Elezioni politiche 2013 / Politica / Sardegna

“Non solo primarie: ora il Pd si apra ad una partecipazione continua”: un appello di Michele Schirò e Silvano Tagliagambe

Il filosofo della scienza Silvano Tagliagambe e l’avvocato Michele Schirò propongono ai lettori di questo blog una lettera-appello sul tema della partecipazione politica e invitano il Partito Democratico ad un cambio di passo veloce e irreversibile. È necessario riprendere a discutere di politica senza preconcetti e con coraggio. Grazie ai due autori per avere scelto questo blog per diffondere la loro lettera-appello, che vi invito a far circolare sulle vostre bacheche di Facebook.

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Al di là del risultato, già di per sé inequivocabile, dell’ultima consultazione elettorale, tutte le rilevazioni sul grado di fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nei soggetti collettivi sono concordi nell’affermare che il gradimento nei confronti dei partiti è precipitato a livelli sconfortanti.

Le ragioni sono tante, ma appaiono sintetizzabili nella percezione diffusa che i partiti siano sistemi chiusi, autoreferenziali, che bloccano, anziché stimolare e favorire, un’effettiva partecipazione alla loro vita e organizzazione interna.

Ciò vale anche per il Partito Democratico nonostante il grande successo del meccanismo delle primarie per la scelta del candidato premier: momento straordinario di consultazione che ha creato aspettative subito mortificate e deluse dal processo di scelta dei candidati, troppo spesso imposti dall’alto, in palese contraddizione con gli esiti delle consultazioni territoriali.

Se si vuole cambiare davvero, rispondendo alle istanze sempre più pressanti che provengono dagli elettori, è pertanto in primo luogo sul meccanismo della forma partito che occorre intervenire, trasformando un evento una tantum (la consultazione del popolo delle primarie) in un processo davvero aperto a una partecipazione effettiva e, quel che più conta, continua. Lo si può fare immediatamente e facilmente utilizzando appieno gli strumenti di democrazia di cui il PD si è fortunatamente dotato: esiste l’albo degli elettori che certifica l’esistenza di oltre tre milioni di italiani che hanno concorso volontariamente a selezionare la classe dirigente dell’area politica nella quale si riconoscono. Si chiamino gli iscritti a quest’albo a partecipare direttamente con i loro interventi attraverso la rete – e non solo – alla scelta del partito che vogliono e dei temi che intendono inserire nell’agenda politica. Si inviti la nostra gente a prendere parte attivamente alle scelte da effettuare e alla vita della sezioni.

Questo è il primo e ineludibile passo per consentire al partito di uscire dalla logica delle tradizionali liturgie e di comprendere e interpretare il senso profondo e irreversibile di cambiamento che è stato impresso da questo inatteso risultato elettorale alla vita sociale e politica del paese.

Siamo di fronte a un’Italia spaventata e impoverita, subissata da messaggi televisivi spesso confusi e insinceri, che ha deciso di ribellarsi, di dire basta, di pretendere un’offerta politica più adeguata ai suoi bisogni e a un progetto di futuro vivibile.

In presenza di questi umori diffusi le classi dirigenti hanno trasmesso timidamente e senza la necessaria passione un messaggio di rinnovamento nella continuità che intendeva essere rassicurante, ma è stato percepito – a torto o a ragione, ma quel che conta è il risultato – come volontà di conservazione, tendenza a rallentare la velocità e a limitare il raggio d’azione e la profondità dell’innovazione, che deve invece essere rapida, estesa e incisiva.

La reazione a questo tipo di offerta che si è manifestata con il voto ha un significato evidente e univoco: occorre immaginare e progettare il futuro con altre teste, altre visioni, altri stili di pensiero, altri linguaggi, altre forme di comunicazione.

La classe politica ha fallito per la povertà di idee e di respiro, non ha saputo immaginare scenari alternativi e ha avuto il torto di dare per scontati e irrevocabili alcuni concetti, taluni principi, qualche teoria – anche, ma non solo, economica – la cui attendibilità e solidità vanno quanto meno vagliate e accertate

In questo scenario il voto al movimento di Grillo non può essere liquidato come un fenomeno di protesta come altri nel passato. L’entità del risultato conseguito e, soprattutto, le modalità con cui è stato acquisito dovrebbero indurre a riflessioni meno scontate e superficiali del rifugio nel solito ritornello del richiamo all’antipolitica: le piazze – un tempo non lontano nostre – colme di folle enormi, anche in condizioni climatiche sfavorevoli e quasi proibitive rappresentano un significativo attestato di voglia di partecipazione diretta dei cittadini a un evento politico e a un intero processo di maturazione delle scelte da effettuare e delle decisioni da assumere per il futuro del paese.

