Il 10 febbraio l’Italia celebra la “Giornata del Ricordo”. Quando questa ricorrenza fu istituita, la strumentalizzazione che una parte della destra operò fu evidente: bisognava contrapporre allo scandalo della Shoah un nostro olocausto nazionale: le foibe. In una macabra contabilità di morti, tutto si doveva annullare: responsabilità politiche, complicità personali, errori collettivi, tragedie epocali.
In parte, la destra è riuscita nell’intento culturale di far passare nella società italiana un messaggio così distorto, un messaggio che va ovviamente combattuto. Ma come? Perché la tragedia delle foibe resta, e non può essere né rimossa né strumentalizzata. Allo stesso tempo, la mera contrapposizione tra opposti schieramenti rischia di riprodurre inutili dinamiche di “rossi contro neri”. Forse è meglio soprattutto riflettere e capire, per non non lasciare ad una destra nostalgica e reazionaria margini di manovra che non merita di avere.
Per questo l’Anpi Provinciale di Cagliari ha deciso di celebrare la “Giornata del Ricordo” con una iniziativa, in programma lunedì 11 febbraio a partire dalle 18 nel Salone della Camera del Lavoro, in viale Monastir 15, dal titolo “Le foibe e l’esodo dai territori di confine del nord-est”.
Un momento di approfondimento, senza reticenze, su fatti e accadimenti che in troppi in questi anni hanno sempre usato e continuano ad usare “in modo regressivo e profanatorio”, come scrisse Claudio Magris, “al fine di riacutizzare gli odii nazionalistici antislavi all’origine dell’aggressione fascista del 1941”.
E a quella riflessione dello scrittore e intellettuale triestino Claudio Magris (pubblicata sul Corriere della Sera il 1° febbraio 2005) è bene tornare per inquadrare, storicamente e politicamente, il dramma delle foibe.
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Le Foibe, silenzio e chiasso
di Claudio Magris
La verità, diceva Gramsci, è sempre rivoluzionaria; tenerla nascosta non è solo un inganno e una truffa, ma un inquinamento che avvelena e tarpa la vita di tutti, anche di chi la reprime e prima o dopo ne paga il fio. La verità può essere soffocata in tanti modi: tacendola, alterandola, isolandola dalla vita e dalla storia in cui s’inserisce; la verità sul nazismo, ad esempio, comprende anzitutto le sue atrocità, che niente può sminuire, ma anche ciò che ha aiutato il nazismo a prosperare, come l’iniqua umiliazione imposta alla Germania dalla pace di Versailles. Un altro modo di stravolgere la verità, di profanarla, è strumentalizzarla, usarla per fini che non hanno niente a che vedere con essa. È dunque quanto meno curioso che un ministro della Repubblica – cui Enzo Biagi tempo fa consigliava sul Corriere di far ginnastica, in omaggio al detto mens sana in corpore sano – dia dell’infoibatore, come riferisce Il Piccolo del 30 gennaio, a chi critica la strumentalizzazione politica dei crimini compiuti più di mezzo secolo fa dai partigiani titoisti assassinando (gettandoli nelle foibe del Carso) tanti avversari politici o presunti tali, non solo italiani ma soprattutto italiani, in nome dell’odio ideologico e soprattutto nazionalista.
Ho scritto più volte dei crimini delle foibe (e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata, che ha coinvolto pure persone della mia famiglia); ne ho scritto già in anni lontani, quando tanti che ora se ne sciacquano la bocca se ne infischiavano altamente. Ne ho scritto sul Corriere della Sera, giornale di una certa diffusione, e ne hanno scritto, con ben maggiore autorità, storici e studiosi, le cui opere rigorose e precise erano e sono accessibili a chiunque desideri conoscere questa verità. In quegli articoli denunciavo, come altri ben più autorevoli di me, l’oblìo di quella tragedia e di quei crimini, l’indifferenza, il cinismo e l’ignoranza nei loro confronti.
