“L’inquinamento avviene attraverso i poligoni di tiro… Bisogna insistere per le dismissioni”. Se anche una signora come Giulia Maria Crespi, presidente nazionale del Fai, si schiera dalle colonne dell’Unione Sarda contro le servitù militari nell’isola, allora è venuto il momento di prendere atto che certe battaglie ormai sono di tutti e nessuno ha il diritto di monopolizzarle.
Certo, c’è chi le combatte da più tempo e bisogna riconoscere che sulle servitù la sinistra e il fronte indipendentista hanno avuto lo sguardo più lungo di altre forze politiche e sociali. Ma ora il clima è cambiato, al punto che la battaglia per lo smantellamento dei poligoni sardi non è più di una singola forza politica o culturale ma sta diventando patrimonio di tutta l’opinione pubblica isolana. Ogni pregiudiziale ideologica è caduta. Finalmente la lotta contro le servitù militari non è solo degli indipendentisti o della sinistra.
Ciò detto, la battaglia contro i poligoni unirà i sardi o sarà fonte di ulteriori divisioni? Dipende molto da chi si assume l’onore e l’onere di condurla.
Sabato a Cagliari ci sarà una manifestazione che seguirà quella tenutasi a Capo Frasca lo scorso 13 settembre. Il dato numerico sarà importante per decretarne il successo: se davanti ai cancelli del poligono si diedero appuntamento almeno cinquemila persone, nel capoluogo bisognerà essere almeno il doppio.
Poi c’è l’aspetto politico. Se la lotta per la dismissione dei poligoni è veramente di tutti i sardi, bisognerebbe allora evitare di connotare a senso unico l’iniziativa. Riusciranno gli indipendentisti a dare spazio e voce anche a chi indipendentista non è, e a costituire un fronte largo capace di raccogliere tutte le istanze possibili? Riusciranno ad essere inclusivi anziché divisivi, posto che nessuno mette in dubbio l’importanza dell’azione politica che stanno conducendo?
È esattamente ciò che mi chiedevo al termine della manifestazione di settembre (nel post “A Capo Frasca una grande festa di popolo. Ora però chi guida il movimento?”) ed ora rinnovo la riflessione. Sabato avranno lo spazio che si meritano anche gli amministratori che si battono contro i poligoni, i parenti dei militari morti, i comitati che lottano nei territori, i gruppi impegnati per un nuovo modello di sviluppo, oppure assisteremo unicamente ad una interminabile passerella di dirigenti indipendentisti? Sarà una manifestazione di tutti o solo di pochi?
Gridare istericamente “A fora! A fora!” non basta più. E ripetere anche a Cagliari gli slogan di Capo Frasca sarebbe una sconfitta.
l’uno dicembre il Presidente della Regione Pigliaru ha firmato questo decreto http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_22_20141201134848.pdf ora mi chiedo la scelta dei componenti è avvenuta attraverso un bando di evidenza pubblica? quali sono le competenze e il curriculum delle persone scelte ? il curriculum è pubblico ? la scelta è avvenuta esclusivamente per appartenenza politica ? nel caso quelli 80.000 sardi che hanno espresso con il voto una volontà ma non hanno ” nessun ” rappresentante in regione chi li rappresenta nel comitato Paritetico ?
gratziasa paolo.. ma deu no sciu arrespundi a is preguntas chi ses ponendi…
Se sabato prossimo dovessimo assistere alla replica di Capo Frasca (dove prevalsero la pancia e la festa) svanirebbe l’utilità de custa Cramàda. Il nome stesso dovrebbe suggerire: dopo una doverosa introduzione, si dia la parola alle persone accorse; che esse possano parlare liberamente, pure a nome di chi non potrà esserci a testimoniare la sua indignazione, il suo dolore, la sua proposta.
Quando noi Sardi ammiriamo grandi assembramenti in giro per il mondo viene spontaneo pensare: ”Anche noi!”. Poi organizziamo iniziative nelle quali è onnipresente la voglia di di-ri-ge-re ogni dettaglio, a tutti i costi. Si recita la propria parte; prevale la paura; risalta la passione ma non la spontaneità.
E veniamo al capitolo de is ”traitòris” (che in ambito indipendentista sarebbero grosso modo coloro i quali fanno il gioco dei partiti italiani). Facendo autocritica, noi indipendentisti tendiamo a comportarci come se vivessimo sotto la più spietata delle dittature. Ora, al netto della devastazione del nostro Paesaggio, del nostro Patrimonio storico-culturale, di una legge elettorale antidemocratica e della verosimile persecuzione politica subìta da alcuni dirigenti, possiamo dire che così non sia. Per ora, non viviamo sotto una dittatura sanguinaria. Eppure se guardassimo con attenzione alla classe politica di altri Paesi – che sotto un regime spaventoso vi hanno vissuto eccome -, potremmo apprezzarne la capacità di avere perdonato il nemico. Quest’ultimo, nonostante si fosse macchiato di crimini efferati, è divenuto un partner col quale collaborare. Insomma, parrebbe più una questione di umanità, che di posizionamento.
E noi Sardi invece? Andiamo… che qualcuno venga a fare la passerella in pubblico non qualifica il personaggio di per sé? Ecco, probabilmente in Sardigna occorrerebbe avviare un processo di pacificazione. Di dialogo continuo, di rispetto reciproco e magari di senso della misura. Perché per fare la Pace (e quante bandiere a Capo Frasca) non occorre che ti piovano addosso le bombe.
…EST UNA OCASIONE A SA CALE NON SI PODET MANCARE…
AJOOOO’ A SA LESTRA SARDOS,…A NOS FAGHER ISCURTARE…
Intanto domani interrogheremo il sindaco rispetto a Cagliari porto nucleare: http://www.enricolobina.org/wp/2014/11/20/cagliari-porto-nucleare-il-comune-cosa-fa-uninterrogazione/. Tutto il centrosinistra, compreso il Sindaco, nel 2006 prese un impegno chiaro di fronte alla cittadinanza. Attendiamo la risposta