Cagliari, Giardini pubblici (foto Olliera)
Ebbene sì: anche io inizio ad avere qualche capello bianco ed un grande futuro alle spalle. Sarà la barba a conferirmi una immeritata autorevolezza ed il mio sguardo da miope a farmi assumere una posa troppo seria, sta di fatto che ogni tanto qualche giovane di belle speranze mi contatta per dirmi “Vito, ti devo parlare”.
Io li ascolto con attenzione questi giovani (giovani veri, ventenni, venticinquenni al massimo) che ambiscono a lavorare nel settore del giornalismo, della comunicazione, della cultura e dello spettacolo; sono sempre ragazzi che hanno buone capacità e grandi potenzialità ma quasi sempre non lo sanno: perché nessuno glielo ha mai detto o fatto capire.
Sono ragazzi preparati, hanno studiato e hanno viaggiato più di quanto non hanno potuto fare i ventenni della mia generazione. Spesso hanno anche le idee molto chiare, sanno quello che vogliono. Sono solo un po’ confusi perché si guardano attorno e non capiscono bene dove sono capitati. E allora mi chiedono un consiglio: “Cosa devo fare?”.
Fino a qualche tempo fa raramente il consiglio era uguale per tutti. Ora invece la mia risposta è sempre la stessa: “Laureati in fretta e parti. Non stare in Sardegna, non perdere tempo”.
Non c’è niente di polemico o di provocatorio nel mio consiglio, ma solo la consapevolezza che la nostra isola sta vivendo un periodo di regressione paurosa e che all’orizzonte non si vedono speranze per chi si occupa di cultura, spettacolo, informazione e comunicazione.
Un giovane sardo che non può contare su solidi agganci familiari o politici non ha alcuna possibilità di farcela: perché una delle caratteristiche delle zone del mondo che stanno indietro nello sviluppo è proprio quella di non riuscire a riconoscere e ricompensare il merito.
Studiare con profitto, impegnarsi, lavorare duramente raramente consente ai giovani sardi di potersi costruire in quest’isola una posizione solida. In queste condizioni niente di quello che si riesce a costruire resta in piedi, la giungla prima o poi si riprende tutto. Questo è quello che io vedo da tempo.
Per cui non me la sento di dare speranze che non ci sono. Il tempo passa in fretta e certe scelte è più facile farle quando si è giovani veramente. Inutile perdere tempo aspettando riconoscimenti che non arriveranno mai. Meglio partire, crescere altrove, mettersi in gioco. Ogni cosa sarà meglio di questo deserto.
La politica oggi in Sardegna non è in grado di costruire scenari possibili, non sa neanche immaginare un futuro credibile nel quale proiettare le giovani generazioni. Chi mi conosce sa che non sono un pessimista di natura, vi posso assicurare che fino a qualche tempo fa la situazione non era questa e io stesso ho creduto in tanti progetti che pensavo potessero cambiare la mia vita e la mia terra.
Ora quelle condizioni semplicemente non ci sono più.
Le sento le critiche di chi pensa che in questo modo, spingendo i ragazzi a costruirsi un futuro altrove, la Sardegna si impoverisce ancora di più, ma sono critiche che arrivano quasi sempre da chi un futuro lo ha avuto o non ha il coraggio di guardare in faccia la realtà.
Oggi non è giusto illudere i giovani e mortificare le loro potenzialità, chiedergli di stare qui oltre ogni ragionevole limite di sopportazione, tra tirocini, stage, lavori sottopagati e tutte le mortificazioni che derivano dal vivere in un sistema profondamente ingiusto, clientelare e nepotista, dove il cognome e il legame di obbedienza feudale contano più dell’intelligenza e del merito.
Chi può studi, poi parta. Non cada nella trappola della speranza di un futuro migliore: il futuro è adesso. Ora. Ma non necessariamente qui.
È meglio partire, andare dove si vuole e senza mettersi alcuno scrupolo.
E noi adulti abbiamo il dovere della verità. Perché non saranno questi giovani con la loro infelice permanenza in questa isola a salvare la Sardegna. Ma almeno loro stessi, sì.