Sottolineavo la viltà e il calcolo opportunista di tanta sinistra italiana, che in nome di un machiavellismo da quattro soldi, destinato a ritorcersi contro se stesso, cercava di ignorare, dimenticare e far dimenticare il dramma dell’esodo istriano, fiumano e dalmata e gli eccidi delle foibe, affinché non si parlasse di crimini commessi dal comunismo o in nome del comunismo (in quel caso, di un nazionalcomunismo). Sottolineavo altresì la pavida pigrizia diffusa a questo proposito nella classe intellettuale, ignara di quei capitoli di storia e soddisfatta della propria ignoranza. Mettevo in evidenza – come hanno fatto molti altri molto meglio di me e altrettanto ignorati – la cecità e il regressivo abuso dell’estrema destra, che coltivava il ricordo di quelle tragedie e di quei crimini non tanto per ricordare le vittime e condannare i precisi colpevoli e complici, bensì per rinfocolare inumani e generici rancori razzisti antislavi, quegli ottusi odi antislavi che sono stati in parte all’origine di quella tragedia patita dall’Italia ai suoi confini orientali, che sono in parte responsabili della perdita di quelle nostre terre, che non avremmo mai perduto se il fascismo non avesse fatto la sua guerra.
Il bestiale odio anti-italiano che si è espresso nelle foibe non è certo giustificato dal bestiale odio antislavo che si era scatenato a lungo su persone colpevoli solo di essere slave, così come la stragrande maggioranza delle vittime delle foibe era solo colpevole di essere italiana. Perché, sino a pochi anni fa, il dibattito politico e il battage mediatico ignoravano il dramma dei nostri confini orientali, perché, tranne che in pochi ambienti circoscritti, non si parlava delle foibe? Se i comunisti non ne parlavano per le ragioni che si è detto e se i fascisti ne parlavano solo nel loro ghetto, perché la stragrande maggioranza moderata, che oggi se ne riempie la bocca, taceva? I grandi giornali di informazione non erano alle dipendenze di Mosca, il potere economico e politico non era nelle mani di Tito o di Stalin; non tutti gli attuali esponenti di centrodestra sono ex estremisti di sinistra convertiti o rinnegati, ma la maggior parte di loro militava già allora in formazioni politiche moderate; erano già in età più che scolare, sapevano leggere e scrivere e avrebbero potuto, dovuto, conoscere quella pagina atroce e parlarne. Anche di Goli Otok, dei gulag titoisti, ho scritto sul Corriere ormai molto tempo fa, ma né allora né quando uscì il ben altrimenti importante e fondamentale libro di Giacomo Scotti, ciò divenne di interesse nazionale.
I grandi italiani, quelli democratici, campioni di libertà e di resistenza, ne hanno sempre parlato, come ad esempio Leo Valiani, che, condannato dal tribunale speciale fascista anche per aver dichiarato di voler continuare a battersi per i conculcati diritti degli slavi, aveva votato più tardi contro il Trattato di pace, per protesta contro l’ingiustizia subita dall’Italia ai confini orientali, ingiustizia che il trattato sanciva. Ma nessuno li ascoltava, perché quell’Italia libera e civile, patriottica ossia non nazionalista, non interessava a nessuno, era solo una nostra esigenza, diceva Biagio Marin.
Fino a pochi anni fa parlare delle foibe non «serviva» alla lotta politica e dunque non se ne parlava. Oggi quei morti servono e dunque se ne parla, ma per usarli quali strumenti di una lotta politica che non ha nulla a che vedere con la storia di quelle tragedie, di quei crimini, di quegli anni.
Comunque sia, ben venga ogni occasione di ricordare le vittime; è bene che si parli di quella pagina terribile, che si conosca e si sappia la storia delle foibe. Ma che oggi la destra al potere – erede di quella colpevole della nostra catastrofe nella Seconda guerra mondiale e della mutilazione dell’Istria – usi le foibe per difendere il proprio potere è una bestemmia.
