Cagliari / Giornalismo / Sardegna

Kyenge a Cagliari: contro il razzismo, basta commenti intolleranti su Facebook, sui blog e sui giornali. Si può fare subito, si può fare ora!

“Siamo diventati razzisti?” si chiede oggi opportunamente Sardinia Post, e anche l’Unione Sarda, con un interessante editoriale firmato da Lorenzo Paolini (“I quattro mori per salvarci l’onore”) indaga i motivi di questo rigurgito di intolleranza scatenato in Sardegna dall’annuncio della presenza del ministro Kyenge a Cagliari, il prossimo 22 settembre, in occasione della visita in città di papa Francesco.

Cosa sta succedendo? I sardi stanno diventando come i peggiori leghisti? Proviamo a ragionare.

Innanzitutto nei confronti del ministro si sta scatenando un “razzismo istituzionale”, cioè espresso dai partiti. Perché qualcuno dovrebbe far notare che le posizioni di Fratelli d’Italia e perfino del Pdl (patetica la presa di posizione dei giovani del partito di Cagliari, riportata ieri da l’Unione Sarda) non si discostano per nulla da quelle di un partito dichiaratamente neofascista come Forza Nuova. Ergo, la più grande casa politica dell’intolleranza razziale in Italia è il centrodestra (la cosiddetta “casa dei moderati”), non l’estrema destra.

Come difendersi da questa politica razzista portata avanti da partiti di governo? Trattandola per quella che è. E come? Ricordate qualche mese fa il caso della ragazzina bocciata alla maturità perché nel tema aveva espresso posizioni antiebraiche e negazioniste? Bene, mi colpì molto (favorevolmente) il fatto che l’Unione Sarda, affianco al pezzo di cronaca, pubblicò un sintetico commento in cui stigmatizzò il comportamento della ragazza e lodò l’atteggiamento dei professori. Dunque perché contestualmente alla pubblicazione delle posizioni dei partiti, i giornali ogni volta non ricordano che si tratta di affermazioni razziste? Oggi l’Unione effettivamente lo fa, definendo quella dei partiti del centrodestra “un raffazzonato zibaldone di fesserie”.

Poi c’è l’intolleranza sulla rete: devastante. La giornalista Francesca Madrigali nel suo blog ci dà un consiglio da seguire: leggetevi il post “Per una ecologia della comunicazione: ovvero, stop alla condivisione dell’immondizia!”. Basta condividere tutto e basta soprattutto tollerare qualsiasi cosa: il razzismo (come già ebbi modo di dire: “Il razzismo non è un punto di vista”) non è un’opinione, ma un reato. E come giustamente fa notare Francesca riguardo certi post

Non condividiamoli, per carità, non aumentiamo l’effetto domino della violenza verbale e fisica; se vogliamo portarli a conoscenza degli altri, filtriamoli attraverso le nostre parole, raccontiamoli ma non mostriamoli come se fossero un adesivo da appiccicare al cofano della macchina.

Nel nostro piccolo ognuno di noi potrebbe dunque cancellare dalle proprie bacheche i post e i commenti evidentemente razzisti. Ognuno di noi dovrebbe farlo, ma a maggior ragione le testate giornalistiche, che sono tenute ad un maggiore attenzione e rispetto dei propri lettori.

(Apro una parentesi: uno dei più salutari effetti del cambio di direzione all’Unione Sarda è stata la chiusura di quella vera e propria fogna a cielo aperto che è stata per mesi, nella pagina della cronaca di Cagliari, il “Filo diretto con i lettori”: sms e commenti pubblicati senza alcun filtro e quasi sempre portatori più posizione assurde e intolleranti, espresse con un linguaggio scomposto e quasi mai ragionevole, e che hanno per troppo tempo ammorbato i termini duella discussione su argomenti importanti per la città).

Invece proprio i giornali on line e le tv sembrano essere diventate a Cagliari e in Italia (volontariamente o no) i maggiori propagatori delle idee razziste e intolleranti. I deliri vengono accettati “perché bisogna sentire anche l’altra campana”. Ma questa idea da par condicio non è ammissibile: la democrazia va difesa soprattutto da chi nega i suoi principi, ed è per questo che certe posizioni razziste non solo andrebbero sanzionate penalmente ma anche private di ogni dignità. Cancellate.

