“Da Le Roncole al Nuraghe” è il titolo (inquietante come l’immagine che accompagna questo post) del concerto straordinario dedicato a Giuseppe Verdi e ad Ennio Porrino in programma al Teatro Lirico di Cagliari venerdì 6 e sabato 7 marzo, voluto e ideato dalla neo sovrintendente Angela Spocci. Questa riflessione ci arriva dal professor Antonio Trudu, docente all’Università di Cagliari, e volentieri la accogliamo.
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Prima o poi qualcuno dovrà prendersi la briga di raccontare le vicende della musica a Cagliari all’epoca del lungo dominio democristiano, interrotto soltanto ogni tanto da qualche breve sortita di socialisti, sardisti e, negli anni del bipolarismo, di Alleanza Nazionale. Basta ripercorrere l’elenco dei nomi di presidenti, sovrintendenti, direttori artistici, commissari governativi, consiglieri d’amministrazione di quella che era l’“Istituzione dei concerti e del teatro lirico” intitolata a Giovanni Pierluigi da Palestrina, per constatare come, da sempre, la musica a Cagliari sia stata appannaggio del sottobosco politico, affidata a quella che giustamente un quotidiano locale definì un’autentica “corte dei miracoli”.
Mai un vero manager, mai un musicista degno di questo nome fu ai vertici di quell’Istituzione che poi divenne la “Fondazione Teatro Lirico”, se si esclude la breve parentesi della triade costituita da Oscar Crepas, Flavio Dessy Deliperi e Franco Oppo, che resse il Palestrina per un breve periodo alla fine degli anni Settanta.
Non poteva sorprendere, allora, che nella programmazione sinfonica e operistica del Palestrina comparisse con una certa frequenza, fra i compositori, il nome di Ennio Porrino.
Quella presenza ricorrente era giustificata dal fatto che si trattava di un musicista sardo, autore di musica allo stesso tempo moderna e popolare, ispirata al ricco patrimonio della musica della Sardegna. Poco importava che Porrino fosse romano, nato per caso in Sardegna e vissuto sempre nella penisola, che non abbandonava neppure per le vacanze estive. E altrettanto poco importava che la musica di Porrino facesse proprie le melodie della musica sarda come le melodie di altre musiche non sarde, popolari e no.
La ragione di quelle frequenti esecuzioni era da un lato legata ai rapporti umani che Porrino aveva stretto a Cagliari quando, negli ultimi anni di vita, diresse il Conservatorio cittadino, dall’altro dipendeva dalla sua semplicità, dal momento che Porrino aveva sempre detestato le innovazioni tecniche e gli sperimentalismi delle avanguardie, a favore di un linguaggio tradizionale, basato soprattutto su melodie facili e accattivanti e su armonie esenti da qualsiasi complicazione “modernista”.
E poco importava anche che l’esperienza artistica porriniana, ispirata e del tutto organica all’estetica fascista più conservatrice, già prima della fine della seconda guerra mondiale risultasse assolutamente “vecchia” e superata, come quella di compositori a Porrino idealmente vicini – Rito Selvaggi, Alceo Toni, Adriano Lualdi, Riccardo Pick-Mangiagalli, Barbara Giuranna, Giuseppe Mulè – che vennero completamente e direi giustamente dimenticati nel secondo dopoguerra, quando ai classici delle avanguardie storiche (Debussy, Stravinskij, Schoenberg, Berg, Bartók e, in Italia, Malipiero, Dallapiccola, Petrassi) si aggiunsero gli esponenti di quella che fu definita l’avanguardia postweberniana, con personaggi del calibro di Berio, Boulez, Maderna, Nono, Stochkausen, per limitarci ai nomi più noti.
Era altrettanto irrilevante che la “sardità” della musica porriniana – del resto riguardante solo una parte della sua produzione – fosse una sardità del tutto superficiale, limitata alla trasposizione in ambito colto delle melodie popolari, ma del tutto disinteressata al contesto e al significato di quelle esperienze artistiche, espressione di una cultura alla quale, per sua stessa ammissione, Porrino era e si sentiva del tutto estraneo.
Non è questo il momento né questa è la sede adatta a un approccio più approfondito alla figura artistica e alla musica di Porrino, del quale, se non fosse stato eseguito così frequentemente a Cagliari, probabilmente ci saremmo dimenticati come ci siamo dimenticati dei suoi compagni di strada.
Ma ciò che risulta quanto mai stridente, oggi, è che anche dopo la fine della corte dei miracoli che ha governato la vita musicale cagliaritana, anche dopo il passaggio dell’amministrazione comunale da giunte di destra e anche di estrema destra, formate da elementi idealmente e sentimentalmente legati alla musica di Porrino e vicini alle sue idee estetiche, a un centrosinistra guidato da un giovane sindaco del partito più a sinistra tra quelli “governativi”, anche oggi il Teatro Lirico cagliaritano da lui presieduto, che tante musiche importanti non ha mai eseguito, che si disinteressa completamente dei musicisti sardi e del ricchissimo patrimonio musicale (popolare e colto) della Sardegna, quel Teatro, dicevo, continua a proporre (e dalle dichiarazioni di intenti della nuova/vecchia sovrintendente parrebbe intenzionato a farlo in misura massiccia) le opere di Ennio Porrino.
Antonio Trudu
Docente di Storia della musica moderna e contemporanea
Università di Cagliari
Maestri tutti… Disponete forse di analisi compositive dettagliate, condotte con oggettività e serietà, esaustive e precise, con incluse citazioni di partiture e fonti, sulla musica di Ennio Porrino? Chiaramente scritte di vostro pugno… Rimango in attesa… NM
Dopo aver letto queste dissertazioni più o meno colte che si sono incartate sulla figura di Porrino, è lecito chiedersi a che cosa andremo incontro nella programmazione del Teatro Lirico di i Cagliari . ………..So per esperienza ( avendo partecipato anni fa a un concorso indetto dall’ Ente lirico per la diffusione della musica a livello regionale) , che le scelte delle persone non vengono fatte in base alle competenze e alle esperienze dei nominati , ma in base a parametri fin troppo noti . Il problema è tutto qui. Del resto non si può prescindere dal far conoscere al pubblico anche la musica del nostro tempo , per farlo crescere culturalmente e senza ghettizzare le avanguardie artistiche del ‘ 900 .( alcuni li ha citati Doro ). I giovani e i giovanissimim hanno fame di musica , ma nessuno di voi ha detto una parola su come coinvolgerli e alfabetizzarli invitandoli ad esempio a concerti tematici tanto per iniziare . Ci sarebbe tanto da fare con passione ed entusiasmo e tanto da conoscere se solo si uscisse dagli schemi mentali che portano soltanto a discorsi verbosi e inconcludenti. La mia è una risposta impulsiva ,non meditata e disinteressata . Oggi nella sala settecentesca dell’ Università di Cagliari è stata proposta una video produzione per la BBC del ” Messiah ” di Handel diretta da C. Hogwood. a dir poco eccellente . in sala solo 7 persone. Dunque c’è anche un altro problema :quello di non saper motivare il pubblico a partecipare ai concerti . Se non altro mi riconoscerete il pregio della concisione .
Caro Biolchini, cari amici del blog, cari Mary e Giuanne, caro Maestro Martinenghi,
quando ho proposto il mio intervento iniziale ero ben lungi dall’immaginare che avrebbe suscitato qualche interesse e non pensavo che per giorni e giorni leggere gli interventi e reagire, quando ciò mi sembrava opportuno, sarebbe diventato un “lavoro”. Il merito è stato tutto di Vito Biolchini (complimenti a lui!) che, da bravo giornalista, con quel titolo, quel catenaccio e soprattutto con quella foto davvero inquietante ha suscitato interesse e curiosità. Grazie! Ma vorrei chiudere qui e mi impegno a tacere, dopo questo intervento, anche se la discussione dovesse continuare. A meno che qualcuno non mi ci tiri per i capelli, magari scrivendo che non capisco niente di calcio.
Oltre tutto Porrino non è il mio argomento preferito, mentre fra le altre cose devo riservare un po’ del mio tempo, per esempio, alla ricerca di qualcuno che si preoccupi, il prossimo autunno, di festeggiare gli 80 anni del compositore sardo – lui sì – Franco Oppo, ricerca che sino a oggi non ha dato alcun esito, almeno a Cagliari, aspirante “città della cultura”, ma che non parrebbe in alcun modo interessata a celebrare questa ricorrenza.
A ciò che ho detto nei giorni scorsi aggiungo soltanto alcune considerazioni, a proposito degli ultimi interventi di Giuanne e di Mary e di quello, che mi ha fatto oltremodo piacere, del Maestro Gianluca Martinenghi.
Gianluca Martinenghi.
Caro Maestro, le sue sono domande retoriche e come tali non esigono risposta. Ma le sottoscrivo in pieno, le faccio mie e vorrei che aiutassero tutti noi a svegliarci dal torpore che ci ha sopraffatti da tempo. Immagino che sottoscriverei anche la quarta, quella censurata da Vito Biolchini, che probabilmente conteneva qualche verità di quelle che tutti conoscono ma che non si possono dire, se non rischiando guai giudiziari che sarebbero la beffa, dopo i danni inflitti a tutti noi dai “nemici della musica”. E sottoscrivo con tutte le mie forze l’appello conclusivo ai cittadini di Cagliari (io non lo sono più da alcuni anni), di dire qualcosa di sinistra – sì, di sinistra, visto che dopo lustri e lustri abbiamo un’amministrazione comunale “di sinistra” – e che abbia a che fare con la musica.
