Cagliari / Cultura

Carnevale a Cagliari, storia di un suicidio culturale (pensato dalla destra, eseguito dalla sinistra)

cancioffali

 Cancioffali, anno 2007

Mentre in tutta la Sardegna il Carnevale è una cosa seria, a Cagliari è diventato una cosa ridicola. La destra pianifica, la sinistra esegue. Risultato: morte di una tradizione. Cancioffali non brucia più, anche quest’anno il potere ha deciso che il suo simulacro non deve andare al rogo (qualcuno potrebbe farsi idee strane). Meglio due coriandoli per bambini in piazza del Carmine e una simil Sartiglia in Vespa proprio a Stampace, epicentro dei festeggiamenti che furono. Così ha voluto un’amministrazione marziana, senza senso dell’identità e della storia di questa città.

2013: “Il Carnevale a Cagliari: come muore una tradizione. Niente cambara e maccioni, Cancioffali non brucia più: perché?”;

2014: “Abbasso il popolo, w le apericene: come la Cagliari borghese ha ucciso il Carnevale (e infatti Cancioffali non brucia più).

Lo so, ogni anno scrivo lo stesso articolo: ma non mi interessa. Gli amministratori cagliaritani hanno deciso che l’anima popolare di questa città deve morire. Lo hanno deciso da vent’anni almeno, da quando la destra ha provato a privatizzare (e dunque distruggere) tutto ciò che era frutto di una tradizione: dal Carnevale (la cui organizzazione fu affidata perfino ad una società che si occupava soprattutto di organizzazione di concorsi di bellezza!) alla Settimana Santa a Sant’Efisio. Nel primo caso l’operazione è riuscita, nel secondo quasi, nel terzo no. Ma per le catastrofi c’è sempre tempo.

Ridotto ai minimi termini dalla destra, invece che essere rilanciato il carnevale tradizionale cagliaritano è stato affossato dalla sinistra, dalla sua sostanziale ignoranza travestita da conformismo culturale, dal suo snobismo, dalla mentalità provinciale.

I simboli e i riti sono importanti per una comunità: perché ne giustificano l’esistenza e ne garantiscono la continuità. Se vengono meno, quella comunità si disperde. E se Cagliari perde la sua anima popolare, diventa un corpo estraneo al resto dell’isola, un mero centro di potere alla mercé di tutto e tutti. Senza tradizioni, senza il rispetto della sua storia e della sua identità, Cagliari torna ad essere “Casteddu”, la rocca imprendibile da cui al tramonto i cagliaritani e tutti i sardi venivano espulsi.

Privandosi della tradizione del suo Carnevale, la città sceglie di suicidarsi culturalmente, di recidere un legame che la unisce al resto della comunità sarda, di perdere un importante patrimonio immateriale sul quale decine e decine di amministratori comunali negli anni hanno sparato gigantesche cazzate promettendo “rilanci”, “valorizzazioni” e allestendo invece improbabili operazioni senza senso apparente (ma state tranquilli che c’è chi ha fatto i soldi con quelle cazzate).

Un altro anno senza Cancioffali, dunque: perché così Cancioffali ha deciso. Il re dispotico cagliaritano per il quarto anno di seguito ha deciso che non si vuole farsi bruciare, che muoia la tradizione piuttosto: perché anche a Carnevale deve comandare lui. Ma al momento giusto ce ne ricorderemo.

 

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34 Comments

  1. Sandto says:

    Il carnevale a cagliari e morto 1 che nn anno stanziato il tanto giusto per costruire carri 2 nelle sfilate succedevano sempre risse una vergogna unica città della sardegna che a carnevale erano casini e la gente se ritirata insieme ai gruppi 1 e statta la GRUC di Castello poi a chiuso i battenti dopo tanti anni la G.I.O.C ,poi dopo 5 anni a chiuso il dopo lavoro ferroviario e vedremo il prossimo che si ritira perche oramai a cagliari e destinatto a nn fare più feste questo per colpa di gente che nn sa vivere se nn creano casini