“Un giovane sardo che non può contare su solidi agganci familiari o politici non ha alcuna possibilità di farcela”. Questa affermazione di Vito andrebbe scolpita da Pinuccio Sciola nelle sue pietre sonore. Chi, dotato di buon senso e senso della realtà, può mettere in dubbio queste parole? Solo chi non abbia fatto nella sua carne ferita l’esperienza della delusione, delle aspirazioni amputate, della frustrazione, del vedersi invecchiare senza essere riuscito a costruire nulla e a realizzarsi. A ciò che consiglia Vito ai giovani (fuggire a gambe levate da questa terra meravigliosa ma maledetta), aggiungo il mio carico da undici: onore al merito di tutti coloro che, pur potendo, pur volendo, non fanno figli perchè destinati ad un futuro dannato.
…..è come se durante la seconda guerra mondiale le persone con maggiore esperienza avessero detto ai giovani partigiani legati alla propria terra:”andate via perché qui non c’è più nulla da fare”.
Ad ogni epoca la propria guerra e se i nostri giovani hanno voglia di combattere per il futuro della Sardegna sosteniamoli perché, in caso contrario, saremo tutti perdenti.
io spero che questi giovani che vogliono occuparsi di comunicazione e divulgare informazione e cultura con idee nuove rimangano in sardegna perchè noi ne abbiamo bisogno troppo: non sappiamo niente! Storia della Sardegna? Politica Internazionale? Economia? Storia delle Religioni? Storia della Chiesa? Geologia? Fisica? Teatro? … il “grande pubblico” non sa un cavolo di niente oltre la risciacquatura del TG e dei quotidiani sempre più ridotti all’osso…. ma sbaglio a pensare che nel periodo 1975-85 nell’informazione sarda ci fosse molta più polpa?
Caro Vito, Fai un’analisi dei problemi della Sardegna triste, in gran parte realistica, ma non ne condivido la conclusione.
1) Il ruolo della politica
Nelle tue parole, compare un malinconico disincanto per ‘le’ politiche (spero non per ‘la’ politica) incapaci di restituire un’idea positiva di Sardegna; di dare quello slancio che risponda a una crisi pesante, che sembra non volerne sapere di finire. Concordo: ci propinano avanzi di politiche, già provate e già fallite, con i quali realizzano -se ci va bene- piatti mediocri.
Sono un nemico acerrimo dell’idea perversa del liberismo quale igiene del male statalista, che risolve ogni umano problema con la libera impresa, sollevata dal peso dello Stato. Il mercato che definisce una gerarchia meritocratica alla struttura della società è una boiata cosmica! La politica è, e deve essere, il centro dell’evoluzione economica e sociale ma non può essere l’unico. Almeno non nel 2016. Non è più così da almeno un decennio. Le spinte culturali che si agitano nella società sono un gigantesco contrappeso, economico e dunque politico alle istituzioni democratiche. I progressi sociali sono stati spinti solo in parte dagli Stati e molto dai singoli/collettivi. Le persone con buone idee, nel mondo globalizzato, possono fare cose che un tempo erano impensabili.
2) Il grande potenziale sardo
Non è vero che la Sardegna non abbia prospettive. In Sardegna io vedo gigantesche prospettive in campo agroalimentare; nella promozione del design quale evoluzione di un artigianato unico; nel turismo; nella valorizzazione della civiltà nuragica* e culturale in genere; nel settore congressuale**; nel turismo sanitario***; nella produzione media e nell’editoria in lingua sarda****. Vedo praterie intere nel settore della location cinematografiche o in quello discografico. Vedo una Cagliari – che con tutti i suoi problemi- è cambiata drasticamente in 10 anni e che solo negli ultimi 4 o 5 si è aperta al turismo in modo deciso, accrescendo il suo potenziale di attrazione, anche in altri ambiti economici. Le possibilità di fare impresa, innovando in modo creativo, ci sono. Se la politica ci fosse sarebbe tutto più semplice, ma non c’è. Però ci sono le capacità e le conoscenze di questa generazione fantastica. Si può fare tanto, anche nel vuoto della politica.