Poi c’è un effetto paradossale, dato dall’assenza di sanzione alle posizioni razziste espresse pubblicamente. I giornali pensano di poter colmare questo vuoto enfatizzando la stigmatizzazione di determinati episodi (pensate agli ululati ai giocatori di colore nei nostri stadi), con il risultato di moltiplicare a dismisura l’effetto negativo. Un maggiore equilibrio non guasterebbe.

In ogni caso, l’opinione pubblica reale e virtuale non può essere ammorbata da queste continue dichiarazioni razziste e intolleranti che rischiano alla lunga di essere benzina per atteggiamenti realmente discriminatori, oltre che dare una visione distorta della realtà (perché in Sardegna e a Cagliari non siamo così razzisti, anzi: la realtà è proprio un’altra).

Il nostro ordinamento già prevede delle limitazioni, sacrosante, al diritto di espressione e di essere informati. I giornalisti lo sanno bene, perché non possono scrivere tutto quello che passa loro per la testa né possono dare ogni notizia ma devono seguire delle regole deontologiche. La limitazione più nota è quella che riguarda i minori, la cui tutela prevale sul diritto all’informazione.

Quindi i giornalisti dovrebbero iniziare a non tollerare più nelle pagine da loro gestite commenti dichiaratamente razzisti o espressi con un linguaggio violento.

Volete qualche esempio di commenti che io da giornalista non tollererei nella pagina fb del mio giornale?

Su l’Unione Sarda (commento alla notizia “Senegalese insultato a Sant’Antioco
, il sindaco lo incontra e gli chiede scusa”): “E basta!!!!!!! ma quante volte loro ci sfanculano nella loro lingua?e mica facciamo tutto sto casino…..RAZZISTI AL CONTRARIO!!!!!!”.

Su Cagliaripad (commento alla notizia della Kyenge in città): “Ci oscura la giornata andate al mare e se vuole il papa vada a marina piccola a farsi un bel mirto ghiacciato, così se da un calcio al culo alla ministra può dire scusate ero in preda al’alcool,e se non fosse così non importa,basta il pensiero,,, by frankie”.

Questi commenti secondo me non dovrebbero stare su pagine Facebook di testate giornalistiche registrate, le quali non possono essere in balia di chiunque voglia manifestare al mondo la sua intolleranza. E allo stesso modo chiunque ha un profilo Facebook può cancellare post e commenti dichiaratamente razzisti.

Questo lo possiamo fare tutti. Questo lo possiamo fare ora. E poi vediamo se la situazione cambia. Per me cambia, eccome se cambia.

 

Tags: , , , , , , , ,

26 Comments

  1. La legge Mancino [n. 205/93 “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, Gazz. Uff. 27 aprile 1993] punisce “con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione permotivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. L’indicazione “in qualsiasi modo” mi sembra sufficiente a contemplare tutto quello che viene reso “pubblico” attraverso la rete Internet.

    N.B. A ciascuno l’uso della rete Internet che più gli si addice.
    http://linguaggio-macchina.blogspot.it/2013/08/dal-clero-allo-sclero-tra-social-e.html

  2. Pingback: Kyenge a Cagliari: contro il razzismo, basta commenti intolleranti su Facebook, sui blog e sui giornali. Si può fare subito, si può fare ora! | CASTEDDU.ORG

  3. Matteo says:

    Caro Vito, io ormai ho preso da tempo una decisione. Qualunque conoscente che ho sul social network da te citato che osa anche solo condividere parole di altri che richiamano anche ad un minimo razzismo, è stato da me eliminato negli ultimi mesi. E così continuerò a fare, perché tanto le discussioni, i commenti, qualunque appunto non fa altro che amplificarne l’ignoranza. Via, cancellati, non abbiamo nulla a che spartire.
    Certo, è poco, ma almeno non devo più leggere certe amenità precedute dall’ipocrita “non sono razzista, ma…”
    Basta, non se ne può più. Gente con il monociglio che se la prende con il ministro, gente che nemmeno il più becero leghismo, gente che fa parte di uno dei popoli con maggiore emigrazione della storia che se la prende con altri emigrati. Per loro ormai ho solo una frase: andatevene a fanculo.

  4. Giovanni says:

    Il sistema cacciatore-preda che il professore descrive è infatti un buon paradigma di molte situazioni reali, come nella competizione industriale, la corruzione-legalità, ed anche economia-intolleranza.