  2. Pingback: Il carnevale 2016 in Sardegna | Agtsardinia

  3. Federico Porcedda says:

    Purtroppo non c’è stato chi a saputo raccogliere il testimone del mitico Sig. Piniccio, un grandissimo uomo che dedico’ la sua vita all’animazione stampacina di quegli anni. Oggi sono un cinquantenne e da ragazzino ricordo che insieme ai miei amici di vicinato, lasciavamo le nostre case di viale Sant’Ignazio per raggiungere ed unirci, pieni di emozione e vestiti con quello che passava il convento, alla rantantina per trascorrere un pomeriggio tra i più eccitanti e divertenti dell’anno. E con altrettanta nostalgia ricordo la GIOC, un meravigliosa associazione dedita a conservare la tradizione stampacina. Un ricordo per tutti: il bellissimo presepe sardo nella chiesa di Santa Restituta.
    Un vero peccato non essere riusciti a conservare e tramandare questa memoria storica di uno dei quartieri più antichi e caratteristici di Cagliari.

  4. frakis says:

    Beh, qui c’è tanta gente che racconta di aver preso parte alla rattantina. Se ci si chiede perchè il carnevale cagliaritano è finito “a cagadura” mi viene spontaneo fare la seguente domanda a ognuno di loro: perchè hai smesso di andare in giro a fare cambara e maccioni? Quando?

  5. Antonio says:

    Il Carnevale per me e’ una manifestazione di popolo. se ci sembra un “simbolo”, un ” rito” da valorizzare” se solo ci fossero i politici illuminati di una volta etc. etc. sapete cosa vuol dire questo? Che il Carnevale e’ molto e sepolto da un pezzo, assieme alle sagre paesane e alle gite fuoriporta a Pasquetta. Ma poi ragazzi vi sembra che esista ancora “Il popolo?

  6. mara@maldo.it says:

    Qualcuno ha qualche dato preciso sui costi delle ultime edizioni del carnevale cagliaritano? Senza quelli ha poco senso questa discussione. Le ultime edizioni erano davvero penose e, a quanto si dice, strapagate dall’amministrazione comunale.

  7. toghetto says:

    puzzi puzzi … meglio àlloui in piazza unionesarda

  8. Francu@ says:

    Oh vitto laghi ses gaggiu con cancioffali. Puzzi puzzi. Esti mellu allouin con cussas eguas bistiasa da strega sexy!

  9. Alberto says:

    Condivido in pieno il suo pensiero Biolchini. Alcuni pensano che le tradizioni popolari non abbiano dignità di “cultura” perché preferiscono i versi di un libro agli strepiti dell’umanità, mentre altri sono convinti che le tradizioni non generino quattrini.
    Beh, secondo me si sbagliano tutti: i primi non hanno capito che snobbando la tradizione perdono l’irripetibile occasione di salire sulla macchina del tempo e i secondi non vedono che soltanto le comunita con una forte coscienza della propria identità sono forti economicamente.

  10. Casu axedu says:

    E’ difficile resuscitare una cosa morta, soprattutto se non esiste più uno dei gruppi che organizzavano la festa. Queste manifestazioni, quasi dappertutto, si basano sul volantariato di persone che, per lunghi periodi, portano avanti un lavoro quasi quotidiano di cui le due sfilate sono solo la punta dell’icerberg. Mancando gli organizzatori storici (che magari non sono riuscite a seminare) il complesso di relazioni che erano riusciti a creare si sfalda. Se, poi, vengono a mancare anche i contributi economici la morte è quasi certa. Perchè per fare i carri i soldi bisogna comunque anticiparli e con la crisi attuale, soprattutto fra persone normali, è molto difficile spiegare a tua moglie che hai dovuto anticipare per carta e vinavil. Mi sembra ingeneroso addebitare alla sinistra cagliaritana ed al suo “conformismo culturale” la morte del carnevale: forse è morto quando si sono finanziati gli “efelanti” e le società di persone con cognomi che ricordano quello di una recente assessora. Facile chiedere la verifica della possibilità di riparare ma chi sono gli interlocutori? Ancora i privati che hanno portato il carnevale alla morte?