3) Quanto è bello il continente…
Chi è in Sardegna pensa sempre che fuori sia tutto meglio. E’ un’idea che ci hanno scolpito dentro dall’infanzia. Deriva forse dall’arretratezza post-guerra. O forse lo si pensa perche l’emigrante racconta rose e fiori quando torna; spesso lo fa per orgoglio, altre volte perche fa paragoni impropri: “a Cagliari non c’è niente, invece e Milano o Londra…”. Lo pensa perché siamo specialisti nel mostrare le ferite, mentre altri sono bravi a lavarsi i panni in casa. In Sardegna ci sono mille problemi, ma non ci sono solo quelli.
4) I GGGiovani.
La generazione istruita di cui parli è la più aperta, tecnologica ed internazionale che si sia mai avuta. Nasconde un potenziale pazzesco ed inestimabile. A questa generazione dico di viaggiare, di fare esperienza, neanche in Italia -che è un paese in gran parte fermo- ma all’estero! Però gli dico anche di tornare, di usare quello sguardo nuovo e alieno sulla Sardegna per vedere quanto gigantesco potenziale inespresso nasconda la nostra terra (come racconta Pino Aprile in ‘Giù al sud’). Di riscoprire quella storia, che a scuola nessuno gli insegna e di farne tesoro e spunto per idee e progetti. Non c’è futuro in Sardegna per i giovani, se pensano di usare il solito sguardo: ma se cambiano prospettiva, se trovano nuove strade, il futuro c’è. La Sardegna deve trovare una via originale e creativa verso il futuro e sono i giovani ad avere la responsabilità e il dovere di farlo. Invece di rimboccarvi le mani a fare i lavapiatti a Londra o i camerieri a Berlino, spremetevi le meningi e aprite la Sardegna al mondo! ai giovani direi di tirare fuori quel potenziale, perché li piò far diventare ricchi. Di una ricchezza felice, di una soddisfazione vera, senza malinconie e nostalgia; orgogliosa e in qualche modo ‘balente’.
Salude
* Vedi Nurnet ( http://www.nurnet.it )
**Studio sul valore economico del settore congressuale in Italia ( http://www.riminiconvention.it/uWeb/upload/MONOGRAFIA.pdf )
***Turismo snitario: un mercato da 100 mln di $ destinato a crescee ( http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?approfondimento_id=5702 )
****Il Consiglio d’Europa sull’importanza economica della valorizzazione delle lingue minoritarie ( https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1601217&Site=CM )
Caro Vito, dov’è finito il tuo entusiasmo e la tua ambizione?
Ci siamo incontrati diversi mesi fa e avevi un progetto editoriale interessante. Capisco che ora quelle condizioni non ci siano più e non voglio entrare nel merito di questo.
Il tuo discorso non fa una piega e mi sento anche di condividerlo quasi per intero. Quasi.
A 35 anni non posso più ritenermi giovane, anche io ho perso il treno e anche io rimpiango di non aver fatto un’esperienza all’estero, ma vedere la mia terra in queste drammatiche condizioni mi fa male stando qui e mi avrebbe fatto altrettanto male lontano da qui, perché che ci piacia o no, siamo figli di questa terra e più o meno consapevolmente abbiamo lo sguardo e il pensiero sempre rivolto alla Sardegna.
E ci sto a mettere un biglietto in mano ad un giovane e consigliargli di partire, adesso che è ancora in tempo, ma stando qui non potrei mai perdonarmi di non aver fatto nulla per non offrire a quello stesso giovane anche un biglietto per tornare e metterlo nelle condizione di sfruttare tutta la sua esperienza professionale che avrà maturato.
Dannazione! Non può essere così difficile. Se si rassegna gente come te siamo davvero alla frutta. Dobbiamo riprendercelo in mano questo futuro e dare una speranza a questa terra che non si merita di certo uno scenario e un futuro così.
Con stima incondizionata. E non mollare. Mai.
Caro Vito
faccio a me stesso e ai tuoi lettori dono della poesia “Partire nel restare”
del poeta Guillevic:
Si può sognare
di partire.
