Che bella la nuova passeggiata del Poetto, una vera meraviglia. Persone che si incontrano, bambini in bicicletta, qualche panchina per sedersi al sole, i baretti aperti. L’unico inconveniente è che ci va talmente tanta gente che se non si sta attenti si rischia di essere travolti da ciclisti o runner, ma ci faremo l’abitudine. Se tutto questo è merito dell’amministrazione Zedda, allora grazie Zedda!
Però è evidente che il Poetto deve ancora trovare la sua giusta sistemazione urbanistica. A parte la striscia di asfalto sottratta alla circolazione automobilistica privata dei non residenti e restituita ai cittadini, tutto il resto è rimasto come trent’anni fa, quando l’abbattimento dei casotti segnò la fine della spiaggia che da allora, inevitabilmente, si è trasformata in un’altra cosa: assolutamente misteriosa.
Che cos’è oggi il Poetto? Una spiaggia? Una piazza? Un’oasi naturale? Un centro commerciale e un centro sportivo? Forse tutte queste cose assieme, messe alla rinfusa. Su questo l’amministrazione Zedda non sembra proprio avere alcuna idea in merito.
Il vecchio ospedale Marino è ancora un rudere e chi decise che doveva essere un centro sanitario (il centrodestra) ora sbraita per trasformarlo in albergo e il centrosinistra non sa che fare (la questione è intricata e ricorda il caso Tuvixeddu). Il nuovo ospedale Marino è invece destinato ad essere chiuso ma anziché essere restituito al turismo potrebbe diventare un centro di riabilitazione. Sul suo futuro il sindaco inspiegabilmente tace.
E l’ippodromo? Che fine farà? Questa amministrazione di centrosinistra si è limitata a tagliare i posti del cda e oltre non è riuscita ad andare. Eppure l’ippodromo è ancora lì, bello e vuoto. Che ne vogliamo fare?
Il sistema ambientale del Poetto è strettamente collegato a quello delle saline e di Molentargius: qualcuno ha l’ardire di affermare che in questi cinque anni di centrosinistra questo parco regionale sia decollato e che finalmente sfrutti tutte le sue potenzialità? Non vedo mani alzate.
Eppoi c’è il problema dell’erosione della spiaggia. Ai primi del duemila, con una operazione spericolata, si ovviò al problema con un ripascimento killer che ci ha restituito un litorale irriconoscibile. Il Poetto è strato sfregiato ma gli vogliamo bene lo stesso e ce lo teniamo così. Un ripascimento ben fatto in futuro potrebbe però essere una soluzione obbligata, anche se il sindaco Zedda ha escluso questa possibilità.
Il punto è che, come tutti gli studiosi hanno sempre dimostrato, una delle cause dell’erosione del Poetto è la presenza sulla spiaggia di gigantesche strutture in muratura che ospitano stabilimenti balneari, civili e militari.
Io da un sindaco di sinistra e da una amministrazione di centrosinistra mi sarei aspettato un progetto a medio termine che sarebbe dovuto sfociare nell’abbattimento di questi veri e propri scempi (la rotonda del Lido ormai è un vero e proprio ecomostro), sostituiti da strutture ecocompatibili.
Va detto chiaramente e senza tentennamenti: tutti gli stabilimenti in muratura devono essere demoliti perché mettono a rischio l’equilibrio della spiaggia. Prima lo si fa meglio è.
Poi c’è la questione degli stabilimenti militari, una vera vergogna. Rappresentano privilegi fuori dal tempo che un sindaco che si dice di sinistra non avrebbe dovuto tollerare. Gli stabilimenti militari devono tornare alla collettività, la prossima amministrazione comunale (di qualunque colore essa sarà) dovrà battersi perché questi mostri vengano abbattuti e la spiaggia restituita alla libera fruizione dei cittadini.
Conclusione del temino di oggi: la passeggiata è bella, bravo sindaco e brava giunta, ma il futuro del Poetto (ambientale, turistico, ricreativo e sportivo) è evidentemente ancora tutto da disegnare.
Ebbene, il Castiglioni e il Ricci Lucchi ci hanno insegnato che le dinamiche insite nell’evoluzione di questo delicatissimo comparto costiero sono tante e complesse; altresì è il più esposto a talune angherie antropiche, perciò che si mettano l’anima in pace certi signori, perchè anche se militare, all’erosione, non importa una sega, e del cemento che intralcia gli indispensabili equilibri deposizionali necessari per la conservazione e lo sviluppo
del corpo sabbioso, nessuno sentirebbe la mancanza qualora dovesse sparire ed eventualmente, di costoro, se ne fotterebbe il backshore, e me ne fotto io di questo schifo di violenza normata e perpetrata da una legge che sembra ancora fascistissima. Grazie Vito.
