La Carta europea elle lingue regionali o minoritarie
Sulla lingua sarda il confronto si sta facendo sempre più aspro. Io un’idea me la sono fatta: l’assoluta, colpevolissima assenza della Regione in questo momento così importante del dibattito eccita gli animi e fa credere che la vittoria arriverà solo con la sconfitta definitiva degli avversari: sbagliato. Bisogna continuare a parlarsi e a confrontarsi, magari cercando di abbassare i toni ed entrando nel merito delle questioni. Ha ragione Alessandro Mongili, che sabato sull’Unione Sarda (nell’articolo “Lo standard è il futuro. Senza diktat”) ha dichiarato che “ci vorrebbe più responsabilità da parte di tutti. Capacità di mettere da parte le animosità personali e di riconoscere che la cosa più importante è evitare la sparizione del sardo. A costo di cedere su qualche punto”.
Se si tratta di scatenare una rissa, da buon iglesiente il linguista e fonologo Roberto Bolognesi non si è mai tirato indietro, e il suo blog (bolognesu.wordpress.com) sta lì a ricordarcelo. Oggi però propone ai lettori di questo blog un articolo molto costruttivo: sono gli emendamenti che lui propone alla Limba Sarda Comuna. Di questi si discuta, con argomenti sensati e toni costruttivi. E’ chiaro che ogni parola fuori luogo qui non troverà spazio.
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Emendamenti alla LSC
La lingua sarda si trova intrappolata in un circolo vizioso.
Il sardo, per ovvi motivi, non ha una tradizione come lingua standard – quel ruolo, come strumento della comunicazione sovralocale e ufficiale è stato assunto dall’italiano (regionale) – e proprio questo motivo ha comportato l’identificazione della lingua con il proprio dialetto locale.
Affrontare il problema della standardizzazione del sardo significa allora affrontare il problema del rapporto dei Sardi con la loro lingua. Come ho scritto nel mio libro Le identità linguistiche dei Sardi, il sardo è diventato la lingua dei rapporti amicali, all’interno del “gruppo dei pari”, lingua dell’informalità e della solidarietà. Nella situazione di diglossia in cui il sardo si è trovato per secoli, è stata proprio questa funzione a permettergli di sopravvivere, anche adesso che i genitori hanno praticamente smesso di usare il sardo con i loro figli. I ragazzi sardi, ormai, apprendono la lingua nel gruppo dei coetanei.
Privare il sardo di questa funzione affettiva e altamente emotiva significa condannarlo a essere rifiutato. Il rifiuto fortemente emotivo della LSC nel meridione dell’isola proviene proprio dal legame affettivo che i Sardi hanno con il proprio dialetto locale.
Rinunciare allo standard allora?
Neanche per sogno, se la standardizzazione viene limitata alla scrittura e se la normalizzazione dello scritto viene accompagnata da chiare regole di pronuncia, che permettano di passare dallo scritto al proprio dialetto locale.
Il fallimento dell’introduzione strisciante della LSC come standard deriva proprio dal fatto che la LSC – in origine concepita per essere una vera e propria “lingua”, con tanto di pronuncia standard – nel momento in cui si è cominciato a dichiarare che si trattava soltanto di un’ortografia, non è stata accompagnata dalle necessarie regole di pronuncia.
Ma c’è da aggiungere anche che, dato che la LSC non è stata concepita per permettere diverse pronunce, occorre anche introdurre alcuni emendamenti per rendere chiaro ed esplicito il passaggio dallo scritto alla pronuncia.
Inutile, forse, ricordare che, senza il consenso della maggioranza dei Sardi, qualsiasi tentativo di standardizzazione si rivela velleitario: i fallimenti della LSU e della LSC nella sua concezione iniziale sono lì a dimostrarcelo.
La LSC va allora emendata e accompagnata da chiare regole di pronuncia che valgano per ampi gruppi di dialetti locali.
Del resto, ormai è evidente a tutti che una standardizzazione della pronuncia non solo sarebbe controproducente, ma addirittura dannosa.
Tutto quello che occorre per fare accettare l’unificazione ortografica del sardo è mettere in chiaro che le convenzioni ortografiche dell’italiano (scrittura pseudo fonetica) non possono essere applicate comunque al sardo.
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Alfabeto
grafema | trascr. IPA | annotazioni e esempi |
a | [a] | Come in italiano e spagnolo |
b bb
b |
[b] | In posizione iniziale: es. bentu, boe, binu |
[B] | In posizione intervocalica: es. saba, nabu, abe, cabu | |
[b] | In posizione intervocalica: es. babbu, acabbare | |
Queste eccezioni vanno eliminate, per non creare confusione nella pronuncia e nella scrittura. | Si usa una sola b negli altri casi, nelle parole di origine colta e in quelle di uso recente: abilidade, amàbile, delìbera, libertade, lìberu, libru, probabilidade, solùbile, terrìbile, variabile. | |
ca, co, cu | [k] | es. cane, coa, cuddu, |
che, chi | [k]/[tS] | chena, chida: il nesso chè [k] nei dialetti centro-settentionali e [tS] in quelli meridionali. |
d | [d] | In posizione iniziale: es. dente, domo, die |
d | [δ] | In posizione intervocalica: seda, meda, ladu |
dd | [ê] | es. sedda, ddi, ddis, ddu, dda, ddos, ddas |
e | [ɛ], [e] | Non si segna la differenza vocale aperta/chiusa, ma la E finale di parola si pronuncia [i] nei dialetti meridionali. |
f | [f] | es. fèmina, unfrare |
ga, go, gu, | [ɣ], [g] | In posizione iniziale, in posizione intervocalica, fra r, n e una vocale o davanti alla laterale l :— è g davanti alle vocali a, o, u (es. gana, gosu, agu, largu, argumentu, longu, àngulu, glòria, inglesu) |
ghi, ghe | — –è gh (plosiva velare senora: [g])davanti alle vocali i, e, nei dialetti centro-settentrionali, ma [dZ] (affricata palatale sonora) nei dialetti meridionali: arghentu, arghentare, pranghende, inghiriare) | |
gue, gui | [ɣ], [g] | — È la plosiva velare sonora, davanti a i/e in quelle parole che sono condivise da tutti i dialetti: es. guerrare, pagueddeddu, guiare |
gia, ge, gi, gio, giu | [dʒ] | In posizione iniziale e interna: es. giàganu, giogu,In posizione postconsonantica: bìngia, angione, còrgiu, bàrgia |
i | [i] | Come in italiano e spagnolo |
j | [j] | Solo in posizione interna: es. maju, operajuIn posizione iniziale solo in nomi propri, es. Jugoslàvia |
l, ll | [l] | es. cala/calla |
m, mm | [m] | es. domo, ammentu |
n, nn | [n] | es. cana/canna |
nd | [nd] | es. ando, cando |
o | [ɔ], [o] | Non si segna la differenza vocale aperta/chiusa, ma la O finale di parola si pronuncia [u] nei dialetti meridionali. |
p | [p] | es. apo, tropu |
r, rr | [ɾ], [r] | es. caru/carru |
qui, que/ki, ke | [k] | È la plosiva velare sorda [k], davanti a i/e in quelle parole che sono condivise da tutti i dialetti: es quistione (o kistione), que (o ke). Entrambe le soluzioni dovrebbero essere sperimentate per vedere quale viene preferita |
s, ss | [z], [s] | es. pesare/essire |
t | [t] | es. gatu, fatu |
u | [u] | Come in italiano e spagnolo |
v | [v] | In posizione iniziale o intervocalica, soprattutto in cultismi: es. violèntzia, violinu, avisu |
z | [dz] | In posizione iniziale o interna, soprattutto in cultismi e termini: es. zeru, organizare, ecc. |
t z | [ts] | In posizione iniziale e interna: es. tziu, petza, putzu |
x | [ɣ]/[ʒ] | — In posizione interna, intervocalica è la fricativa velare [ɣ] nei dialetti centrosettentrionali e la fircativa palatale [ʒ] nei dialetti meridionali: es. àxina, luxe, axedu, |
Le vocali medie (e, o) in fine di parola: pronuncia
1 | 2 | 3 | 4 |
Grafia |
Pronuncia centrosettentrionale |
Pronuncia meridionale |
norma scritta Limba Sarda Comuna |
-E |
[ominɛ] |
[omini] |
òmine |
-O |
[kando]/ [kaøêo] |
[kandu] |
cando |
1 | 2 | 3 | 4 |
Grafia | Pronuncia centrosettentrionale | Pronuncia meridionale | norma scritta Limba Sarda Comuna |