Non commento ciò che lei dice, visto che sarò molto lungo nelle altre due “risposte”, già quasi pronte da giorni, ma colgo al volo un nome che potrebbe andar bene per Mary: Salvatore Sciarrino. Ecco un musicista che potrebbe essere un ottimo direttore artistico (ammesso che fosse disposto a accettare, e non è per niente detto) del Teatro cagliaritano, uno con il prestigio e la grinta tali da non permettere all’attuale sovrintendente di intervenire, se non con considerazioni dettate dal bilancio, sulla programmazione artistica del Lirico cagliaritano.
Mary.
Ha ragione, ci si sta “avvitando” e, anche per questo, chiudo. Non posso esimermi, però, dal reagire al nome di Meli, dicendo, con un’esclamazione che voglio credere sarebbe piaciuta al Porrino di “Traccas”: E “dringhidi!”, con Meli!
Riempire i teatri non è impossibile, se si propongono Traviate e Rigoletti e Trovatori, ma un teatro finanziato con soldi pubblici ha anche altri doveri e talvolta – non sempre, sia ben chiaro! – un teatro semivuoto è proprio indice di spettacoli di qualità. Certo non si riempie il teatro con l’avanguardia o con la sperimentazione, ma tra i doveri di un’istituzione musicale pubblica c’è anche quello di informare e di far crescere la cultura musicale del pubblico.
Però, si può fare di meglio che combattere la Spocci, appena nominata e il Sindaco, che sia per il ruolo che ricopre sia per la sua provenienza politica, dovrebbe essere il garante di tutti, dipendenti del Teatro e spettatori.
Mi dispiace che lei non abbia colto l’interesse e l’utilità dell’idea di diversi “consulenti artistici”. A parte pochi casi al mondo, infatti, qualsiasi direttore artistico venisse nominato avrebbe particolari competenze in un campo e sarebbe sguarnito in altri. E non tutti hanno l’umiltà di chiedere consiglio agli esperti e i mediocri, quando per caso chiedono consigli, li chiedono a persone almeno altrettanto mediocri. Un consulente artistico specializzato, invece, potrebbe prerarere in breve tempo il cartellone del settore di sua competenza, ovviamente rimanendo all’interno del budget assegnatogli. E così Cagliari potrebbe avere ottimi cicli sinfonici e cameristici, splendide stagioni liriche, interessantissimi cicli di musica contemporanea e cinematografica.
A questo proposito, la sovrintendente nel suo “piano triennale” ha parlato anche di musica per film, con idee che preferisco non discutere. Io le segnalo, Mary, il nome del maggior esperto italiano di musica per film, Sergio Miceli, autore di numerosi libri, di centinaia di saggi e che è fraterno amico di quasi tutti i più importanti compositori italiani (ma non solo italiani) di musica per film, Morricone e Piersanti compresi. Voi dipendenti potreste fare una colletta e con pochi soldi (ma potrebbe anche farlo gratis, forse) potreste farvi preparare da Miceli un intero ciclo di musica cinematografica, sinfonica e cameristica, che potrebbe riempire il Teatro o il Parco della musica per tutta l’estate, con un notevole successo di pubblico. Oppure, come ho già detto, Maurizio Pollini. Telefonategli e fatevi regalare uno dei tanti cicli concertistici che ha ideato per teatri o festival di tutto il mondo. Magari verrebbe anche lui a suonare, per pochi soldi o addirittura gratis, se coinvolto in maniera seria in un programma che stia a cuore al giovane sindaco Zedda, a lui sicuramente carissimo. Infine, le segnalo uno spettacolo che potrebbe essere “comprato” già confezionato così com’è, con una parte orchestrale che l’orchestra cagliaritana potrebbe preparare in breve tempo, trattandosi di musica “minimalista” e in gran parte ripetitiva. Mi riferisco al “Quadro nero” di Roberto Andò e Mauro Betta, tratto da un racconto di Camilleri e ispirato a un celeberrimo quadro di Guttuso, “La vucciria”.
http://www.vigata.org/teatro/ilquadronero.shtml
E’ una sorta di opera per (o con) cinema, con due attori in scena, un film che “anima” al rallentatore il quadro di Guttuso e l’orchestra che suona. Io l’ho visto un mese fa al Massimo di Palermo e l’ho recensito – positivamente – sul “Giornale della musica” on line. Certo è uno spettacolo “siciliano”, ma non trattandosi di un’operazione provinciale ed essendo stato realizzato da artisti tutti notissimi anche da noi, potrebbe essere una cosa nuova e un notevole successo anche qui, oltre che un’operazione certamente poco costosa.
Giuanne.
Lei sa bene che in tedesco il musicologo viene descritto come “scienziato della musica”, definizione che mi piace moltissimo e della quale, nel mio piccolo, ho cercato di tener conto nel corso della mia attività di studioso.
Ero laureato da poco, quando Alberto Basso, direttore del DEUMM, la più importante enciclopedia musicale italiana, che nasceva sul modello del GROVE e della MGG, mi propose di collaborare, offrendomi la possibilità di curare la nota critica e di aggiornare o redigere ex novo le note biografiche e i cataloghi di numerosi compositori del Novecento. Com’è facilmente comprensibile, a me toccarono le voci che gli altri collaboratori, i “grandi” per età e per prestigio scientifico, avevano rifiutato. Mi toccarono – le scelsi, però – quasi esclusivamente voci “minori” o “scomode”, fra le quali Orff, Pfitzner (lo sapeva?) e Porrino. Sebbene non fossero tra gli autori che preferivo, per così dire, mi misi a studiare quelle figure proprio con l’atteggiamento dello “scienziato” e – le assicuro – mai nessuno mi ha accusato di non essere stato equilibrato curando quelle voci e scrivendone la nota critica. Anzi, molti anni dopo l’Orff Zentrum di Monaco di Baviera mi invitò a presentare un libro su Orff scritto dall’italiano Alberto Fassone, cosa di cui fui fiero allora e sono fiero ancora oggi.
La mia domanda su Karlinger era una domanda retorica. Quando le ho chiesto “chi era costui?” avevo consultato i libri da lei curati, ovviamente. Ma avevo cercato nelle principali enciclopedie, nei repertori e, comunque, avevo consultato tutte le fonti a mia disposizione. Inoltre, non soddisfatto di ciò, avevo chiesto lumi ad alcuni amici etnomusicologi (disciplina che non pratico) per avere conferma delle mie impressioni. Insomma, mi sembra di poter dire tranquillamente che Karlinger parla di Porrino da semplice amatore, visto che non ha alcuna veste “professionale” per occuparsene. Perché non è certo un filologo romanzo, un esperto di poesia sarda e neppure, ammesso che lo fosse, un etnomusicologo a poter esprimere un giudizio professionale su un compositore “colto”. Tutto qui, praticamente. E del resto il suo atteggiamentto da “amatore” è confermato dall’enfasi dei suoi giudizi.
Le riviste che lei cita non le conosco, ma sappiamo quante riviste ci sono al mondo che si occupano di dischi e sappiamo anche chi ci scrive. E anche lei, che pure ha curato diversi libri su Porrino o riguardanti Porrino, mi sembra che assuma più che altro l’atteggiamente dell’appassionato, piuttosto che quello dello “scienziato della musica”. Per esempio, nel suo libro sugli scritti di Porrino, mi sarei aspettato almeno una nota introduttiva che spiegasse il criterio di scelta degli scritti, il rapporto, anche quantitativo, tra gli scritti “musicali” e gli scritti “politici”, anche se poi, per esempio, nello scritto, citato da Biolchini, in “Difesa della razza” e che non mi sembra si trovi nel suo libro, oltre che di razza Porrino parla anche, e molto, di musica, tracciando persino, in poche pagine, un “sunto” della storia della musica italiana davvero poco “scientifico”.
Quanto alle citazioni, mi piacerebbe leggere, per esempio, ciò che hanno scritto di Porrino e della sua musica (ammesso che se ne siano occupati) due personaggi assai vicini alle posizioni artistiche e culturali (ma anche politiche) di Porrino, il musicologo Piero Buscaroli e il critico musicale Paolo Isotta. Invece, non ho letto e non ho il libro di Myriam Quaquero. Non per superbia né per scelta ideologica (come lei sa ho acquistato volentieri i suoi libri) ma semplicemente perché non mi è mai capitato tra le mani e perché non era “necessario”, per me. Perciò non so se Myriam Quaquero abbia ri-scritto la storia della musica italiana del Novecento, scoprendo meriti artistici dimenticati nella produzione porriniana. Ma le chiedo, che senso ha la citazione con la quale lei chiude il suo intervento? Quali sono i pregiudizi da rimuovere? E, soprattutto, fra chi dovrebbe aprirsi il confronto auspicato da Myriam Quaquero? Fra Giuanne Masala e gli storici della musica? Tra l’“amatore” Karlinger e i professionisti Luigi Attademo e Antonio Doro?
Però voglio chiudere anche la parte “porriniana” con una proposta concreta. Porrino è stato eseguito tantissimo, a Cagliari. Adesso lasciamo che per un po’ se lo godano le altre sue “sedi”: Roma, la città in cui visse; la Toscana, la regione in cui trascorreva le vacanze, Venezia e Napoli, le città dei cui conservatori fu direttore, Salò e Brescia, le città che scelse dopo la caduta del fascismo, per rimanere fedele ai suoi ideali. Cagliari potrebbe riposare un po’, diciamo sino al 2059, quando ricorrerà il centenario della morte. Ma i festeggiamenti e, soprattutto il cartellone della manifestazioni si potrebbe incominciare a prepararli fin da adesso, con la collaborazione – artistica e ammninistrativa – di tutti i “porriniani” viventi di cui si è parlato nei giorni scorsi in questo blog.