    • Casu axedu says:

      La mia era una risposta a Ghostwriter che ribatteva un altro mio post pubblicato più sotto. Questo per non sembrare più sconnesso di quello chr sono

  11. Parlo con cognizione di causa e per diretta esperienza. Da ragazzino suonavo la rattantina nel GRUC (ormai defunto!), ricordo la passione con la quale tutti noi andavamo “alla prove” per poi presentarci nelle tre importanti sfilate, quelle del martedi e giovedi grasso e quella della Domenica.. Ricordo la frizzante competizione con la storica GIOC e Gruppo Dopolavoro Ferroviario. E’ vero, i carri, gli allestimenti e tutto il contorno non erano il massimo dell’arte carnevalesca, ma qualcosa si intravvedeva, l’impegno c’era e i carri pure, e anche se culturalmente il carnevale cagliaritano fosse povero, c’era comunque tanta gente che decideva di partecipare e divertirsi o solo di guardare divertendosi. (bombolette spray a parte). Ricordo che il giorno dell’ultima sfilata tutti i gruppi che suonavano la rattantina si incontravano in piazza Yenne, si mangiavano le zeppole e tutti insieme, uno dietro l’altro salivamo al cammino nuovo per veder bruciare Re canciofali a suon di “cabar’e’ maccioni, pisciurre’ sparedda e mumungioni”. Certo e’ vero, forse dietro a tutta questa festa forse ci sara’ pure stato un arricchimento di qualche assessore affamato di voti, ma i giovani e i meno giovani, avevano la possibilita’ di distrarsi, incontarsi e divertirsi in maniera differente senza l’uso del computer, dei social media e dei giochi online che volente o nolente hanno culturalmente cambiato le abitudini delle attivita’ sociali, di divertimento e di corteggiamento. Hanno fatto chiudere di fatto gli oratori e i circoli ricreativi, In parole semplicei “altri tempi” ormai non piu’ ripetibili.

  12. Sono cagliaritana di adozione e ricordo con piacere quando portavo i bambini a vedere la sfilata, a cui poi hanno partecipato con i compagni di scuola. Non è il carnevale barbaricino, infatti Cagliari non è in Barbagia, ma aveva un suo valore e mi dispiace che non si faccia più nulla…

  13. Francesco Utzeri says:

    Io, che sono un cagliaritano sessantenne ( e passa ), per giunta nato in quel di Stampace alto ( Via Azuni ), non ho alcun dispiacere nel costatare che è stato buttato via il carnevale cagliaritano che, a mia memoria non è che avesse una grandissima tradizione ! Quattro sfigati vestiti da pseudo ballerina brasiliana, da panettera, parodie del nobil’uomo della Cagliari bene, un pupazzo di cartapesta raffazzonato all’ultimora pur di incassare il contributo dell’assessore di turno ( a caccia di voti ), non mi pare una grandissima perdita delle tradizioni culturali. Se poi ricordo il solito carro ( agghiacciante !) del dopolavoro ferroviario, riproposto per 10/15 anni di seguito ( o forse più ), magari realizzato per accedere a qualche contributo pubblico, mi viene l’orticaria. Precisiamo, non sono affatto contrario al carnevale e alle nostre bellissime tradizioni, ma una cosa è il carnevale barbaricino ( Mamuthones, Merdules e Boes, Thurpos e via discorrendo), altra cosa é il cosiddetto ” Carnevale tradizionale cagliaritano”.

    • E’ vero, il nostro è un carnevale povero e poco nobile. Ma noi siamo così.

      • Francesco Utzeri says:

        Egregio Biolchini, solo oggi ho letto la sua ” risposta” al mio (modesto ) commento e mi piace constatare la sua attenzione verso il lettori del suo blog, Nondimeno ribadisco, da cagliaritano, che la cancellazione delle sfilate carnevalesche ( o pseudo tali ) non sono state una gran perdita.