Si può sognare
di restare.
Il meglio
è partire nel restare,
come il sole,
come la fonte,
come le radici.
Caro Vito, sono partito dalla Sardegna, destinazione Svizzera italiana, piuttosto “tardi” . Solo tre anni fa, alla bella età di 45 anni, con moglie e figli. Attraverso la mia ventennale esperienza come educatore professionale sviluppata totalmente in Sardegna ho cercato e immediatamente ho trovato, una collocazione professionale dignitosa e valorizzante. Sono sempre stato un ottimista (e lo sono ancora!)…ma i miei figli non meritano di vivere in un sistema che schiaccerebbe le loro inclinazioni e i sogni. Io ci tengo ai miei sogni e sopratutto a quelli della mia famiglia. E nei miei sogni certo… c’è anche una Sardegna libera da una politica assistenziale, da una burocrazia becera e da un sistema di potere che non è in grado di recepire innovazione e creatività. Non mi sento tuttavia un emigrato in senso stretto: vivo il mio essere sardo, professionista apprezzato ma finalmente garantito con un sentimento di appagamento non risolto. Quello che ho imparato a fare (e ad essere) in Sardegna lo esporto qui. Con semplicità e non senza qualche punta di amarezza….
http://cagliari.globalist.it/Detail_News_Display?ID=116999
Come darti torto? Anche io non tendo al pessimismo, diciamo che ho sempre creduto nel bicchiere mezzo pieno, ora è diverso, il bicchiere è completamente vuoto. Ci nascondiamo dietro la parola crisi, ma da noi questa parola è la norma, da sempre. E’ triste, non mi vergogno di dire che mi viene da piangere, molti nostri giovani abbandonano gli studi e vanno ad ingrossare le fila dei senza arte ne parte, altri dopo anni di studio e sacrifici, loro e delle loro famiglie, andranno ad alimentare la produzione di curricullum che quasi sempre non otterranno risposte. I nostri paesi dell’interno stanno scomparendo, i giovani in molti casi sono già scappati da molti anni, nel frattempo i nostri politici si fanno belli con i soliti proclami, che risulteranno solo chiacchere. Si, ha ragione Vito, ha maledettamente ragione, e se devo essere sincero, un po’ mi dispiace dovergliela dare, ho un unico rammarico, quello di non avere più vent’anni. Molti diranno che è da vigliacchi abbandonare la lotta per migliorare la nostra terra, lo è forse meno chi teme il futuro, il vero futuro?
Caro Biolchini, tutti siamo responsabili del fatto che non siamo riusciti a leggere e capire quale futuro poteva percorrere la Sardegna. E i giovani vanno via perchè non vedono futuro. Guardi che negli ultimi 40 anni nel Sulcis Iglesiente sono transitati più denari pubblici che nella provincia di Bolzano (sintetico degli investimenti per numero di abitanti). Però c’è chi è più responsabile di altri e continua imperterrito a sbandierare soldi pubblici per il carbone pulito. Ma si rende conto che nel Texas stanno dismettendo lo shale gas per piantare ulivi e il piano Sulcis scommette ancora sul carbone? Ma se ne rende conto? La prego, mi dica che cosa ne pensa:.o anche lei non vuol dar torto all’amico (assassino di pubblico denaro) Salvatore Cherchi?
Mai letta una serie di banalità così degradanti da parte di uno coi capelli bianchi.
Credo che Vito Biolchini abbia colto un aspetto fondamentale della crisi attuale della Sardegna,per cui usa il pessimismo della ragione per esortare i giovani a studiare sodo e concludere quanto prima l’università per poi andare via dalla nostra isola dove non c’è futuro.
Ma noi adulti e “anziani”,come me che ho già 69 anni e che da studente lavoratore mi son laureato in Filosofia, lavorando alle poste dove per anni ho smistando lettere e cartoline per poi contare milioni di soldi “degli altri”e pagare stipendi e pensioni;per gente della mia generazione,ne sono convinto, resta l’obbligo di aiutare i nostri giovani a costruirsi un futuro anche in Sardegna.