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Complimenti, Vito, grazie alla tua capacità di proporre dei REPORT di grande interesse, il dibattito sulle tematiche di interesse per Cagliari, a pochi mesi dalle elezioni comunali, esce dal mare magnum della gazzosa, nella quale lo stanno sommergendo alcuni protagonisti politici e molti organi d’informazione. Il tuo articolo ha provocato una serie di commenti molto interessanti che hanno riportato il dibattito su temi fondamentali. Mi aspetto la prossima “discesa in campo” di una nuova lista civica denominata: “Più o meno come prima non ci garba per niente”.
Urbanistica: grande assente nella giunta zedda. Ha subito l’esuberanza esagerata dei lavori pubblici e non è riuscita a produrre neppure l’adeguamento del puc al ppr. Quindi si è arrampicata sugli specchi per far ingoiare ai suoi elettori tutto il cemento dei bs3* e per giustificare la costruzioni di altri palazzi in zona bonaria mentre bocciava solennemente su stangioni per “non consumare il territorio”. . Indisponibile a mettere in discussione la costruzione di palazzi di lusso, ma senza pietà nei confronti di chi ha speso i propri risparmi per una casa modesta a su stangioni. C’è qualcosa che non quadra in tutto questo, ed è la drammatica mancanza di un’idea urbanistica che sarebbe stata il vero carattere distintivo tra questa giunta e le giunte di centrodestra. Si,è vero. Anche la cultura e le politiche sociali avrebbero dovuto distinguere questa giunta da quelle precedenti. Anche la gestione dell’apparato burocratico. Ora che ci penso, anche le politiche ambientali. Va bene, datemi un motivo per dire che questa giunta è diversa dalle altre che l’hanno preceduta. Il poetto, le rotonde, le piste ciclabili e qualche giardino sono davvero troppo,poco. E se cagliari, nonostante tutto è molto bella e può diventare una “palestra a cielo aperto” , città dello sport, come ha detto pomposamente l’ufficio propaganda del comune, non se ne prenda i meriti un sindaco che dopo cinque anni di governo deve ancora sistemare glii impianti sportivi e trasforma questa notizia in uno.spot per se stesso. Torna a casa, zedda. Studia e poi ne riparliamo
La nuova passeggiata ci piace perché abbiamo in mente ciò che c’era prima, ma è evidente che sia stata un’occasione persa per realizzare un bel progetto urbanistico derivante magari dalla valutazione partecipata di più proposte da sottoporre ai cittadini ‘azionisti’ del Lungomare. I 7 milioni spesi alla fine hanno partorito una ZTL dove alle auto è assegnato il 50% dello spazio e ai pedoni il solito 10% escludendo le mamme con i passeggini che devono chiedere asilo alla corsia dei runner per non avere problemi ai polsi per le vibrazioni trasmesse dal passeggino. L’ impatto visivo è simile a quello di una pista d’atletica del CONI, mancano solo i numeri delle corsie pitturate per terra. D’altronde è un luogo dove non ti puoi fermare, che lo faccia in auto, in bici, correndo o passeggiando, devi andare…. E comunque è meglio molto meglio di prima, un ambiente molto difficile da migliorare.
Quando leggo che il Poetto attuale è bello provo un certo smarrimento. Mi chiedo cosa si intenda per bello. Il Poetto è ordinato, pulito, funzionale ad attività sportive come la corsa e il ciclismo. Accoglie diversi bar che non hanno nulla a che vedere con i precedenti: sono ampi, funzionali, ordinati. Ma non adatti, da un punto di vista estetico, al mare. Perché non hanno nulla a che fare col mare. Semmai ricordano strutture adatte alla montagna.
Lo stesso discorso mi pare si possa fare per il lungomare. Cos’ha di bello una lunga, infinita pista di atletica color più o meno ocra? Questo è il Poetto attuale: un luogo noiosissimo dove tutto, ma proprio tutto è per chilometri uguale a se stesso. Lo chiedo ancora: cosa significa bello? La bellezza affascina, emoziona, fa stare bene. La bellezza interroga l’animo umano sul senso del suo esistere. La bellezza esige ammirazione. Non vedo nulla di tutto ciò al Poetto e mi sorprende sempre più (ma sino a un certo punto…) sentire, a volte, qualcuno usare una parola tanto impegnativa per i lavori che sono stati fatti. Poi guardo un po’ più in alto, dove il mare incontra il cielo. E vedo il bello.