b- | [bɔɛ] | [bɔi] | In posizione iniziale di parola la lettera B indica la plosiva bilabiale sonora: boe, binu,bacca |
-bb- | bab:u] | [bab:u] | In posizione intervocalica la doppia B indica la plosiva bilabiale sonora:babbu, pubblicu, libbru |
-b- | [saBa] | [saBa] | In posizione intervocalica la B scempia indica la fricativa bilabiale sonora: saba, abe, cuba |
Emendamento 1: la soluzione adottata dalla RAS prevede un uso incostante della doppia BB, cosa che ne rende molto problematica sia la grafia sia la pronuncia. Si propone perciò di adottare la doppia BB soltanto per indicare la plosiva intervocalica e la B scempia soltanto per la fricativa intervocalica. |
ch + vocale frontale (E/I) |
[kelu] |
[tSelu] |
chelu, chida |
Emendamento 2: l’adozione della doppia pronuncia del nesso CH (una velare, grosso modo settentrionale: [k]; e una palatale, grosso modo meridionale: [tS]) rende necessario adottare un’altra convenzione grafica per indicare le velari condivise da (quasi) tutte le varietà anche davanti alle vocali frontali (es.: [k]istione/[k]istioni). La soluzione potrebbe essere l’uso della lettera K – ormai ben conosciuta da tutti i parlanti – oppure l’adozione di una grafia etimologica, come avviene in spagnolo e francese (es.: quistione). Questa seconda soluzione avrebbe il vantaggio di essere parallela all’adozione della grafia GU, per le velari sonore condivise, ma lo svantaggio di assomigliare alla grafia italiana. Cosa che comporterebbe un vago rischio di distorcimento della pronuncia. |
-g- |
[loɣu] |
[loɣu] |
logu |
Emendamento 3: la lettera X costituisce un elemento fortemente identitario per i parlanti meridionali. È presente in molti toponimi e in molti cognomi. Adottarla al posto del nesso GH davanti alle vocali frontali, servirebbe a rendere più facilmente accettabile lo standard grafico alla maggioranza dei Sardi (es. paxe). Per i parlanti settentrionali l’adozione di questa convenzione comporterebbe soltanto dover imparare a pronunciare la X come fricativa velare sonora ([paɣɛ]). I parlanti meridionali pronuncerebbero la stessa parola come [paZi]. Questa soluzione scontenterebbe entrambi i gruppi il meno possibile: entrambi i gruppi dovrebbero imparare a pronunciare una lettera in modo diverso dalla pronuncia italiana. |
-ng- + vocale palatale |
[praNgɛɾɛ] |
[praɲdʒi] |
prangher |
Emendamento 4:la E finale dei verbi della seconda coniugazione è paragogica e non va rappresentata. Oltretutto l’eliminazione della E finale permette di eliminare l’accento sull’antepenultima sillaba e rende più agevole la pronuncia meridionale.Inoltre: il nesso GH si pronuncia con la velare al settentrione, ma con la palatale nel meridione. | |||
r- |
[ramu] |
[arramu] |
ramu |
La pronuncia meridionale ([arramu]), senza la rappresentazione grafica della prostesi della [a] deve essere compensata dalla coerente esclusione della [i] prostetica in parole come SCALA, ecc. Entrambe le pronunce sono dovute a regole sincroniche che fanno parte della competenza linguistica dei parlanti e se si esclude quella meridionale dalla grafia, altrettanto va fatto con la regola settentrionale. Quindi si propone di scrivere SCALA, e non ISCALA. |
-bb- |
[ab:a] |
[akwa] |
acua (abba) |
Emendamento 5: la grafia ABBA, derivata dal latino AQUA, non rispetta l’etimologia della parola, quindi va rifiutata. Se dovesse risultare una questione importante per l’ identità per i parlanti settentrionale, si può adottare una doppia grafia (ABBA/ACUA). Si tratta in ogni caso di poche parole e per i parlanti settentrionali si tratterebbe soltanto di applicare la stessa regola che ha portato da ACUA a ABBA. |
sc- |
[iskɔla] |
[skɔla] |
scola |
Emendamento 6: come per le parole che cominciano in latino con R, si deve adottare la grafia etimologica. Non esiste alcun motivo logico per trattare le forme settentrionali in modo differente da quelle meridionali. Quindi si propone la grafia SCOLA. | |||
sp- |
[ispiɣa] |
[spiɣa] |
spiga |
Emendamento 6: come per le parole che cominciano in latino con R, si deve adottare la grafia etimologica. Non esiste alcun motivo logico per trattare le forme settentrionali in modo differente da quelle meridionali. Quindi si propone la grafia SPIGA. | |||
st- |
[istaɾe] |
[stai] |
stare |
Emendamento 6: come per le parole che cominciano in latino con R, si deve adottare la grafia etimologica. Non esiste alcun motivo logico per trattare le forme settentrionali in modo differente da quelle meridionali. Quindi si propone la grafia STARE. |
-ngu- |
[limba] |
[liNgwa] |
lingua (limba) |
Emendamento 5: la grafia LIMBA non rispetta l’etimologia della parola, quindi va rifiutata. Se dovesse risultare una questione importante per l’ identità per i parlanti settentrionale, si può adottare una doppia grafia (LINGUA/LIMBA). Si tratta in ogni caso di poche parole e per i parlanti settentrionali si tratterebbe soltanto di applicare la stessa regola che ha portato da LINGUA a LIMBA. |
l + yod |
[fidʒu] |
[fillu] |
fìgiu/fillu |
Emendamento 7: dato che si tratta di pochissime parole che in latino mostravano il nesso L + Y, e dato che questo nesso si è evoluto in modo completamente differente nelle varietà meridionali, ripsetto a quelle settentrionali, si propone di adottare la doppia grafia. |
Roberto Bolognesi
Tenes rejone, tenides totu rejone ma, fintzas a cando non si cumprendet chi in Sardigna faeddamos duas limbas diversas non nde ‘ogamos atzola. Chircare de ponnere a misciu duas limbas favorinde como una poi s’atera pro nde faghere una teltza est sa manera de non nde faeddare manc’una. Li cheret nadu a custos professores.Dae cando sun faeddende cun tota s’insoro cumpetentzia cantos piseddos an imparadu su sardu pro meritu issoro? Chentza faeddare de s’iscola, si in iscola a fizu meu l’imparan su sardu chi faeddamos in bidda, tando lu mando, si nono l’at a sighire a imparare comente est fatende.
“fintzas a cando non si cumprendet chi in Sardigna faeddamos duas limbas”
Su fatu est chi no est beru, su sardu est unu ebbia.
Su sardu est unu feti, cun pagus regolas aus a scrier totus a su propiu modu pompiandu su modu de faeddare; su ci importat est a ddu oller.
de accordu cun “Sardu ebbia” e “l2212”, no si poden unire Logudoresu e Campidanesu, morigare e bogare a pizu una limba unica chi no esistit, e chi niunu cheret; fintza chi sos “espertos” no cumprenden chi sun duas limbas differentes no nd’hamus a bogare mai tzappu, bi cheren duas grammaticas, in manera chi in sas iscolas si pottan insignare totas duas variedades a segunda de sa limba chi unu cheret istudiare. Sa matessi cosa la faghen puru un Norvegia in ue sa limba est divisa in duas variantes, totas duas sun limbas officiales de s’istadu e totas duas sun insignadas in iscola; in Sardigna e bia sun resessidos a si inventare su burocratese Sardu
ma pro piaghere, a nde la finìdes cun custa LSC LSU o ite diaulu si narat? chi faghides a riere sos puddos
Bos naro totu in italianu gai cumprendies carchi cosa…. è solo questione di essere Asini o meno. in effetti io sono d’accordo con la LSC e anche con gli emendamenti che prevedano doppia grafia per il rispetto di piccole varianti estreme. col tempo mi sono reso conto che i più sensibili al tema e quelli che comprendono la limba de mesania (LSC), sanno capire, caso strano, galluresi, campidanesi, logudoresi. i casteddai, caso strano, non sanno mai capire nulla del proprio fratello sardo. quindi un po di cultura non guasta, apertura mentale, lingua sarda unitaria graficamente, che unisca e faccia comprendere a livello amministrativo e scolastico tutti, però in ogni comune sardo affiancare la norma fonetica della parlata locale. come dice Bolognesi, che Stimo e Saluto. A Menzus Bìere, a largos annos pro totus sardos.
