Giacomo Dessì ha vent’anni. In questi giorni sta lavorando, insieme ad altre persone del Presidio di Piazzale Trento, per dare una coperta, medicine e un pasto caldo ai richiedenti asilo che si rifiutano di stare nel Centro di Elmas e che dunque stanno dormendo in piazza Matteotti, a Cagliari. Molti di questi ragazzi, arrivati in Sardegna una settimana fa, per fortuna sono già riusciti a raggiungere il continente. Grazie Giacomo per quello che stai facendo e per questa testimonianza.
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Caro Vito,
è un onore poter trovare spazio sul tuo blog.
Purtroppo questa storia non ha avuto ancora un organo di stampa per essere portata a conoscenza di tutti, il tuo blog è sicuramente più seguito del mio e a nome del Presidio Piazzale Trento di Cagliari ti ringrazio per darci la possibilità di raccontare quello che è successo negli ultimi giorni.
In molti sappiamo dell’esistenza del CIE/CPSA/CARA di Elmas, una struttura con diversi nomi e in teoria diverse funzioni, ma in pratica una piccola prigione per extracomunitari. Negli occhi di tutti ci sono le immagini mandate in onda dal Tg2 sul vergognoso “trattamento anti-scabbia” riservate agli ospiti di Lampedusa e i racconti dell’aeroporto di Elmas bloccato mercoledì da una fuga sulla pista da parte dei migranti che dovrebbero essere accolti e ospitati.
Il Presidio Piazzale Trento è un movimento che è nato nel 2011 a seguito della disastrosa situazione economica della nostra terra e ora si preoccupa di difendere i diritti fondamentali dei cittadini e anche dei non-cittadini. Da oltre due anni occupiamo una parte di piazzale Trento a Cagliari con una tenda azzurra. Lì dentro sono nate le azioni contro Equitalia, gli striscioni a sostegno della lotta dei malati di Sla, i blitz ai parcheggi del Brotzu che erano diventati abusivamente a pagamento, i tentativi di bloccare diversi sfratti, e così via.
A settembre un gruppo di somali, eritrei ed etiopi uscì dal Centro di Elmas e si mise in mezzo all’incrocio di via Roma e largo Carlo Felice all’ora di pranzo. Volevano notizie sulle loro pratiche come richiedenti asilo. Dopo una lunga trattativa fatta di più traduzioni tra italiano, inglese, somalo e tigrino, i migranti raggiunsero un compromesso anche sulle condizioni di vita all’interno del Centro. Dormirono una notte in piazza Matteotti. In quell’occasione il Presidio distribuì pane e acqua a oltre cento migranti in protesta.
Cento persone che avevano bisogno in ogni caso di essere assistite. Il sole picchiava forte e la protezione civile comunale arrivò diverse ore dopo: “Non avevamo acqua e siamo andati a comprarla al supermercato” dissero per giustificarsi.
Il Presidio allacciò contatti con le realtà organizzate e non degli extracomunitari. Abbiamo raccolto abbigliamento e da allora seguiamo con attenzione quello che succede a Elmas.
Martedì sera 17 dicembre 80 eritrei, arrivati a Lampedusa le prime ore del mattino del 9 dicembre, sbarcano a Elmas. Un gruppo si barrica in uno dei bus che entrava al Centro. “Avevamo capito che ci stavano rinchiudendo e che non eravamo a Palermo come ci avevano detto alla partenza” dice un ragazzo del gruppo, capisco che è più o meno mio coetaneo: ha 20 anni.
Racconta della sua fuga passando per il Sudan e il deserto libico: ha visto i suoi compagni di viaggio morire, ha subito violenze nelle carceri libiche. Poi la partenza su una barca verso l’Europa. Lì inizia a piangere, vuole raggiungere una cugina a Londra. Per lui, farsi identificare e dare le impronte digitali qui, vorrebbe dire che il Regno Unito potrebbe rispedirlo in Italia perché sulla base del Regolamento di Dublino II sarebbe la commissione territoriale di Roma a doversi occupare della sua pratica.
La sua è solo una delle tante storie di disperazione, fuga e voglia di crescere sognando in grande.
Anche un altro ragazzo ha la sua stessa meta, su Facebook mi ha mostrato le foto di un suo parente ferito e poi morto a seguito della tragedia del 3 ottobre (una nave prese fuoco a poca distanza da Lampedusa). Anche lui è terrorizzato dal dover dare le impronte, rischierebbe di non poter raggiungere più la madre che lavora in Germania, non la vede da 10 anni, da quando era bambino e anche se è registrato come maggiorenne, ha dormito in piazza Matteotti come gli adulti e le donne incinta.
Grazie a lui, io e gli altri compagni del Presidio riusciamo a entrare in relazione con questo nuovo gruppo che ha paura dell’”uomo bianco”: sono convinti che da un momento all’altro qualcuno li riporti al Centro di Elmas.
Hanno riferito di essere stati lasciati fuori dall’edificio, all’aperto e senza cibo perché si rifiutavano di dare le impronte. Per quel motivo sono fuggiti dalla “prigione” come la chiamano loro. Uno di loro racconta di essere fuggito nello stagno di Santa Gilla e di essere stato recuperato dalla Guardia Costiera.