E dringhidi ora lo dico io, tocca a me: io non sono una dipendente, chiuso dringhidi.
caro prof. Trudu, sarò telegrafica così spero in una sua risposta altrettanto telegrafica, di 27 caratteri!!!!!!!!!!!!!
1-il mio non era un intervento pro meli, rinviato a settembre caro Prof. Trudu, stia più attento e ripassi il compito
2-tutte le idee sono buone, direttori artistici, consulenti artistici, spezzatino di consulenti, ma prima facciamo l’abc, sovrintendente, direttore artistico e un organizzatore generale che sappia appunto organizzare perchè così è uno sfascio totale
3-tutta la musica sperimentale lasciamola per il momento alle associazioni esperte della città che sono comunque sempre sostenute da fondi pubblici e ripeto ancora: a Cagliari facciamo prima l’abc e poi, quando il teatro sarà di nuovo gremito e la gente entusiasta, proponiamo qualche piccolo inserto di musica altra, non per questo quella più incomprensibile. Magari un percorso guidato e mirato, a piccolissime dosi, e non composizioni che solo perchè sperimentali, per forza devono essere alte, belle, colte, intelligenti e interessanti, potrebbero essere anche inascoltabili, improbabili e improponibili come mi è capitato tante volte ascoltando prime esecuzioni mondiali o planetarie di schifezze galattiche (senza fare i nomi dei compositori interessati ed evitare l’invio di IP alla polizia postale!!!!!! vero Vito?????)
4-l’ultimo punto e chiudo: si è dimenticato di postare l’IBAN così la Spocci potrà farle un bonifico per la consulenza artistica on line visto che nella risposta ha fatto il progetto artistico della fondazione cagliaritana fino al 2059!!!!!
Attendo sue.
Buona serata
Caro Prof.Trudu,
chi scrive è un viandante che,passando per via,a Cagliari,per il mero fatto di aver frequentato i corsi di Direzione d’Orchestra di Franco Ferrara nonché di Composizione di Salvo Sciarrino,si è posto talune domande.
Ecco la prima:ma è mai possibile che si dilapidi il denaro pubblico,ancora oggi,nel 2015,proponendo pseudo-programmi di stagioni concertistiche e sinfoniche congeriati insieme solo per mostrarne la stolida sussistenza?
La seconda:dove è finita la funzione culturale e civile del Teatro,all’interno di una comunità civica?
La terza:in una congiuntura economico-sociale in cui maiora premunt,è mai possibile confezionare cartelloni affatto slegati da una logica di promozione autentica della cultura musicale e generati,per partenogenesi,dal caso?
Ma davvero,signori cittadini di Cagliari (Città di impressionante bellezza)non pensate di meritare,finalmente,un progetto,un movimento di idee foriero si serietà ed organicita?
VI PREGO,DITE QUALCOSA DI SINISTRA,E QUALCOSA CHE ABBIA A CHE SPARTIRE CON LA MUSICA!
Gentile Gianluca,
ho cassato io il il quarto punto per evitare di dover passare l’ennesimo ip di commentatori di questioni liriche alla polizia postale. Siate prudenti.
Gentile maestro Martinenghi,
una grande cantante che ha interpretato una parte importante ne “I Shardana” di Porrino, dopo aver ascoltato il compact disc con l’opera integrale mi ha mandato una mail con queste parole, sono abbastanza di sinistra?
“Sapevo che ne è stata fatta una sola esecuzione nel 1960 e volevo sentirla. Tutti dicono che sia un’opera bellissima e sono orgogliosa di far parte del cast che la riproporrà per la seconda volta a distanza di 50 anni! – La musica è veramente un capolavoro! – Non mi ringrazi! Credo che un capolavoro come questo meriti di essere conosciuto e diffuso il più possibile! Ogni giorno scopro, da musicista, meraviglie nella scrittura musicale. Il testo poetico, poi, è davvero al di là di un semplice libretto d’opera” (12 gennaio 2010).
Gentili Maestri Attademo e Doro,
ho apprezzato entrambi i vostri interventi, che sottoscrivo totalmente. In particolare, condivido con il Maestro Attademo il giudizio sul “Concerfto dell’Argentarola” e la considerazione sui limiti filologici di Porrino e con il Maestro Doro tutto l’ultimo capoverso sul fascismo e sulla “ferocia” porriniana nei confronti dei suoi colleghi che avevano idee diverse dalle sue.
Questa, però, mi sembra in qualche modo la “pars destruens”, mentre a me parrebbe indispensabile, oltre che sottolineare le caratteristiche politiche e artistiche di Porrino (che sono un tutt’uno, sia ben chiaro), provare a fare un passo avanti, giungendo anche a una “pars construens”.
Ho letto oggi un resoconto sui due concerti “Da Donadoni a Zola” o, se si vuole, “Da Zeman a Zola a Zeman” e ho visto una foto del Teatro desolatamente vuoto. Mi piacerebbe poter pensare che il pubblico abbia disertato quel concerto a causa del suo improponibile programma, ma ho paura che non sia così. Concordo con il Maestro Attademo sull’arretratezza e inciviltà musicale di un pubblico abituato a ingoiare tutto senza batter ciglio e a frequentare il Teatro soprattutto per ragioni sociali, per incontrare amici e conoscenti e, soprattutto, per “esserci”. E temo che la ragione principale di questo insuccesso (non vorrei che ciò accadesse anche per il prossimo ciclo sinfonico) sia soprattutto la guerra giurata che la Cagliari della destra combatte contro il Sindaco Zedda, per la sola ragione che dopo lustri e lustri di dominio e proprio quando si era convinta di avere in eterno il diritto di amministrare Cagliari, le ha sottratto il giocattolo che ormai considerava suo di diritto.
Però devo dire che sul Lirico Massimo Zedda – e prima di lui Renato Soru – ha commesso errori gravissimi e soprattutto uno: non aveva una sua idea di quale fisionomia dare al Lirico, se non in assoluto, almeno in relazione a quella, pessima, che ne aveva avuto la destra.
Ho un illuminante aneddoto, a questo proposito, che conoscono soltanto pochi amici. Sia dopo l’elezione di Soru alla Regione sia dopo quella di Zedda al Comune di Cagliari, ho fatto giungere loro un suggerimento che – ne sono sempre convinto – era, oltre che ottimo, assai generoso, visto che non mi proponevo come tramite. Il consiglio era quello di tentare di coinvolgere, nella gestione artistica del Teatro, il grande Claudio Abbado, che viveva in Sardegna (ai tempi di Soru quella di Alghero era la sua unica dimora “fissa”) e che più volte aveva manifestato simpatia per loro e per la “svolta” che entrambi significavano. La mia proposta, che avevo inviato attraverso canali per così dire istituzionali, non ebbe alcun seguito. Non è difficile immaginare che cosa una simile collaborazione avrebbe potuto significare per il Lirico cagliaritano. E invece, tutti sappiamo come è andata. Soru non soltanto non andò a parlare con Claudio Abbado, ma almeno nella nomina di uno dei consiglieri di amministrazione che era di sua competenza prese una cantonata colossale, per così dire. La destra invece, sia prima che dopo Soru alla Regione, prima di Zadda al Comune, aveva le idee chiarissime, su ciò che voleva fare e sulla musica che voleva proporre al “suo” pubblico. Così si spiega, per esempio, il progetto congiunto della duplice realizzazione dei “Shardana” a Cagliari e della “Jura” a Sassari. Progetto che il Teatro guidato da Zedda e da Crivellenti si affrettò a realizzare, mentre i sassaresi, meno fessi, non hanno ancora realizzato la loro parte.
Ma non parlo soltanto del mancato coinvolgimento di Abbado. Penso, per esempio, alla mancata scelta di un direttore artistico degno di questo nome (spero che Giuanni Masala non mi bacchetti nuovamente) e che desse una nuova impronta artistica e culturale al Teatro e, in definitiva, alla città. La nuova sovrintendenza di Mauro Meli, per esempio, non fu “bilanciata” da un direttore artistico e oggi che la scelta del sovrintendente, con la Spocci, è caduta su una figura per così dire semplicemente “amministrativa”, non sento parlare di un direttore artistico che le impedisca scelte imbarazzanti come quella del concerto straordinario o di presentare un cartellone sinfonico insignificante, nel quale, se non figura il nome di Porrino, campeggia il nome del suo maestro Respighi, che se è decisamente migliore del suo modesto allievo sardo-laziale, non è certo ciò che ci si aspetterebbe per una “svolta” artistica.
Che fare, allora?
Io direi che sia assolutamente necessario scegliere immediatamente un direttore artistico che sia un musicista davvero degno di questo nome e con la emme non solo maiuscola, ma addirittura cubitale. Uno scelto se non proprio per realizzare le idee artistiche di questa amministrazione, scelto almeno per cambiare decisamente rotta. Uno che se si vuole prestare attenzione alla musica moderna, proponga i più importanti autori contemporanei, se si è interessati alla musica della Sardegna, per la musica popolare proponga esecutori professionali di questa musica e per la musica colta i numerosi compositori sardi viventi, mai o raramente eseguiti a Cagliari. Voglio dire Vittorio Montis e Franco Oppo (più che ottantenne il primo, quasi ottantenne il secondo) e i loro numerosi allievi, che ormai sono nella maggior parte dei casi quasi sessantenni. Penso, giusto per non restare nel vago, alle bellissime cose che stanno facendo che si apprestano a fare due ottimi direttori artistici che conosco e che seguo, il compositore Nicola Sani a Bologna (cicli su Schoenberg e su Nono e la Resistenza, per esempio) e il pianista Oscar Pizzo a Palermo.