Mi achet piaghere de videre metas commentos in custu post. Est a marcare chi sa chistione est sentita e pertoccat abberu paritzos Sardos.
Jeo iscrio comente mi veniti, una via iscrio “at” un’atera via “hat” pro narrere “lui ha” e non mi paret justu.
Leghenne sos poetas anticos, s’accatana libros inuve sa mantessi Canzone fit iscritta chin “at” e chin “hat” in duos libros differentes.
Si cherimus aere unu documentu uffitziale chi tottu pothana cumprenner, benit in bon’ora s’impreu de Regulas craras pro tottu e chi tottu pothan cumprennere.
Pero sa chistione fundamentale est custa: pruite nos semus arrabbatanne in discussiones goi nodosas? Sa rejone est una: ca nos vidimus comente una “specie in via d’estinzione” e cherimus chis su sardu non si che morjat.
E tanno bos naro chi s’arma sa prus efficace chi b’amus est cussa de impreare su sardu su Pius chi pothimus. E de aeddare Sardu a fizzos nostros comente prima Limba.
Cantos de cuddos chi decidini supra de sas legges linguisticas, e si arrebbentana si una paraula toccat de l’iscriere in campidanesu o in tattaresu, aeddana su sardu a sos fizzos? Chie at abberu Interesse a bider su sardu comente prima Limba natzinale, aeddat su sardu chi ischiti e basta. E istate sicuros chi nos cumprennimus a pare !
A menzus propositos.
Io non sono sardo, ma pugliese, quindi sono totalmente estraneo alla cosa e chiaramente non mi sento chiamato in causa per un motivo “affettivo”, quanto per uno linguistico – essendo uno studioso ed insegnante di lingue.
Trovo la proposta del sig. Bolognesi molto sensata ed anche equilibrata – ripeto, dal di fuori, con gli occhi di chi osserva senza esservi coinvolto in prima persona.
In Galles esistono due macrovarianti del gallese: il gallese settentrionale e quello meridionale. La loro pronuncia è abbastanza diversa, moltissime parole prevedono una doppia grafia (tra cui quasi tutte le forme del verbo essere!), però la struttura ortografica è la stessa per entrambe le lingue, pur dovendo tenere a mente che la pronuncia della ‘u’, ad esempio, è diversa nelle due varietà. Perché parlo del gallese? Perché è l’unica lingua celtica – tutte le lingue celtiche sono sull’orlo dell’estinzione ed alcune sono già andate perse all’inizio del secolo scorso – che ha sperimentato un recupero, insegnata nelle scuole, e che oggi si mantiene in vita. Stiamo parlando di una lingua che subisce il pesante influsso non dell’italiano, ma dell’inglese: lingua che viene praticamente insegnata ovunque come “lingua universale di comunicazione”. Sarebbe facile abbandonare la propria lingua e usare l’inglese, eppure i gallesi – che per secoli hanno combattuto gli uni contro gli altri – hanno deciso di arrivare ad un accordo su uno standard quantomeno scritto e questo ha evitato alla lingua l’estinzione, almeno negli ultimi anni.
La situazione è molto diversa in Irlanda: il gaelico prevede anche là un’unica forma standard per l’ortografia, ma le spinte disgregatrici dei vari dialetti (qui le macrovarianti salgono addirittura a 5 e c’è chi considera la parlata dell’Ulster come una lingua a parte) sono talmente forti che ogni contea vanta il suo proprio gaelico e il risultato è che questa lingua viene sempre più vista come un insieme di molti dialetti distinti ed è oggi considerata pericolosamente minacciata da un’incombente estinzione. Questo anche perché una persona preferisce imparare l’inglese piuttosto che dover imparare una lingua che possono capire solo in qualche contea ma non nel resto del paese.
Anche in portoghese ci sono regole di pronuncia che variano tra il portoghese europeo e quello brasiliano (vedi la pronuncia delle vocali finali o dei nessi te/ti e de/di), eppure portoghesi e brasiliani non hanno difficoltà ad intendersi, così come non ce l’hanno argentini e spagnoli, perché – a prescindere dalla differente pronuncia – hanno un sistema ortografico che permette la creazione di documenti, studi, opere in UNA sola lingua, a prescindere da come questa sarà letta da chi vive a Bogotà o da chi a Barcellona. Permettere la circolazione del materiale e la creazione di una rete di comunicazione più grande è un punto essenziale per la sopravvivenza di una lingua, altrimenti continuerete sempre ad usare l’italiano per capirvi al di fuori delle vostre aree dialettali.
Io, lo ripeto ancora una volta, non sono sardo e dunque non ho motivo di privilegiare un dialetto a scapito di un altro, ma anche per scrivere il mio dialetto – e il mio dialetto non ha il potenziale di lingua che invece il sardo ha! – sono state create delle regole ortografiche: questo non significa cambiare la pronuncia del mio dialetto, ma solo stabilire una connessione tra “si scrive così” e “si pronuncia così”, significa poter fissare sulla carta qualcosa che tutti quelli che imparano a scrivere il mio dialetto potranno capire, anche se qualcuno pronuncia “sàire” e qualcun altro “sère” per dire “sera”, perché persino in un singolo dialetto c’è chi usa forme diverse.
Proprio per questo posso immaginare quanto sia più complessa la situazione del sardo, se in un dialetto solo ci sono più varianti, figurarsi in una miriade di dialetti!!! Dovete però fare qualcosa, non potete continuare a lasciare che la lingua continui la sua frammentazione. Pensate all’italiano: a noi è stato imposto uno standard che si richiama al fiorentino di una determinata epoca, ma, nonostante ci sia stato imposto, le abitudini di pronuncia e anche molti termini dei dialetti locali non sono andati persi, creando i cosiddetti “italiani regionali”, per cui scriviamo “cantare”, ma pronunciamo “candàre” in Puglia o per cui scriviamo “tecnico” ma pronunciamo “tènnico” in Lombardia, per non parlare di un sacco di termini passati negli italiani regionali dai dialetti, ad esempio qui in Puglia è il caso di “priscio”, inesistente nell’italiano standard, ma quotidianamente usato nella mia regione.
Credo che alla lunga questo succederebbe anche con un sardo standard: termini ed usi delle varie parlate sarde non scomparirebbero, ma nel frattempo tutti potrebbero capirsi, fosse anche solo potendo leggere qualcosa che è scritto nella stessa maniera per tutti. Addirittura proprio nella proposta del sig. Bolognesi sono già contemplate le varietà di pronuncia, cosa che non succede nell’italiano standard.
È da un po’ che mi interesso del sardo, perché è impressionante la sua vicinanza al latino, ma anche perché ha mantenuto elementi fenici e persino elementi iberici di tipo preindoeuropeo, qualcosa di antichissimo e stupendo! Immaginatevi però la mia sorpresa quando ho scoperto che non solo il sardo è in realtà “i sardi”, perché ogni zona ha un dialetto diverso da quelli delle altre zone, ma che non esiste neanche una norma di scrittura e ognuno scrive la propria variante alla bell’e meglio basandosi spesso sui suoni dell’italiano… Alla fine ho abbandonato l’idea di apprendere il sardo: la lingua è affascinante, ma per avere una visione totale del fenomeno linguistico dovrei imparare troppe varianti e tutte limitate a qualche paese e città, chi, al di fuori dei sardi, imparerebbe mai una lingua che va bene per comunicare in una manciata di comuni e che poi, se ci si sposta più in là, nessuno può capire neanche lontanamente?