Un saluto.
E’ più che mai evidente che, il concetto di “bello”, è una cosa molto soggettiva. Quel che può essere bello per alcuni, per altri non lo è affatto. Qundi, a mio parere, definire bello il nuovo lungomare realizzato da questa amministrazione, non è affatto sbagliato. Pazienza se alcuni preferivano il Poetto abbandonato a se stesso; la strada lungo l’arenile una pista di formula uno ed, allo stesso tempo, una giungla di parcheggi ovunque e comunque; per non parlare dei baretti: una accozzaglia di gazebo, tende e tendoni da far uinvidia ai migliori bazar di araba memoria.
Il bello non è solo un concetto soggettivo, altrimenti non esisterebbe l’estetica.
Ad ogni modo, non si tratta di contrapporre al nulla di prima il poco (o molto a seconda delle opinioni) di adesso, quanto invece di prendere atto che il risultato non è un buon risultato.
A me, per esempio, i baretti stile a metà tra cottage di montagna e razionalismo russo, di indefinibile e monotono colore , fanno cagare.
E cosa è l’estetica, se non la percezione sensoriale della bellezza ?
Per abbellire il poetto con gli interventi effettuati bastavano un progetto e le risorse per realizzarlo. Senza grandi sforzi, questa amministrazione incassa il risultato a pochi mesi dalle elezioni e se la città ne usufruisce va comunque bene. Anzi benissimo. Ma, come dice lei, biolchini, la scelta urbanistica è cosa diversa dai lavori svolti. Ed è proprio la visione d’insieme, cioè la scelta urbanistica, ciò che manca a questa operazione di decoro realizzata da zedda. Un’operazione tutta sbilanciata sui lavori pubblici e priva di un ragionamento sul “sistema poetto” . A dire il vero, è proprio la grande quantità di cantieri aperti e chiusa da zedda a dimostrare paradossalmente la carenza di una visione urbanistica capace di realizzare decoro, ma soprattutto di garantire fruibilità, significati, identità ai luoghi. Ad oggi nessuno è in grado di capire quale sia stata la politica urbanistica di questa amministrazione, così come non si ha traccia alcuna delle politiche abitative e degli impatti sociali de queste politiche. I lavori pubblici realizzati dimostrano, al massimo, che il vero motore di questa giunta era l’assessore ai lavori pubblici, capace di mettere a correre soldi e progetti. Ma tutto il resto langue in una totale assenza di idee. È vero che i lavori pubblici riempiono l’occhio, ma se ci accontentiamo di questo , andare a votare zedda, masdidda, vargiu o pincopallo è più o meno la stessa cosa. Per ora, il voto a zedda è insufficiente in quasi tutte le materie. Non mi ha convinto. Anzi, credo che il maquillage in cui si è tanto impegnato in questo ultimo anno nasconda un viso molto scialbo.
Sottoscrivo parola per parola.
Caro Vito,
temo che la tua ricostruzione dei fatti riguardanti l’Ospedale Marino non sia precisa, almeno in quanto a ruoli e interpreti.
Infatti, il PUC di Cagliari – quello di Corti, l’unico che abbiamo – affermava che dall’arenile dovessero sparire le strutture sanitarie; così, quando la RAS (presidente Soru) bandì un concorso il cui bando prevedeva – in modo un pochino spericolato – altre iniziative di tipo sanitario, emerse il problema di un necessario cambio di norma, sempreché il Consiglio Comunale (sovrano in materia) fosse stato d’accordo. Lo so perché c’ero: ero assessore, partecipavo alle Commissioni Consiliari, seguivo il dibattito in Consiglio, e ho avuto modo di assistere in diretta, in una Conferenza di servizi presso la Regione, a qualche contraddizione fra quest’ultima e il primo vincitore del concorso.
La ragione del contendere stava nella quasi assoluta impossibilità di rispettare quanto previsto nel bando, in conseguenza dei vincoli imposti dalla Soprintendenza (anche strada facendo, almeno nei dettagli) e del conflitto con la norma del PUC (che esisteva prima del bando, per intenderci) .
A nome del Comune (e non certo per iniziativa personale) portai la disponibilità ad affrontare il percorso formale che avrebbe potuto portare alla soluzione della controversia; intanto, però il vincitore aveva abbandonato, ed era subentrato il secondo: altro progetto, analoghi problemi.
