29 settembre 2014: chissà se un giorno i libri di storia ricorderanno questa data come quella in cui in Italia la sinistra smise di esistere. Non “morì”, giacché le idee non muoiono mai, ma proprio cessò di essere rappresentata all’interno di una organizzazione politica di massa (per quanto questo voglia ancora dire qualcosa).
La direzione nazionale del Pd, per gli argomenti ascoltati e per il voto finale, ha segnato l’ennesimo strappo, forse l’ultimo, tra una lunga esperienza politica variamente interpretata come “di sinistra” e il partito oggi egemone in Italia.
I ragionamenti di Renzi sul mondo del lavoro (con le conseguenti ricadute sul tema delle tutele) non appartengono evidentemente al pensiero della sinistra. Eppure il segretario del Pd continua ad autoproclamarsi portatore di valori e ideali che affondano le loro radici nell’uguaglianza sociale. Non è la prima volta che le utopie della sinistra vengono capovolte: Renzi è solo l’ultimo epigone di una lunga serie.
Maria Teresa Putzolu su Sardegna Soprattutto ha fatto ben notare che ormai “tra chi riceve la lettera di licenziamento e chi la manda non c’è più nessuna differenza”. Un gioco di specchi che genera fraintendimenti e dal quale ci salva l’analisi di Norberto Bobbio. Nel suo “Destra e sinistra” del 1994, spiegò come non riconoscere la disuguaglianza significasse, di fatto, esaltarla.
Per esempio: Renato Soru è stato (mi sembra di aver capito) l’unico sardo ad essere intervenuto ai lavori della direzione, e non ha gradito il passaggio di Massimo D’Alema riferito ai “padroni”: “Non ci sono padroni” ha detto: lui. Se il futuro segretario regionale del Pd si trovasse a ripetere nel corso di un esame universitario quanto detto l’altro giorno a Roma tra i rapporti tra Costituzione lavoro e impresa, probabilmente il suo libretto volerebbe dalla finestra.
La sinistra in Italia non esiste più. Altri ne ricostruiranno gli ultimi anni di vita, individuando mandanti e complici di questa sparizione: a noi resta solo il compito di certificarne la scomparsa dalla scena politica. Essere di sinistra ormai è come essere repubblicani, liberali, monarchici: si è portatori di valori e istanze che non trovano alcun partito in grado di rappresentarle da una posizione di forza.
Ed ora che si fa? (to be continued)
S’ischerra no est in crisi pro culpa de Rentzi. Medas dirigentes politicos su mangianu andaiant a sas manifestatziones de su sindigadu e su sero aiant faghiant addòbios cun banchieris pro cuncordare sa bèndida de sa banca natzionale a sas bancas privadas. Pro non faeddare de su mudimine in pitzu de sa diretiva comunitària Bolkestein chi permitet a batire obreros dae sos paesos comunitàrios arribados reghente pagados cun sa lege chi lu permit cun salàrios de gana boghende-nche sos obreros italianos e sardos. Pro non non narrere ca duos Presidentes de su Cosìngiu de tzentru ischerra perteniant a su tzìrculu faghet riferimentu a sas tres famìllias de banchieris prus poderosas de su mundu. Sa lughe de s’ischerra si nch’est tudada est ca nch’est tudada dae meda e non tzertu como dae Rentzi chi fundamentalmente e in antis de totu est unu renovadore.
asa rejone a narrere chi sa lughe, a manca, sind’este istudada dae meda, e propriu pro custu renzi non este unu rennovadore: isse este su fizzu ‘e primu lettu de sos mattessis dirigentes chi tue asa fentomadu. ma renzi cheret, a cara manna, imparare su babbu a fagher fizzos e pro ‘inchere chenza fadiga ada umiliadu sas ideas, immentighendesi chi sas ideas viven pius de sos omines
Tue dae comente faeddas pares chi difendas cussos chi a de die s’imboligaiant sa bandela ruja in palas e su sero frecuentaiant sas festas de sa gente de prudone cun sos banchieris, ca sa conca, e l’ant dimostradu fintzas reghentemente, nche la giughent a brodu e non sunt prus in grau de faghere istrategias politicas. Chi nos agradet o nono si sa gente at votadu Rentzi est ca nche fiat grisada de custos caras dobres. Rentzi su chi est s’at bidere in su venidore, pro su momentu cheret renovare. A dolu mannu sas ideas de ischerra las at umiliadas in antis de totu chie nch’at bogadu su partidu dae su Partidu Sotzialista Europeu in numente de s’oportunidade politica. Rentzi nche l’at torradu su partidu cun sos sotzialistas europeos. Saludos Corales e sena gana de faghere polemicas o de ponnere mighigiu.
Se è vero che la tensione verso l’uguaglianza, la solidarietà e la giustizia sociale sono i valori fondanti della sinistra, si capisce perché molti di noi fatichino a riconoscersi in questo PD ed è anche vero che la direzione nazionale de 29 settembre ha per molti versi formalizzato e svelato la mutazione genetica del più grande partito della sinistra italiana. Questo è accaduto con riferimento ai valori, ai temi e soprattutto alla grande platea di popolo sovrano che tradizionalmente aveva affidato alla sinistra la rappresentanza politica delle proprie istanze sociali ed economiche.