Vorrei che Vito e tanti altri partecipassero alla Manifestazione,indetta dalla CSS, Lunedì 29 febbraio 2016 alle ore 11 sotto il Consiglio Regionale per dire BASTA alla Giunta Reg.le e ai nostri politici che,invece di aprirci nuove opportunità di lavoro e sviluppo,ci stanno spingendo verso un” non sviluppo” che nasce “morto” e sopratutto è senza futuro;mentre i soldi europei e dei sardi vengono sprecati in progetti inutili e dannosi per lasciare spazio alla corruzione ed all’assistenzialismo imperante che ci rende schiavi.
Vorrei che Vito e tanti altri partecipassero con noi all’iniziativa della CSS che ci invita
al Convegno sul Tema:”La Sardegna che vogliamo-Quale sviluppo per la Sardegna ?”
La nostra è una sfida aperta alla classe politica,sindacale ed imprenditoriale sarda.
Partiamo dalla convinzione che la classe politica in Sardegna non abbia un Progetto serio per il Lavoro nè abbia una idea di nuovo sviluppo per la Sardegna.
La CSS ha da esporre delle idee e progetti;ci aiuteranno le relazioni affidate a Massimo Dadea – medico cardiologo e politologo,a Vincenzo Migaleddu – medico radiologo e Presidente dell’ISDE Medici per l’ambiente e a prof.Gianfranco Bottazzi – professore ordinario della Facoltà di Scienze Economiche Giuridiche e Politiche dell’Univerità di Cagliari.
Il Convegno inizierà alle ore 15.30 presso il salone del Palazzo Ex-Distilleria/Città dell’Impresa nei giardini dell’Ex-Vetreria a Pirri in via Ampere,2
Venite numerosi.
Giacomo Meloni Segretario Naz.le della Confederazione Sindacale Sarda- CSS
Invece hai ragione. Solo chi non vive questa situazione può darti torto. Per molti di noi ultra trentenni ormai è troppo tardi ma a tutti gli altri : partite e andatevene da questa terra maledetta
Ma dai, qualcuno scrive addirittura “terra maledetta”?!!
Non prendiamoci troppo sul serio, qualche volta avere pretese più ragionevoli può farci trovare lavoro e costruire il nostro futuro. I nostri padri e nonni hanno fatto così, forse noi abbiamo perso un pò di umiltà…
Le amare considerazioni di Vito Biolchini mi hanno fatto tornare alla mente questo passaggio del film “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana: https://www.youtube.com/watch?v=tLosatsQCpY&feature=share. Dopo 13 anni (il film è del 2003) la situazione dei giovani in Italia e in Sardegna è purtroppo peggiorata e il consiglio del professore-dinosauro “Vada via, se ne vada dall’Italia… vada a Londra, Parigi, America…” è quanto mai attuale. Peraltro al peggio non c’è ulteriore limite. O forse no?
Caro Vito, credo che tutti, giovani e meno giovani o “giovani dentro” come siamo noi, debba fare tesoro delle tue sincere parole, debba leggere tra le righe l’attaccamento a una terra splendida e la rabbia per un cambiamento, soprattutto di mentalità, per il quale ci si è anche impegnati, ma che purtroppo non è arrivato e forse non arriverà mai. Credo che per i giovani lasciare questa terra sia l’unica soluzione rimasta, ma lasciare questa terra non è solo abbandonare la Sardegna che, con le sue sfumature, regala all’anima una speranza, ma lasciare l’Italia e questo mondo clientelare di cui anche tu parli. Nella vita ho percorso chilometri, ho fatto esperienze in diverse regioni e città d’Italia, ricche, ricchissime e povere: la realtà è sempre la stessa in pochi vanno avanti, quasi nessuno con le sue gambe. In questa regione, a differenza delle altre, c’è anche un fattore che rende ancora più difficile la sopravvivenza, la mancanza di quello che io definisco “altruismo lavorativo”. L’assenza di speranze e prospettive a lungo andare abbrutisce e trasforma anche il vivere quotidiano in una lotta per la vita. Homo homini lupus, una condizione umana diventata per molti stato di necessità. E allora via a testa bassa, pronti a lottare, senza escludere colpi bassi a mortali, pur di accaparrarsi anche la mollica di pane lasciata cadere dalla tasca di qualche potente, via libera ai compromessi sulle proprie ideologie e pensieri, via libera ai silenzi anche con le persone fidate su questa o quella prospettiva, progetto, occasione, come se il prossimo, l’amico, il collega, possa sfilarti da sotto il sedere una sedia su cui ancora non hai nemmeno appoggiato la giacca. Un tempo si poteva mangiare poco, ma mangiare in tanti, adesso in pochi mangiano tanto e gli altri si spartiscono le briciole con le unghie e con i denti, sempre che riescano almeno ad annusarle queste briciole. Un tuo commentatore scriveva prima di me: partire è un po’ morire. Molti per le scelte fatte sono già partiti e il loro essere individui è già morto.