Come nelle fiabe, il tempo passava, e le Giunte (regionali e comunali) passavano anch’esse. Ciò che non è passata, è la necessità di por mano in modo ordinato (strutturale e non contraddittorio) al Poetto nel suo insieme: è comunque un tema molto delicato, al quale mi sono dedicato personalmente per molti anni. A partire dal 1985, infatti, è iniziato il calvario, con l’incredibile rifiuto – da parte dello Stato – di rinnovare una concessione che il Comune aveva avuto per ben sessant’anni. La Capitaneria chiese demolizioni e rimozioni (che il Comune eseguì) sia a Marina Piccola che sui casotti; pretese inoltre (giustamente) un piano d’utilizzo, che il bravo Assessore Fozzi (recentemente scomparso e certamente meritevole di altre soddisfazioni rispetto a quelle ricevute) attribuì a due noti ingegneri e al sottoscritto, che già lavoravano al Piano Particolareggiato della zona. Successivamente, la RAS commissionò un Piano Territoriale di Coordinamento (riguardante Cagliari e Quartu), alla redazione del quale parteciparono anche altri professionisti (molto qualificati, a dire il vero).
Nello scenario, quindi, appare chiaro come – nel tempo e con diversi interpreti (Provincia compresa) – abbiano operato in molti. Inoltre, appare tristemente evidente come – malgrado tutte le cure (o a causa di queste) – il Poetto sia ancora malaticcio. La ragione mi sembra una sola: è un campo di battaglia, sul quale tutti vogliono fare sfoggio di competenze e buone intenzioni, finendo per nuocere al bene prezioso che si pretende di tutelare (in modo, non di rado, superficiale e malaccorto)
Non è un caso nuovo per Cagliari: poteri citare altri contesti e altre storie analoghe.
Alla domanda giusta domanda: “Dov’eri?”, potrei rispondere: “In prima linea, anche da docente universitario”. Ne ho le prove, e potrei fornirle, se servisse. Ma non serve, naturalmente: semplicemente, sono uno che non è stato capace di promuovere la soluzione del problema.
Spero però che i candidati al ruolo di Sindaco (Zedda compreso), abbiano il buon senso di incontrarsi prima delle elezioni, per convenire su come trattare il problema stesso, soprattutto nelle nuove responsabilità introdotte dalla Città Metropolitana. Credo, infatti, che i cittadini abbiano il diritto di partecipare a un progetto (e forse a un sogno), sapendo che questo è condiviso e non revocabile. Spero poi fortemente che tale disegno comprenda anche la richiesta e il conseguimento di una vera potestà sul demanio (con buona pace dello Stato e della Regione): Sovranità?
Egregio Biolchini,
Intervengo su quest’argomento, dopo parecchio tempo d’assenza da suo blog, non perché non abbia continuato a seguirlo, ma semplicemente perché impegnato da altre faccende familiari ( haimè dolorose ). Dicevo che l’argomento Poetto non poteva non essere al centro delle mie attenzioni, giacché sono uno dei tantissimi “ragazzi” cagliaritani cresciuti in questa spiaggia.
Ho vissuto, nei mitici anni 70/80, questa spiaggia come la mia seconda casa e non faceva differenza se era estate o inverno ( per noi la mezza stagione non è mai esistita ! ). Lo sfregio del ripascimento e stato, poi, come ricevere una pugnalata, dalla quale difficilmente si puo guarire. Ma così non è stato. C’e’ stato il miracolo di un’amministrazione lungimirante che, con fatica, è riuscita a portare a termine una vera e propria rinascita della nostra spiaggia. Onore al merito del giovane sindaco e badi bene Biolchini, l’elogio è disinteressato; io, infatti, risiedo a Monserrato e quindi non sono quindi un elettore di Zedda.
Ora c’e’ da portare a termine l’opera, con la demolizione delle orripilanti strutture che deturpano in malo modo la nostra spiaggia. Mi pare di ricordare che lo stesso Zedda ebbe a dichiarare pubblicamente che, gli stabilimenti militari e non solo, andavano riconvertiti in strutture ecosostenibili e comunque adeguate al contesto sviluppato nel progetto di riqualificazione; o mi sbaglio ?
E per questo che mi auguro che il nuovo sindaco, di qualsiasi colore esso sia, porti a termine l’opera fin qui realizzata.
