si dimette e fa da Presidente Emerito come Ratzinger…