Costantino Nivola a Orani nel 1958
“Ma tu come fai ad andare avanti?”. Col mio amico ci conosciamo da così tanto tempo che gli consento di prendersi queste confidenze. Anche perché poi lavoriamo nello stesso settore, quello della cultura: per cui è inutile bluffare. Se essere disperati significa soprattutto essere senza speranza ecco, noi forse ormai lo siamo. Ci confidiamo qualche tecnica di sopravvivenza e ci scambiamo qualche promessa reciproca di darci una mano se alcuni progetti a cui stiamo lavorando andranno avanti. Tutti i libri che abbiamo scritto e letto, tutti gli spettacoli che abbiamo visto e scritto non servono a niente adesso. Ironizziamo ricordandoci come, trent’anni fa ci sembrava strano che nei paesi dell’est i professori d’orchestra facessero la fame: adesso anche noi abbiamo case piene di libri e conti in banca miserevoli.
In radio incrocio un altro operatore culturale che si occupa di musica: “E’ un disastro”, mi dice. “Dobbiamo aggiungere altro?”. “No”, gli dico: “E’ finita”.
Mi chiama un amico, uno che si occupa di libri: “Mi sto organizzando in continente”, mi dice. È bravo, ce la farà.
Torno a casa. Nella casella di posta trovo l’appello di un attore:
Carissimi, prima che leggiate queste righe, vi prego di comprendere quale immane sforzo psicologico abbia dovuto sopportare, ma non posso oramai nemmeno occuparmi di una dignità. Una spiegazione pubblica per quel che andrò a fare oggi, e di quanto leggerete qui di sotto, è necessaria solo in virtù del mio ruolo di uomo di spettacolo.
Da oggi, 22 settembre 2014, apro la mia nuova bottega sotto i portici di Via Roma.
Si torna dunque a far teatro in strada. Cercherò di offrire ancora il mio lavoro e “piazzare” qualche cd audio degli spettacoli da me prodotti. Chiederò anche un contributo/offerta e quel che si possa meritare nelle possibilità degli amici e dei passanti, basterà anche la sola visita, eccome!
Nessun grido di protesta oltre le righe, niente comunicati stampa contro alcuno di preciso, né rabbia, né altre storie già viste, non servono e alimentano solo fraintendimenti e strumentalizzazioni.
Non è facile trovare un colpevole o una causa definita.
Credo sia un sistema intero che stia implodendo in modo vertiginoso e la cultura, il teatro e le altre arti della scena che “non consistono” sono i primi a doverne subire la disfatta.
La situazione paradossale è che vivo professionalmente in un momento particolarmente felice, ma finanziariamente difficile, forse troppo impegnativo e ingarbugliato, tanto da non possedere più alcuna soluzione per poter andare avanti.
Da qualche anno è come se si fossero tagliate ogni risorsa finanziaria al mio favore o valore (?) e non so per quale motivo, davvero. Credo siano solo fatali coincidenze, capitano anche queste. Eppure non chiedo tanto, chi mi conosce bene sa anche che non è nel mio stile: una normale prestazione di lavoro.
Bene, oggi mi ritrovo a cinquantasei anni, (trentasei dedicati al teatro) con niente, letteralmente, nemmeno un centesimo di risparmio. Una famiglia di due bambini e moglie, a carico, disoccupato, casa in affitto e senza un lavoro; dico qualsiasi lavoro attinente al mio campo, perché possa farmi pensare ad una minima sopravvivenza.
Non posso neppure cambiare mestiere per sopraggiunti “improvvisi” limiti di età.
Serve altro?
Mi rimane la strada. Il mio vecchio palcoscenico, la mia scuola.
Ora ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità, me per primo, sempre che valga al merito dei fatti e delle cose il mio essere qui, dopo trentasei anni di teatro e di meraviglia. Così è, se ci pare. Vi aspetto, portate il caffè… 😉
Grazie per quanto potrete fare.
Un caro saluto, Gaetano Marino.