Però, quanto alla direzione artistica, io che ho idee ardite non soltanto nel calcio, propongo al Sindaco Zedda un’idea che – per dirla con Totò – a me piace. Non scegliere un direttore artistico fisso, ma affidare le singole stagioni a musicisti di chiara fama (per esempio, a turno, i compositori o i musicologi sardi, se c’è un vero interesse ai musicisti isolani, ma con una formula di questo genere potrebbero essere coinvolti anche grandissimi musicisti, come per esempio il grande Maurizio Pollini, bravissimo a “confezionare” cicli musicali di vario genere), sempre diversi da ciclo a ciclo, affidando loro un budget definito, all’interno del quale dovrebbero stare per allestire una stagione lirica, un ciclo concertistico o cameristico, manifestazioni di musica popolare (sarda e no), di musica cinematografica. Per far ciò sarebbe necessario scegliere un direttore musicale stabile, ovviamente, ma questa figura non potrebbe che far bene, all’orchestra. Così al sovrintendente-amministratore non rimarrebbe che prestare attenzione ai conti e al bilancio, senza potersi preoccupare di altre cose che non sono di sua competenza.
Onestamente con tutti sti commenti ci si sta un pò avvitando inutilmente sul nulla e su questioni troppo tecniche. In tempo di crisi ci vuole un amministratore/organizzatore musicista che capisca di musica e di conti, altro che direttori di qua e direttori di la. In Sardegna ce n’è più di uno, in Italia è strapieno e senza andare tanto lontani lo stesso Meli ha riempito il teatro senza dover ricorrere a musica sperimentale o altre programmazioni che, onestamente, in un periodo di crisi e con carenza di pubblico, lascerei ad esperti del settore e ad organizzazioni specializzate in questo. La scelta di Porrino, come dei solisti e del direttore del concerto roncolistico, è incomprensibile. Il titolo stesso del concerto è incomprensibile. Ma direi che è tutto incomprensibile. Le scelte del Sindaco sono incomprensibili, la costituzione di un Cdi che tra poco meno di 10 mesi sarà rivoluzionato è incomprensibile, le scelte del precedente cda sono incomprensibili, le posizioni politiche di PD e alleati sono incomprensibili, l’orientamento politico degli ex sovrintendenti è incomprensibile, le strategie del centrodestra sono incomprensibili. L’unica cosa chiara è che il Cagliari è in zona retrocessione e che il teatro se non stiamo attenti si ritroverà l’anno prossimo direttamente in C2.
Mi scusino, Loro prego, se chi scrive utilizza sua lingua natale, cioe` l’inglese, non potendo bene esprimersi in italiano.
I write from Los Angeles–a far outpost from Cagliari and a relatively infant culture compared with your venerable Sardinia. Beside the stature of a Dr Trudu (as also beside the stature of Dr Masala) I stand only knee-high.
But I speak from an atmosphere of reverence for the patrimony of the music that has come down to us–and here across an ocean and a continent–from centuries and centuries, accompanied by the genius, musicological and spiritual, that every composer has embodied. How many of these struggled in their own time against ignorance, contempt, controversy, neglect and ignominy! How many had to endure insult and aversion for the sake of what they heard within their hearts and sought to convey within the limitations imposed by the very finite structure of music itself!
How wonderful that more than ever, in the age of the CD and the DVD, the limitations of space and fortune have been breached, that people everywhere–even here in our little Southern California, geographically remote from so much of your great cultural and historical importance–can meet such as Ennio Porrino and allow him, who cared enough to do so, express HIS spirit and, in so doing, his affinity–completely within his right–to the soul, life, and culture of Sardinia.
Of course, who am I to know? Who am I, here–all these miles and years away–to know how “valid,” how “authentic,” how “true” this expression of Porrino’s is? Who am I to judge? But oh! Who also are these who toss their stones so quickly, so deftly at the composer? Closer to Sardinia than Los Angeles, yes. Closer to the composer’s skin than is a foreigner removed from the sun of Cagliari, yes. But closer to the truth of musical expression itself? What IS the “truth” of musical expression? That would be a very big metaphysical question indeed; and if we are minded to disallow it in the first place, then perhaps we should be more than just a little suspicious of those who, unwilling to sound the depths of what might well or well not be termed “truth” in music, toss their stones at the composer who does not satisfy their predilections artistic, cultural, philosophical, or–note well!–political.
I write from the spirit to the spirit–unable to address the brain, musical “science,” ethnocentrism, ideology, partisanship, and the politics of culture (truly an oxymoron) that obsess and demean the arts of every age in every land. And note that these battles, controversies, polemics, tempests, charges, accusations, put-downs, even though they are always with us and never remote from us, in the end always sink into the ground and perish, while the free-spirited expression of art truly deriving from the creative soul continues to rise above the din, the fracas of these auto-da-fe that the earnest ideologues of every age never cease to keep burning. But I would not judge the judges. Let them judge themselves.
Here in our distant city we listen to I Shardana, Gli Orazi, the Canti d’Esilio, della Schiavitu`, etc. etc. because we have young men and women in their twenties, even, who dedicate themselves to finding and transferring to CD the sources of these compositions, excited by–what? ignorance of the condemnations of their composer? ignorance of all the reasons why they should mutter and express disdain, contempt, and aversion to the oeuvre of the Maestro? No! They labor in love of something they hear, they even see, in this body of work that they are perhaps too wise to disdain, to despise. Do not despise life itself, always looking, always listening anew, always affirming! said one of our poets (Walt Whitman).
We are grateful not to be too wise, too erudite, too learned, that the study of music (and sadly human politics!) threatens to make us hardened and deaf to what the spirit responds to–over continents, over oceans, over your own sea and land, finding fulfilling expression in Maestro Porrino’s own free expression, which will still be heard and loved long after its detractors and their denigrations have been forgotten.
May I say all this, aware that I write as an “outsider” to the affairs of Sardinia, her art, her culture–and as one respectful of her sons, like Drs Trudu and Masala, who contest these things. But in the spirit of what Maestro Porrino dedicated himself to achieve, no person is–or can be–an outsider. All, all, are included.
Gentile Arthur Vergara,
a parte tutto il resto, se davvero le piace ascoltare la musica di un’opera come “Gli Orazi”, il suo problema non è tanto di studio/non studio della musica, cultura/incultura, erudizione/ignoranza, quanto di udito.
Io non sono un medico e non posso aiutarla se non consigliandole questi ascolti, nella speranza che possano aiutarla a guarire.
Auguri sinceri!
http://www.tenoresdibitti.net/mp3.html
https://www.youtube.com/watch?v=O0T6dCTl6rc
https://www.youtube.com/watch?v=0WViCe59hZU&list=PLHwzy29AJcDqg21sLZjRIY1oMxfm7Jp1h
https://www.youtube.com/watch?v=BzWITU3L-F0
https://www.youtube.com/watch?v=5q_12QsLgCc
A Boston, all’indomani di un importante concerto, il critico musicale del “The Boston Daily Globe” scrisse un articolo dal titolo: “I Musici at Kresge Auditorium” e affermò che: “Ennio Porrino’s Sonar per Musici, a Concert for Strings and Cembalo, was the most fascinating work on the program – Vivaldi, Mozart, Remy Principe and Ennio Porrino” (16 gennaio 1959). Traduzione: “Sonar per Musici, un concerto per archi e clavicembalo di Ennio Porrino, è stato il lavoro più affascinante del programma, che comprendeva Vivaldi, Mozart, Remy Principe e lo stesso Porrino”.
Oppure, in occasione dello stesso concerto: “Egli [Porrino] è esplorativo e originale, arrivando a timbri insoliti ed effetti strani, e in questo si potrebbero vedere riflessi di Bartók”.
Lo stesso Stokowski, in una lettera inviata a Porrino da New York il 5 gennaio del 1950, così si esprime poche settimane dopo la succitata esecuzione della sinfonia “Sardegna” del novembre 1949 alla Carnegie Hall con la New York Philarmonic: “Caro Signor Porrino, da quando diressi la Vostra Sardegna sono stato terribilmente occupato per il mio lavoro. Ho sempre desiderato scrivervi, ma non volevo scrivervi di premura con molte altre cose in mente. Oggi finalmente sono, per quanto sempre occupato, abbastanza quieto. Secondo la mia opinione la vostra Sardegna è una grande musica e nello stesso tempo un’intensa espressione del sentimento della vera vita di Sardegna. Sebbene non sia mai stato là, mi pare di conoscere il paese e sono impaziente di poterci andare. Il vostro poema sinfonico esprime molto eloquentemente il sentimento e la vita, talvolta violentemente agitata. Altre volte la gaiezza di una festa o la danza all’aperto. Fui profondamente impressionato dalla qualità primitiva improvvisamente riscontrata a pagina 14 e 15 dello spartito e dall’agitazione che comincia a pagina 26. La pace pastorale che comincia a pagina 29 è un contrasto magnifico con quanto precede. A pagina 42/47 ho avuto soltanto le viole che suonavano con il solo basso e flauto. Questo sembrò dare un bilancio perfetto e chiarezza. Il suono delle campane lontane alla fine fu molto tranquillo. L’insieme è eseguito con poesia e l’atmosfera romantica di un’isola antica. L’orchestra, il pubblico ed io eravamo tutti commossi profondamente per la forza emotiva del pezzo […]. Ora attendo il giorno quando avrò il piacere di conoscervi e spero di andare in Sardegna.