Cosa potrebbe risolvere la grafia standard? Be’, non c’è molto da imparare o tenere a mente: se tutti imparassero la norma standard per la grafia e le varietà di pronuncia che comporta, potrebbe immediatamente collegare la parola “luxe” pronunciata con [ʒ] ad una pronuncia meridionale della parola che, scritta sempre “luxe”, viene pronunciata con [ɣ] dalle sue parti. Avere un’idea di come si scrivano le parole può essere incredibilmente utile. Funziona così tra portoghesi e brasiliani: i primi dicono “de”, i secondi “gi” [ʤi], ma entrambi scrivono “de” e sanno bene qual è la variazione di pronuncia dell’altro parlante, perciò riescono a capirsi.
Non sarei d’accordo neanche sulla creazione di due lingue distinte per le due “macrovarianti”: è quello che hanno fatto in Norvegia con il Bokmål ed il Nynorsk. Il risultato è stato disastroso: quando hanno cercato di creare il Samnorsk, unendo le due varianti, la loro grafia, la loro pronuncia ed in alcuni casi persino alcune strutture grammaticali erano così diverse che chi parlava Bokmål non riusciva ad entrare nell’ottica di chi parlava Nynorsk, né a capirlo e viceversa. Il progetto è stato abbandonato e il risultato è che oggi chi deve imparare norvegese può scegliere se studiare Nynorsk o Bokmål a seconda della zona in cui deve andare, scoprendo però che ognuna di queste due lingue ha miriadi di pronunce confusionarie, perché uno standard che frenasse l’eccessiva frammentazione si è creato troppo tardi e, soprattutto, non si è affatto imposto in realtà!
Anche l’italiano che parliamo noi ha uno standard creato e non naturale come piace tanto dire a tutti: c’è molta artificialità nell’italiano standard, così come in ogni lingua standard, ma almeno ci si può comprendere ovunque si vada e poi, ripeto, ci sono sempre le varianti regionali che sentiamo più vicine ai nostri affetti e alle nostre vite.
Scusate l’intervento lunghissimo, però, da esterno, mi dispiacerebbe se il sardo si estinguesse e, frammentarsi in centinaia di dialetti che non fanno altro che allontanarsi sempre di più l’uno dall’altro, equivale comunque all’estinzione: non per altro il francese, lo spagnolo, il portoghese, l’italiano, il rumeno, il catalano sono tutte lingue nate da “latini regionali”, ma nessuno si sognerebbe di dire che sono latino o che il latino non si sia estinto. Cercate dunque di fare uno sforzo per la vostra lingua: in questo mondo sopravvivono le lingue, non i dialetti, che finiscono con l’italianizzarsi o con l’essere visti come “rozzi” o “inferiori” alla lingua standard.
Io la voglio ringraziare. E’ quello che stiamo dicendo da tempo. Anche Bolognesi, che pure fa le sue proposte, buone o cattive che siano (non ho competenze) è un difensore dello standard. E il fronte dello standard si stà allargando. Rimangono quelli che difendono l’orticello di casa loro, ma ogni giorno sono sempre meno. Bos torro gratzias ca seis un amigu de su sardu.
deo no est chi soe intelligente meda, su sardo no l’apo chistionadu mai ca babu e mama no mi l’an imparadu, no po neghe insoro, ma po sighìre su chi narìan in iscola.
mancari no sia prus intelligente de ‘isateros cumprendo bene meda su campidanesu, gai comente su logudoresu e gai e totu comente s’allegare de barbagia.
sa LSC e sa LSU las cumprendo e no mi diat benner complicadu meda a l’iscrìer.
prus a prestu poto agatare dificultade in su gadduresu, ma in cue chistionamos de unu faeddu chi ‘enit da-e su toscanu (mi paret).
sigundu a mie, chi unu de logudoro o de barbagia o de campidanu potat cumprender un ateru faeddu chi no su sou, est chistione de volontade ebìa.
tocat a bi ponner bona volontade, ma no meda… unu pagu ebìa.
Po borrai su campiadanesu calincunu improseri s’at a imbentai su fuedhu CHINCUE po nai “cincu” a sa campidanesa e “chimbe” a sa logudoresa. Sèmpiri bruscerias po no arreconnòsci chi no si pòdint uniri duas línguas diferèntis.
ei,e’, candu tocat a liggi interventos a tipu: “ma ddu ‘olis cumprendi chi deu no ddu cumprendu”, seus a bellu puntu. Seo cumentzandu a pentzai ca po arresolvi sa chistioni linguistica sarda ci ‘olet o Gandhi o Iosip Vissarionovic.
Unu saludu a totus, a is chi funt acanta e a is chi funt aillagru.
LSC è un progetto morto senza mai essere nato perchè è impossibile creare una lingua mediana che solo in pochi paesi capiscono e sperare di invogliare gli altri a capirlo è impossibile. Io personalmente non capisco quasi nulla di ciò che è scritto in LSC, come me penso tanti soprattutto della sardegna centro-meridionale.
Credo sarebbe meglio tentare, in un primo momento, di stabilire convenzioni di scrittura per le due macrovarianti principali (gallurese escluso ovviamente) ed inserirle negli studi scolastici. Nel momento in cui l’uso scritto del sardo dovesse rafforzarsi come speriamo si potrà valutare di unificare le varianti.
Ora siamo molto indietro, e il progetto LSC non aiuta.
Se non capisce cosa è scritto in LSC, anche quella attuale, è perchè non conosce sufficientemente bene il sardo. Mi spiace, ma è così. Un casteddarjo ed un logudorese sono capaci di comprendersi l’un l’altro, sia nel parlato che nello scritto, e la LSC non è certo più lontana da voi del cosiddetto “logudorese”.
Il problema con la sua proposta è che non esistono due macrovarianti principali (logudorese e campidanese non sono nettamente separate tra loro, e anche tra BItti e Ozieri c’è molta differenza) e soprattutto non abbiamo abbastanza tempo. Il sardo rischia di sparire se non interveniamo in tutti gli ambiti ora. E ci serve uno standard per farlo.
Per esempio….casteddarjo…..aundi cazzu s’esti mai intendiu? Di che bidda sei, per curiositá? Spero almeno a 200 km da Casteddu, solo così potrei capire…
Istevini, lassaddu a perdi, custu esti unu fintu, ca mancai po sonnusu politicusu o po si fai sa carrierredda cosa sua esti bonu scetti a lingi su cu’u a is attrusu. Toccai ascurtaisì custu, ca balidi medu prusu de tottus’is stroccimentusu de Bolognesu (de Villamassargia, innui no du cumprendidi prus nisciunu) e de is sus amighixeddusu http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=5I7dsumikt0
O ballalloi, a “lingi su cu’u” at a èsser tue e sorre tua!
Ma ite tenes, burrumballa in conca?
Apo iscritu inoghe comente apo iscritu pro Corraine (chi no est amigu de Bolognesi pro nudda) e proite non ti andas a legher ite apo narau a Bolognesi e totu candu si poniat a chistionare de istoria?
Bascarammene.
Ah, “Casteddarju” no est in LSC. L’apo iscritu “foneticamente”.
fattu ìstat chi est piùs fatzile pro unu Bittichesu cumprendere unu Othieresu e viceversa, chi pro unu Bittichesu/Othieresu cumprendere unu Casteddaiu; una regula de iscrittura unica hat pagu sensu, sas variantes de su Sardu sun duas? e tando devìmus hàere duos standard de iscrittura. no bi sun Limbas de Mesania, LSC o comente diaulu las cherìdes jamare.
Cumprendo benissimu sas difficultades cun sa LSC de chie faèddat in Campidanesu, comente fàghes a pensare su Sardu ind’una manera e a l’iscriere ind’un àtera? est unu macchìne! Chi poi pro nois Logudoresos puru no est gai totta cumprensibile sa LSC, medas boltas leggende testos iscrittos in LSC mi ponzo sas manos in conca, a boltas pàret de leggere calchi cosa in limba furistera ma traduìda in Sardu, bi sun medas frases chi pàren leadas dae s’Italianu e “sardizzadas”; roba ‘e maccos, si sun inventados su “burocratesu” Sardu!
Balla balla, appu cumprendiu casi tottu su chi as scrittu!
proite impreas sa “h” in su verbu àere? Mira chi in sardu non servit.
sa limba nostra no bènit fòrsis dae su latinu? in latinu su verbu “habere” si iscrìet cun sa “H”, si andamus a leggere sos iscrittos antigos, tipu Condaghes, Carta de Logu, etc.etc, su verbu est iscrittu cun s’H; e nois invece pro itte nde devìmus bogare sas “H” e iscriere a sa manera italiana?