Torno a casa, ormai è sera. Arriva un sms da un amico regista che mi informa:
Non si placa la rabbia degli operatori dello spettacolo dal vivo. Un ennesimo grido di allarme è stato lanciato dagli operatori dell’Agis, l’associazione che rappresenta le più importanti associazioni di spettacolo dal vivo in Sardegna. Ad oltre un mese di distanza dalla delibera della Giunta regionale del 7 agosto 2014, che sanciva quantomeno l’assegnazione dei fondi attualmente in bilancio per il finanziamento delle attività di spettacolo, l’assessorato della Pubblica istruzione della Regione non ha provveduto ad inviare le relative comunicazioni formali e, tantomeno, ad erogare le anticipazioni di legge.
Oltre al danno del taglio di oltre il 40 per cento dei fondi per lo spettacolo si aggiunge la beffa della mancata erogazione delle poche risorse disponibili. Nostro malgrado, e con grande disappunto, siamo costretti a denunciare a questo proposito la leggerezza con la quale, all’indomani della delibera del 7 agosto, venne annunciato da parte di autorevoli esponenti del governo regionale “un importante investimento nella cultura”, con l’effetto ovvio di portare gli organismo di spettacolo, già stremati e indebitati fino al collo, a non interrompere le attività, e poi ci si ostina a non considerare “prioritari” i pagamenti dovuto a favore degli organismi del settore.
Ribadiamo per l’ennesima volta che il comparto professionale dello spettacolo è al collasso, e che può essere tenuto in vita solo da un intervento d’urgenza da parte dell’assessorato alla Programmazione e Bilancio che consenta entro pochissimi giorni l’erogazione dei fondi dovuti, saldi 2013 e anticipazioni 2014, congiuntamente allo stanziamento di adeguate risorse integrative nel riassestamento del bilancio regionale 2014.
Tutte queste cose mi sono successe oggi. Ecco come vive la stragrande maggioranza degli artisti e degli operatori culturali oggi in Sardegna.
Ieri Régis Debray mi ha insegnato perché quelli come Pigliaru e Paci in fondo non capiscono nulla di cultura: la colpa è di Kant, non loro. Ma non mi metterò certo adesso a spiegarglielo. Piuttosto, com’è possibile che nelle università di Londra e a Cambridge dove i nostri hanno studiato, nessuno ha spiegato loro che che per colpa dei nostri amministratori folgorati sulla via di Königsberg, da anni le banche si mangiano una parte consistente del finanziamento regionale alla cultura e allo spettacolo? Eppure non è difficile da capire.
Lo scultore Costantino Nivola a metà degli anni ’80 disse:
“Mettiamoci il cuore in pace. La Sardegna nella fase che sta attraversando non ha bisogno d’arte, almeno non della nostra arte: troppi appetiti da soddisfare, appetiti da terzo mondo, naturalmente, che richiedono priorità”.
E non c’è altro da aggiungere.
‘Si seis lassaus cullionai dai custus. Ma ci avete messo anche del vostro per cui piantatela con queste lamentele e ammettete il disastro che anche anche voi avete in qualche modo prodotto. E, soprattutto, imparate a leggere i curriculum, anche accademici. E’ urgente.
Alessandro, io non ho prodotto nessun disastro. A parlare col senno del poi sono bravi tutti e infatti continuo a ritenere che a febbraio l’unica opzione possibile fosse quella di Pigliaru. Detto questo, Pigliaru sta disattendendo le promesse fatte in tema di cultura. E’ necessario che la pressione dell’opinione pubblica su questo tema sia costante.
Hai già spiegato piú volte perché è importante e vitale il sostegno pubblico alle attività culturali. Vorrei aggiungere a chi, come Punto Interrogativo, attacca a yesta bassa con la solita solfa grillina che non c’è settore economico in Italia che non abbia ricevuto o che non riceva attualmente il sostegno dello Stato. Perché allora prendersela con giornali, operatori dello spettacolo e della cultura in generale?
Ma quale profezia di Nivola …. si è avverata quella di Goebbels. Appena questi sentono la parola cultura la mano corre alla fondina
In un’intervista a Repubblica pubblicata ieri Ettore Scola rilevava sconsolato che la salvezza economico-sociale dell’Italia, della sua cultura e del suo cinema sono un tutt’uno inscindibile.
Ciò significa che per rimettere in moto l’economia di questo paese ne va supportata la creatività in tutte le sue forme e a partire dalla scuola e dalla formazione passando per tutte le istituzioni e le realtà che producono cultura.
Tutto ciò con un investimento straordinario di risorse finanziarie, tecniche e umane che dia traino alla voglia di riscattarci da questi ultimi decenni di inesorabile declino.