Nel 1958, in un articolo che non ha bisogno di essere commentato, il musicologo e critico Ramón Bayod y Serrat, a Barcellona, accoglieva così la prima dell’opera lirica in un atto L’organo di bambù: “La musica che il Maestro Porrino scrisse per dar vita sonora allo sfondo del tema letterario, implica un positivo valore dell’attuale scuola operistica italiana. Concepita nello stesso piano dell’estetica contemporanea, che per primo ci si offre, come puro fenomeno musicale, è la sua compenetrazione assoluta della linea melodica astratta che le dà forma con un motivo folcloristico di netto carattere spagnolo – l’azione si svolge nelle Filippine – che affiora insistentemente nei passaggi di maggiore emotività che il tema della storia sviluppa. (…). Con grande abilità nella scelta dei mezzi di espressione, Porrino ha saputo risolvere la rappresentazione di un ambiente straniero e misterioso, attraverso una musica che riflette questa inquietudine per la ricerca di un contenuto umano e trascendente. Perché questo linguaggio nell’organo di bambù più che un modo di dire è, prima di tutto una forma di evocare, di suggerire. Sintesi perfetta, in definitiva, di tema, musica e teatro”.
Difficile appare la formulazione di un giudizio di valore su qualunque musica, perché ad esso si saldano, inevitabilmente, inclinazioni soggettive, questioni di gusto personale, concezioni generali della musica e dell’arte cui ciascuno fa riferimento (l’equivalente di vere e proprie ideologie spostate sul piano estetico), ecc. ecc. Così com’è incontrovertibile invece il diritto di qualunque compositore ad essere eseguito, ma è fondamentale che questo avvenga nella giusta contestualizzazione del suo lavoro.
Totalmente fuorviante appare invece la pretesa che il giudizio di valore discenda da un giudizio analitico, ovvero dalla valutazione tecnica oggettiva degli elementi strutturali e linguistici che stanno alla base di qualunque musica: è inconfutable che anche la musica più stupida e banale, sul piano delle risorse tecniche impiegate, possa risultare apprezzabile, altrimenti non si spiega la fortuna dei tanti manufatti commerciali propinatici dall’industria discografica.
Ora, che il compositore Ennio Porrino fosse in grado di confezionare una partitura secondo requisiti di buona composizione appare altresì certo all’ascolto e altrettanto certo all’analisi, ma la «buona composizione» non è sinonimo di «capolavoro», né tantomeno di opera che racchiuda in sé elementi di innovazione linguistica e di significatività in rapporto agli universi delle musiche del Novecento.
Proviamo dunque a spostare il discorso su questioni che possiamo governare con un approccio oggettivo, per loro natura meno complesse della formulazione di un giudizio di valore, ma che ci consentono di parlare in modo non apodittico e con un minimo di consistenza logica, dopodiché ciascuno può trarre le sue conclusioni.
Il Novecento si apre proprio con la tematizzazione, nelle sue espressioni più avanzate, di un superamento delle concezioni classiche, nelle nozioni fondamentali che le avevano caratterizzate: la nozione di tonalità, la nozione di melodia (la cui condizione di esistenza è legata a poche ed essenziali condizioni al contorno che costituiscono un caso particolarissimo e limitatissimo di strutturare i suoni), la nozione di armonia e di accordo. Ma rinasce in un modo nuovo la coscienza del timbro e, per questa via, viene ridimensionata l’egemonia di quella proprietà del suono da cui tonalità, melodia e armonia discendono: la altezza.
Da Busoni a Schoenberg, da Varése a Webern, da Russolo a Cage, se si possono fare dei nomi in un ordine del tutto arbitrario, è su quelle basi che si aprono al Novecento temi che saranno fatti propri dalle avanguardie musicali della seconda metà del secolo scorso e che davvero hanno aperto la strada ad una musica del futuro. Ma va anche osservato che questi temi sono la conseguenza diretta dell’esaurimento della spinta propulsiva delle concezioni classiche, quale si avverte nell’opera dei compositori tardoromantici, i quali sottoponendo a dura indagine le possibilità combinatorie della scala diatonica e del sistema armonico tonale, sanciscono il depauperamento delle loro possibilità generative. Sbaglio o fu Franz Liszt a scrivere, credo nel 1885, la Bagatelle sans tonalité? Certo non si tratta della atonalità schoenberghiana, ma sicuramente è un tentativo di tematizzare il problema.
È pur vero che le avanguardie artistiche entrano in campo quando ancora la risacca delle concezioni precedenti è in campo, e che un universo di nuovi valori, nelle arti come nelle scienze, si interseca e convive, necessariamente e spesso per lungo tempo, con concezioni che vengono dal passato e che, per molte ragioni e per molti aspetti, si considerano ancora produttive. Questo meccanismo fa sì che si pratichi la logica del doppio binario (ad esempio, in fisica, la trascurabilità degli effetti relativistici su corpi in movimento a velocità normali, non esclude l’impiego delle equazioni del moto di Newton. Ovviamente, nessun fisico oggi potrebbe ammettere una descrizione della materia e dell’universo che prescinda dalla fisica quantistica o dalla relatività generale).
Sotto questo profilo, la musica di Ennio Porrino come altri compositori italiani del tempo, si situa in quel versante che prescindendo dall’attenzione sui problemi più avanzati del comporre continua a produrre modi di organizzazione del suono basati sulla tonalità, sulla melodicità, sulla stratificazione dei suoni secondo i modelli armonistici classici, per non parlare dell’orchestrazione e dell’articolazione formale. E la considerazione di questi fatti è oggettiva e bene ha fatto Antonio Trudu a segnalarla, così come appare del tutto ininfluente l’introduzione di elementi avanzati, dodecafonici o di altra natura, in un quadro generale che è totalmente rivolto a perpetuare modelli (strutturali) del passato. La dodecafonia – come altre tendenze “aggiornate” (omnitonalità e politonalità, citazione di materiali propri delle musiche di tradizione orale dei diversi paesi europei, ecc.) – ha assunto, ad un certo punto, pure i connotati di una moda, che, in tanti casi è apparsa anche sterile, quando non era associata a un rinnovamento che investiva tutti, sottolineo “tutti”, i parametri della composizione, ovvero i molteplici livelli strutturali di produzione di senso e i modelli strutturali di fondo.
In questa prospettiva, dispiace dirlo, si inquadra il rapporto di Porrino con la civiltà musicale della Sardegna, rispetto alla quale il compositore sceglie la via più coerente con la prospettiva di retroguardia della sua produzione: la citazione dei materiali etonofonici nei loro aspetti ritimico-melodici, avulsi da una approfondimento dei meccanismi strutturali più profondi che portino veramente a un rinnovamento degli strumenti linguistici. Quello che fecero Bartók o Kodály in Ungheria, quello che successivamente hanno fatto compositori come Vittorio Montis e Franco Oppo in Sardegna.
Mi spiace della lunghezza dell’articolo e di aver dovuto ricorrere ad alcune nozioni tecniche, che peraltro ciascuno può approfondire su un dizionario della musica o con una semplice ricerca in rete, ma era necessario per affrontare il discorso Porrino con un minimo di completezza e obiettività.
A proposito, il suo sostegno pieno e partecipe a un regime incontrovertibilmente criminale come quello fascista (per la persecuzione sistematica degli oppositori e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, per la difesa violenta degli interessi degli industriali e degli agrari, per le leggi razziali, per l’aggressione militare a stati sovrani, per l’alleanza con il nazismo e le responsabilità nello scatenamento della seconda guerra mondiale, ecc.), la sua adesione alla R. S. I. (da cui il ben noto Inno del volontario), la ferocia con la quale si espresse verso altri compositori che portavano avanti posizioni estetiche altre, meritano un approfondimento ulteriore. Ma possiamo sicuramente affermare che la dimensione politica del suo agire fosse neutra rispetto alle sue posizioni come compositore?
Antonio Doro
Compositore e Docente di Fondamenti di Composizione al Conservatorio di Musica di Sassari
Caro maestro Doro,
una grande cantante che ha interpretato una parte importante ne “I Shardana” di Porrino, dopo aver ascoltato il compact disc con l’opera integrale mi ha mandato una mail con queste parole e, come vede, quando si tratta di giudicare la musica non sempre si guarda la militanza politica del compositore:
“Sapevo che ne è stata fatta una sola esecuzione nel 1960 e volevo sentirla. Tutti dicono che sia un’opera bellissima e sono orgogliosa di far parte del cast che la riproporrà per la seconda volta a distanza di 50 anni! – La musica è veramente un capolavoro! – Non mi ringrazi! Credo che un capolavoro come questo meriti di essere conosciuto e diffuso il più possibile! Ogni giorno scopro, da musicista, meraviglie nella scrittura musicale. Il testo poetico, poi, è davvero al di là di un semplice libretto d’opera” (12 gennaio 2010).
Cari Amici del blog,il Prof. Antonio Trudu si è incaricato di fare opera(musicologica)di verità.Altro spazio occorrerebbe,onde tratteggiare i contorni insignificanti di una figura dal peso storico-musicale pari a zero,quale Porrino.Chi scrive,ha eseguito l’orribile “Concerto dell’Argentarola”,ma non può esimersi dal rammentare che Porrino fu capace di mutilare ignominiosamente una partitura di grandissimo valore:il Concerto op.30 di Mauro Giuliani,del quale fu editor,dimostrando sesquipedale incultura filologica.
