E adesso che si fa? Perché non è andata esattamente come si aspettavano in via Emilia. Tutto doveva seguire un altro copione: il Pd che stravince alla Camera, ottiene un buon risultato al Senato e, al grido di “ce lo chiede l’Europa!”, si allea “responsabilmente” con Monti con cui forma il nuovo governo. A quel punto il Pd sardo porta a casa uno o due sottosegretari, forse anche un ministro, apre il famoso “tavolo” per affrontare le emergenze isolane e si appresta a vincere in carrozza le regionali. No, non è andata così. Adesso la situazione è diversa. Molto diversa.
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Le ultime elezioni hanno sancito il trionfo definitivo della politica come marketing. Le gente non vota più i partiti così come sono stati intesi per decenni, ma vota marchi che vengono proposti sul mercato con le modalità della politica-spettacolo. Per anni in Italia l’unico politico che ha incarnato questo modello è stato Silvio Berlusconi, e adesso ce n’è un altro: Beppe Grillo.
Gli italiani hanno votato Grillo e il suo marchio, mica gli sconosciuti 163 parlamentari che ora andranno a sedersi con il logo Cinque Stelle alla Camera e al Senato. Grillo rappresenta sotto quest’aspetto l’evoluzione del berlusconismo, inteso come capacità della politica di strutturarsi attraverso le regole del marketing. Evoluzione, perché laddove Silvio usava le tv è per catalizzare il consenso ora Grillo utilizza il web: il principio è lo stesso.
Per cui, che vi piaccia o no, questa oggi è la politica in Italia: senza leader non si vince. Se non si ha un leader, è inutile preparare un programma, fare alleanze, perfino presentarsi alle elezioni. Senza leader non si va da nessuna parte. E infatti si è visto che fine ha fatto Monti: un capo senza carisma, senza personalità, senz’anima. Bocciato. E Alfano? Mischino. Bersani si è salvato per il rotto della cuffia e solo perché il suo è l’elettorato più tradizionalista, ma di fatto ha i giorni contati: non è lui il leader che serve al futuro centrosinistra nazionale.
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E invece il centrosinistra sardo ce l’ha un leader? Non rispondetemi con un’altra domanda, tipo “perché, il Pdl ce l’ha? Il Movimento Cinque stelle ce l’ha?”. Nella prossima campagna elettorale saranno Berlusconi e Grillo a condurre in Sardegna la campagna elettorale per i loro partiti, esattamente come il Cavaliere ha fatto nel 2009 facendo eleggere Cappellacci.
Quindi il centrosinistra sardo se vuole vincere le prossime regionali ha innanzitutto bisogno di un leader locale o di uno nazionale in grado di benedire “su candidau”. Ce l’ha? Al momento no. E non ce l’ha innanzitutto perché pensa di poterne fare a meno. Il centrosinistra sardo continua a non volersi arrendere all’evidenza. Pensa che per vincere le elezioni basti fare un accordo con Giorgio Oppi da una parte, con Giacomo Sanna dall’altra e il gioco è fatto. Di legno. I tempi sono cambiati. Definitivamente,
Ma oltre alla consapevolezza della necessità di un leader, nel centrosinistra sardo mancano proprio i leader. Partiamo dal Pd. Silvio Lai? Ora è a Roma, senatore: perché dovrebbe fare il percorso inverso? Tore Cherchi? Preparato ma datato: al Piano Sulcis forse adesso non ci crede manco lui. Francesca Barracciu? Si agita moltissimo, ma stringi stringi resta sempre l’ex sindaco di Sorgono. E poi chi c’è? Il sindaco di Sassari, Ganau? Altri nomi?
Ma sì, c’è Renato Soru! Soru può essere il leader del centrosinistra sardo? Ditemelo voi. Con un processo per evasione fiscale forse sarebbe il caso di soprassedere. Il dibattito è aperto, ma una cosa è certa: Soru deve decidere cosa vuol fare nella vita. Se vuole candidarsi alle primarie per le prossime regionali lo deve dire in fretta, non può tenere lo schieramento in ostaggio. Soru deve dire subito quali sono le sue intenzioni.
I nomi sono questi, e la domanda è spontanea: nel sistema politico e amministrativo sardo c’è una personalità in grado di esercitare una leadership o bisognerà “inventarsela” come avvenne nel 2004 con Soru, pescandola dal mondo delle professioni o della società civile?
Ovviamente un leader non basta, servono anche i voti. Il Pd è oggi sotto il trenta per cento, Sel non arriva al quattro. È chiaro che non basta, è chiaro che serve qualcosa di più, c’è bisogno di mettere un campo una pluralità di liste (capaci anche di erodere il consenso dei moderati che ora guardano al centrodestra) ma soprattutto serve un nuovo grande partito della sinistra, sarda e sovranista. Serve un nuovo partito capace di prendere il 10, 15 per cento, in grado di contrapporsi dialetticamente al Pd e non di servirlo come umile ancella.
Altrimenti succederà come dieci anni fa, quando alla Regione la legislatura si concluse con la fallimentare esperienza della giunta Masala. Anche allora il Consiglio regionale, proprio come oggi, cercò inutilmente di varare una nuova legge elettorale. Poi ci fu il cataclisma con l’elezione di Renato Soru. Anche stavolta ci si attende un cataclisma, ma potrebbe non essere quello che il centrosinistra si è immaginato.
Sì che c’è vita nel pianeta PD. Come vede continuano con i soliti metodi e continuano i loro affari anche alla Fondazione del Banco di Sardegna con i soldi che, comunque, provengono da chi ha fiducia in quella banca. Campus straccia la tessera del PD per la nomina di Antonello Cabras alla presidenza. Io strappo il conto corrente del BdS.
Ma non ci credo stiamo ancora parlando di Soru?
Guardiamoci in faccia, una volta per tutte. La Sinistra della quale fino ad oggi Biolchini ha denunciato l’inesistenza avrebbe preso una batosta peggiore (se fosse possibile peggio di questa). La risposta richiesta dal pubblico votante alle milionate per il Lirico e alle occupazioni a scopo di lucro di stabili pubblici è: VAFFANCULO, SIETE MORTI! STATE RUBANDO!
Ma dobbiamo proprio arrenderci alla politica markenting??
Spero di no, temo di sì.
“serve un nuovo grande partito della sinistra, sarda e sovranista. Serve un nuovo partito capace di prendere il 10, 15 per cento” Non ho capito bene, questo nuovo partito dovrebbe nascere per aggiugersi al PD e farlo vincere con sicurezza, tale e quale è, e consolidarlo al potere?
Gentile Biolchini, si è dimenticato di Deriu.
L’indimenticabile Deriu, già. E non dimenticherei neppure Efisio Arbau, che con 3386 voti ha sconvolto lo scenario della politica sarda, con La Base, già iniziativa concorrente del Postal Market degli anni d’oro -almeno credo-.
Senza tralasciare Doddore Meloni (5580 voti), ricomparso dopo il sequestro e pronto a confrontarsi con questo e con l’altro mondo, e Pietro Murru che con 7.494 voti per l’Indipendenza della Sardegna ha segnato un punto di non ritorno nella sempiterna lotta degli eredi di Ospitone.