Quelle folle stavano facendo politica, si occupavano della cosa pubblica con passione e determinazione, recandosi in piazza per testimoniare con la loro partecipazione la voglia di imprimere un cambiamento radicale e non più rinviabile a questo paese vecchio, stanco, pigro e senza sogni.

Il PD ha la possibilità di recuperare e accrescere i propri consensi solo se la smette di guardare dall’alto e con malcelato fastidio – quasi si trattasse di meri incidenti contingenti o capricci della storia – alle indicazioni e agli avvertimenti che sono giunti inequivocabili da questa tornata elettorale e comincia a dare – a partire dalla propria organizzazione e struttura interna – un segnale chiaro di volontà di cambiamento.

Michele Schirò
studioschiro@gmail.com

Silvano Tagliagambe
sil.tagliagambe@gmail.com

 

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11 Comments

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  2. Alberto Lomeo says:

    In questi ultimi giorni ho commentato spesso con vecchi compagni i recenti avvenimenti elettorali e con meraviglia ho riscontrato i concetti da voi espressi. Ci si rifiuta di capire che il popolo vuole voltare pagina.
    Nel 68 il PCI fece un errore simile ed invece “adottare” il Movimento Studentesco, gli si oppose con tutto l’apparato di partito. La differenza e’ che allora eravamo solo ragazzi, ora ci sono persone di ogni età stanche della “mafia” dei partiti.

  3. C. Paulis says:

    Caro Vito, forse l’avrai già visto o ti sarà già stato segnalato, ma dato che si parla di oscuri progetti di Grillo e Casaleggio penso sia altrettanto importante verificare la fondatezza di un documento come questo http://paolobarnard.info/docs/ilpiugrandecrimine2011.pdf, tanto più se si vuole riavvicinare soprattutto il Pd alla base reale del Paese. Tempo fa, quando ancora avevo l’account facebook attivo, lo segnalai pubblicamente e in privato, ma secondo il consueto stile del partito, fui pressoché ignorata.
    Che in Europa sia o meno in atto un “complotto giudaico massonico” così come accennato oggi su Ballarò, non si può continuare a mentire su un progetto europeo fallimentare e diabolico e sullo zampino di qualche “mente illuminata”.
    Quando si affronteranno certi temi quantomeno senza pregiudizi e senza affidarsi a fior fior di economisti di un certo filone di pensiero, anche nel centrosinistra che controlla una parte del servzio pubblico e della stampa, allora, insieme ad altre iniziative certamente encomiabili che si stanno mettendo in atto, si potrà trovare nuovamente un’intesa con la base elettorale, col Paese reale.
    Inoltre chi è davvero Mario Monti?
    Cosa ha comportato la caduta del muro di Berlino? Forse un sistema neoliberista a cui la stessa sinistra si è consegnata acriticamente? Che fine ha fatto la Politica rispetto ad un modello di economia antiquato e reazionario?
    E non si menta su un episodio come la guerra in Libia, tra le altre cose: Gheddafi sarà stato un dittatore ma è stato fatto fuori per ragioni di interesse dalle “democrazie” occidentali, e l’Italia ha fatto una pessima figura. Analogamente, Berlusconi, per quanto “impresentabile”, è stato messo in un angolo da interventi stranieri, come hanno dimostrato le stesse recenti elezioni.

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  5. Carlo Murtas says:

    L’appello del collega Schirò e del filosofo Tagliagambe è condivisibile in pieno, magari andrebbero più attentamente ricercati i motivi per i quali anche il nostro partito è diventato un sistema chiuso ed autoreferenziale, ed è evidente che senza un’analisi seria di questi motivi, la parte propositiva dell’appello rimane un pò fragilina ed esposta alle più entusiastiche e gattopardesche adesioni.
    Forse la crisi del partito ha a che fare col fatto che i gruppi dirigenti dispongano in modo incontrollato di ingenti risorese finanziarie, in gran parte di provenienza pubblica, e che non le usino per favorire la partecipazione democratica ma per garantire la loro inamovibilità; forse ha a che fare col fatto che gli appannaggi delle cariche istituzionali sono troppo appettibili per essere lasciate a persone preparate e disinteressate che magari ne chiederebbero la immediata radicale riduzione; forse ha a che fare col fatto che tutto questo nobilato che gravita e vive grazie ai soldi della politica ha smarrito o non ha mai avuto alcuna passione civile, che invece deve essere l’unica esigenza che giustifica la partecipazione alla vita democratica del proprio paese attraverso la militanza in un partito.
    Comunque,si può anche partire dalla proposta di Schirò e Tagliagambe di mobilitazione in rete degli iscritti all’albo del partito, purchè siano garantite procedure di democratiche di funzionamento della consultazione ( che significa anche contendibilità non fittizia delle cariche di partito e delle candidature alle cariche istituzionali) perchè, noi che abbiamo votato anche stavolta il PD turandoci il naso e i nostri simpatizzanti, non abbiamo alcun desiderio di passare dalla presa per il sedere al circolo a quella on-line.