Est in italianu chi bi cheret sa “h” pro diferentziare su verbu “ha” dae sa “a” prepositzione. In sardu non b’at bisongiu de diferentziare nudda! “at” “apo” verbu, “a” prepositzione. Istami bene.
tando si isbagliaìan sos antigos a iscrìere cun s’H comente in Latinu? o fòrsis nos isbagliamus nois a che la ‘ogare? creo sa segunda 🙂
Totas sas limbas mudant
Deu seu de Casteddu e su logudoresu non du comprendiu mancu pro nudda e sa Lsc puru. Appu domandau a s’amiga mea chi esti de sa zona de Seddori e su sardu du chistionasa beni e puru issa sa Lsc no da comprendiri.
Enza aundi bollisi andai?
(Scusate il mio sardo impreciso)
Boh, deo non so campidanesu e sas “arregulas” las cumprendo, comente totu sos àteros istandards de iscritura chi apo bidu.
In sa retza b’est zente iscrivende in totu sas maneras e si cumprendene sena dudas. Iscusa, su chi apo iscritu como est gai diferente chi tue non lu podes lèghere?
Beato te! Io del tuo post ne ho capito forse metà (le frasi “In sa retza b’est zente” , “si cumprendene sena dudas” e “est gai diferente chi tue non lu podes lèghere” non le capisco).
Allora ribadisco quello che ho detto, hai necessità di approfondire la tua conoscenza del sardo.
“In sa retza b’est zente” = Nella rete c’è gente (in LSC “zente” si scrive “gente”, tra l’altro. Nella fretta ho fatto un errore).
““si cumprendene sena dudas”= si capiscono/comprendono senza dubbio
“est gai diferente chi tue non lu podes lèghere”
è così differente che tu non lo puoi leggere
Sia “dudas” che “retza” sono parole usate anche nel “campidanese” (fonte: Rubattu), e gai compare come “gasi” (come viene pronunciato anche dalle mie parti, pur facendo io parte di un altro gruppo di parlanti), per cui il problema non è leggere un sardo “diverso”, ma leggere in sardo e basta.
Ti consiglio di comprarti un paio di romanzi a scelta, magari con traduzione a fianco. Funzionano che è una meraviglia.
Grazie, ma so già di dover approfondire la conoscenza del sardo e come me tantissime persone che conosco. Il punto è: ha senso cercar di approfondire una lingua così diversa da quella che quantomeno un pochino padrondeggio nel parlare?
Penso di no, perché l’apprendimento deve essere graduale. Per questo la LSC è una forzatura inutile e penso resterà solo in qualche atto regionale
Per Tziu: Il punto è che la LSC (men che meno questa) non è “così diversa da quella che quantomeno un pochino padrondeggio nel parlare”, e te l’ho dimostrato utilizzando parole che si trovano anche nel campidanese. È sempre il tuo non conoscere bene il sardo che ti porta a riconoscere “logudorese”, “LSC” e “campidanese” come lingue separate, cosa che gli studi sulla questione hanno confutato.
Il sardo è uno, e come tutte le altre lingue per conoscerlo va studiato. Tu stai pretendendo di non farlo, escludendo gran parte di ciò che non sa come “altra lingua”. Sarebbe come escludere il congiuntivo e gran parte dei sinonimi delle parole più comuni nell’italiano.
Lo standard non è inutile ma anzi fondamentale per varie ragioni, tra cui:
-far capire appunto alla gente che il sardo è uno, smontando teorie obsolete e confutate, ma purtoppo ancora presentate nel dibattito.
-politiche, per dare più forza ai movimenti linguistici
-pratiche, in quanto uno standard rende più semplice (e, per andare sul venale, economico) tradurre testi, programmi e quant’altro. Ed anche imparare è molto più rapido.
Ma allora come.mai anche la mia ragazza della zona di Sanluri che parla benissimo in sardo non cagisce la LSC? Tutti ignoranti?? Non credo e comunque nel suo intervento io leggo solo tanta politica e molto poco senso pratico.
Non conosco la tua ragazza, quindi chiaramente non posso spiegare il perchè o definire la sua conoscenza del sardo. Può darsi che lo parli fluentemente ma che abbia un lessico limitato ai termini a lei più comuni, o più semplicemente che l’abbia parlato sempre solo con altri abitanti di Sanluri e dintorni. Appunto, non la conosco e quindi non so.
Il fatto è che io sto parlando di scienza, in quanto che il sardo è uno e che le differenze sono minime è stato dimostrato scientificamente. Le fonti basate su aneddoti non possono confutare ciò.
Il senso pratico deriva dal fatto che, come ho scritto prima, tradurre programmi informatici e scrivere testi didattici in più standard è decisamente più costoso e lento (e si tratta di cose di cui abbiamo bisogno ora), come anche diventa più complesso far imparare il sardo (dato che comunque tutti dovrebbero conoscere tutti gli standard). La politica entra nel discorso solo per permettere di ottenere questi risultati.
La linguistica è come il calcio: tutti grandi esperti. Ecco, le consiglio umilmente di leggersi il mio libro “Le identità linguistiche dei Sardi”, Confaghes, Cagliari (2013). Lì potrebbe scoprire quanto le sue convinzioni siano slegate dalla realta linguistica della Sardegna. Quella che sarebbe opportuno conoscere, prima di dare dei giudizi tanto netti, quanto infondati.
Mi scusi ma non contesto le sue competenze e i suoi studi, ci mancherebbe. E il paragone col calcio secondo me è poco azzeccato perché in questo caso non si parla di opinioni ma di certezze: io la Lsc non la capisco, la mia fidanzata della zona di Sanluri nemmeno. Anche i logudoresi la trovano artificiosa
A cosa serve allora?
La Regione dovrebbe lavorare per unificare le due macrovarianti mutualmente più intellegibili e creare un’uniformità scritta che oggi ci manca.
In un secondo momento potremo parlare di “sardo unico”.
Salude Tziu. Tengio una pregunta. Cando iscries in sardu cale regula impreas? Mira chi su chi as iscritu supra est deaderus a curtzu a sa LSC. Non apo gana de faghere peruna polemica, fit sceti unu meledu.
Non ho ben capito cosa mi hai chiesto… ma posso dirti che ho scritto in “sardo” proprio per far capire le difficoltà che ci incontriamo nello scrivere una lingua che parliamo.
Figurati cosa posso capirne di una lingua scritta che non conosco.
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Ho capito il suo tentativo. In italia a Firenze gli studiosi fecero esattamentela stessa cosa. Servivano delle regole e una lingua per tutti:si scelse il fiorentino. Ce lo imposero. Il punto è questo professore, io posso accettare la lingua italiana per comunicare universalmente con altri italiani, ma non accettero’mai che mi si tolga la craccata casteddaia e il mio dialetto cerexino, perché mi scorre nel dna, mio padre cerexino e orgogliossimo di esserlo e mia madre casteddaia doc e orgogliosa di esserlo. Adoro il dialetto del medio campidano, adoro il nuorese, il logudorese, ma non è il mio, anzi mi piace confrontarmi con persone di altre zone per vedere come si pronunciano le diverse parole. Il sardo è tutto questo, è l’insieme di tutto questo e secondo me non può essere semplificato, perché ne rovineremmo la bellezza. Avremo un vocabolario per ogni zona, mellusu deaicci. Diremo s’agua, s’abba, s’aqua, e io trovo questo confronto linguistico fantastico.
Guardi che nessuno da nessuna parte vuole toglierle ” la craccata casteddaia e il mio dialetto cerexino”, ogni proposta di standard (sia questa che le altre) è solo è unicamente per lo scritto, mica per il parlato! Si scrive allo stesso modo ma si legge diversamente per ogni dialetto. Ed il lessico resta comunque libero.
Esempio simile: il norvegese. Due standard interscambiabili, centinaia di dialetti. E va benissimo a tutti.