La triviale superficialità di “Shardana” si è,in ogni caso,incaricata di fare sì che NESSUN Teatro d’Opera serio sia credibilmente in grado di programmarla,a pena di venire irriso dalla comunità musicale internazionale.Porrino si è auto-cancellato dalla storia della Musica,e solamente l’arretratezza e l’inciviltà musicale(sia detto in termini generali)dei cagliaritani possono legittimare l’oziosità di una discussione sul nulla.Onore a Vito Biolchini,il quale ha scelto un modo arguto e nobile per censurare un’operazione senza senso:da “Le roncole al Nuraghe” ha la medesima validità musicale e scientifica di un concerto che volesse intitolarsi “da Donadoni a Zola”.Vogliamo dirlo,apertis verbis?Sono robe da matti
Su “I Shardana” di Porrino sarebbe bene che Lei leggesse cosa hanno scritto le 2 riviste tedesche Opernglas (gennaio 2010) e Opernwelt (novembre 2013) si sono espresse in ben altri termini e, soprattutto, non hanno controllato le tessere di partito. Purtroppo l’invidia e la cattiveria sono più diffuse della buona musica…
Le rimando alcune citazioni di persone naturalmente non “esperte” come Lei:
“Mah, noto quasi un certo livore nel descrivere il linguaggio musicale di Porrino…Non ricordo quale critico definì Porrino il vero erede di Puccini. Ben vengano questi autori “minori”: di avanguardie, inoltre, ne abbiamo avute abbastanza.”
“Se Monaco avesse la fortuna di venir cantata da un’opera come questa [I Shardana], sono certo che nei festival operistici della mia città sarebbe loro riservato ogni anno il posto d’onore” (Felix Karlinger, Monaco di Baviera 1960).
“La grande opera I Shardana fu accolta dalla critica come la più importante opera lirica composta in Italia in questo dopoguerra” (F. Karlinger, Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Stoccarda 1962)
“E anche se primo comandamento di un musicologo è quello di evitare i superlativi, è ben vero che dopo Puccini nessun musicista ha dato alla musica italiana tanto quanto Porrino” (F. Karlinger, Cagliari 1960).
“Non saprei dire se, o fino a che punto, Porrino abbia guardato a De Falla e a Bartók come a suoi maestri, oppure se il rapporto tra codesti musicisti sia solo indiretto e lanalogia dipenda piuttosto dalla loro affinità, o congenialità artistica. Certo è che Porrino è per la Sardegna quello che gli altri due compositori sono per la Spagna e per l’Ungheria” (F. Karlinger, Cagliari 1960).
E penso che per oggi possa bastare…
Buon ascolto: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9f3d7992-1117-4b7a-a465-fb033e1714b0.html
caro giuanne ho visto anche il successone di pubblico e le relative foto della platea. tristezza,scandalo, orrore per porrino per verdi per cagliari per la gente per la cultura per gli appassionati. sara anche quello che dice lei ma programmare un gala di inaugurazione con musiche di porrino ci sta come le roncole a merenda. si faccia l’abbonamento intanto così il pubblico aumenta di una unita
cara mary, se non sbaglio la serata con musiche di Porrino non è stata inserita nella stagione concertistica ma era un concerto improvvisato, è stata organizzata in tutta fretta e con una pessima pubblicità e gli abbonati non c’erano. Sia pure con una pessima pubblicità I Shardana, nel settembre 2013, come lei sa, ha ottenuto un grandissimo successo, anche all’estero, come testimonia il resoconto della rivista “Opernwelt” (novembre 2013) che, come mi insegna lei, “ist eine internationale Fachzeitschrift für Musiktheater. Die Zeitschrift gilt als führendes Fachmagazin Europas und wird in allen wichtigen Bibliotheken geführt. Die Auflage liegt bei 10.000 Exemplaren, die Reichweite bei etwa 20.000 Lesern”. Tradotto in italiano: “è una rivista internazionale di teatro musicale. La rivista è considerata come il magazin più importante d’Europa. La tiratura è di circa 10.000 esemplari e raggiunge circa 20.000 lettori”. Per Porrino e per la Sardegna è stata una grande pubblicità e dovremmo essere tutti orgogliosi, a prescindere dalle tessere di partito…
Quindi caro Giuanne di chi è la colpa di questo fiasco memorabile? Non di Porrino? Non di Trudu? Non di Vito Biolchini? Non di Verdi? Sarà mica colpa del presidente della Cantina Sociale Le Roncole? Scopriamo chi è che beve così tanto o fa bere così tanto ai cagliaritani da non capire cosa sta succedendo? Sarà magari colpa di Respighi? Booooo aiutiamo i volenterosi a capirci qualcosa. Io non ci ho capito niente
Gentile Mary,
oggi non ho tempo, ma stasera o al più tardi domani le risponderò, non restando sul vago, ma con almeno due proposte concrete e “di pronto impiego”. Però voi (immagino che lei sia una dipendente del Teatro) smettetela di fare guerra a Zedda e (adesso) alla Spocci e inchiodateli sui fatti e, magari, con proposte concrete. Per citare (a memoria) non ricordo più quale dei Vangeli, è necessario che i figli della luce siano agguerriti e astuti almeno quanto i figli delle tenebre!
Gentile Prof. Trudu, i miei genitori non erano dipendenti ENEL pertanto ho qualche problema a piantare chiodi con luce scarsa.Zedda chi? Spocci chi? non saranno mica due fortunati spettatori delle Roncole? Non è mio compito cercare responsabili. Lor signori son pagati profumatamente per fare il lavoro per il quale sono stati scelti dopo una severa selezione.E’ molto semplice, da cittadina, e non da dipendente, vorrei un cartellone all’altezza, un teatro gremito, vivo e festante e un’organizzazione efficiente senza sprechi. E’ una cosa così difficile? Credo di no. è come quando lei entra in classe e fa una lezione, interessante puntuale e partecipata dagli alunni.
Credo che sia o debba essere la normalità, la regola non certo un’eccezione, un evento rarissimo.
Le piacerebbe tenere una lezione, nell’ambito di un corso da 60 studenti universitari regolarmente iscritti, in una aula con tre discenti?
Ma dai cara Mary, è Massimeddu il colpevole, lo sappiamo tutti. La destra o la sinistra non c’entrano niente, sono tutte paranoie nostrane. Se con Meli le cose andavano bene perché buttarlo fuori? Nessun sindaco del mondo avrebbe osato tanto… ma le elezioni anche a Cagliari si avvicinano…
Ehi Giuanne non scherziamo!!!!! Sindaco e cda sono deputati alla scelta quindi possono decidere di cambiare o confermare. Bastava scegliere una persona che avrebbe fatto meglio di Meli. Potrei fare un parallelismo: io vado in Germania e non parlo ovviamente una sola parola di tedesco. A pranzo mangio una cosa che mi piace ma non so il nome. Il giorno dopo torno, leggo il menù e senza capire nulla di ciò che è scritto scelgo un piatto a caso, solo perchè un cameriere me lo suggerisce. Succede che poi mi arriva un piatto che non mi piace perchè non è stata una scelta consapevole in quanto non conoscendo la lingua non ho potuto individuare gli ingredienti di mio gradimento. Soldi sprecati. Impariamo un pò di tedesco prima di leggere un menù!!!!!!
Caro maestro Attademo, una Sua collega su “I Shardana” la pensa diversamente. Viva la democrazia!
“Sapevo che ne è stata fatta una sola esecuzione nel 1960 e volevo sentirla. Tutti dicono che sia un’opera bellissima e sono orgogliosa di far parte del cast che la riproporrà per la seconda volta a distanza di 50 anni! – La musica è veramente un capolavoro! – Non mi ringrazi! Credo che un capolavoro come questo meriti di essere conosciuto e diffuso il più possibile! Ogni giorno scopro, da musicista, meraviglie nella scrittura musicale. Il testo poetico, poi, è davvero al di là di un semplice libretto d’opera” (12 gennaio 2010).
Porrino scrive, tra l’altro, anche queste cose…, come sono attuali, ancora oggi.. che non siamo più nel dopoguerra…
Cagliari, 1° maggio ’57. […] In realtà da molto tempo mi sento distaccato da questa terra e più ancora da una umanità che io sento diversa e lontana dal mio spirito, dai miei principi morali e sociali. L’entusiasmo che oggi gli uomini ripongono in cose banali e volgari e la trascuratezza o il dispregio che mostrano verso i valori della cultura, dello spirito e della bontà; il culto che essi professano per i beni materiali a discapito degli ideali dello spirito e fino a piegarsi alle più basse e continue forme di corruzione; il compromesso e il conformismo cui oggi tutti sembrano aver piegato il proprio carattere e la legge che governa la propria vita civile; gli orientamenti meccanicistici, aritmetici, algebrici verso cui artificiosamente le consorterie internazionali indirizzano la musica, sì che da manifestazioni d’arte e di poesia essa sta divenendo disciplina positiva ed antiumana; la lotta ingiusta e perfida – senza quartiere – che mi vien fatta con tutti i mezzi (i più falsi e i più subdoli) e con la consapevole calunnia; il veder quasi sempre trionfare la cattiveria e la volgarità; tutto ciò mi ha fatto largamente perdere il piacere di vivere, d’abitare questo mondo, di aver contatti e rapporti con gli uomini. […] A chi ha saputo comprendermi, amarmi e, quand’era il caso, perdonarmi, a chi ha avuto per me una parola di conforto e un gesto d’aiuto vada tutta la mia gratitudine! Sono passato in questa terra con la mia malinconia, spesso celata dietro la vivacità di una parola, di un gesto o di un sorriso o dietro il velo del pudore, e con la mia malinconia, ma serenamente, vado verso il regno dell’ombra o della Luce! … Che Iddio mi illumini e mi aiuti, se nel frattempo la mia anima non si sia inaridita tanto da non meritare perdono né conforto. Se di là altri mi attenderanno, non troverò i potenti, ma gli umili, perché sempre verso di essi è andato il mio pensiero e la mia umana pietà; verso i diseredati, gli oppressi, i semplici perché essi erano e sempre saranno i migliori […]
Giuanne: nel suo catalogo delle opere di Porrino si è dimenticato di inserire l’inno della Repubblica Sociale Italiana… Trovo insultante accostare il nome di Porrino a un simbolo dell’Italia libera quale è Verdi.