    Mi spiego banalmente: quando l’economia va bene, molti hanno abbastanza da fare, e di meglio a cui pensare che prendersela contro i nuovi venuti, gli immigrati, che in una buona economia sono una risorsa; in questa condizione, gli immigrati aumentano – è come la pressione atmosferica, quando può si trasferisce dove ce n’è meno – coloro che non hanno lavoro quando possono si trasferiscono dove ci son più opportunità, come i nostri giovani adesso. Quando l’economia peggiora, c’è meno da fare per tutti, c’è più disagio, e diventa più probabile vedere l’immigrato come un parassita. Si va per cicli.

    In maniera meno banale, c’è un nesso fra la situazione economica e la tendenza all’intolleranza, ma c’è un antidoto: l’umanità, intesa in particolare come consapevolezza che sopratutto noi italiani da emigranti poveracci eravamo visti pure peggio di come adesso si guardano la Kyenge e quelli come lei. Basta ricordarselo, per smetterla di prendersela con la Kyenge, e … per che cosa? Nulla, appunto. Che il ministro sia la benvenuta.

    Saluti,
    Giovanni

    disclaimer: devo ammettere di essere stato allievo del professore a cui sopra, ma anche se non fosse, mi pare ovvio che il comunismo non c’entra un cazzo.

  5. L’ Italiani laveranno il loro razzismo nei confronti della ministra e scaricheranno la loro colpa su tutti i sardi come fecero con Cellino che mentre in Italia imperversava il calcio scommesse i giornali italiani pensarono bene ad attaccare il presidente del Cagliari ,quando invitò i tifosi ad andare allo stadio non rispettando un ordine del prefetto , gridando allo scandalo e vergogna per il calcio italiano e mi sembra anche europeo.

  6. Atropa Belladonna says:

    Uno dei problemi è riflesso nel fatto che, ad esempio, un politico, come Calderoli, che dice quello che ha detto in altra occasione sul ministro Kyenge è ancora al suo posto; indagato sì, ma ancora al suo posto: vicepresidente del Senato per la lega nord. . Quanti esempi potremmo portare per un senso del Diritto inesistente, o talmente obnubilato da un certo modo di sentire e di “lasciar fare” che abbiamo accumulato, proprio come stile di vita e di pensiero nazionale? La “papessa” luterana tedesca si è dimessa dalla carica dopo essere stata sorpresa a guidare alticcia; il ministro Guttenebrg per avere scopiazzato parte della sua tesi di PhD: diciamo la verità, quale italiano non ha sorriso di fronte a dimissioni in seguito a simili “quisquilie”? Le leggi, che ci ricorda Efisio sono una parte essenziale; il “senso” civico ed il senso del Diritto però anche: il vedere che manca, proprio come moto interiore, come senso sentito intimamente,(e non solo, come è nostro usao nazionale, per paura di una punizione), quello fa davvero male. . Quello che suggerisce Vito è anche molto utile, lo quoto in pieno: meglio raccontare che condividere un link, a volte per pura pigrizia.

  7. Franco Meloni says:

    La matematica del razzismo

    Gli italiani sono brava gente come i sardi sono ospitali.
    Affermazioni valide fino a quando non sono messe in discussione.
    Fine anni 70, Aula Magna dell’Universita’, prolusione del Prof Giuseppe Aymerich alla fine del suo mandato come Rettore: La preda e il cacciatore, un’analisi matematica.
    L’argomento e’ semplicemente complesso: in un’isola deserta i conigli crescono fino a quando le volpi non li eliminano. Per evitare l’estinzione delle due parti in causa, una soluzione da dinamica non lineare, preludio agli studi sul caos e’ possibile. Matematicamente affascinante.
    Alla fine della conferenza domande vaghe su un argomento apparentemente lontano dai problemi reali.
    Chiedo: -Da questo studio e’ possibile prevedere quando i sardi mostreranno razzismo nei confronti dei senegalesi? –
    Il Professore non ha chiaro il senso della domanda e gli sguardi sdegnati di alcuni colleghi, timorosi di toccare argomenti tabu’ per le sacre aule della Sede Indiscussa della Sapienza, mi fanno capire di avere commesso una delle mie innumerevoli mancanze di rispetto.
    La moglie del Professore, seduta davanti a me, ritiene la domanda opportuna, forse perche’ piu’ attenta nel cogliere i segnali che mostravano i primi segni di insofferenza nei confronti dei sorridenti venditori di oggettini in pochi angoli della Citta’.