Usare oggi le foibe contro la sinistra italiana di oggi è indegno, come sarebbe indegno usare le leggi razziali fasciste contro Berlusconi o contro Fini, che avranno molte colpe ma non certo quelle delle leggi antisemite del ’38. Usare i morti come un manganello è sacrilego e blasfemo nei loro confronti; i morti vanno tenuti sempre presenti nel nostro ricordo, accanto a noi, non dissepolti per manipolarli.
Chi ha da sempre succhiato col latte la verità di quella storia e ha sofferto di vederla ignorata, rimossa o coltivata faziosamente e dunque falsificata, non può non provare un invincibile moto peristaltico dinanzi a questa becera empietà. È forte la pericolosa tentazione di pensare non tanto secondo categorie politiche, quanto secondo più profonde e immodificabili categorie umane; di pensare che, prima di dividersi in sinistra e in destra, l’umanità si divide, come scriveva Sciascia, in uomini e in quaquaraquà, e in varie sottocategorie intermedie tra queste. Quaquaraquà, come è noto, è un modo di essere, ma fa pensare pure a uno starnazzare come quello che sentiamo ogni giorno sempre di più.
Oggi è la giornata della memoria, sprecata tra cori da stadio e lacrime per un carnevale ingiallito.
L’importante sarà sbianchettare la coscienza domani, per stabilire -in piena campagna elettorale- se le foibe sono di destra o di sinistra.
Avanti così.
L’aperitivo dei fighetti mi pare il male minore di fronte al vuoto pneumatico che minaccia di risucchiare anche gli intellettuali e i moralisti d’antan.
Specialmente quando si ha spudoratezza di negale di negare la verità:
Il Richiamo Della Coscenza
Frastornato ultrasuono
Che mi confonde,
tratto e chino il viso
al lancio della sordità
ondulo tra la parete.
Frastornato dall’ insidia
Dell’ ignoranza
Che mosse il mio turbamento
Nella perdizione della coscienza.
Arso il tappeto dorato,
folta e arricciata
la gelata barba
che segna dal rasoio
dell’ apparenza
le porte dell’ Inverno.
Sussurrerà un amico
Al vento
All’ ombra di un ramo
Che trasporterà con leggerezza
La brezza marina
Tra il maestrale,
languida essenza turchina
il sorriso,
il tesoro piu’ vitreo
impregnato nelle
nostre coscienze.
Vincenzo Tatti
Ti ringrazio molto , caro Vito , per aver riproposto questa riflessione di Claudio Magris che lessi molti anni fa . E’ un’analisi dolorosamente precisa e profonda di quel dramma ormai lontano nel tempo , che deve continuare a farci riflettere e a farci vergognare per chi , ancora oggi , lo sbandiera in maniera strumentale .
Ogni volta che un dramma viene inquadrato “storicamente e politicamente”, mi viene la pelle d’oca. Ma, tralasciando le questioni di pelle, quale è, oggi, “la destra al potere”? Quella di Monti? Per il fatto di essere, il Professore, Presidente del Consiglio in carica per il disbrigo degli affari correnti? L’articolo di Magris è del 2005, vero Direttore? Perché tirarlo fuori a distanza di otto anni? Forse per un “inquadramento storico e politico”?
Sì.
“Il tuo parlare sia: sì, sì; no no. Tutto il resto viene dal Maligno”. Come minimo ti faranno Beato.
Il diritto alla vita è sacro… eppure milioni di persone hanno dovuto (e devono ancora) rinunciare a questo privilegio, per colpa della lucida follia dell’essere umano che sa trasformarsi in belva in ogni tempo, ad ogni latitudine e in ogni cultura, esaltato dal colore della bandiera di turno.
Se riuscissimo a trasmettere almeno questo semplice concetto alle nuove generazioni, sempre più decontestualizzate e anestetizzate, avremmo già onorato la Storia.
Dimentichiamoci per qualche minuto della rumorosa campagna elettorale, per ricordare -con un rispettoso silenzio- quello che è diventato il simbolo del martirio giuliano.
http://it.wikipedia.org/wiki/Norma_Cossetto