Mia figlia è partita nel 2009 per l’anno all’estero negli USA. E’ riuscita a diplomarsi lì e ha ben pensato di non ritornare in Sardegna.
Si è iscritta al college e ha conseguito la laurea biennale e poi la specialistica.
Ci ha aiutato a sostenere i costi del college e della sua permanenza, prima in Kansas e poi alle Hawaii, grazie alle innumerevoli borse di studio che le hanno riconosciuto (negli USA il merito conta e non esistono gli accozzati) sia lavorando.
Ora, alla tenera età di 23 anni può vantare un curriculum da fare invidia a un 35enne.
Ma per lo stato Italiano lei ha solo la licenza media perché ha avuto il fegato di non tornare qui a terminare il liceo, preferendo continuare il suo percorso negli USA subito.
Adesso è in Italia per un master che le implementerà ulteriormente il curriculum, ma non credo proprio che riuscirà, o vorrà, rimanere in Sardegna.
Ha acquisito un’apertura mentale che purtroppo a noi sardi manca.
….ok il primo pezzo del post va bene. Ma manca il secondo pezzo giusto? Quello in cui si chiede a tutti coloro che si sono realizzati al di fuori della Sardegna di dare in cambio il loro aiuto affinché le cose in Patria cambino. In un domani molto prossimo.
Vito, sicuramente inserirai questa parte nel prossimo pezzo.
Atteros annos menzus
Tutti quelli che si sono realizzati fuori dalla Sardegna diranno una sola cosa, abbassate le tasse. In Irlanda sono solo 4 milioni, hanno le tasse basse per le aziende che aprono e stipendi alti per i dipendenti, lo stato guadagna dai soldi che i lavoritori spendono e mettono nelle banche anzichè far fuggire le aziende, ah, se non guadagni non hai tasse da pagare
Penso che partire per fare una esperienza all’estero sia utilissimo. Per saltare la gavetta, per conoscere nuovi mondi, per vedere altri punti di vista. Ci sono tanti casi di persone che anche nel mondo della cultura riescono a viverci misurandosi con il mercato, anche in Sardegna
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ARRENDERSI … MAI !
ma, soprattutto, senza escludere la validità fondamentale di un’esperienza all’estero, chi cerca lavoro … è proprio sicuro di possedere requisiti e competenze adeguate alle potenzialità occupazionali (comprese le attività autonome) che la nostra variegata realtà isolana può offrire …
abbandonare un territorio ricco di risorse, sempre più meta di tanti investitori italiani e soprattutto stranieri, dove la presenza di tanti giovani agguerriti potrebbe finalmente sconfiggere, anche attraverso i nuovi poderosi ed accessibili strumenti della comunicazione, quel potere clientelare cui si fa espresso riferimento … mi pare quanto mai inopportuno !
Per di più, molti di quelli che continuano a sbattere elmetti ed a scalare ciminiere … potrebbero riconvertire le professionalità e LANCIARE (non rilanciare…) attività connesse all’agroalimentare (importiamo l’82% dei prodotti che consumiamo nell’isola) ed al turismo (risorse ed opportunità immense per chi possiede iniziativa e competenze). Altri settori produttivi, inevitabilmente, vengono positivamente investiti di conseguenza !