  6. C. Paulis says:

    Indubbiamente l’invito è degno di nota, ma come già sottolineato da altri, il tentativo è già in corso da tempo da parte del Pd, dove ci sono certamente elementi di rilievo, seppure con poca convinzione e la consueta ambiguità, inaccetabile dal partito della “moralità”. Persone a me vicine che hanno votato Grillo giustamente hanno rilevato che Bersani poteva avere davvero l’Italia dalla sua, ma ciò non è avvenuto.

    Alcuni anni fa ho cercato di conoscere meglio il partito arrivando a tesserarmi, ma l’esperienza è durata poco. Addirittura sono stata costretta a candidarmi all’ultimo momento, “per prestare servizio al partito”: a fronte di lotte fra fazioni, di scarsa trasparenza, di mancato coinvolgimento dei tesserati nell’entità delle spese affrontate, di sotterraneo dirigismo, di nomine calate dall’alto dai “capibastone”, di democrazia esibita solo sulla carta, personalmente non solo non oso più espormi per un fallimentare progetto Pd ma ne ho preso anche le distanze. E non si continui a ripetere che solo rimanendovi dentro lo si può cambiare, cercando di far sentire in colpa le persone, perché un cittadino comune come me non conta un beato accidente per l’attuale partito, salvo poi sommare il mio NON voto a quello di tanti altri.

    Pertanto, io farei questa di proposta: il Pd e la sua classe dirigente (dal locale al nazionale) dimostri davvero di tenere alla “base”, all’Italia, e vedrà in quanti si riavvicineranno. Chiamiamola operazione trasparenza, meritocrazia, giustizia ed emergenza democratica, ad ogni modo è inutile continuare a strumentalizzare l’elettorato, quindi che siano i vertici e dare il buon esempio in modo ineccepibile: ci riusciranno? quante cose dovrebbero cambiare in poco tempo (perché è quasi scaduto)?

    Sino ad allora, una persona come me preferirà avvicinarsi ai luoghi di potere trasversalmente…

    P.S. Trovo un abuso di cattivo gusto che pur non essendo più iscritta al partito continui a ricevere sms al cellulare, essendo un mezzo personale più di un account di posta elettronica.

  7. Balla ca nono says:

    Questa lettera può essere anche uno stimolo positivo per il cambiamento dentro il PD. Intanto un limite enorme, una barriera mostruosa: è diretta solo agli iscritti all’albo? Allora non si vuole uscire dalla logica del vecchio partito? Della spartizione del bottino? E soprattutto un conto sono le lettere , un conto è la realtà. Avete visto il discorso di silvio lai alla direzione nazionale del PD? Una vergogna. Al mio paese il rappresentante del PD è lo stesso da una vita, sempre candidato al comune, fomentatore di un giustizialismo che ha diviso una comunità. Cambiamento significa aprire alla partecipazione di tutti e uscirne, sul serio però, dai vecchi metodi.

  8. Sandrobianchi says:

    Intanto iniziamo ad usare un linguaggio comprensibile e a parlare di cose e problemi che la gente vive ogni giorno. E che si faccia finalmente una seria riflessione critica su tutto il sistema del tesseramento taroccato su cui si costruisce il controllo per niente virtuoso del partito nei territori e, il sistema di cui tutti discutiamo e che identifichiamo come apparato si automantiene. Che si apra alle proposte e al confronto con coloro che fanno parte dell’anagrafe del partito perché le primarie anche a questo devono e possono servire. Solo così si cambia per davvero.