Auguri a me e a tutti gli abitanti della “Grande Cagliari”, città metropolitana.
Francesco Utzeri
Gentile Francesco,
anche io penso che ci sia da completare l’opera ma non mi ricordo di dichiarazioni del sindaco a favore della demolizione degli stabilimenti in muratura. Forse me le sono perse, forse no. in ogni caso, il tema potrebbe essere riproposto in campagna elettorale.
Grazie ancora e a presto.
Vito
Sì, Vito, il Sindaco si era espresso sull’argomento all’incontro pubblico alla Villa Eben Ezer del giugno scorso: https://www.youtube.com/watch?v=j6gG_-yVfLM (minuto 14.25)
Gentile Biolchini,
rivedendo i film della mia memoria ( e in questo google aiuta molto ! ) non ho rintracciato la dichiarazione di “guerra” del sindaco, contro gli stabilimenti balneari in muratura, sia militari che civili; ma ricordo perfettamente che, all’atto dell’approvazione del tanto contestato ( dalla destra ) PUL, il consiglio comunale ha insetrito ed accolto un emendamento nel quale si auspica la ridiscussione delle concessioni degli stabilimenti civili, mediante la diminuzione delle cubature e la riconversione verso materiali ecocompatibili. Non dimeno lo stesso sindaco, in varie occasioni, si è pronunciato sulla neccessità di ricondurre le servitù militari, nella disponibilità dell’amministrazione comunale e gli stabilimenti balneari militari non sono forse delle servitu ?. Cincordo con lei che è un argomento da tenere vivo e sviluppare nella imminente campagna elettorale.
Un saluto.
Francesco Utzeri
Tra il semplicistico pensiero di radere tutto al suolo e di valorizzare al meglio delle tecniche moderne, quanto oggi è preesistente, ce ne passa.
Purtroppo scopro ogni giorno di più che l’interesse di molti non è far diventare Cagliari interessante dal punto di vista turistico, ma lasciarla il più spartana possibile, quasi a volergli impedire di avere successo, forse chi è stato abituato a mantenere un profilo basso, per non attrarre l’invidia altrui, è diventata una normalità.
Cagliari potrebbe diventare una delle città balneari più belle del Mediterraneo, per adesso non riesce ad esserlo neanche della Sardegna, forse a comodo così a che non vuole competere con possibili investitori e attrarre folle di turisti che potrebbero portare troppi vantaggi alla comunità. Infatti il guaio potrebbe far aprire gli occhi ai cagliaritani, che potranno scoprire per quanti anni sono stati male amministrati.
Purtroppo la logica politica riesce a controllare le leve del potere, che sono riuscite a bloccare i sogni di molti, di vedere la propria città risplendere di luce propria.
Si commemorano, con affetto, quelle baracche che erano i casotti, attribuendogli il merito, che non avevano, di trattenere la sabbia (ma quando mai), dimenticando il demerito degli scarichi fognari nella sabbia ed il fatto che occupassero, nel 1986, tutta la spiaggia ancora superstite all’erosione.
Viceversa si considerano come uno sfregio alla spiaggia gli stabilimenti balneari i quali erogano servizi utili e necessari, puntando l’indice su quelli militari (I Pompieri e la Polizia sono militari o civili?).
Questi stabilimenti magari non trattengono la sabbia, ma accusarli dell’erosione è davvero una illazione malevola.
Gli stabilimenti balneari, civili e non, sono un patrimonio di Cagliari e come tali sono da valorizzare, di certo non da abbattere.
Seguendo questa furia distruttiva c’è pure chi vorrebbe radere al suolo l’intero quartiere del Poetto.
A questo punto è davvero opportuna l’applicazione della direttiva dell’Unione Europea 2006/123/CE – conosciuta come direttiva Bolkestein.
Mettiamo TUTTE le concessioni a gara, di TUTTO quello che insiste sul Demanio, e vediamo quanto la Città può guadagnare dalle concessioni, e chi si fa avanti per aggiudicarsele.
Proviamo a fare un passo avanti verso la civiltà.
Perché non convertirli? Perché demolirli proprio?
Che si voglia o non l’operazione baretti, pur con tutti gli andirivieni del caso, è stata positiva (credo non sul lato economico per gli operatori, ma questo è un altro discorso). Si può replicare. Di certo non rimpiangeremo la bruttezza di alcuni stabilimenti. Ergo: radere al suolo tutti gli stabilimenti. Non c’è altro da fare. Poi nuove strutture in materiali compatibili.