Essendo poi un “esperto in materia” … sono d’accordo sulle innumerevoli “porte in faccia” a chi possiede “solo” meriti e nessuna raccomandazione … ma il giochetto pare VOLGERE AL TERMINE !
Concordo pienamente sul fatto che la politica fa poco e male per incoraggiare ed agevolare questo necessario processo di cambiamento…
Coraggio !
Giustamente dici “La politica oggi in Sardegna non è in grado di costruire scenari possibili, non sa neanche immaginare un futuro credibile nel quale proiettare le giovani generazioni”. Aggiungo: né adesso né prima. Gli scenari attuali sono frutto delle scelte del passato di venti o trent’anni fa. E se si vuole tornare all’attualità, un luogo che ha il più altro tasso di omicidi in relazione agli (esigui) abitanti, la maggiore dispersione scolastica, il più basso numero di laureati e diplomati, un trend di (infelice) decrescita demografica, uno dei più sviluppati livelli di abusivismo edilizio (Quartu, p.e. è la terza città d’Italia) non può che essere il risultato di una sostanziale inattitudine sociale alla crescita civile e lo specchio di un fallimento di un’idea di Sardegna. E credo che nuotare nel mare delle responsabilità della politica sganciandola dal contesto che l’ha generata e alimentata, possa essere come guardare un tramonto, credendo che sia realmente il sole a spostarsi e non la terra a ruotare su sé stessa.
Vito, una domanda la pongo io a te: ma allora chi sarà a salvare la Sardegna? Ma chi è veramente che ci tiene a questa terra? L’unica risposta è partire? Non credo proprio, e te lo dico da giovane che è dovuto andare via proprio per i motivi che dici tu ma che cerca con tutte le forze di crearsi un futuro per tornare, perchè c’è anche da dire che se stacchi la spina con l’Isola, tornare non è difficile, e quasi impossibile. Siamo in un momento storico in cui purtroppo se vogliamo migliorare la nostra condizione bisogna rimboccarsi le maniche e soffrire, se non siamo disposti a farlo allora sì, abbiamo già perso.
Soffrire per cosa Giuseppe ? Con quali prospettive ? In Sardegna occorre nuova aria, potrà venire solo dall’esterno , portata da sardi che tornano o da altri che arrivano per sfruttare le risorse che i sardi non possono sfruttare. Per incapacità, ma anche per volontà. Manca la cultura imprenditoriale ed anche professionale, a tutti i livelli. L’improvvisazione oggi non solo non è più sufficente, è pericolosa, per sè e per gli altri. Mio padre oltre cinquant’anni fa mi incitò a partire, tanti come me partirono, alcuni sono riusciti a migliorare, abbiamo lasciato tanto spazio a chi è rimasto, a cosa è servito ? A niente. Così erano i padri, così sono i figli, così saranno i nipoti. Ma il mondo non aspetta e l’immobilismo è deleterio. Partite, provate, se non riuscite potete sempre tornare, troverete tutto come lo avete lasciato.
Ho perso il lavoro a 37 anni e sono dovuto andare via dalla Sardegna, da parenti, in Toscana. Mi ritengo fortunato perchè comunque ho un appoggio, un piccolo lavoretto anche precario, che però non mi basta per nulla. Onestamente mi manca la Sardegna,la famiglia, la fidanzata gli amici certo, ma non il sistema Sardegna. Poca davvero la capacità di creare lavoro e soprattutto di mantenerlo, troppo assistenzialismo oltre misura, molto disfattismo e poca dinamicità e intraprendenza. La politica che è incapace ma regna sovrana e troppo spesso, anche per colpa nostra ,dirige assunzioni e dinamiche che non le spetterebbero. E’ vero, meglio sarebbe per i giovani vedere come funzionano le cose altrove, certo se poi ci sono serie opportunità tanto meglio, ma credo che ormai il punto di non ritorno si sia superato…la gran parte dei giovani sardi non ha la possibilità di costruire nulla in Sardegna, proprio nulla, e lo dico con tanto rammarico…..Vito hai fatto bene a pubblicare questo post, è interessante e spero che molti di coloro che sono responsabili a vario titolo di questo sfascio, non solo i politici, riflettano bene….