    La tolleranza, come l’intelligenza, resta un’ipotesi fino a che non la si mette alla prova.
    Ora abbiamo una buona possibilita’, per la venuta a Cagliari del Vescovo di Roma, avvenimento che si ripete piu’ spesso che ad ogni morte di papa, di dimostrare che i Sardi sono realmente ospitali.
    Beni benia, Ministro Kyenge.

    Franco Meloni, fisico.

    • Cecule Kyagne e fott says:

      E basta siete ridicoli! Ve la cantate e ve la suonate, fate ridere!!! Devo ancora conoscere un comunista povero, me ne presentate uno, gli vorrei stringere la mano! A causa della vostra cronica mancanza di argomenti non fate altro che tirare in ballo il razzismo. Tutti comunisti con la pelle degli altri, per non usare la formula più corretta.

      • sono completamente d’accordo con te io non conosco comunisti poveri il comunismo in italia nn solo è una piaga ma in realtà è una posizione che fa comodo a molti , del rsto devono riscattare la loro coscienza sporca x tutti i soldi che guadagnano o no???? MPS dice nulla associati ai nomi di bersani, amato e d’alema?????? mahhhh

  8. Pingback: Is Sardos ratzistas? Ellus ca no? | Bolognesu: in sardu

  9. Peter Hitchens: “Non è stato perché ci piacevano gli immigrati, ma perché volevamo distruggere la società.”
    Peter Hitchens ex radicale di sinistra che oggi ha aperto gli occhi, scrive sul Mail on Sunday. La sua è una confessione e una denuncia:
    Come io sono in parte responsabile per l’immigrazione di massa

    Quando ero un rivoluzionario marxista, eravamo tutti a favore di più immigrazione possibile.

    Non perché ci piacessero gli immigrati, ma perché non ci piaceva come era la società britannica. Abbiamo visto gli immigrati – da qualsiasi luogo – come alleati contro la società conservatrice che il nostro paese era ancora alla fine degli anni Sessanta. Volevamo usarli come grimaldello.

    Inoltre, ci piaceva sentirci ‘superiori’ alle persone comuni – di solito delle zone più povere della Gran Bretagna – che videro i loro quartieri improvvisamente trasformati in presunte “comunità vibranti”.

    Se avevano il coraggio di esprimere le obiezioni più miti, subito li accusavamo di razzismo. Era facile.

    Noi studenti rivoluzionari non vivevamo in tali aree “multietniche” (ma venivamo, per quanto ho potuto vedere, per lo più dalle zone ricche e le parti più belle di Londra).

    Potevamo vivere in luoghi ‘vibranti’ per alcuni (di solito squallidi) anni, in mezzo a degrado e bidoni traboccanti.

    Ma noi lo facemmo come dei vagabondi senza responsabilità e in modo transitorio, non avevamo figli. Non come i proprietari di abitazioni, o come genitori di bambini in età scolare, o come gli anziani che sperano in un po ‘di serenità alla fine delle loro vite.

    Quando ci laureammo e cominciammo a guadagnare soldi seri, in genere ci dirigemmo verso le costose enclave di Londra e diventammo molto esigenti su dove e con chi i nostri bambini andavano a scuola, una scelta che felicemente abbiamo negato ai poveri delle città, quelli che abbiamo sbeffeggiato come “razzisti”.

    Ci interessava e ci siamo curati della grande rivoluzione silenziosa che già allora cominciava a trasformare la vita dei poveri inglesi?

    No, per noi significava che il patriottismo e la tradizione potevano sempre essere derisi come ‘razzisti’.

    E significava anche servi a basso costo per i ricchi della nuova classe media privilegiata, per la prima volta dal 1939, così come ristoranti a buon mercato e – in seguito – costruttori a buon mercato e idraulici che lavoravano in nero.

    Non erano i nostri salari che erano depressi dall’immigrazione, o il nostro lavoro che finiva fuori mercato. Gli immigrati non facevano – e non fanno – il genere di lavoro che facevamo noi.

    Non erano una minaccia per noi. Ma per la gente normale.

    L’unica minaccia per noi, poteva venire dai danneggiati, dal popolo britannico, ma potemmo sempre soffocare le loro proteste, suggerendo che erano ‘moderni fascisti’.