Ah così inizio a capire i vostri intenti. Non riesco a capire però come leggendo una lingua a me tanto astrusa come questa lcd o come si dice, scritta a tavolino, possa riuscire a dire quello che ho sempre parlato a sestu, tramandato dai miei genitori e parenti. Bah
Esattamente come fanno inglesi di diversa provenienza (America ed Inghilterra, ad esempio), norvegesi (di nuovo) ed altri ancora.
O, per tornare da noi, come hanno sempre fatto i poeti della zona di Nuoro e delle Barbagie, che scrivevano e scrivono in “logudorese” pur parlando molto diversamente da un Ozierese.
È questo il fatto: ai campidanesi sembra impossibile perchè non l’hanno mai fatto, idem per parte dei logudoresi, ma nel centro Sardegna funziona così da decenni, e senza nessun problema.
Uno standard è sempre fatto a tavolino (ci mancherebbe, in quanto deve avere regole chiare per l’insegnamento), ma la LSC è “naturale” per più del 90%. E qui si sta cercando di “democratizzarla”.
La necessità di avere delle regole di scrittura e di grammatica unitarie deriva del bisogno di difendere il sardo davanti all’erosione continua che, altrimenti, lo porterà inevitabilmente ad estinguersi. Non si fa nulla di diverso rispetto al resto delle mioranze linguistiche d’Europa, che ha già funzionato e rivitalizzato altre lingue minoritarie. Per difenderlo bisogna renderlo normale, dargli regole di grammatica e di scrittura per il biinguismo.
Come fai ad insegnare il sardo a scuola? Che libri usi? Se lo devi insegnare a uno che non lo conosce? Stampi 377 libri, uno per Comune? Formi un isegnante per ogni paese?
Lo spagnolo è parlato da 414 milioni di persone in diversi continenti, ha un solo standard e mille accenti diversi. Noi siamo un milione e mezzo e non riusciamo a definire delle regole che accontentino tutti??! Lo standard non elimina parole ma dice come quelle parole devono essere scritte, consentendo sinonimi e varie pronunce.
Ad es. la parola ITA ‘giocare’ si pronuncia (nb. l’italiano con ‘giusta dizione’ non si parla nanache dove ha avuto origine, è completamante artificiale) ‘Jiohare’ a Firenze, ‘zocare’ a Venezia, ‘giuocar’ ‘ Napoli, ‘giogare’ a Roma…si scrive sempre giocare però. Perche le pronunce ‘Esti’/’Este’ non devono poter essere scritte con le regole proprie della tradizione di scrittura del sardo e del latino ‘est’ ? Perche dobbiamo usare le regole dell’italiano? dovremmo scrivere l’inglese ‘One’, ‘uan’ o lo spagnolo ‘queso’, ‘cheso’? La politica italiana di gestione dei dialetti e della loro relazione con lo standard, non è l’unica possibile. Chiunque parli il sardo ha a cuore la propria variante, non è ostile alla difesa della propria specificità, anzi; è difficile che possa imparare a disprezzare la propria parlata. Chi afferma la difesa della varietà locale, afferma un principio di senso comune, che tutti condividono perché tutti sono coinvolti emotivamente nell’affetto verso la propria variante. Oggi il sardo è nella categoria di lingue in via d’estinzione e qualcosa bisogna fare. Il problema del sardo non è la difesa di questa o quella variante, ma la difesa del sardo in quanto tale.
Mo, dico, ma è possibile discutere su quello che dico io e non su quello che vi immaginate voi? Ditemi dove dico che bisogna rinunciare a sa cracada ceraxina!
Deu nau a s’imbessi!
Su ki naro deo est a scrier totu a una manera, a a siguire a faeddare donniunu comente at semper fatu. Ma meda nche bolet a ddu cumprender? Non creo, bastat a legher su ki scrio a su postu de s’imentare is cosas.
Esimio, mi scusi. Meda ci bollidi eja, faccio molta fatica a tradurre ci che scrivete. Ajó cercate un metodo più userfriendly……che sennò resterete sempre 4 gatti a capirvi..
Si nara craccara casteddaia, non cerexina, e du deppiri sciri unu sapienti de limba sarda cummenti a fustei!!!
Mi scusi Bolognesi, ma quindi stiamo facendo partire una lingua che già esiste da zero? E lei è Dante? 🙂 Scherzo ovviamente, non se la prenda.
E poi: ho riletto i suoi “emendamenti” e la questione delle vocali medie etc…ma ai bambini delle elementari volete spiegare queste cose? Mi sembra difficile e, come dicevo sopra, distante. Una lingua lontana. E inutilmente complicata. Il Sardo esisterà solo a scuola e nei libri scritti da voi studiosi della materia di questo passo.
Mi perdoni, ma la vostra opera “fondativa” di regole e schemi mi pare una battaglia già vinta. La lingua avrà finalmente questo status, avrà forse regole grammaticali e fonetiche scritte persino meglio dell’italiano o di altre lingue. Ma non la parlerà nessuno, se non quei poveri ragazzi costretti a scrivere e ripetere “Sa pinna est supra ‘e sa mesa”, “Comente ti narasa tue?” “Deo mi naro Paolo” o roba del genere.
Approfondisci la LSC, cambierai idea, come ho fatto io. Quanto allo standard rispondo a te quanto ho risposto a Crabarrubia.
Lei e Bolognesi più volte su questo blog invitate chi commenta a studiare, ad approfondire, a leggere questo o quel libro. E badate che mediamente sul blog di Biolchini il livello di chi partecipa alle discussioni è alto.
Come pensate di affrontare questi argomenti con la gente comune? Inviterete tutti a leggere degli interessanti quanto complessi trattati di linguistica sarda? Come fate a non capire che così non può funzionare. Che questa è certamente la strada sbagliata?
E poi: se volete fare una discussione seria forse non dovete farla sul web e su un blog dove chiunque (me compreso) può scrivere qualsiasi fesseria impunemente e persino nascosto dall’anonimato.
Il problema non è spiegare concetti a chi non li conosce, è smontare convinzioni totalmente errate (e considerate intoccabili, nonostante ciò), come la questione delle “due lingue”, che si continua ad affermare nonostante gli studi l’abbiano confutata.
Il problema è che molta gente parte, a torto, prevenuta verso la LSC o qualsiasi altro standard. Contro l’ignoranza è relativamente facile agire, contro chi non vuole ascoltare e risponde per slogan o con informazioni false (due lingue, esperanto, a tavolino=falsa, pronuncia e lessico parlato standardizzati etc.) ad un certo punto “informati” sembra l’unica soluzione, a meno di rispondere ad ogni commento con un trattato. Che comunque spesso si fa.
Si affretti a spiegarlo a tutti quei milioni di persone nel mondo che hanno imparato a leggere e scrivere in inglese. Se lei conoscesse questa lingua, saprebbe che la corrispondenza tra ortografia e pronunce–perché di molte diverse pronunce si tratta–è molto più lontana di quella tra le convenzioni ortografiche che propongo io e le pronunce reali del sardo. Ma si sbrighi, prima che sia troppo tardi!
Mi pare che quello che succede qui dice tutto: i commenti li fanno sempre le stesse persone. L’impressione che ho io è che molti di limba sarda comuna ecc. non ci capiscono molto, nel senso che è un po’ lontana, se poi ci metti litigi e azzuffature… è anche più difficile capire e interessarsi. Forse bisognerebbe partire di più da su connottu e coinvolgere la gente partendo da quello che sa già…
Leggo ora questo post interessante. Ma vista così la lingua sarda mi pare lontana da quella che conosco. La standardizzazione e la necessità di scrivere regole precise grammaticali e di pronuncia mi fanno apparire la lingua che uso con gli amici o, come scrive Roberto Bolognesi, nei momenti informali, come una roba distante. Quasi come il latino studiato a scuola. Una lingua morta. Non voglio che questo accada. E non vorrei che il vostro metodo ci porti dritti in quella direzione.
Diventerà una lingua morta se resta senza uno standard, purtroppo. Perché, a forza di poterla usare soltanto “informalmente”, scomparirà.
Paolo ! si è dimenticato di essere dovuto andare a scuola per imparare a leggere e a scrivere l’italiano. Perché per il sardo dovrebbe essere diverso? Forse che il fatto di aver imparato a leggere e a scrivere gli ha impedito di continuare a parlare? Boh?