A dispetto dell’amarezza che questo comporta, non posso che condividere in pieno il tuo punto di vista, Vito caro. Ragazzi, esplorate, buttatevi. Il mondo è piccolo e si gira più in fretta di quanto si creda. La Sardegna tanto non scappa.
E’ tutto tristemente vero. E la rabbia maggiore è non essere mai riusciti a cambiare l’abbrivio che si coglieva già da tempo. Tutta colpa della presunzione di riuscire a cambiare certi andazzi che però avevano soprattutto la capacità di alimentarsi e inaridire gli sforzi di quelli che si sono rivelati dei veri e propri don chichotte ….
Egregio Biolchini, come non essere d’accordo sulla sua analisi e sul suo suggerimento ai giovani? Io l’ho vissuta l’esperienza di andare a cercare fortuna e avvenire fuori dall’isola, e non mi sono mai pentito di quella decisione. Era il lontano1969 e le grandi citta’ del nord Italia, ci affascinavano con il loro sviluppo frenetico e le mille opportunita. Senza quella esperienza non avre potuto coltivare la mia aspirazione di allora.Ora, rivivendo la stessa esperienza attraverso mia figlia, che si sta costruendo un futuro e una possibile carriera lavorativa lontano dall’isola, non posso che concordare con lei e dire ai giovani laureati :Andate, viaggiate, conoscete, scoprite il mondo che e” graande e pieno di opportunita’
Non sono d’accordo. Ma proprio per nulla.
@Partire è un po morire, ho due figli fuori Sardegna, tornare sarà un po rinascere? Eppure siamo stati bene, e questo forse fa male. Pensare che per un trentennio siamo stati tra i paesi più ricchi in Sardegna, il paese che immatricolava più auto per abitanti in Sardegna, due squadre in promozione regionale, erano più i ricchi dei poveri, mai un cartello vendesi; poi ci siamo ammalati e non riusciamo a curarci. Quasi trecento giovani fuori casa, ogni due nati abbiamo dieci deceduti e dappertutto vendesi, le case in rovina, le campagne abbandonate e nessuna prospettiva futura: o no? Se uno ha una macchina ferma che non parte e non deve andare da nessuna parte, la lascia ferma ad arrugginire, ma se deve andare, fa di tutto per farla partire, anche chiamare qualcuno per spingere. Io ho una buona idea: c’è da spingere un pullman, nel senso che ci sono tanti posti, che parte subito, altri se hanno buone idee che possono partire con una spinta: o ora o mai più. Vito ti sto chiamando.
Forse è l’unica volta che sono d’accordo con te.
Tempo fa, nel 2012, davanti un caffè, incontrai un gigante del teatro, deluso e spoetizzato su come in Italia la cultura stesse morendo, gli artisti squalificati e mortificati e mi avvertì che la nuova politica di lì a poco, ci avrebbe travolto. Risposi con sicurezza ed orgoglio : ” io voglio stare qui, voglio combattere per cambiare le cose…” Il regista era Giorgio Barberio Corsetti. E io, una povera illusa.
Come sempre Vito i tuoi scritti sono fonte di riflessione. Ma la mia risposta sarebbe stata diversa.
Amico mio parliamone. Non me la sento neanche più di consigliare l’impegno politico, che oggi è diventato qualcosa che chi non ha un lavoro stabile non si può permettere. Un abbraccio.
Ah, ma lo vedi che sono proprio GNUranta. Io avevo capito che si entrava in politica per avere un bel paio di migliaia di euro al mese, biglietti gratis dappertutto e pensione dopo 5 anni di mandato.
impegno politico e candidarsi essere eletto e vivere di politica per fortuna non sono la stessa cosa. anzi il senso delle parole di Vito è proprio il contrario. se non hai un po di tranquillità economica è impossibile dedicare il tuo tempo a salvare gli altri perché sei troppo impegnato a salvare te stesso.