    • Walter Loi says:

      Quattro sfigati vestiti da pseudo ballerina brasiliana… amico caro, sarai pure nato in via Azuni ma o non ricordi oppure sei in malafede. Ho suonato per più di trent’anni nella Ratantina della Gioc e sino al 1991 (anno della morte di Pinuccio Schirra) il gruppo delle maschere a piedi che precedeva la Ratantina (divenne Ratantira a metà degli anni 80 sul filo dei ricordi di signor Pinuccio) era composto da non meno di 150 figuranti, per la maggio parte vecchi e nuovi stampacini, che riprendevano i costumi tradizionali citati da Francesco Alziator (tiaulusu, panetterasa, dirasa, gattusu e via di seguito). E’ probabile che l’usanza di andare in giro suonando strumenti di risulta (come pentole rotte, matracche o altro) sia molto più antica della ratantina ripresa dalla gioc nel 1946, ma ti assicuro che chi ha partecipato alla Ratantina e l’ha seguita “po si spassiai” potrebbe spiegarti il senso di liberazione, di incanto e di “ipnosi” che si provava andando in giro per i quartieri storici e facendo tremare i palazzi sia con la banda che con i canti estemporanei. E quando tutto finiva il martedì grasso, con il rogo di Cancioffali e la tristezza di dover aspettare un altro anno, tornavi a casa contento di aver partecipato e di esserti divertito in “cambarara”. Cambarara che guarda caso deriva di “cambara”… Sulle ragioni della morte del Carnevale cagliaritano dò pienamente ragione a Vito; mi permetto sommessamente di aggiungere che la politica, senza colori, ha tutto l’interesse a disincentivare la partecipazione delle persone, per i motivi più svariati. E spero prima o poi che Cancioffali risorga dalle sue ceneri, in nome de “su spassiu” semplice e straccione che abbiamo condiviso in tanti!

      • Walter sono d’accordo con te, posso dire che tante persone la pensano come noi, tra cui molte attività del centro storico, non sarebbe male organizzare un incontro tra, associazioni, persone che conoscono bene le usanze del carnevale cagliaritano, insieme ai centri commerciali naturali, potrebbero esserci tutte le condizioni per far risorgere Cancioffali.

      • enrico says:

        Salve, sicuramente molte persone darebbero una mano e sarebbe essenziale il contributo dei tanti che testimoniano di aver vissuto l’esperienza del carnevale cagliaritano dei tempi d’oro.
        Mettendo insieme cittadini associazioni etc, alle autorità non resterebbe che dare il permesso per occupazione suolo pubblico e manifestazione autorizzata. I contributi non sono essenziali, molte realtà culturali in città stanno fiorendo grazie alla volontà di chi le attiva. Perchè se popolare deve essere non può che essere così, partendo dal basso, non dal palazzo….che almeno con il rogo di Canciofali può simbolicamente bruciare…c’è un anno di tempo.

      • Francesco Utzeri says:

        Gentile Walter Loi,
        ma come non ricordo la Ratantira. E’ proprio per questo ricordo che mi sono permesso di commentare l’articolo di Biolchini. Forse ho espresso male il mio pensiero, che voleva semplicemente significare che non è una grande perdita quella di un carnevale che era decaduto in maniera naturale, con la scomparsa delle associazioni volontaristiche. A nulla vale insistere, con finanziamenti pubblici, nel cercare di salvaguardare un qualche cosa che non c’è più; o forse non c’è mai stato, se non nello spirito organizzativo dei ragazzi “Spassiosusu”.

  14. Purtroppo Cagliari (e lo dico da cagliaritano) è sempre stata affetta dal provincialismo mascherato da modernità: quello che era (culturalmente) vietato parlare il sardo a casa oppure (in altri ambiti) rimuovere i tram in nome de una pseudomodernità industrial-commerciale mentre invece in altre città con ben più solide altre radici industriali come Torino e Milano ben si guardavano dal rimuovere le tranvie urbane…

  15. Dispiace, sopratutto hai fatto bene a dire che nell’isola ovunque si festeggia e si mantengono le tradizioni, solo a cagliari non si fa, anzi!
    Lo snobismo è un danno per tutti, se ne accorgeranno alle prossime elezioni, sarà superficiale, ma il popolo non dimentica.

    • Alessio says:

      Gentile Sonia, vorrei tanto crederti! purtroppo la Storia, anche quella molto recente, dimostra che il popolo dimentica, eccome!