Il boom economico italiano degli anni ’60 non è stato il prodotto di un piano economico studiato a tavolino dai tecnocrati, ma dall’atmosfera di luminosa creatività che si respirava nell’aria anche grazie all’opera di maestri del cinema come De Sica/Fellini/Antonioni/Rossellini/Visconti ecc.in un periodo della nostra storia recente in cui la cultura era considerata il mezzo per eccellenza di progressione ed elevazione sociale.
Oggi se guardo Renzi vedo un giovane grintoso e pieno di energia, ma che si agita senza una rotta ben definita e il prof. Pigliaru severo e rigoroso nell’azione amministrativa ma entrambi disperatamente concentrati solo alla quadratura di cifre di bilancio che a queste condizioni non torneranno mai; perchè la scuola e la cultura sono considerate non “il problema italiano” , ma una posta di bilancio,e la creatività e l’immaginazionee come “cose quasi superflue”, realtà marginali che non hanno a che fare con la crescita dell’economia e la società, ma riguardano pochi addetti ai lavori, da qualcuno considerati come dei privilegiati.
Dopo una terapia d’urto ci vorranno molti anni prima di avere dei cambiamenti, ma urge invertire rapidamente la rotta.
Avrei preferito un approfondimento sull’estetica kantiana.
I professori non ne hanno bisogno, sanno già tutto.
Mah, credo che in questa fase post guerra, tutti i settori sono alla fame, dall’edilizia ai trasporti, alla pastorizia e aggiungo anche l’IT. Non so se la cultura stia peggio o meglio degli altri settori
Eppure rinunciare all’arte vuol dire rinunciare al cuore. E se di qualcosa dobbiamo morire, perché proprio di inverno e silenzio?
Solidarietà
É una situazione pesante e umiliante e il contesto non aiuta. Basta leggere quello che oggi riportano i quotidiani sull’opera di Roma. La cultura é vittima di piú carnefici. A volte sono omicidi tutti interni alla famiglia
Quello che sta succedendo a Roma non ha nessuna attinenza con ciò che sta succedendo in Sardegna, nessuna. Da noi responsabilità sono tutte della politica, tutte.
Non ho capito. Volete, per caso, uno stipendio pagato con le tasse di tutti?
E gli operai licenziati, cosa dovrebbero dire? E gli agricoltori, gli albergatori, i commercianti, i cittadini?
Effettivamente non hai capito.
Il problema è solo tuo! E questo spiega anche perché sei un disoccupato!
Se tutti i giornalisti disoccupati avessero un contratto di collaborazione con la Rai come ce l’ho io, la disoccupazione in Italia non esisterebbe!
Caro punto interrogativo ti rispondo di si . Sia Vito Biolchini che il sottoscritto vogliamo uno stipendio o almeno un ammortizzatore sociale pagato con i soldi di tutti. Perchè noi che abbiamo una partita IVA versiamo i contributi anche per sostenere i caschi e gli operai che oramai sembrano gli unici ” Lavoratori” rimasti in Italia, abbiamo diritto ad un paracadute come tutti gli esseri umani. Invece noi paghiamo per costruire il paracadute a categorie prottette e poi realizziamo che la stoffa per costruire il nostro paracadute non c’è più. Nel frattempo precipitiamo al suolo !! Oppure credete che chi lavora nel mondo della comunicazione e dello spettacolo sia un fortunato pieno di soldi !!! Guadagna di più un cassintegrato dell’ IGEA , che almeno evita il commercialista e lo studio di settore. Ma bisogna avere una sensibilità speciale per capire certe cose!! E non tutti la hanno!!!
Non è che Nivola, parlando di appetito, volesse intendere fame?
Non so quanto tempo ci vorrà per prendere atto, con tutta onestà, che in Sardegna i disastri più grandi nel settore culturale li ha sempre fatti la sinistra. È così. Chi ha a cuore l’enorme patrimonio culturale che abbiamo (avevamo), non può più votare questi della sinistra. Basta. BASTA!!!
Molto si potrebbe fare a costo zero, anzi guadagnando, ma…..
io non darei la colpa ai politicanti.. ma alla vera classe dirigente.. gl elettori.. che son anche cittadini e soprattutto cattivi pagatori e pessimi clienti.