Io non voglio che il sardo si estingua.
Voglio quindi una scrittura unica per tutto il sardo, che è uno.
Se non esiste bisogna farla. Dopo di che la si impara, tutti.
Se non c’è mai stata una scrittura unica perchè dobbiamo discutere su poeti e cantadoris…loro avevano a disposizione delle norme ufficiali per la scrittura? Non mi sembra…
Se esistesse una scrittura unica questa poi la si potrebbe usare nei testi di scuola, nei giornali, nelle istituzioni etc…ma se non esiste continueremo ad usare come lingua veicolare l’italiano. Nel mentre il sardo muore. Non capisco come si possa salvare il dialetto di ogni paese se a scuola si insegna solo in italiano e se i sardi fra loro parlano in italiano…anche mettendo il caso che in ogni paese si insegni il dialetto locale, ci vorrà una grammatica…ne scriviamo una o 377? è chiaro che 377 non vanno bene, anche perchè la grammatica è una in tutta la Sardegna. La grammatica italiana è scritta con l’italiano standard e basta, non in diversi italiani.
Quindi ben venga una scrittura standard. A me gli emendamenti di Bolognesi vanno bene. Leggo perfettamente quello che scrive usando la Lsc emendata, pronunciandolo col mio dialetto o con altri dialetti che conosco.
Per quanto riguarda la Regione che non prende posizione e non finanzia tutto il lavoro che si dovrebbe fare, penso sia anche colpa della gente.
Io son curioso di sapere se tutta questa gente che leggo nei commenti di facebook e nei blog, lo parli nella quotidianità il sardo, bene o male che sia…perchè dietro la tastiera son tutti linguisti e tutti sardoparlanti. Per strada e nella vita reale però questa cosa non si avverte…bisogna spostarlo nella vita reale questo dibattito. molta gente di queste discussioni nel web ne sa poco o niente,. questo stesso blog, per quanto possa essere seguito ed avere il merito di parlare di queste cose, è una nicchia.
A me è capitato di entrare in un bar. Di quelli con l’adesivo all’entrata “INOGHE PODES FAEDDARE IN SARDU”. Chiedo caffè e acqua gasata…”Era gasata l’acqua?” -Eja!- rispondo io..”Si dice SI non EJA!”…ecco, ora no so quanto sia in percentuale la gente così in sardegna, ma è molta….in più si aggiungono tutti quelli che non gliene frega niente, quelli che pensano di conoscere e parlare perfettamente il sardo senza fare “istrafalcionis” (anche questa sentita dal vivo), quelli che parlare sardo è grezzo etc…se questa è la realtà figuramioci se in regione si mettono qualche problema di finanziamento, o i giornali di fare più informazione.
Siamo nella cacca no? quindi nel mentre non facciamo i linguisti da bar
Ottimo passo in avanti. Speriamo si possa giungere con questo ad una soluzione condivisa e definitiva.
Anche in questa discussione stà venendo fuori quello che è uno dei nodi centrali: quali sono gli ambiti in cui utilizzare questo standard?
Gli atti della Regionale e i siti istituzionali?
Gli atti dei comuni?
La scuola? Se si .. a partire da quale livello livello di istruzione?
L’editoria? Tutta l’editoria?
Penso che ciascuno dei soggetti interessati dovrebbe esplicitare la propria visione rispetto a questo punto.
Sennò finisce come quello “standard in uscita per i documenti della pubblica amministrazione” che è diventato LA “norma ortografica” e secondo alcuni LA norma tout-court.
Mi paret craru ki “standard” bollat narrer “standard”: duncas sa manera de scrier totu is documentos ufitziales e su materiale didaticu pro sa scola. sa LSC, comente est, non est su standard de su sardu. Non b’est scritu in documentu perunu e nemos mai dd’at decraradu a “standard”.
L’ideale sarebbe tutti gli ambiti.
Perché, non è quello che ho fatto?
La frase “nel momento in cui si è cominciato a dichiarare che si trattava soltanto di un’ortografia, non è stata accompagnata dalle necessarie regole di pronuncia” non mi convince. Eppure non è difficile capire come stanno le cose. Perché dovrei accettare una lingua imposta dall’alto? Perché dovrei mettermi a studiare un sardo che non è (il mio) sardo? Questa ‘lingua’ (LSC), con o senza variazioni sul tema, non verrà mai accettata. Anzi, probabilmente decreterà la fine della lingua sarda. La lingua sarda comune non esiste e mai esisterà. Perché continuare su questa strada?
Ascu’, ma proita non ti lghes a su mancu su ki nh’est scritu?
Proita non t’informas?
Su sardu est già una ilngua comuna.
Lgeghe-ti “Le identità linguistiche dei Sardi”, Condaghes, Cagliari, 2013)
“Perché dovrei accettare una lingua imposta dall’alto? Perché dovrei mettermi a studiare un sardo che non è (il mio) sardo?”
Perchè è solo una grafia scritta, e perchè serve a salvare il sardo dall’estinzione. Tutta la lingua sarda. È il monolinguismo assoluto in italiano che sta distruggendo il sardo, lo standard è fondamentale per fermare e magari invertire il processo. Oltre che, chiaramente, per motivazioni pratiche.
Due standard non si possono fare? Logudorese e campidanese. Ogni volta che leggo qualcosa in LSC mi chiedo “ma cos’è questa cosa???”. E così si chiedono tanti campidanesi.
Per quanto riguarda il mio campidanese, questo di sotto
“Ascu’, ma proita non ti lghes a su mancu su ki nh’est scritu?
Proita non t’informas?
Su sardu est già una ilngua comuna.
Lgeghe-ti “Le identità linguistiche dei Sardi”, Condaghes, Cagliari, 2013)”
diventa:
“Ascù, ma poitta no(n) ti liggisi a su mancu su chi c’esti scrittu?
Poitta no(n) t’informasa?
Su sardu esti giai una lingua communa.
Liggidì “Le identità linguistiche sei Sardi”, Condaghes,
Cagliari, 2013)”
E questo lo leggono bene tutti i campidanesi, con piccole varianti minori. Fosse anche un campidanese ‘casteddaio’ (e io non lo sono…) andrebbe più che bene!
Stesso discorso per il ‘capo di sopra’: si utilizzi il logudorese (o un logudorese) di riferimento e stop.
Altra cosa, per ciò che concerne il campidanese: “In base ad una ricerca del 2006 della Regione Sardegna il campidanese risulta capito da 942.000 persone circa (il 96,9% dei residenti) e parlato da 670.000 persone circa (il 68,9% della popolazione). Solo il 3,1% dei residenti non avrebbe alcuna competenza del campidanese.” (wikipedia).
Quasi il 70% dei sardi parla campidanese e il 97% lo capisce…
942.000 persone il 96% dei residenti in Sardegna?
Ma la popolazione sarda è di 1.700.000 circa, forse 942.000 sono i residenti nel sud dell’ISOLA? o sono i maggiorenni?
C’è qualcosa che non torna cmq.
Suppongo si riferisca ai residenti nelle zone dove si parla campidanese (975.000 persone circa, questo è il 100% da utilizzare).
cosi ha più senso.
“quasi il 70% dei sardi parla campidanese e il 97% lo capisce…” sembrava molto molto strano
Deo non seo ne campidanesu ne loguroresu. deo seo maurreddinu. Poita mi tzerrias “campidanesu”? camipdanesu as esser tue!
Ma perchè non lasciamo che le cose restino come sono state fino ad oggi. La gente comune che oggi continua a usare le parlare locali non avrà certo il tempo di mettersi a studiare regole nuove e difficilmente avrà bisogno di usare la lingua scritta. Per salvare il “sardo” sarebbe sufficiente che nelle scuole venissero insegnate, senza complicazioni particolari, le rispettive varianti locali, possibilmente con indicazioni precise su grafia e pronuncia.
È esattamente quello che ho fatto: chiare regole di scrittura e di pronuncia. Per le scuole e per chiunque le voglia adottare
“Ma perchè non lasciamo che le cose restino come sono state fino ad oggi.”
Cioè, lasciamo morire il sardo? Perchè è quello che succederà senza uno standard, purtroppo.
