“Ogni albero buono produce frutti buoni; ma l’albero cattivo produce frutti cattivi. Un albero buono non può dare frutti cattivi, né un albero cattivo dare frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto è tagliato, e gettato nel fuoco. Voi dunque li riconoscerete dai loro frutti”. Matteo 7: 17-20
Non tarderemo a capire se le dimissioni del Papa Benedetto XVI, fatto straordinario quanto traumatico per la vita millenaria della Chiesa, daranno frutti buoni o frutti cattivi. Capiremo in fretta se potranno essere ricordate come un gesto realmente rivoluzionario, capace di ridurre quel “ritardo di duecento anni” di cui il cardinal Martini riferendosi alla Chiesa parlava nella sua ultima intervista, e se saranno una nuova ventata dello Spirito che spesso si incarna in uomini ormai anziani, perché anche il pontificato di Giovanni XXIII doveva essere di passaggio e poi si tramutò invece in un momento di straordinario rinnovamento per la Chiesa.
Capiremo presto se dietro questa decisione sconcertante c’è solo la forza di un uomo consapevole dei propri limiti e che dà una suprema testimonianza di umiltà alla più antica, potente e radicata organizzazione giunta dall’antichità ai giorni nostri, oppure se la decisione è stata dettata da ben altre e più terribili preoccupazioni. Da ricatti.
Se adesso, a fronte di una decisione così traumatica, per la Chiesa si aprirà un momento di rinnovamento epocale, potremo dire che l’albero ha dato buoni frutti. Se invece a questa scelta, la cui immensa portata è ancora sconosciuta a tutti noi, non seguirà nulla, potremmo con dolore dire che queste dimissioni sono il frutto cattivo di un albero cattivo. Quello che non molti mesi fa abbiamo visto fiorire in Vaticano, fatto di tradimenti, intrighi, complotti.
In pochi in queste ore hanno messo in relazione le dimissioni di Benedetto XVI con il terribile scandalo dei documenti riservati trafugati dai suoi uffici. Una vicenda inquietante, su cui è sceso un velo di silenzio. Eppure è doveroso farlo, è doveroso porsi domande scomode.
La Chiesa è ad un bivio: può fare un passo in avanti di 200 anni ed entrare nella contemporaneità oppure farne uno indietro di 719, e tornare al 1294, anno in cui Celestino V si dimise. E dopo di lui arrivò Bonifacio VIII.
La nave di Pietro da sempre naviga in acque agitate. Da oggi, forse, un po’ di più.
I DANNI DELLO STATO VATICANO PER LA SARDEGNA – L’ULTIMO INGANNO
17 marzo 1861: il giorno del grande inganno! L’atteso passaggio del Regno di Sardegna in Regno d´Italia non avviene nonostante il disegno di legge fosse pronto. Centocinquant´anni dopo, tra le celebrazioni e le contestazioni contro lo Stato unitario, gli storici negano che un siffatto passaggio legislativo fosse mai stato predisposto. Sarà un giovane studioso a scoprire che il mancato mutamento fu dovuto all´interferenza dello Stato Pontificio…Nell’anno 2011 a Firenze – capitale della Repubblica di Sardegna – il giovane studioso Austinu Moro scopre come nel lontano 17 marzo 1861 le trame dello Stato della Chiesa fanno fallire il sogno di politici e di élites intellettuali di cancellare il Regno sardo e far nascere quello italiano. A guidarlo nella ricerca è non solo il relatore della sua tesi ma soprattutto il diario del suo trisavolo e omonimo, sbarcato a Torino, allora capitale del Regno, come insegnante. Nel marzo del 1861, quando il parlamento subalpino stava per trasformare lo Stato sardo in Stato italiano, il Regno di Sardegna in Regno d´Italia, Vittorio Emanuele II re di Sardegna in re d´Italia, lo Stato Pontificio intervenne per cambiare il corso della Storia. La grave ingerenza di uno Stato estero negli affari interni della Sardegna influenzò le scelte dei suoi rappresentanti politici. Lo Stato continuò a essere sardo e non italiano non per libera scelta, ma per l’irresistibile ricatto di una potenza straniera. Un romanzo di fantapolitica che ci fa riflettere sugli avvenimenti storici che hanno determinato l´Unità d´Italia.Vincenzo Tatti
Bah, se vogliamo dire le cose come stanno, senza per questo sposare nel modo più assoluto le tesi di F. C. Casula, la Sede Apostolica aveva tutti i diritti di intervenire per fermare una simile trasformazione: il Regnum Sardiniae (et Corsicae) era una sua costruzione e solo lei, formalmente, poteva trasformarne nome e caratteristiche istituzionali. Che poi ci sia stato il Risorgimento di mezzo, che di fatto trasforma le cose, quello è un altro discorso. Di fatto, non di diritto. Gli accordi fra Sede Apostolica e nuovo organismo istituzionale dovranno attendere i Patti Lateranensi, figurati se Pio IX aveva intenzione di discuterne, soprattutto nel timore del più che plausibile (nel 1861) esito finale del processo risorgimentale: la presa di Roma.
Comunque stiamo svicolando (pure io) dal tema di questo post, scusate.
Visto che sei in sintonia con Matteo 7: 17-20, come fa un albero cattivo ( che 200 anni fa, perso il treno dell’Illumnismo, rimase fuori della modernità) a dare frutti buoni (Martini, GIovanni XIII)? Non sarà che hai fatto la bocca ai sapori del supermercato e i minestroni di una volta mal si confanno al tuo stomacuccio?
Strano che voi relativisti abbiate così chiaro il concetto di frutti buoni e di frutti cattivi. Non ci avete insegnato, dall’Illuminismo in poi, che se è buono per te, non è detto lo sia per me? Mi sa tanto che sbavi, educatamente cercando di nasconderlo, a vedere la barca di Pietro in preda ai marosi.
Almeno Bolognesi è un gran “bastascio” che dice pane al pane e vino al vino.
Tuttavia le domande scomode fanno paura anche ai più avveduti. Si preferisce spiegare la decisione di Ratzinger come il travagliato atto di umiltà e debolezza di un povero vecchio. E’ davvero incredibile. Erano mesi che nei canali informativi non ufficiali si preannunciava questa notizia. Sarà per questo che stamane, pochi istanti dopo il lancio dell’Ansa, non ero affatto sorpreso. Ma non ho alcuna dote di preveggenza. 🙂
Anch’io pensavo che queste dimissioni fossero un’occasione di riflessione, per approfondire i recenti scandali. Invece niente.
In rete gira una battuta: esiste un modo più semplice per cancellarsi da twitter.