Quando si parla di Porrino si mette sempre in evidenza la questione politica, i soliti pettegolezzi da bar sport ecc. che a me e alla stragrande maggioranza proprio non interessano…
Io ho fatto la lista delle composizioni moderniste di Porrino fornendo la prova che anche lui ha scritto musica non solo tradizionale, per il resto vedo che, come sempre, i nemici peggiori della Sardegna sono e saranno sempre i sardi, soprattutto quelli che non sanno separare la politica dall’arte. Karlinger era antinazista e ha dovuto trascorrere tre anni all’estero per le sue convinzioni politiche, eppure ha amato in modo sconfinato la musica di Porrino, senza guardare le tessere di partito, come, purtroppo, si fa ancora oggi in Italia e nella nostra piccola e conservatrice Sardegna.
Nel gruppo facebook “La Barcaccia”, a proposito di questa discussione, un signore ha scritto: “Mah, noto quasi un certo livore nel descrivere il linguaggio musicale di Porrino…Non ricordo quale critico definì Porrino il vero erede di Puccini. Ben vengano questi autori “minori”: di avanguardie, inoltre, ne abbiamo avute abbastanza.” Potrei citarne altri, tutti non sardi…
Per chi ha 28 minuti di tempo e vuole saperne di più di musica e di arte e non di politica può cliccare qui sotto:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9f3d7992-1117-4b7a-a465-fb033e1714b0.html
Mi spiace però pensare alle lezioni, in merito all`argomento, tenute dal prof Trudu all`università. Spero che i giovani studenti abbiano l`opportunità di informarsi anche attraverso altre vie.
Beh, se servono altre vie sono in grado di fornire ai giovani studenti il numero della rivista “La difesa della razza” del 5 dicembre XVIII in cui Porrino scrisse l’articolo “La musica nella tradizione della nostra razza”. Lettura interessante.
Ennio Porrino:
“Il Fascismo rinnova l’ordinamento interno, afferma i principi della razza a tutela ed a potenziamento dei caratteri fondamentali del nostro popolo; la musica italiana trasporta nel campo artistico le stesse premesse per il conseguimento delle più alte mète”.
http://digital.lib.usf.edu/SFS0024306/00033
Altre vie sono anche queste:
F. Karlinger/G. Masala, “Omaggio a Ennio Porrino”, Stoccarda 2009.
M. Quaquero, Ennio Porrino, Sassari 2010
ecco 9 minuti da “I Shardana”: https://www.youtube.com/watch?v=B-rs3Y4r9kI
Dimenticavo, per chi vuol ascoltare, senza pregiudiziali ideologiche, 9 minuti dalla grande opera lirica “I Shardana” di Ennio Porrino, ecco a voi: https://www.youtube.com/watch?v=B-rs3Y4r9kI
“Se Monaco avesse la fortuna di venir cantata da un’opera come questa [I Shardana], sono certo che nei festival operistici della mia città sarebbe loro riservato ogni anno il posto d’onore” (Felix Karlinger, Monaco di Baviera 1960).
Gentile prof. Trudu,
Lei scrive che “mai un vero manager, mai un musicista degno di questo nome fu ai vertici di quell’Istituzione [dei concerti e del teatro lirico] …, se si esclude la breve parentesi della triade costituita da Oscar Crepas, Flavio Dessy Deliperi e Franco Oppo, che resse il Palestrina per un breve periodo alla fine degli anni Settanta”.
A me risulta invece che Porrino, “musicista degno di questo nome”, dal 1956 al 1959 sia stato non soltanto direttore del Conservatorio di Cagliari ma anche Direttore Artistico dell’Ente Lirico e delle dell’Istituzione dei Concerti della città.
Lei scrive ancora anche che “Porrino aveva sempre detestato le innovazioni tecniche e gli sperimentalismi delle avanguardie, a favore di un linguaggio tradizionale, basato soprattutto su melodie facili e accattivanti e su armonie esenti da qualsiasi complicazione “modernista”.
A prescindere che ogni musicista (e questo vale anche in letteratura e in altre discipline), è libero di scrivere la musica che preferisce, anche questa Sua affermazione è da prendere con le pinze, perché invece, dal dopoguerra in poi, Porrino iniziò a introdurre elementi “modernisti” (dodecafonia ecc.) nella sua musica. Ne sono un esempio “Concerto dell’Argentarola” (per chitarra e orchestra), “Sonar per musici” (concerto per archi e clavicembalo) e “Nuraghi” (tre danze primitive sarde, per piccola orchestra) che, non a caso, sarà eseguita oggi e domani al Lirico, e neanche nell’opera lirica “I Shardana” e in altre composizioni mancano alcune novità, sia pure in misura minore rispetto alle tre composizioni su accennate.
Potrei continuare ma rimando cronologicamente ad alcune pubblicazioni uscite in questi ultimi 10 anni dalla cui lettura è possibile scorgere in modo non superficiale la grandezza del compositore sardo:
E. Porrino, “I Shardana, Gli uomini dei nuraghi – dramma musicale in tre atti”, Orchestra sinfonica e Coro di Roma della RAI, COMPACT DISC DOPPIO, dall’esecuzione del 24 settembre 1960 al Forum Italico, Stoccarda 2007/2009
E. Porrino, “I Shardana, Gli uomini dei nuraghi, dramma musicale in tre atti”, Stoccarda 2009.
F. Karlinger/G. Masala, “Omaggio a Ennio Porrino”, Stoccarda 2009.
E. Porrino, “L’organo di bambù & Esculapio al neon”, Stoccarda 2009.
E. Porrino, “Questioni musicali 1932-1959” (scritti di Ennio Porrino), Stoccarda 2010.
M. Quaquero, Ennio Porrino, Sassari 2010.
Felix Karlinger a Cagliari nel 1963 al termine di una conferenza organizzata dall’Associazione Amici del Libro affermò: “Purtroppo debbo interrompermi proprio qui, e vorrei pregare di ascoltare spesso da sé la musica di Porrino, o di suonarla, poiché «parlare di musica è» – come soleva dire il mio defunto maestro Hans Pfitzner – «come servire un pranzo pitturato»”
Gentile Giuanne Masala (penso che il mio interlocutore sia lei e preferisco parlare a una persona precisa, piuttosto che a uno pseudonimo),
rispondo in ritardo perché erano anni che non mi occupavo di Porrino e un articolo, un documento, un libro, un cd, come le ciliegie, tirava l’altro e correvo il rischio di risponderle fra giorni, se non addirittura settimane.
Dopo una premessa, le risponderò punto per punto, per non correre il rischio di dimenticare qualcosa.
La premessa è che l’ultimo mio pensiero, l’ultimo mio desiderio è quello di polemizzare con gli estimatori di Porrino, musicofili o musicologi che siano. Ognuno ha il sacrosanto diritto di amare e di occuparsi di ciò che vuole e non sarò certo io a contestarglielo. In realtà, non vorrei polemizzare neppure con il Teatro Lirico, se decidesse che Porrino, con tutto ciò che questo significa, è uno dei “suoi” compositori. Ma l’impressione era che la scelta fosse, se non proprio casuale, almeno non del tutto fortemente voluta e di ciò non potrei che rallegrarmi. Quanto alla preoccupazione di Pia Deidda, posso assicurarle che occupandomi di musica “nuova” del secondo Novecento o di classici del passato, non ho mai avuto modo di parlare ai miei studenti di Porrino, che nella storia della musica italiana del Novecento occupa un posto assai marginale.
1. Felix Karlinger, chi era costui?
Ho cercato in tutte le enciclopedie più importanti (DEUMM, GROVE, MGG) e non ho trovato una voce a lui dedicata. In rete ho visto che insegnava filologia romanza; nelle pubblicazioni etnomusicologiche italiane non mi risultano citazioni dei suoi scritti. A che titolo parlava di Porrino? Io seguo il calcio da quando ero bambino, mi considero – sono? – oltre che appassionato, un grande conoscitore ed esperto, ho teorie anche più ardite di quelle di Karlinger sull’importanza di Porrino, ma per il fatto di non essere un professionista non ho diritto di parola, se non discutendo fra gli amici al bar.