Un altro zoppica e cammina sostenuto da un compagno, usa un pezzo di legno per camminare. Come gli ho mostrato una foto del CIE mi conferma di aver scavalcato una recinzione e di essersi fatto male quando una volta a terra. Con non poche difficoltà i compagni del Presidio lo accompagnano al pronto soccorso, è una semplice frattura composta, nulla di grave ma sicuramente necessitava di qualcuno che sapesse prendersene cura.
I rifugiati sono ancora una volta abbandonati a loro stessi, il contributo che il Presidio ha dato con un po’ di abbigliamento e alcuni litri di thé caldo in queste notti non sono che una goccia nell’oceano. Vogliamo occuparci di loro perché chi dovrebbe non se ne occupa, sono trattati come un’emergenza e questa genera profitti per chi vince gli appalti dell’accoglienza e dei servizi offerti a chi scappa da guerre e povertà.
È scandaloso che nessun ente terzo possa verificare le reali condizioni di vita dentro centri come quello di Elmas. Le proteste che avvengono in questi giorni nel resto d’Italia e d’Europa dimostrano come le leggi italiane sull’immigrazione e il Regolamento Dublino II siano politiche fallimentari e ledano la dignità delle persone e i diritti dei rifugiati.
Giacomo Dessi
http://gidessi.altervista.org/
www.facebook.com/
(L’interno della struttura di Elmas)
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@ Gi Dessì.
L’ambulatorio di strada è un servizio erogato dall’ASL 8 di Cagliari come estensione dell’ambulatorio per stranieri temporaneamente presenti (STP) di Viale Trieste.
Opera il Mercoledì sera dalle 20.oo fino alle 24.oo e oltre. Viene utilizzata una ambulanza medicalizzata messa a disposizione dal 118, e le prestazioni sono garantite da due medici e un infermiere. Vengono eseguite visite e monitoraggio sanitario di carattere generale, con distribuzione gratuita di farmaci, e in numerosi casi i pazienti che necessitano di approfondimenti vengono avviati ad accertamenti specialistici. L’ambulanza effettua le “fermate” nei luoghi notoriamente frequentati da senza tetto, con partenza da Piazza Matteotti intorno alle 20.15 – 20.30, per poi proseguire in un percorso ormai consueto. La struttura opera in contemporanea con associazioni che distribuiscono viveri e vestiti. Fino poco tempo fa erano presenti gli assistenti sociali del Comune di Cagliari, che però hanno interrotto il servizio.
Il servizio navetta è stato appaltato dalla Prefettura UTG di Cagliari durante l’estate per 235€+iva (10%) al giorno per una corsa a/r e 90€+iva per corse extra.
@su bixinu puoi darmi informazioni sull’ambulatorio di strada?
Molte delle cose riportate in questa testimonianza corrispondono al vero. Addirittura pare che gli ospiti del centro, di cui dovrebbe occuparsi la società che gestisce la struttura, spesso vengano caricati su un pullman e portati a Cagliari, dove per mangiare si rivolgono alla Caritas.
Comunque, per i problemi di salute degli immigrati la ASL garantisce le cure nell’ambulatorio di Viale Trieste (martedì e giovedì pomeriggio) o mediante l’ambulatorio di strada il mercoledì sera (se c’è bisogno è operativo anche stasera). Per le urgenze e i casi gravi, poi ci sono le strutture del pronto soccorso e le guardie mediche.
Non solo: mi risulta che il servizio di navetta che appena una volta al giorno porta in centro e riprende i migranti, costi cifre importanti. Una solo volta al giorno: per questo è morto quel giovane afghano investito nei pressi dell’aeroporto.
Ma che tutto state scrivendo. . Almeno informatevi bene prima di scrivere cose non vere.. il servizio navetta dipende da quanti ospiti vogliono recarsi in citta.. il giovane afghano non era ospite del cspa e se è morto e perché attraversava un pezzo di strada buia e super trafficata.. x tutto il resto informatevi prima di dare delle ridicole informazioni
Il fatto che non fosse ospite del CSPA non implica che una zona nella quale transitano tantissime persone ogni giorno debba essere isolata dai mezzi pubblici. La questione del servizio navetta da cosa dipende? Se ha delle informazioni si qualifichi e dimostri l’attendibilità.
Il servizio navetta ripeto dipende da quanti ospiti vogliono recarsi in citta quindi se gli ospiti sono 200 ci saranno 4corse ad andare e 4 corse x ritornare al cspa… informiamoci bene su cosa si scrive perché si può creare disordini per cose non vere…
Gli ospiti del centro non vengono “caricati” sul pullman, si carica il bestiame non le persone richiedenti asilo! In realtà, se gli ospiti “vogliono” recarsi in città “salgono” sul pullman e vengono “accompagnati” in città; se gli ospiti del centro si trovano in città, non avendo soldi, mi sembra più che normale che si rechino alla Caritas per mangiare, e questo perché la mensa, che all’interno del Centro Elmas provvede a fornire a ciascun ospite tre pasti al giorno, non è ancora fornita di ruote.
Per quanto concerne i problemi di salute, il centro è fornito di un ambulatorio medico presidiato da un medico e un infermiere h24 sette giorni su sette;
Il Centro Elmas inoltre fornisce agli ospiti biancheria intima, vestiti, calze, scarpe, lenzuola, coperte e una scheda telefonica.
grazie Bia……