    Ho imparato da ciò, che ipocrita snob e persona arrogante ero (e la maggior parte dei miei compagni rivoluzionari erano).

    Ho visto posti che ho conosciuto e nei quali mi sentivo a casa, completamente cambiati nel giro di pochi anni.

    Ho immaginato come sarebbe stato, crescere in uno di quei posti, bloccato in un quartiere squallido come un inglese qualunque, strade strette dove i miei vicini parlavano una lingua diversa. E a poco a poco ho iniziato a diventare un solitario, traballante straniero in un mondo che conoscevo, ma che non riconoscevo più.

    Mi sono sentito profondamente, irrimediabilmente triste per quello che ho fatto e per non aver detto nulla in difesa di coloro le cui vite sono state stravolte, senza che fosse loro mai stato chiesto il permesso, e che sono stati avvertiti in modo molto chiaro che, se si fossero lamentati, sarebbero stati disprezzati e reietti. Definiti “razzisti”.

    Sembra l’Italia di oggi, dove se ti ribelli, sei “razzista”. Dove, o sei a favore della società multietnica, o sei “fuorigioco”, sei senza voce: perché chi e quando parla lo controllano loro. E se qualcuno rompe il monopolio, deve essere eliminato.

    • …cruciale la frase: “Se avevano il coraggio di esprimere le obiezioni più miti, subito li accusavamo di razzismo. Era facile.”

      ….. Mi sono sentito profondamente, irrimediabilmente triste per quello che ho fatto e per non aver detto nulla in difesa di coloro le cui vite sono state stravolte, senza che fosse loro mai stato chiesto il permesso, e che sono stati avvertiti in modo molto chiaro che, se si fossero lamentati, sarebbero stati disprezzati e reietti. Definiti “razzisti”.

    • muttly says:

      Ma la stessa Gran Bretagna dove la Thatcher chiudeva le fabbriche inglesi e che ora è la piazza dei denari arabi ?

      • Muttly, non divagare e scegli quella che più ti rispecchia 😉

        a) “Se avevano il coraggio di esprimere le obiezioni più miti, subito li accusavamo di razzismo. Era facile.”

        b) Inoltre, ci piaceva sentirci ‘superiori’ alle persone comuni

        c) che ipocrita snob e persona arrogante ero (e la maggior parte dei miei compagni rivoluzionari erano).

      • Madeu, la situazione inglese è completamente diversa da quella italiana e il racconto che ci hai proposto si presta a mille obiezioni.
        Detto questo, qual è il modello di società che tu proponi? Perché fermare l’immigrazione non si può, né in Italia né altrove. Cosa proponi? Apartheid? Assimilazione? Meting pot? Società multiculturale?

      • Complimenti per la capacità di sintesi: con tutto quello che c’era scritto, l’unica cosa che hai rilevato è stata LA REALTA INGLESE?! Potessi ti darei un premio come “quintessenza dell’onesta intellettuale dell’anno”! Fermare l’immigrazione si potrebbe, se solo la si smetesse di derubarli a casa loro, ma di certo non la risolvi con l’imposizione e la mancanza di rispetto di culture e tradizione millenarie: è un modello destinato al fallimento come si vede ovunque nel mondo.

      • Sergio says:

        Veramente si possono enumerare Stati e Nazioni che dell’integrazione e fusione di più culture hanno fatto il loro punto di forza, (vedi gli USA e l’Argentina). Imparare da loro no?

    • gaetano says:

      …strisciante…viscido…con la maschera dell’intellettuale di sinistra sconfitto…un razzista in giacchettina e gelatina…viva la societa’ multietnica, sempre! A foras is priogus arricchius!

    • Se in Italia un’opinione del genere la esprimesse Mario Capanna desterebbe scalpore e farebbe parecchio discutere. Ma se la esprimesse Giuliano Ferrara rientrerebbe nella normalità e non ci sarebbe nulla di così sconvolgente.
      Il punto è che Peter Hitchens è il Giuliano Ferrara britannico. Stessa generazione, stessa estrazione sociale elitaria, stessa militanza politica nell’estrema sinistra degli anni ’70, stesso ateismo radicale, stesso mestiere di giornalista… Per concludere in età matura con la stessa conversione alla destra conservatrice e ai valori cristiani. Quindi non si capisce cosa ci sia di così straordinario in queste parole di Peter Hitchens.