  16. toroseduto says:

    forse questi parvenu dello chic sarebbero disponibili ad allestire un carnevale simile a quello di venezia. cambara maccioni no no no…è lo specchio delle radici popolari in cui rifiutano di riconoscersi. e ci mancherebbe altro!

  17. Casu axedu says:

    Il carnevale cagliaritano è morto per il basso livello culturale dello stesso. La pseudosfilata era diventata solo un enorme problema di ordine pubblico con orde di “nenni” impegnate a riempire di schiuma chiunque. E se ti ribellavi erano cavoli acidi…

    • Ghostwriter says:

      Quindi è meglio rinunciare? Non si prova neanche a verificare se sia riparabile?

      Bella filosofia…

  18. Gianfranco Carboni says:

    Sinteticamente indiscutibile. E, bravo tanto anche in questo caso, anche se non ci appiccica nulla mai, diranno è contro Zedda. Ed a me, non so a te Vito, non me ne puo’ fregare di meno.

    • Gianfranco carissimo, non e’ questione di cultura, ma di tradizione, che sono due cose differenti distinte e distanti. Per chiarire con chi palesa la bassezza culturale del carnevale cagliaritano. Certo che culturalmente era povero, molto povero, ma ricco di tradizione, senza dimenticare che la carnevalata cagliaritana, con l’annessa rattantina, veniva iniziata nel subito dopo guerra, e non si suonavano i tamburi, ma le pentole usando i mestoli e i coperchi, il pretesto era divertirsi e fare un po di chiasso, da qui si capisce certamente che il carnevale cagliaritano non e’ nato per una questione culturale, ma tradizionale. Infatti lo si ripeteva ogni anno, non di certo per copiare il carnevale, che quello si che e’ culturale e artistico, di Venezia. Io sono uno di quelli, e tu lo sai, che ha partecipato attivamente al carnevale cagliaritano, suonavo la rattantina, e lo facevo non perche’ era un questione culturale, ma esserci era una tradizione, come diremo oggi un “Must”. Pretesto: chiasseggiare e divertirsi, suonando o ballando o solo osservando, nessuno pretendeva il carro di Viareggio.

  19. gaetano says:

    Ghettami’ ‘na cicca, ghettamindi un’antra…

  20. … per dovere di cronaca richiamerei l’episodio (del 2006/2007 se non sbaglio) relativo allo “sfratto ” della GIOC -fino ad allora memoria storica e sostanziale organizzatrice del Carnevale Cagliaritano- dalla sede di S.Restituta da parte dell’allora Arcivescovo.
    Con quell’atto (e l’assenza di una successiva azione “riparatrice”) è stato dissipato non solo il lungo e paziente lavoro e l’impegno di tanti stampacini (dal mitico Pinuccio Schirra in giù)ma,soprattutto, un pezzo insostituibile dell’eredità popolare cagliaritana e della sua anima autentica.

  21. ZeddaBuster says:

    E’ inutile. Continueranno a pensare di poter fare il cavolo che vogliono finché ci saranno orde di interessati leccaculo, plauditores e laudatores, mantenuti dalla politica e aspiranti a diventarlo per mancanza di mestiere o professionalità o semplicemente di voglia di lavorare, pronti comunque a stare dalla parte del “potente” di turno. Purtroppo la Sardegna si va sempre più impoverendo, la disoccupazione e lo smantellamento della struttura produttiva oggi estesa al terziario (tranne i troppi impiegati pubblici, salvati dalla crisi in quanto bacino elettorale PD, e non a rischio di licenziamenti di massa stile Samaras in Grecia) da poche alternative allo stare attaccati alle mammelle di mamma politica. Il pensiero che l’alternativa sia tra Zedda e Farris mette solo voglia di abbandonare questa città al più presto.

    • oh ZeddaBuster i troppi impiegati pubblici sono quasi tutti forestieri e non risiedono a cagliari basta vedere il traffico che c’è ogni mattina a cagliari ti faccio un esempio negli ospedali cagliaritani sono quasi tutti dell’iglesiente al comune e alla regione idem e quindi politicamente a cagliari non contano niente

  22. muttly says:

    Bisognerebbe cercare qualche archistar che disegni un sambodromo brasiliano, forse così lo accetterebbero….

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