“La gente comune che oggi continua a usare le parlare locali non avrà certo il tempo di mettersi a studiare regole nuove e difficilmente avrà bisogno di usare la lingua scritta.”
Il tempo lo si trova (ci mancherebbe pure che chi impara una lingua non ce ne metta almeno un po’). Per quanto riguarda la necessità della lingua scritta è ovvio che ci sia, il sardo non può essere solo orale.
“Per salvare il “sardo” sarebbe sufficiente che nelle scuole venissero insegnate, senza complicazioni particolari, le rispettive varianti locali, possibilmente con indicazioni precise su grafia e pronuncia.”
Al di là del fatto che, come ha scritto Bolognesi, è quello che ha fatto, uno standard è indispensabile per motivazioni pratiche: libri di testo (che andrebbero stampati altrimenti in tutte le varianti) e programmi informatici, per fare esempi banali, devono essere scritti in uno standard comune a tutti coloro che se ne occupano, per evitare che più traduttori che si occupano di una stessa cosa mischino tra loro grafie varie in un minestrone incomprensibile.
Grafie locali potrebbero e dovrebbero essere insegnate parallelamente (in quanto fondamentali per la poesia, ad esempio), ma tutti dovrebbero conoscere lo standard comune.
Un poeta [può scegliere di scrivere nel suo dialetto o di usare lo standard, a seconda dell’effetto che vuole raggiungere.
“Il fallimento dell’introduzione strisciante della LSC come standard deriva proprio dal fatto che la LSC – in origine concepita per essere una vera e propria “lingua”, con tanto di pronuncia standard – nel momento in cui si è cominciato a dichiarare che si trattava soltanto di un’ortografia, non è stata accompagnata dalle necessarie regole di pronuncia”
“Deriva proprio”? Tutto qui? Non dev’essere facile rinnegare il proprio scarrafone, ma si è visto di meglio (sic). Scidaisindi! Attru chi pronuntzia…
Spero ki a su mancu tue apas cumprendidu su ki as scritu.
Bolognesi, d’asi cumprendiu beni tui e tottu, ma no mi potzu certu sonnai ca d’asa mai ammitti, mancai siasta fendi su barrosu. Sperausu in sa prossima generatzioni de studiosusu e no in chinu cumment’a tui s’esti inbentau una lingua comuni chi no esistidi. Ci ad’essiri stettia una manera po arresolvi sa chinstioni e fai prexiausu casi tuttosu, ma tui iasta deppi ingutti troppu ferenu po da baliai.
Bai cun deusu
Custu contributu de Bolognesi mi paret chi siat unu passu ainnantis bonu meda. Su tzentru de s’articulu est sa quistione de s’investimentu generosu chi si depet faere pro cundividire s’ortografia, in manera qui is sardofonos custument semper a siguire is sonos qui ant connotu, ma si custument fintzas a una manera noa e pratica de tenne scritura e letura. A cunfrontu cun cantu est a tesu sa pronuntzia dae su scritu in s’inglesu, su caminu sinnau pro una LSC “in fieri” paret prus pagu traballosu, belle in manus nostras.
Caro Vito, sono molto profana, chiedo venia. L’argomento suscita però il mio interesse e vorrei timidamente sottoporre alla vostra attenzione una domanda che mi sono posta di recente, mentre ascoltavo i “suoni” delle poesie, durante la serata di premiazione del II Premio Faustino Onnis, scritte nelle “varianti” (si dice così?) più disparate. La domanda è questa: come fa un poeta a scrivere in modo standardizzato in LSC?
Salve Mamma Trigu. Credo che proprio i poeti, dovendo farsi comprendere da tutti i sardi, utilizzassero già uno standard di scrittura (sottolineo scrittura perchè la pronuncia è altro). Lo stesso fanno i tenores. La Lsc mira a questo, rendere il sardo una lingua “normale” come le altre. Una lingua scritta per tutti, dove la pronuncia viene lasciata libera. Il cammino è lungo ma chi ha a cuore la lingua sarda (lasciamo perdere altri interventi razzisti) ne comprende bene l’importanza. La saluto e a mengius bidere.
Non scherziamo .. prova a trascrivere un’ottada usando il campidanese standard e vedi cosa ne esce: un insieme di versi smetricati e rime che non risultano più.
La stessa cosa succederebbe trascrivendo in LSC unu muttettu o unu muttu.
Sarebbe come scrivere in italiano una commedia napoletana
Va bene l’eventuale lingua “standard” per l’amministrazione e per “usi ufficiali”, ma non allarghiamoci troppo ..
Duas cosas: unu su poeta podet sighuire a scrier comente ddi paret e praxet; duos, sa manera comente est scritu unu faeddu non nde cambiat sa pronuntzia. S’otava non est fata pro esser scrita, ma cantada. Ita ddi cambiat sa manera de dda scrier?
Gentile Brabadu, ma di che parla? Secondo lei gli altri popoli non hanno avuto i loro bei problemi di scrittura/pronuncia? Il sardo secondo lei è “anormale”?. Nessuno dice che abbiamo uno standard perfetto, ma per favore proviamo a lavorarci. Sà come si scrive “latte” in francese?: “Lait”. Sà come si pronuncia?: “Lè”. I Francesi sono più intelligenti dei sardi?
Ca su poeta at a sighiri a scriri cumenti ddi praxit est craru; deu femu arrispundendi a chini mi benit a nai ca is poetas podint scriri cun su standard.
Cumenti ant a sciri is chi s’ocupant de poesia sarda, esistit sa chistioni de sa rima e de sa mètrica.
In campidanesu, po nai, “crai” cun “pigai”, “guai”, “castiai” – “mai”.
Chi ddus scrieus in LSC o in GSC naraimì ita fini fait sa rima: “crae” – “pigare” – “guai” – “castiade” – “mai”.
Po sa mètrica sa pròpriu cosa, si no peus puru:
su chi iat a depi essi un’endecasillabu ndi podit bessiri a dodecasìllabu o decasìllabu a segundu de is fueddus ..
Duncas no nc’est duda ca is poetas campidanesus ant a sighiri a scriri in sa bariedadi nosta (su “standard” classicu), is àturus fatzant su chi preferint.
Martino io ho capito che stavamo parlando di poesia e di poeti, non so lei
Nossi: in inglesu arrimant
bye, buy, by, eye die,
sees, seas, seize
bee, see recipe
apu arrispustu in bàsciu .. tenis arrexoni ma totu dipendit de chini ligit: a su puntu chi seus est giai tropu si s’agatat genti chi scint ligi in sa bariedadi sua .. figureussì in un’àtara
Faghimus goi. Lu preguntamus a Peppinu Mereu. bene andat?
Lassa stai a Mereu .. as a sciri ca poetas in vida si nd’agatat e meda puru. Perou dimanda a is de cab’e bàsciu puru,si ndi connoscis
Poi est berus ca sa pronùncia podit essi oguali .. si su chi ligit dda ligit in sa manera giusta: Si unu de cab’e susu ligit unu mutetu longu a sa manera sua podit nai “ma innoi ant sballiau totu is rimas”
Pro sa poesia est un àtera chistione: podet èssere impreada sa grafià locale (fonetica) parallelamente a s’istandard. Meda poetas de su Lazio ant iscritu in romanescu chene burrare s’iitalianu istandard. In uve serbit su dialetu si podet impreare, ma pro àteras cosas si depet “ammarolla” (comente narant in su Cabu de giosso) tènnere un’istandard comune.
Brabudu, no seo de acòrdiu cun su ki as scritu: segundu mene su Campidanese e su Logudorese no funt feti grafias ma funt pròpiu lìnguas speciales, fatas pro cantare poesias, ki poi ant agatadu una norma grafica insoro in tempos de scrittura.
Ajo però depeis ligi totu sa discussioni 😀
l2212 ses nendi sa pròpriu cosa chi apu nau deu
Nicolau si no ses de acòrdiu cun mei figuradì cun is àturus chi funt interbènnius
Tènes resone, apo letu petzi s’urtimu cummentu!
Pedo iscusa.
S’unica cosa, deo pesso chi s’istandard andat bene non petzi pro amministratzione e usos ufitziales, ma fintzas pro sa prosa (romanzos e cosa gai). Poi cada iscritore biet issu (non isco si ses de acordu in custu).