    • Grazie Madeu!
      ma non avete capito il vero scopo dell’ immgrazione di massa?!
      non avete capito che stanno proprio facendo leva sui sensi di colpa (razzismo, xenofobia) per eliminare qualsiasi dissenso e installare il NUOVO ORDINE MONDIALE?!
      si certo come dice il ministro eliminiamo i commenti scomodi, viva la censura! viva la dittatura!
      e mi raccomando continuate ad informarvi guardando “studio aperto” e “striscia la notizia”.
      e quando daranno il lavoro agli immigrati perchè più “preparati” (cioè disposti a prendere un quarto di un normale stipendio) lasciando i vostri figli, fratelli, nipoti a morire di fame, non provate neanche a lamentarvi, non vorrete mica essere accusati di “razzismo” vero?

  10. efisio says:

    Il razzismo è insito in ognuno di noi perché nasce da un istinto animale di autodifesa. Lo si può attenuare ma mai debellare del tutto.
    Il razzismo si attenua con la cultura, con l’emancipazione intellettuale (fatta di conoscenza della propria e delle culture altrui, fatta di viaggi nei quali ci si mescola con i paesi ospitanti) e anche con le leggi, le quali possono essere percepite giuste solo da cittadini che hanno maturato un determinato senso civico.
    La lotta contro l’analfabetismo aveva proprio questo scopo.
    Oggi si deve combattere l’analfabetismo civico, fatto di ignoranza e non curanza delle differenti culture compresa la propria, di macroscopiche mistificazioni e di razzismo.

    Tacitare certe voci ha senso, ma è come tirare l’acqua del water (e non è una metafora): certi escrementi della società li stai solo spostando di … location, ma non basterà ad eliminarli (anche perché ci sarò sempre una sede di forza nuova pronti ad accoglierli).

  11. Aldo Borghesi says:

    Ma a nessuno viene in mente che l’autentico problema POLITICO è che ministri della Repubblica Italiana (che fino a prova contraria non è una dépendance dell Città del Vaticano) vengano ad “accogliere” il capo di una confessione religiosa, in qualsiasi luogo del territorio dello Stato ciò avvenga, che sia in Sardegna o no ?
    In altri termini: che un’autorità civile (italiana o sarda che sia, anzi le seconde in genere brillano per maggiore servilismo) in quanto tale presenzi reverente (“accogliere”) a una manifestazione pubblica che attiene la sfera delle opinioni religiose (di chi le condivide, ovviamente), ovvero qualcosa con cui un ministro di Stato, o un’autorità civile in quanto tale, non dovrebbe avere nulla a che fare, perchè si tratta di cosa che esorbita dalla sua sfera di competenza? E questo, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, a prescindere dal fatto che il ministro sia bruno o biondo, uomo o donna, faccia di mestiere il medico o l’insegnante, sia nato a Pirri o a Stoccolma o a Kinshasa?
    Capisco che queste considerazioni siano inesorabilmente fuori dal campo percettivo di una destra più o meno abbaiante sul tema razzismo, ma che sicuramente cosa sia la laicità dello Stato non sa nemmeno dove iniziare a chiederselo. E che lo stesso valga per chi non si colloca politicamente a destra, ma culturalmente rappresenta la stessa cosa e peggio. Ma è possibile che a parte i razzisti palesi e occulti più o meno abbaianti, i laici di Sua Santità e quelli che Parigi val bene non una messa e anche due o cento o mille, la società e l’opinione pubblica sarda non produca altro?

    • muttly says:

      Che piaccia o no il Vaticano è uno stato e per rapporti di vicinato esiste il protocollo che contempla questa accoglienza, lo stesso riservato ai rappresentanti dello stato italiano quando si recano in Vaticano.

    • efisio says:

      non girarti dall’altra parte, col razzismo è ora di smetterla di giocare..

      • Aldo Borghesi says:

        Chi si gira dall’altra parte? Il razzismo è un problema, e grosso. E quello di avere uno Stato che non sia prono davanti a poteri esterni è un altro, e non è piccolo. Anche perchè forse uno Stato meno confessionale (dove Stato vuole dire anche scuola, amministrazione, e anche prassi delle figure istituzionali) darebbe meno spazio anche agli atteggiamenti intolleranti e quindi anche razzisti. Laddove non mi pare che il confessionalismo sia stato un antidoto efficace, a giudicare dai risultati.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.