Il discorso è complesso ed esigerebbe molti livelli di analisi, anche perché la mutazione genetica viene da lontano e ha numerose cause, ma se quella direzione nazionale ne ha, appunto, formalizzato l’esistenza è perché discuteva del tema lavoro (tema che era al centro dell’agire politico della sinistra), perché il lavoro richiama i lavoratori ( tradizionale bacino elettorale della sinistra) e perché il dibattito si è attestato sulla negazione della diseguaglianza fra lavoratore e padrone (fondamento e presupposto del sistema di diritti e tutele del lavoro).
Quindi, quella dizione nazionale ha espresso la rinuncia ad una politica tesa all’uguaglianza, alla solidarietà e alla giustizia sociale (i valori della sinistra).
Tra l’altro, il dibattito è stato condizionato da un artificio retorico, che ha spostato il tema dalla diseguaglianza fra lavoratore e padrone verso la diseguaglianza fra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Ed ecco intaccato, o revocato in dubbio, anche il valore della solidarietà.
Mi ha molto colpito, al riguardo, la metafora usata da soru, la comunità di destino tra lavoratore e impresa: guai ad usare il l termine “padrone”. Troppo ideologico!
E invece, credo fermamente che una lettura di dati macroscopicamente evidenti dimostri esattamente il contrario di quanto votato e condiviso dalla bulgara maggioranza della direzione nazionale del PD.
Un ventennio di incessante riduzione dei diritti e delle tutele del lavoro, motivato dalla necessità di favorire la competitività delle imprese e l’occupazione, si è scontrato miseramente con risultati molto diversi da quelli auspicati, e non soltanto a causa della crisi economica e finanziaria. Nel nostro paese si sono aggravate le diseguaglianze, è aumentata la povertà, si è progressivamente affievolita la coesione sociale.
E la ricchezza è concentrata nelle mani di pochissimi.
Ecco, credo che questi dati dovrebbero, non dico preoccupare, ma almeno consigliare qualche prudenza a chi vuole collocarsi nel solco dei valori della sinistra e vuole farlo utilizzando ancora lo schema della precarietà, cioè eliminando quel poco che ancora resta dei diritti del lavoro.
Detto questo, ricordando a renzi e ai suoi fans che il futuro ha radici antiche, credo che esista la possibilità di fare politiche di sinistra a tutti i livelli di governo (stato, regioni, comuni).Si possono applicare i valori dell’uguaglianza, della solidarietà e della giustizia sociale anche in contesti, settori e circostanze che sembrerebbero neutre ma non lo sono. E per farlo basta posare uno sguardo ideale sulle situazioni togliendosi il paraocchi delle soluzioni preconfezionate da un liberismo che per troppo tempo ha affascinato tutti.
Ma ha lasciato col culo per terra soltanto i poveri
Se si identifica la sinistra italiana esclusivamente con P.C.I. e CGIL effettivamente la sinistra ha smesso di esistere. La sinistra italiana tuttavia ha annoverato al proprio interno anche figure quali Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli, Piero Gobetti, Camillo Bellieni e altri che da sinistra, sia pure in posizione minoritaria, hanno teorizzato una sinistra aperta al mercato, alla concorrente e all’iniziativa privata.
Aperta al mercato, alla concorrenza e all’iniziativa privata, certo; ma anche fondata su una radicale opposizione alla diseguaglianza, e all’illibertà.
Ed infatti alla lista, nella quale mi riconosco pienamente, mi permetterei di aggiungere Emilio Lussu 🙂
(Nel merito: della sparizione di una sinistra bodrancia, di una sinistra truffatrice di voti come quella dei predoni PD, dei compagni di merende SEL e dei rivoluzionari della poltrona di… ho perso l’ultima trasformazione onomastica dell’ex Rifo Pdci e soci, si può solo essere contenti, è un penoso equivoco che finisce. Resta il problema di dare SPERANZE al pezzo di Italia e di Sardegna a cui la vecchia sinistra le dava, e che alimentano oggi un’astensione che non è morte civile, è solo un immenso serbatoio di voti non espressi cui nessuno è capace di attingere. Tranne l’indipendentismo e M5S, e nemmeno loro tanto bene. Fino a che un soggetto politico serio non staccherà dalla cosca del centrosinistra anche gli ultimi affezionati supporter, lasciandole solo il consenso che merita di avere: quello della banda di predoni, di chi partecipa alla spartizione del bottino e di chi ne raccoglie le briciole).
Politicamente farò come Socrate
Sto bevendo la mia cicuta e poi morirò con dignità
La sinistra (certa sinistra) ha finito di esistere: evviva, fiara ora.
e che cosa vuoi fare?
l’importante è che non mi chiedi soldi, tanto non ne ho!
personalmente credo che ci sia sempre stata una grande confusione e che nella confusione, e per ragioni di opportunità personale, i più scaltri siano riusciti col tempo a contaminare e corrompere il pensiero degli uomini e delle donne che si dicevano “compagni” fino ad arrivare ad oggi.
Ma mi permetto di chiedere…oltre alla data che tu indichi come cessazione dell’esistenza della sinistra in Italia, ce n’è una dove l’Italia ha fatto veramente i conti con il suo fascismo? boh?