  9. efisio erriu says:

    Ottimo spunto di discussione, ma attenzione che gran parte di questo lavoro il Pd l’ha avviato da tempo. Se ne può discutere l’incisività, si può discutere su come questi processi vengono presi in considerazione dall’apparato o dalla direzione.. ma non si creda che si sia all’anno zero in merito

  10. L’appello è sicuramente costruttivo e positivo.
    E’ evidente la volontà che anima la richiesta: volontà di cambiamento e anche di giustizia.
    Credo però che le richieste di cambiamento, così come le avanzate, non siano sufficienti ad appagare neanche il vostro desiderio. Per me il problema è più profondo.
    Il “rinnovamento” è stato richiesto (a mia memoria, breve) ad ogni tornata elettorale. Si è spesso trattato di cambiamento di forma, ma mai di sostanza.

    Dopo le elezioni un esponente della sinistra ha deciso di non rinnovare la sua tessera, con rammarico, spiegando le sue ragioni in un articolo; un passaggio sintetizza bene la prospettiva di un rinnovamento, che ha avuto triste fine “azzoppandola sin da subito con assurde competizioni interne, sgambetti reciproci, rivalità e insensati personalismi tra i nostri “piccoli leader”, l’esigenza di tutelare i rispettivi orticelli di sovranità anche a scapito del progetto comune”.

    Il punto per me è questo: il conflitto di interessi.
    I partiti sono diventati formazioni private di gestione della cosa pubblica. Alla cosa pubblica, però, hanno anteposto se stessi. Il risultato è la lottizzazione sistematica di ogni settore pubblico, misto pubblico-privato, con forti influenze anche sul settore privato.
    L’Italia è ancora una bella torta: la ricchezza complessiva viene stimata ancora poco al di sotto di 9 trilioni di euro. Siamo lo Stato più ricco d’Europa. Il problema è che siamo anche il più arretrato dal punto di vista civile e sociale. Lo schema feudale medioevale di gestione della ricchezza esiste ancora oggi. Se noi resuscitassimo Leonardo Da Vinci e gli dessimo l’elenco telefonico di Firenze, o di Venezia, lui ci saprebbe indicare quali sono, adesso, le famiglie più potenti. Perché dopo cinque secoli sono ancora le stesse.

    Se la torta è stata ciucciata avidamente da una ristretta cerchia di ciccioni bulimici, i partiti hanno gestito e coordinato la suddetta ciucciata, sgomitando anche loro, ogni tanto, per avere qualcosa da ciucciare.

    Una seria legge sul conflitto di interessi azzererebbe il sistema clientelare che ruota attorno ai partiti, compreso il Pd. Per loro significa firmare una condanna a morte. E infatti il conflitto di interessi proposto dal Pd è una presa in giro.

    Io voglio togliere la torta dalle grinfie dei partiti. Non ci sono mediazioni possibili.
    Per me è questo il rinnovamento.

    Io non voglio più vedere un partito che nomina qualcuno a capo di una fondazione bancaria.
    Non voglio più vedere un partito che preme per la costruzione di un inceneritore, perché la partecipata comunale che lo gestisce è piena di trombati di quel partito.
    Non voglio più vedere un partito che preme per la costruzione di una grande opera inutile, perché i costruttori pagano tangenti al partito o sono del partito.

    Non ci sono mediazioni possibili. Tutti i buoni propositi che si avanzano andranno a sbattere contro un sistema talmente corrotto da essere irrecuperabile.

    Bisogna cambiare metodo. Se aiutate il M5s a crescere, sano e forte, di riflesso dovranno adattarsi anche gli altri. Per me è l’unica strada.

  11. Da rigirare ai vertici del Pd locale. Soprattutto una delle poche cose seriamente “concrete” che gli autori sottolineano; “Si chiamino gli iscritti a quest’albo a partecipare direttamente con i loro interventi attraverso la rete – e non solo – alla scelta del partito che vogliono e dei temi che intendono inserire nell’agenda politica”. Bene, ma non basta.
    S riaprano i circoli sul territorio. Uno ogni tre dirigenti. Si torni a discutere non solo sul web, cosa sacrosanta più che mai in questa lunghissima stagione, ma anche face to face. La fiducia ha bisogno di maturare guardando in faccia l’interlocutore e gli stili suicidi adottati dai dirigenti di tutti gli schieramenti di sinistra, richiedono un grandissimo lavoro di ri-cucitura fiduciaria.
    Le riche di Tagliagambe e Schrò, riadattate in ragione dei diversi numeri, devono valere anche per Sel e tutto il rimanente arcipelago a sinistra.

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