2. Musicisti degni di questo nome.
Facendo questa affermazione, lo ammetto, ho esagerato, per amor di polemica. Ma, le assicuro, non pensavo a Porrino! Del resto, di “corte dei miracoli” al “Palestrina” si parlò soltanto negli anni Novanta, quando i personaggi che la politica destinava alla guida dell’Istituzione dei concerti erano davvero impresentabili. Eppure anche allora i direttori del Conservatorio erano, a tutti gli effetti, “musicisti degni di questo nome”, malgrado occupassero quel posto non soltanto per i loro meriti musicali, per così dire. Forse negli anni Cinquanta la situazione era migliore. Eppure, cercando documenti di quel periodo, ho trovato alcune cose assai interessanti. Per esempio, che la direzione artistica di Porrino fu accolta assai male dai due critici locali, Antonio Cardia e Nino Fara, per le sue scelte “artistiche” non sempre “felici”, visto che, oltre alle musiche dello stesso Porrino – sì, lo so che allora si era meno sensibili a queste cose, ma non era bello neanche allora – nei concerti del “Palestrina venivano eseguite con troppa frequenza musiche irrilevanti e assai brutte di autori contemporanei come Gargiulo, Gubitosi, Napoli, Tocchi, che non esaltavano il pubblico, per usare un eufemismo. Persino il pacioso e distaccato Nino Fara più di una volta perse la pazienza, lamentandosi, per esempio, di Otmar Nussio “uno e trino”, che si era esibito come direttore d’orchestra, flautista e autore di un “Concerto classico” scritto per la propria figlia, con l’intento di scrivere “con naturalezza una composizione scevra di aggravi tecnici e con una profonda simpatia per Haydn, Couperin e Debussy”. Il pianista di quel concerto era Luciano Sgrizzi, a sua volta autore di una “Sinfonietta rococò” accostabile, per ammissione dell’autore, allo stile italiano dell’epoca di Paisiello e Cimarosa.
3. Il “modernismo” di Porrino.
E’ vero che negli ultimi anni Porrino introdusse (con estrema parsimonia, sia ben chiaro!) elementi “modernisti” nella sua musica. Ma la sua feroce avversione nei confronti del nuovo, neoclassicismo compreso, è confermata dal fatto che, quando era direttore del Conservatorio cagliaritano, volesse letteralmente “rieducare” gli allievi che manifestavano tendenze “moderniste”, come ha testimoniato Franco Oppo, che aveva trovato maggiore comprensione, da questo punto di vista, nell’altrettanto concervatore, ma più “liberale”, Renato Fasano. Oltre tutto, è vero, come lei scrive, che in alcune opere porriniane si trovano spruzzate di modernismo, ma è altrettanto vero che ancora nel 1950, poco prima, dunque, della “svolta”, Porrino polemizza energicamente con Thomas Mann e con la dodecafonia, affermando che prendeva impulso da un fatto meccanico e aritmetico invece che da un movimento di carattere spirituale. Rinuncio a parlare dello scritto citato da Vito Biolchini, pubblicato nel 1939 nella rivista “Difesa della razza” (ma ne consiglio la lettura, perché fa un po’ di luce su ciò che si pensava in quei tempi bui) e mi limito a ricordare un divertente aneddoto, che secondo me inquadra quanto mai efficacemente la figura di Porrino nella cultura fascista degli anni Trenta.
In occasione del III Congresso nazionale dei musicisti, che si tenne a Cagliari nel 1937, Porrino lesse una relazione assai aggressiva, in cui si scagliava, fra l’altro, contro ”autori infarciti di cultura, o meglio di pseudo-cultura, ruminatori di modi musicali cosiddertti puri”. Quell’intervento, molto estremista anche all’interno di un’assise ufficiale fascista, suscitò più di una perplessità, tanto è vero che alla fine Porrino fu “squalificato” e gli fu comminata una sanzione per lui assai bruciante, la mancata esecuzione di una sua composizione nel concerto ufficiale del Congresso, sostituita da “musica straniera”. E lui? Beh, lui scrisse a un amico: “Ti confesso che non ci capisco più nulla, tanto più se penso che, per aver io invocato una vigilanza sindacale riequilibratrice a favore della musica di schietto carattere nazionale e di vasta risonanza popolare, mi sono state applicate sanzioni… Noi giovani crediamo di seguire le linee tracciate dal Duce e di difendere l’arte nostra e ci sentiamo invece rispondere che non son queste le direttive, che certi argomenti non vanno trattati, che ci vuol prudenza, ed altri fervorini del genere con punizione finale!”.
4. Ascoltare la musica di Porrino.
Io sono convinto che quella di Porrino sia, spesso, una musica mediocre, retorica e in definitiva brutta, che è stata ascoltata anche troppo, per il suo valore, e che potrebbe essere dimenticata senza una grave perdita per nessuno. Fermo restando che chi invece la considera bella, è liberissimo di ascoltarla. Ciò che non vorrei, però, è che venga riproposta come musica “moderna” o come musica “sarda”.
Porrino era un compositore che credeva che la musica fosse soprattutto melodia, ma purtroppo per lui non aveva il dono dell’invenzione melodica. Penso di poter dire che in tutta la sua produzione non ci sia una sola melodia “sua”, che possa essere considerata “bella”. Così, per le sue opere, era solito saccheggiare le melodie del patromonio musicale colto (in “Sardegna”, per esempio, la Nona di Beethoven e il “Bolero” di Ravel) e, soprattutto, popolare, patrimonio ancor più facilmente saccheggiabile, perché di “pubblico dominio”. Così, con una certa frequenza, una volta trovata una melodia, la riutilizzava, come fa nei “Shardana”, in cui ripropone alcuni passi del poema sinfonico “Sardegna”. Non voglio entrare nell’annosa polemica di Porrino sardo o non sardo, ma a proposito dell’uso della musica popolare della Sardegna, invito chi sia interessato a riflettere e a considerare il fatto che la riscoperta del patrimonio musicale popolare per il fascismo era una necessità, nel tentativo di far nascere un’arte “nazionale”. Illuminante, a questo proposito, uno dei concerti organizzati in occasione del già ricordato Congresso del 1937, il cui programma apprendo proprio da uno dei suoi libri, Giuanne Masala (“Ennio Porrino, Questioni musicali. 1932-1959”, Stoccanda 2010, p. 18).
In quel concerto furono eseguite una serie di composizioni corali, espressamente elaborate in omaggio alla Sardegna, dai più importanti compositori fascisti, su temi originali sardi. Le elenco e chiudo.
Adriano Lualdi, “Lamento della madre”; Raccardo Zandonai, “Canto di Barbagia” e “Muttos a sa donna amada”; Mario Castelnuovo-Tedesco, “Gòccius”; Renato Fasano, “S’attittidu a Gesusu”; Alfredo Casella, “Rapsodia basata su Gòccius” e “Ballo sardo”; Renzo Bossi, “Canzone logudorese”; Ildebrando Pizzetti, “Muttos nuoresi”; Ennio Porrino, “Processione di S. Efisio”, “Disispirata”, “Canzone a ballo”. Insomma, tutti sardi ad honorem!
Mi fa piacere che abbia appreso il programma del congresso del 1937 dai “miei” scritti che poi miei non sono ma di Porrino e la cui lettura raccomando a tutti affinché la gamma delle citazioni in futuro riguardi anche i suoi scritti musicali, non solo quelli politici.
1. Lei chiede: Chi è Felix Karlinger? Ecco una breve scheda: nato a Monaco di Baviera il 17 marzo 1920 e morto a Vienna il 27 giugno 2000 è stato uno dei maggiori studiosi della musica e della letteratura popolare sarda, nonché il maggior promotore all’estero della musica del compositore sardo Ennio Porrino. Per ben 20 anni ha tenuto un corso universitario, prima a Monaco poi a Salisburgo, dal titolo: “La musica popolare sarda e Ennio Porrino”. Nel 1935 per motivi politici fu espulso dal liceo, si rifugiò all’estero per ben tre anni… Non era quindi né fascista né nazista… Durante e dopo il secondo conflitto mondiale studiò etnologia, musicologia, scienze teatrali e filologia romanza nell’università di Monaco di Baviera, ateneo in cui si laureò nel 1946 e dove nel 1948 discusse la sua tesi di dottorato sulla canzone popolare dei Pirenei. Dopo numerose campagne di ricerca in Sardegna, ultimò nel 1954 la sua tesi di abilitazione alla docenza sulla canzone popolare sarda dal titolo “Das sardische Volkslied”, ancora inedita in italiano. Dal 1950 al 1959 insegnò musicologia all’università di Monaco di Baviera. Dal 1959 al 1966 fu docente di filologia romanza nello stesso ateneo e dal 1967 al 1980 professore ordinario di letteratura romanza all’università di Salisburgo. Parte dei suoi scritti sulla musica popolare sarda e un compact disc contenente alcune sue registrazioni sul campo sono stati tradotti e pubblicati di recente: F. Karlinger, “Sa mùsica sarda 1955 (Die sardische Musik – La musica sarda)”, Stoccarda 2011. Pochi anni fa è stato tradotto e pubblicato un suo scritto dal titolo: “Ennio Porrino – profilo biografico e considerazioni sulla sua arte”, in: “Omaggio a Ennio Porrino”, pagg. 23-53. Insomma non era un “trovatello”.
2. La musica di Porrino a Lei, a Attademo, a Doro ecc. non piace, ad altri invece sì, come a Vergara, a me ecc., ma non ritengo corretto consigliare o meno a un teatro di eseguire determinate musiche piuttosto che altre basandosi su pregiudiziali ideologiche che nulla hanno a che fare con la musica di questo o di quel compositore. La guerra mondiale è finita, la guerra fredda anche, il muro di Berlino è caduto ed è bene che sia rivalutata finalmente la figura non solo di Porrino ma anche di tanti altri compositori troppo a lungo occultati per questioni politiche e non musicali. Cito brevemente dal testo di Myriam Quaquero, autrice in tempi recenti dell’unica pubblicazione di un certo peso in cui sia stata affrontata la questione con toni pacati e scientifici allo stesso tempo: “Ricordare oggi la figura e l’opera di Ennio Porrino (1910-1959) impone un ripensamento della sua vicenda umana e artistica, per poter finalmente aprire un confronto che guardi senza pregiudizi al valore della sua attività compositiva” (M. Quaquero, Ennio Porrino, Sassari 2010).
Grazie!! Finalmente qualcuno che ha il coraggio di dire le cose come stanno!